Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive
Lunedì 31 Ottobre 2011 07:45
Carmelo Anzalone
N. 8035/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 8580 Reg. Ric.
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8580 del 2010, proposto da:
D. E., rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvio Rustignoli e Andrea Cerrone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Mara Fiocca, situato in Roma, via Flaminia n. 56;
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento,
previa sospensione,
del provvedimento n. 2010/000223 del Questore di Roma datato 13 agosto 2010 e notificato il successivo 25 agosto 2010, con il quale il ricorrente è stato sottoposto a misura amministrativa ex art. 6, comma 2, della legge n. 401 del 1989, e degli atti presupposti, connessi e conseguenti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2011 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l'atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 27 settembre 2010 e depositato il successivo 11 ottobre 2010, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Questore della Provincia di Roma gli ha fatto divieto, per anni cinque, di "accedere all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevole o per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati", estendendo il suddetto divieto "agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo", chiedendone l'annullamento.
In particolare, il ricorrente espone che:
- il divieto di cui sopra trae origine dai fatti esposti negli atti redatti dal Commissariato di P.S. Roma-Prati e, in particolare, dal suo arresto, avvenuto in data 5 maggio 2010, con "l'accusa di aver tentato un'aggressione ai danni di un operatore di polizia, dopo l'incontro di calcio ...omissis...";
- per tale episodio pende un procedimento penale dinanzi al Tribunale ordinario di Roma;
- nel provvedimento impugnato figura anche l'obbligo per il medesimo di presentarsi "presso la Stazione Carabinieri di Torricella Peligna (CH)" 15 minuti dopo l'inizio del primo tempo e quindici minuti dopo l'inizio del secondo tempo di ogni incontro disputato dalla squadra della Roma a Roma o in altre città del Lazio, ma lo stesso è venuto meno per mancata convalida da parte del G.I.P. del Tribunale di cui sopra.
Avverso il divieto in questione, di indiscussa natura amministrativa, il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:
VIOLAZIONE DI LEGGE, IN PARTICOLARE DELL'ART. 6 COMMA 1 DELLA LEGGE 13 DICEMBRE 1989 N. 401, atteso che il Questore non ha specificamente indicato le competizioni alle quali sia vietato assistere e gli ulteriori luoghi interessati dal divieto.
II) QUESTIONI DI MERITO ED ECCESSO DI POTERE, tenuto conto che il ricorrente "ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nei fatti che gli vengono addebitati", dimostrando, tra l'altro, nel corso delle indagini preliminari "di non aver mai fatto parte di alcun gruppo di tifosi e di non aver mai usato violenza nei confronti di chicchessia". E' da aggiungere che "la durata temporale della misura di prevenzione..... enormemente afflittiva... non può dirsi congrua né ragionevole".
Con atto depositato in data 15 ottobre 2010 si è costituito il Ministero dell'Interno, Questura di Roma.
Con ordinanza n. 4762 del 29 ottobre 2010 la Sezione ha accolto l'istanza cautelare, incidentalmente presentata da parte ricorrente, "con riguardo a quella parte del provvedimento avversato che estende, con riferimento agli stadi diversi da quello denominato Olimpico della Capitale, il divieto a tutti i luoghi interessati alla sosta, transito e trasporto di coloro che partecipino ed assistano alle manifestazioni calcistiche".
In data 13 maggio 2011 il ricorrente ha prodotto documenti ed una memoria, con la quale ha sostanzialmente reiterato le censure formulate.
Con ordinanza n. 6159 dell'11 luglio 2011 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico dell'Amministrazione resistente.
In esecuzione a quanto disposto con tale ordinanza, l'Amministrazione ha provveduto al deposito di una nota e documenti in date 1 agosto 2011 e 7 ottobre 2011.
All'udienza pubblica del 13 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei limiti e nei termini di seguito indicati.
2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l'illegittimità del provvedimento con il quale il Questore della Provincia di Roma gli ha vietato l'accesso all'interno degli stadi, agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi (i quali risultano individuati in relazione allo "stadio ...omissis..." ed allo "stadio ...omissis...") ed alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi e a tutti i luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni.
A tale fine denuncia, tra l'altro, violazione di legge - in particolare, art. 6 comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 - in quanto sostiene che il divieto è formulato in modo ampio e generalizzato, ossia non indica specificamente i luoghi interessati.
Tale censura è fondata.
Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare "manifestazioni sportive specificamente indicate" nonché luoghi "interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime" - del pari - "specificamente indicati".
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente sia le competizioni agonistiche che i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli stadi di calcio e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).
Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, stanti la carenza - nella formulazione del divieto - di ogni riferimento a particolari competizioni sportive nonché la genericità che caratterizza l'individuazione dei luoghi interessati dall'estensione divieto di cui trattasi, la quale - con l'unica eccezione del riferimento agli stadi ...omissis... - è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso.
3. Per quanto attiene alla "durata temporale della misura di prevenzione", il Collegio non rileva, invece, profili di illegittimità.
Pur condividendo l'orientamento secondo il quale l'Amministrazione deve dare conto delle valutazioni effettuate in ordine alla congruità della durata della misura applicata, il Collegio ritiene, infatti, che tale esigenza svilisca o, comunque, perda consistenza in tutti i casi in cui la congruità della durata trovi chiaro ed inequivoco supporto nella gravità dei fatti contestati.
In altri termini, si intende affermare - in linea, del resto, con l'orientamento assunto anche in altri settori ed, in particolare, in quello della sanzioni disciplinari - che l'obbligo di motivazione va commisurato alla gravità dei fatti contestati, con la conseguenza che detto obbligo è da ritenersi comunque adempiuto in tutti i casi in cui la gravità dei fatti già di per sé concretizza una valida ragione giustificatrice della misura adottata.
Nel caso in esame, i fatti ascritti al ricorrente - per come descritti nel provvedimento - si rivelano gravi e, dunque, ben valgono a supportare la durata di cinque anni del divieto impartito.
4. Tutto ciò premesso, permane da valutare la censura afferente la sussistenza o meno dei presupposti di fatto da cui il provvedimento impugnato ha avuto origine.
Anche tale censura non è meritevole di positivo apprezzamento.
Tenuto conto della documentazione acquisita agli atti, non si ravvisano, infatti, elementi per affermare che l'Amministrazione non abbia correttamente operato, atteso che:
- il provvedimento impugnato richiama atti redatti dal Commissariato di P.S. Prati, i quali consistono in un verbale di arresto redatto in data 6 maggio 2010 e in una comunicazione di reato in medesima data, dai quali risulta che il ricorrente faceva parte di un gruppo di facinorosi responsabile del lancio di oggetti, artifizi ed altri corpi contundenti verso i nuclei mobili di Polizia;
- preso atto di quanto riportato nei suddetti atti, l'adozione del provvedimento non può che essere inteso come atto dovuto, ossia in termini di naturale conseguenza di quanto accaduto, ai fini della salvaguardia dei valori e degli interessi che il legislatore ha inteso tutelare con l'art. 6 della legge n. 401 del 1989.
In definitiva, il motivo di ricorso in esame è infondato.
5. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra indicati.
Tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8580/2010, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti sopra indicati e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui - fatta eccezione per il riferimento agli stadi Olimpico e Flaminio di Roma - prevede il divieto di accesso agli stadi ed estende lo stesso divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché "a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni", senza ulteriori specificazioni.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2011 con l'intervento dei Magistrati:
IL PRESIDENTE
Linda Sandulli
L'ESTENSORE
Antonella Mangia
IL CONSIGLIERE
Pietro Morabito
Depositata in Segreteria il 19 ottobre 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ammissione agli scrutini e computo delle assenze
Giovedì 20 Ottobre 2011 14:06
Melita Manola
N. 324/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 341 Reg. Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 341 del 2011, proposto da:
M. S., rappresentato e difeso dall'avv. Laila Altobelli, con domicilio eletto presso l'avv. Manuela D'Innocenzio in Perugia, via del Coppetta, 6;
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria, Istituto Tecnico Statale Commerciale e Per Geometri "G. Spagna", rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliati per legge presso la stessa in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
PROVVEDIMENTO DEL 13.6.2011 DEL CONSIGLIO. DELLA CLASSE 3D DELL'ITC "G. SPAGNA" DI SPOLETO, DI NON AMMISSIONE ALLO SCRUTINO DI FINE ANNO
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e di Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria e di Istituto Tecnico Statale Commerciale e Per Geometri "G. Spagna";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2011 il dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1- Con il verboso ricorso, contrastante con il dovere di sinteticità (art. 3 C.P.A.), si impugna il provvedimento di non ammissione allo scrutinio di fine anno adottato perché il ricorrente non ha frequentato almeno i tre quarti dell'orario annuale personalizzato.
Si formulano variegate censure di eccesso di potere e violazione di legge con le quali, in estrema sintesi, si lamenta la violazione degli obblighi di motivazione, istruttoria, informativa, comunicazione preventiva, buona amministrazione.
Il tutto, essenzialmente perché:
- la Scuola non avrebbe tenuto conto dell'esiguità del numero delle assenze superiori ai due terzi dell'orario;
- non sarebbe stato adeguatamente valutato il grave stato di salute del ricorrente.
2- L'Amministrazione si è costituita controdeducendo.
3- Il Collegio osserva che, come afferma il ricorrente, non smentito, (ricorso pag. 5, penultimo cpv) il numero delle assenze eccedenti il quantitativo massimo consentito (25% dell'anno scolastico) è veramente esiguo (0,95% del quantitativo stesso).
In più, non è contestata la patologia che affligge il ricorrente, idonea a provocare ripetuti e gravi disturbi, con correlate, varie difficoltà di partecipare alle attività scolastiche..
4- Di tali elementi la Scuola non ha tenuto conto e non ha ammesso il ricorrente allo scrutinio senza alcuna motivazione, adottando il contestato provvedimento in maniera automatica, sulla base della mera constatazione del numero delle assenze (verbale del Consiglio di Classe n. 2 del 13 giugno 2011, pag. 2).
Orbene, il Tribunale giudica che un automatismo simile contrasti con la norma di riferimento (D.P.R. n. 122/2009, art. 14, comma 7^) giacché questa prevede motivate deroghe al limite quantitativo delle assenze (in senso conforme: Cons. Stato Sez. VI, Ord. N. 5541/2010; id. Ord. N. 5542/2010).
5- La violazione del dovere di motivazione è dunque palese.
Ne consegue l'accoglimento del ricorso, con assorbimento dell'esame delle restanti censure attesa la natura d'antecedente logico di quella ritenuta fondata.
6- L'impugnato diniego di ammissione allo scrutinio viene dunque annullato dal che consegue l'obbligo per la Scuola di:
a- valutare nuovamente la assenze del ricorrente tenendo conto sia della modestia del superamento del limite, sia del suo grave stato di salute;
b- considerare definitivo lo scrutinio già effettuato, con riserva, in esecuzione del Decreto Cautelare di questo Tribunale n. 121 / 2011, ove dalla rinnovata valutazione di cui al precedente punto - a - consegua l'ammissione allo scrutinio stesso;
c- considerare definitivi gli esiti degli esami già sostenuti, con riserva, in esecuzione del suddetto Decreto e della successiva Ordinanza Collegiale n. 127/2011;
d- effettuare lo scrutinio finale e, ove positivo, ammettere il ricorrente alla classe superiore.
7- Le spese del giudizio possono essere compensate in considerazione della complessità del quadro normativo di riferimento.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come specificato in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE F.F.-ESTENSORE
Carlo Luigi Cardoni
IL CONSIGLIERE
Pierfrancesco Ungari
IL CONSIGLIERE
Stefano Fantini
Depositata in Segreteria il 4 ottobre 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Adeguamento "a regime" e aggiornamento "transitorio" dei diritti aeroportuali
Lunedì 17 Ottobre 2011 11:33
Melita Manola
N. 7536/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 2172 Reg. Ric.
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2172 del 2010, proposto da:
Codacons - Coordinamento delle Associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, in persona del legale rappresentante p.t., e Associazione U., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avv.ti Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto presso l'Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, v.le Mazzini, 73;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., Cipe - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in persona del legale rappresentante p.t., Enac - Ente Nazionale Per L'Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante p.t., Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Società A. di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Valentina Lener e Angelo Piazza, con domicilio eletto presso Angelo Piazza in Roma, via Luigi Robecchi Brichetti,10; Società B. di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Piazza e Valentina Lener, con domicilio eletto presso Angelo Piazza in Roma, via Luigi Robecchi Brichetti,10; Società C. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
per l'annullamento
previa sospensione dell'esecuzione,
del decreto 8 ottobre 2009 recante "Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l'anno 2009";
della delibera CIPE n. 38 del 15 giugno 2007 recante "Direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva";
della nota n. 2899 della Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo del 4 giugno 2009 con la quale è stato chiesto all'ENAC di predisporre un'istruttoria che determini i livelli dei corrispettivi aeroportuali aggiornati all'inflazione programmata;
della nota n. 53386/DIRGEN/EAN del 10 agosto 2009 recante i risultati dell'istruttoria predetta;
della nota n. 60806/DIRGEN/EAN del 9 settembre 2009 e relativi allegati con la quale l'ENAC ha corrisposto alla richiesta di approfondimenti istruttori avanzata dalla Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo;
della comunicazione integrativa n. 63157 del 16 settembre 2009 con la quale l'ENAC ha fornito ulteriori chiarimenti in ordine all'aggiornamento dei diritti aeroportuali;
nonché di tutti gli atti presupposti conseguenti o comunque connessi, ivi compresi gli allegati allo stesso provvedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Cipe - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, di Enac - Ente Nazionale Per L'Aviazione Civile, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, delle Società di Roma e di Firenze;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2011 il I ref. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso notificato il 22 febbraio e depositato il 9 marzo 2010, le Associazioni in epigrafe impugnano il decreto 8 ottobre 2009 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante "Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l'anno 2009" e tutti gli atti connessi, chiedendone l'annullamento.
Questi i motivi dedotti:
1.Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 della legge 537/93; difetto di istruttoria; violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 241/1990; violazione dell'art. 97 Cost.:
l'impugnato decreto recante gli aumenti tariffari viola sia le prescrizioni della legge n. 537/93 sia le direttive del CIPE, il relativo procedimento risulta carente di istruttoria sulla situazione di ciascun aeroporto presente sul territorio nazionale onde accertare il livello di qualità ed efficienza del servizio erogato, né sono stati predisposti, da parte dei diversi enti di gestione, progetti di investimento nel settore aeroportuale secondo linee prevedibili e trasparenti; il decreto non indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione;
2.Violazione dei principi di efficacia, efficienza e continuità nell'erogazione dei servizi pubblici; violazione e falsa applicazione della legge 481/95; violazione degli artt. 2 e 101 del codice del consumo; eccesso di potere nelle sue figure sintomatiche:
gli aumenti tariffari sono illogici e immotivati, alla luce dei principi di efficacia, efficienza e continuità nell'erogazione dei servizi pubblici, e si pongono in contrasto con la legge sui servizi di pubblica utilità e il codice del consumo;
3.Violazione dell'art. 97 Cost.; violazione degli artt. 1, 3, 7 e 8 della legge 241/1990; violazione del principio del giusto procedimento:
il procedimento seguito dal Ministero intimato è privo di una adeguata istruttoria e viola il principio della partecipazione procedimentale, mentre il decreto impugnato è carente di motivazione.
Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate nonché le Società A. di Roma e di Firenze, tutte chiedendo il rigetto del gravame nel merito siccome infondato.
In via pregiudiziale, poi, Enac ha eccepito la propria estraneità al presente contenzioso e quindi il difetto di legittimazione passiva nell'odierna causa e ha chiesto pertanto di essere estromessa dal giudizio, mentre gli Aeroporti di Roma e di Firenze hanno eccepito il difetto di legittimazione ad agire delle Associazioni ricorrenti
Alla pubblica udienza del 19 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio deve preliminarmente pronunciarsi sulle suindicate eccezioni pregiudiziali di rito.
La legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti è da ritenersi sussistente in quanto esse, nell'esercizio delle loro funzioni statutarie, agiscono per la tutela dei consumatori e dei viaggiatori che sono i destinatari degli aumenti tariffari discendenti dal decreto gravato con il ricorso in epigrafe.
E invero, a norma dell'art. 2 dello Statuto, il Codacons ha come "esclusiva finalità quella di tutelare con ogni mezzo legittimo, ed in particolare con il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi di consumatori ed utenti. Ciò nei confronti dei soggetti pubblici e privati produttori e/o erogatori di beni e servizi".
Quanto all'Associazione U., a termini dell'art. 2 del proprio Statuto la stessa ha per oggetto "la tutela dei diritti civili e degli interessi degli associati e dei cittadini, operando su tutto il territorio nazionale, nei confronti del servizio del trasporto aereo, marittimo e ferroviario pubblico e privato, a qualsiasi titolo...", al fine di garantire, tra l'altro, un utilizzo pieno completo e soddisfacente del diritto di movimento e di trasferimento dell'individuo nel territorio nazionale e all'estero e l'espletamento del servizio con i migliori risultati per gli utenti delle strutture stesse.
Inoltre, l'art 139 del codice del consumo attribuisce alle associazioni dei consumatori e degli utenti, inserite nell'elenco di cui all'articolo 137, la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti. Quanto alla legittimazione dell'Associazione degli utenti del trasporto aereo marittimo e ferroviario, che non risulta iscritta nell'elenco suddetto, il Collegio ritiene di seguire l'orientamento giurisprudenziale per cui la previsione dell'elenco da parte del codice del consumo non fa venir meno la possibilità per le associazioni non iscritte di agire a tutela di interessi collettivi e diffusi secondo i canoni precedentemente elaborati dalla giurisprudenza, quali la rappresentatività e la verifica dei fini statutari con l'interesse protetto (TAR Lazio, III, n. 5108 del 2010).
Ancora in via preliminare, deve respingersi la richiesta di estromissione di Enac dal presente giudizio fondata sul proprio asserito difetto di legittimazione passiva, e ciò per la ragione che, con il ricorso in epigrafe, vengono impugnati anche taluni atti adottati dal suddetto Ente nell'ambito del procedimento che ha condotto all'adozione del decreto di aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali, seppure tale decreto, a norma dell'art. 21 bis del d.l. 31 dicembre 2007 n. 248, è di competenza del solo Ministro dei Trasporti.
Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
In relazione alle censure svolte con il primo e il secondo motivo di ricorso, che si esaminano congiuntamente per ragioni di connessione logica, si osserva che il decreto gravato è stato adottato in stretta attuazione dell'art. 21 bis del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31 e modificato dall'art. 28 del d.l. n. 207/2008, convertito dalla legge n. 14/2009) il quale, in via transitoria e nelle more dell'adozione dei decreti interministeriali che approveranno la nuova misura dei diritti aeroportuali a regime, ha previsto un meccanismo di aggiornamento dei diritti aeroportuali al tasso di inflazione programmata, al fine di consentire alle società di gestione aeroportuale, a fronte di diritti aeroportuali la cui misura è ferma dal 2000, il parziale recupero della perdita di potere di acquisto della moneta.
Il decreto impugnato, recante "Aggiornamento dei diritti aeroportuali per l'anno 2009", dunque, secondo la ratio del suindicato art. 21 bis, ha dato mera attuazione ad una norma primaria, disponendo in via transitoria per ciascun aeroporto nazionale un adeguamento automatico dei diritti, commisurato al tasso di inflazione programmato nel documento di programmazione economico-finanziaria.
E il ripetuto art. 21 bis si configura come disciplina transitoria, che garantisce, seppure con modalità fisse, l'aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali, in attesa del completamento del complesso procedimento finalizzato alla predeterminazione della variazione massima annuale applicabile a tali diritti aeroportuali, implicante l'adozione di un decreto ministeriale che tiene conto di una pluralità di parametri, oggetto poi di contratti di programmi intercedenti tra l 'Enac ed il singolo gestore aeroportuale, ed approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze".
Questo Tribunale ha già avuto modo di evidenziare la distinzione tra l'aumento a regime dei diritti aeroportuali e l'aggiornamento inflattivo dei medesimi, affermando, nella sentenza n. 1285/2009, che "la distinzione tra 'adeguamento'della misura dei diritti aeroportuali (secondo le modalità
prescritte dall'art. l0, 10^ comma, della legge 24/12/1993, n. 537) ed 'aggiornamento' al tasso di inflazione programmato, discende dal contenuto precettivo dell'art. 21 bis del d.l. 31/12/2007, n. 248, convertito in legge 28/2/2008, n. 31, il quale dispone che 'fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 10 dell'art. 10 della legge 24/12/1993, n. 537..., da adottare entro il 31/12/2008, il Ministro dei Trasporti provvede, con proprio decreto, all'aggiornamento della misura dei diritti aeroportuali al tasso di inflazione programmata' ".
Esiste pertanto una differenza sostanziale tra l'adeguamento (o rideterminazione) dell'ammontare "a regime" dei diritti aeroportuali, per il quale il legislatore ha previsto una istruttoria estremamente articolata, e il loro aggiornamento al tasso di inflazione in via transitoria, nelle more del completamento del complesso iter previsto per la stipula dei contratti di programma.
Le associazioni ricorrenti, invece, mostrano di confondere l'adeguamento inflattivo (previsto dall'art. 21 bis, cui ha dato attuazione l'impugnato decreto dell'8 ottobre 2009), con la procedura di anticipazione tariffaria (prevista dall'articolo 2, commi 200 e 201, della legge finanziaria 2010) che resta estranea alla vicenda in contestazione.
In ogni caso, la lamentata violazione dei principi di buon andamento, di imparzialità e ragionevolezza che governano l'azione amministrativa, si fonda sul presupposto erroneo, che il decreto impugnato avrebbe provveduto all'aggiornamento dei diritti aeroportuali sulla base di due criteri, ossia il tasso di inflazione previsto per il 2009 e l'eventuale futura effettuazione da parte delle società di gestione aeroportuali di nuovi investimenti in autofinanziamento, e sull'assunto che dal decreto impugnato non si evincerebbe se l'aumento in parola è stato, o meno, concesso a quei gestori che, come richiesto esplicitamente dal CIPE all'esito del!a riunione svoltasi in data 06.11. 2009, intendano reinvestire tale surplus nell'effettuazione di nuovi investimenti aeroportuali.
Quanto alla asserita violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza da parte dell'art. 21 bis del d.l. n. 248/2007, si rileva che la disposizione va inquadrata nel contesto normativo di riferimento attinente alla materia della regolazione tariffaria in ambito aeroportuale e, in tale ottica, la transitorietà dell'aggiornamento inflattivo, strettamente ed inscindibilmente connessa con la proroga del termine previsto per l'approvazione dei contratti di programma da stipularsi tra l'ENAC e le singole società di gestione aeroportuale, rende la norma ragionevole e conforme al dettato costituzionale.
In relazione alle superiori considerazioni cade dunque anche la censura della carenza di istruttoria del provvedimento, avuto riguardo alla diversa disciplina e alla distinta ratio sottesa alle due fattispecie (adeguamento a regime e aggiornamento transitorio al tasso di inflazione).
Quanto al terzo motivo di ricorso, non sono condivisibili le censure che lamentano il mancato coinvolgimento procedimentale delle associazioni dei consumatori nel procedimento che ha condotto all' adozione del decreto ministeriale impugnato in quanto il coinvolgimento di detti soggetti non sarebbe stato comunque necessario, dovendo l'Amministrazione provvedere ad un mero aggiornamento dei diritti al tasso di inflazione programmato sulla base di un calcolo aritmetico; in ogni caso, nella specie non erano applicabili le norme sulla partecipazione procedimentale, in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza, "Dal punto di vista civilistico, l'atto di determinazione delle tariffe appartiene ai provvedimenti di autorità che, oltre alla legge (art. 1339, 1419 c.c.), possono incidere sui contratti di utenza. Dal punto di vista amministrativo le tariffe si caratterizzano quali atti di tipo generale, con quello che ne consegue. Dal combinato disposto degli artt. 3 e 13 della L. 241 del 1990 si desume che agli atti di determinazione delle tariffe (da ritenere piuttosto atti generali che atti normativi), non si applicano le disposizioni contenute nel capo relativo alle norme sulla partecipazione, né quelle riguardanti l'obbligo di motivazione, non richiesta per gli atti a contenuto normativo e per quelli a contenuto generale" (Cons. St., Sez. IV, sent. n. 399/2007).
Per le considerazioni complessivamente svolte, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Giuseppe Daniele
L'ESTENSORE
Rosa Perna
IL CONSIGLIERE
Carlo Taglienti
Depositata in Segreteria il 26 settembre 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ultimo aggiornamento Lunedì 17 Ottobre 2011 11:40
Accesso alla professione di avvocato
Lunedì 17 Ottobre 2011 07:06
Fabrizio Laudani
N. 7548/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 9400 Reg. Ric.
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9400 del 2007, proposto da:
C. S., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Saperi e Michele Venturiello, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Liegi, 16;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, Commissione di esame costituita presso la Corte d'appello di Roma per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, in persona del titolare pro-tempore, Commissione di esame costituita presso la Corte d'appello di Napoli per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, in persona del titolare pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO RECANTE L'ESCLUSIONE DEL RICORRENTE DALLE PROVE ORALI DELL'ESAME DI ABILITAZIONE ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO - SESSIONE 2006
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle autorità intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2011 il dott. Giorgio Giovannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe l'istante impugna, unitamente ad ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, la valutazione negativa degli elaborati da lui redatti nell'ambito del procedimento per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato - sessione 2006.
Vengono dedotti i seguenti motivi di gravame:
1) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 22 del r.d.l. n. 1578 del 1933; artt. 10, 81 e 82 del Trattato CE; eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti.
Nella seduta nel corso della quale sono stati presi in esame gli elaborati del ricorrente, la commissione era illegittimamente formata, in quanto mancava il professore a tempo pieno, supplito da un membro appartenente ad altra categoria. Né è dato sapere se uno dei tre avvocati presenti fosse anche professore a tempo definito. Ne è risultato così violato l'art 22 del r.d.l. n. 1578 del 1933, il quale prescrive per la commissione una ben precisa composizione con esponenti di categorie professionali diverse, il cui equilibrio non può essere alterato;
2) Violazione e/o falsa applicazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a.; violazione dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990; difetto di motivazione.
Per l'ipotesi che una dei tre avvocati membri della commissione nella seduta in questione sia anche docente a tempo definito, l'invalidità della sua nomina deriva dalla mancata esplicazione sia delle ragioni che lo hanno fatto prescegliere in luogo di un docente a tempo pieno, sia dei criteri che hanno presieduto alla scelta;
3) Violazione dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990; eccesso di potere sotto il profilo della ingiustizia manifesta; violazione dei criteri di valutazione predeterminati ex d.l. n. 112 del 2003, conv. in l. n. 180 del 2003. Assoluta assenza di motivazione. Illogicità.
Il mero punteggio numerico attribuito agli elaborati è forma espressiva inidonea a costituire motivazione delle determinazioni assunte, non consentendo all'interessato di conoscere le ragioni sottese ai giudizi della commissione. Comunque, in relazione ai generali principi inerenti la redazione dei pareri giuridici, gli elaborati del ricorrente appaiono correttamente e adeguatamente svolti, attraverso il puntuale inquadramento dei fatti prospettati dalle tracce, la valutazione delle risultanze documentali, la costruzione delle tesi conformi al diritto e aderenti alla giurisprudenza più recente;
4) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e della ingiustizia manifesta.
La durata della seduta nel corso della quale sono stati esaminati gli elaborati del ricorrente, è stata troppo breve e, pertanto, inidonea ad assicurare la loro valutazione approfondita e ponderata.
L'istante ha quindi concluso per l'annullamento dei provvedimenti impugnati, previa, in via cautelare, la sua ammissione con riserva agli esami orali e con vittoria di spese e compensi di difesa.
Per le autorità intimate si è costituita l'Avvocatura Generale dello Stato, dichiarando di resistere al ricorso.
Nella Camera di Consiglio del 5 dicembre 2007 l'istanza cautelare è stata respinta.
Alla udienza del 13 luglio 2011 la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere respinto.
Invero:
a) quanto ai primi due motivi di gravame, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, i componenti delle commissioni di esame per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato non intervengono in qualità di rappresentanti di interessi settoriali, con la conseguenza che, in caso di assenza o di impedimento, possono essere legittimamente sostituiti dai membri supplenti indipendentemente dalla qualifica professionale posseduta dagli uni e dagli altri. Del resto, l'art. 22, comma 5, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, nel testo sostituito dall'art. 1-bis, del d.l. 21 maggio 2003, n. 112, afferma espressamente che essi intervengono alle sedute della sottocommissione "in sostituzione di qualsiasi membro effettivo" (Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2008, n. 2293; sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3114; sez. IV, 6 settembre 2006 n. 5155; T.a.r. Lazio, sez. I, 12 novembre 2008, n. 10063; sez. I, 31 dicembre 2007, n. 14238);
b) quanto al terzo motivo dedotto, va altresì ricordato che, secondo l'ormai prevalente giurisprudenza, l'onere della motivazione dei giudizi inerenti tanto le prove scritte, quanto quelle orali nelle procedure concorsuali pubbliche è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come formula sintetica ma eloquente di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione esaminatrice.
A tale conclusione si è pervenuti nel rilievo che: a) si deve tenere conto delle esigenze di speditezza dei lavori della commissione; b) per la ponderata adeguatezza delle sue valutazioni, la normativa di settore prevede che della commissione facciano parte componenti dotati di particolari professionalità, portatori di esperienze convenientemente diversificate; c) ciascun componente della commissione può sollecitare valutazioni più approfondite e chiedere che su una sua proposta si decida motivatamente a maggioranza (con il pieno sindacato giurisdizionale ove la motivazione sia affetta da eccesso di potere); d) ove nessun componente solleciti valutazioni più approfondite per l'attribuzione di un voto diverso da quello in corso di verbalizzazione, la determinazione unanime di tutti i componenti, in quanto dotati di particolare professionalità, implica l'estrinsecazione di una ponderata scelta condivisa e, quanto al merito, insindacabile in sede giurisdizionale (v., da ultimo, Cons. di Stato, sez. IV, 17 dicembre 2010, n. 5792; sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4528; sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2557; sez. IV, 25 novembre 2009, n. 5846; sez. IV, 9 settembre 2009, nn. 5406 e 5410; sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4295; sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2241; sez. IV, 27 gennaio 2009, n. 434; T.a.r. Lazio, sez. I, 14 settembre 2011, n. 7253; sez. I, 18 aprile 2011, n. 3359; sez. I, 18 ottobre 2010, n. 32840; sez. I, 10 settembre 2010, n. 32226; sez. I, 2 aprile 2010, n. 5580).
Tale orientamento, che ha ricevuto l'avallo anche della Corte costituzionale (sent. 30 gennaio 2009, n. 20, confermata dalla ordinanza 20 marzo 2009, n. 78, nonché sent. 8 giugno 2011, n. 175), trova conferma, per argomento a contrario, dalla presenza nell'ordinamento di norme che solo per specifiche ipotesi impongono la formulazione di giudizi valutativi in forma estesa (v. art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006, relativamente alle valutazioni di non idoneità delle prove scritte del concorso notarile), in tal modo postulando, per la generalità dei casi, l'operatività della regola opposta;
c) inammissibile è la censura formulata con il medesimo terzo motivo, con la quale l'istante sostiene la piena adeguatezza dei suoi elaborati. Trattasi invero di deduzione direttamente attinente al merito delle valutazioni compiute dalla commissione esaminatrice e dunque, come già rilevato, ad aspetto dell'attività di questa non sindacabile dal giudice amministrativo nella presente sede di mera legittimità (c.f.r., tra le tante, da ultimo Cons. di Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2557; sez. IV, 9 settembre 2009, n. 5406; sez. IV, 18 giugno 2009, n. 3991; sez. IV, 27 marzo 2008, n. 1248; sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 294; T.a.r. Lazio, sez. I, 9 ottobre 2009, n. 9854; sez. I, 14 aprile 2009, n. 3771);
d) quanto infine al quarto motivo, se ne deve ravvisare l'infondatezza alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale, secondo cui sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo il controllo dei tempi medi di correzione degli elaborati degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, salvo che non emergano profili di assoluta arbitrarietà od illogicità; né, d'altro canto, è possibile ritenere la irragionevole ristrettezza di detti tempi in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei partecipanti o degli elaborati esaminati, considerata l'impossibilità, di norma, di stabilire quali di essi abbiano fruito di maggiore o di minore considerazione (Cons. di Stato, sez. IV, 9 settembre 2009, n. 5406; sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3407; sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2182; sez. IV, 12 dicembre 2006, n. 7284; T.a.r. Lazio, sez. I, 14 settembre 2011, n. 7253; sez. I, 4 maggio 2009; n. 4488; sez. I, 20 febbraio 2009, n. 1823).
Sussistono giustificate ragioni per disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone l'integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE-ESTENSORE
Giorgio Giovannini
IL CONSIGLIERE
Roberto Politi
IL CONSIGLIERE
Leonardo Spagnoletti
Depositata in Segreteria il 26 settembre 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Inquinamento acustico: criteri di misurazione adottati dalla Regione Puglia
Giovedì 13 Ottobre 2011 07:52
Melita Manola
N. 1663/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 629 Reg. Ric.
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 629 del 2010, proposto da:
L. Sas, rappresentata e difesa dagli avv.ti Bice Annalisa Pasqualone, Elena Cafaro e Domenico Curigliano, con domicilio eletto presso P. C. in Lecce, via ...omissis...;
contro
Comune di Grottaglie, rappresentato e difeso dall'avv. Irene Vaglia, con domicilio eletto presso S. L. in Lecce, via ...omissis...;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Laura Marasco, con domicilio eletto presso l'Ufficio legale dell'ente in via Miglietta, 2;
nei confronti di
A. T., M. P. e D. S., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe A. Fanelli, con domicilio eletto presso A. V. in Lecce, via ...omissis...;
per l'annullamento
dell'ordinanza sindacale n. 27 (prot. n. 5737) del 4 marzo 2010; del verbale upg. Rep. n. 1685 del 05.06.2010 (rectius: 05.03.2010) dell'ARPA Puglia Dipartimento di Lecce;.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grottaglie e dell'ARPA Puglia, nonché di A. T., M. P. e D. S.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2011 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Pasqualone, Curigliano, Vaglia, Marasco e Fanelli.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è titolare di un locale, destinato a ristorazione (pizzeria), sito nel Comune di Grottaglie.
A seguito di alcune rilevazioni fonometriche effettuate nel corso del 208 e del 2009, le quali accertavano il superamento dei limiti di rumorosità proveniente dal locale (in particolare: spostamenti di sedie e tavoli nonché vociare degli avventori), venivano apprestate talune opere di adeguamento strutturale e di bonifica al fine di rientrare nei limiti consentiti.
Tuttavia con l'ordinanza qui impugnata, adottata in forza di ulteriori accertamenti effettuati nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio 2010 e con i quali veniva riscontrato il persistente superamento dei limiti di inquinamento acustico, si ordinava al ricorrente di:
a) "adottare, con effetto immediato, tutti gli accorgimenti tecnici necessari a limitare le emissioni rumorose con particolare riguardo alle unità abitative poste ai piani superiori";
b) "predisporre ... entro 30 ... giorni ... un piano di bonifica";
c) "effettuare medio tempore la cessazione serale di tutte le attività dell'esercizio alle ore 00,30 e fissando la riapertura del locale non prima delle ore 06,00 della mattina successiva ... fino all'avvenuto adeguamento ai limiti di emissione sonora fissati dalla legge che dovranno essere certificati dall'ARPA con apposite rilevazioni strumentali".
Il provvedimento citato veniva dunque impugnato per i motivi di seguito sintetizzati:
a) difetto di motivazione nella parte in cui non vengono esplicitate le particolari ragioni di necessità ed urgenza legate alla adozione della ordinanza sindacale, nonché violazione dell'art. 9 della legge n. 447 del 1995 nella parte in cui non sussisterebbero i presupposti per l'adozione della prevista ordinanza sindacale, ossia l'eccezionalità della situazione, il pericolo per la salute pubblica e la temporaneità delle misure;
b) violazione di legge nella parte in cui non è stato considerato che il doppio limite (assoluto e differenziale) imposto dall'art. 4 del DPCM 14 novembre 1997, in forza dell'art. 8, comma 1, del medesimo regolamento potrebbe trovare applicazione nei soli comuni in cui è stata adottata la c.d. zonizzazione acustica (adempimento questo non ancora effettuato nel Comune di Grottaglie);
c) eccesso di potere per difetto di istruttoria in quanto il periodo di riferimento del "rumore ambientale" (ore serali) sarebbe diverso dal periodo di riferimento del "rumore residuo" (ore notturne). Inoltre l'accertamento sarebbe stato condotto in assenza di contraddittorio con la ditta interessata ed effettuato dal Dipartimento provinciale di Lecce dell'ARPA e non da quello di Taranto.
Si costituivano in giudizio le amministrazioni intimate, nonché i controinteressati evocati in giudizio, tutti per chiedere il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 307 del 12 maggio 2010 veniva rigettata l'istanza di tutela cautelare. Con la medesima decisione si assegnava comunque all'ARPA un nuovo termine di quindici giorni per effettuare una ulteriore valutazione circa l'impatto acustico del nuovo piano di bonifica medio tempore elaborato e realizzato.
Veniva poi depositata, in data 13 luglio 2010, la relazione n. 1924 del 27 maggio 2010 dalla quale si evinceva, a seguito del prescritto ulteriore accertamento, il persistente superamento dei limiti differenziali suddetti.
Alla pubblica udienza del 28 aprile 2011 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. I motivi di ricorso sintetizzati al punto sub a) debbono essere complessivamente rigettati in quanto, come già evidenziato da questa sezione in precedenti di analogo tenore (sentenze 11 gennaio 2006, n. 488, 8 giugno 2006, n. 3340, e 4 dicembre 2006, n. 5639):
a) la disposizione di cui all'art. 9 della legge n. 447 del 1995 ( a norma del quale "qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco ..., con provvedimento motivato, (può) ... ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività") non va riduttivamente ricondotta al generale potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato, il potere in essa descritto, alla stregua di rimedio ordinario in tema di inquinamento acustico, e ciò in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. IV, 2 aprile 2008, n. 715; TAR Lombardia Brescia, sez. II, 2 novembre 2009, n. 1814; TAR Toscana, sez. II, 27 luglio 2009, n. 1307);
b) la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta ex se una minaccia per la salute pubblica [cfr. art. 2, comma 1, lettera a), della citata legge n. 447 del 1995, laddove si afferma espressamente che l'inquinamento acustico costituisce un "pericolo per la salute umana"], sufficiente a concretare il presupposto dell'eccezionale ed urgente necessità di intervento di cui al richiamato art. 9 (cfr. TAR Piemonte, sez. I, 2 marzo 2009, n. 199);
c) la situazione di pericolo non deve necessariamente coinvolgere l'intera collettività, ben potendo la stessa essere circoscritta ad una sola famiglia o ad un solo individuo, e ciò dal momento che le disposizioni in commento non contemplano alcun parametro numerico o dimensionale (cfr. anche TAR Piemonte, sez. I, 2 marzo 2009, n. 199; TAR Lombardia, sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819 e 2 aprile 2008, n. 715).
Per le ragioni suddette i primi due motivi di ricorso debbono dunque essere rigettati.
2. Con il motivo sub b) si deduce invece che, in assenza del piano di zonizzazione acustica, potrebbero essere applicati, in ordine all'accertamento circa il superamento dei valori limite di emissione sonora, i soli limiti assoluti (di cui al DPCM 1^ marzo 1991) e non anche quelli differenziali (dati ossia dal rapporto tra emissioni rilevate in presenza dell'attività rumorosa ed emissioni rilevate in assenza della predetta attività) di cui al DPCM 14 novembre 1997: dunque, poiché il Comune di Grottaglie non ha ancora provveduto in tal senso, non potrebbe di conseguenza trovare applicazione nel caso di specie il richiamato criterio differenziale.
La tesi di parte ricorrente non può trovare accoglimento in quanto la giurisprudenza che si è espressa sul tema ha da tempo affermato, almeno per quanto riguarda la Regione Puglia, che la materia dell'inquinamento acustico è stata compiutamente disciplinata con la legge regionale n. 3 del 2002: normativa questa che, in quanto emanata nell'ambito delle competenze regionali in materia di tutela della salute (risultando come già detto la tematica dell'inquinamento acustico strettamente interrelata, per l'appunto, con la salute pubblica), è destinata a prevalere in parte qua sulla previgente normativa statale di cui ai citati DD.PP.CC.MM. del 1991 e del 1997.
In particolare l'art. 3 della legge stabilisce, al comma 3, che per le zone non esclusivamente industriali (quale è quella di cui si discute, che è classificata come residenziale), oltre ai limiti massimi per il rumore ambientale, trova applicazione anche il cosiddetto criterio differenziale, in base al quale non può essere superata la differenza di 5 db durante il periodo diurno e di 3 db durante il periodo notturno.
Tale previsione è destinata a valere, in via immediata, anche nei Comuni privi della zonizzazione acustica (cfr. in tal senso TAR Puglia Bari, sez. I, 14 maggio 2010, n. 1896; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. n. 3656/2007).
Per le ragioni suddette la specifica censura non può dunque trovare accoglimento.
3. Va invece accolta, nei sensi e nei limiti di cui si dirà, l'ultima censura di cui al punto sub c).
Premesso da un lato che gli accertamenti tecnici preliminari debbono essere svolti, pena la perdita di efficacia e genuinità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2004, n. 3190), senza avvisare il responsabile della fonte di inquinamento (il quale potrà prendere parte al procedimento in una fase successiva), e dall'altro lato che ai suddetti accertamenti hanno preso parte attiva anche componenti del Dipartimento ARPA di Taranto (cfr. pag. 1 relazione tecnica in data 5 gennaio 2010), si rileva in ogni caso come le suddette rilevazioni siano avvenute mediante modalità non rispondenti a canoni di logica e coerenza dell'azione amministrativa, nonché in assenza di adeguata istruttoria.
Ed infatti, al fine di garantire un confronto effettivo tra rumore ambientale (ossia in presenza dell'attività rumorosa) e rumore residuo (in assenza della stessa), e dunque allo scopo di stabilire la reale differenza tra i due parametri suddetti, sarebbe stato vieppiù necessario effettuare i dovuti accertamenti nello stesso periodo di tempo.
Nel caso di specie, al contrario, siffatti accertamenti sono stati rispettivamente compiuti in due orari differenti (ore 22 circa per la rilevazione del rumore ambientale e ore 01 del mattino circa per la rilevazione del rumore residuo) che, pur appartenendo alla medesima fascia oraria (22 - 06 periodo notturno), divergono tra loro in termini concreti atteso che alle ore 22 della sera, rispetto all'una del mattino, alcune attività antropiche (es. passeggio serale, traffico pedonale, movimentazione condominiale) per quanto in fase di attenuazione sono comunque ancora in essere, mentre sono assenti alle ore 01 del mattino; il confronto fra le due rilevazioni porta a determinare il valore differenziale anche in relazione all'assenza di attività rumorose svolte all'atto della rilevazione del rumore ambientale ed invece assenti all'atto della rilevazione del rumore residuo, sicchè il valore differenziale si è innalzato, venendo ad essere determinato in funzione sia della specifica attività rumorosa sia dell'assenza di componenti del rumore ambientale.
Ne deriva che, ai fini di cui sopra, la rilevazione del rumore residuo avrebbe dovuto essere effettuata nello stesso orario in cui è stato rilevato il rumore ambientale, potendo l'organo tecnico svolgere tale accertamento in due diverse giornate (invece che nella stessa giornata ma in due orari non omogenei e dunque non comparabili), approfittando ad esempio dei turni di riposo o di chiusura obbligatoria dell'esercizio di cui si controverte, cioè di fatti non influenzabili dagli interessati.
Sotto il profilo del prospettato difetto di istruttoria la specifica censura merita dunque accoglimento.
4. Da quanto detto deriva l'accoglimento del ricorso, nei sensi e nei limiti sopra indicati.
Per l'effetto vanno annullati gli atti in epigrafe indicati.
Stante la complessità della vicenda esaminata sussistono peraltro giusti motivi per compensare le spese di lite.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto annulla gli atti in epigrafe indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Antonio Cavallari
L'ESTENSORE
Massimo Santini
IL CONSIGLIERE
Luigi Viola
Depositata in Segreteria il 29 settembre 2011
Lo stalker deve essere avvisato prima di essere ammonito?
Mercoledì 05 Ottobre 2011 06:47
Carmelo Anzalone
N. 2297/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 2009 Reg. Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2009 del 2011, proposto da R. C., rappresentata e difesa dall'avv. Sara Soligo, con domicilio eletto presso M. C. in Catania, via ...omissis...;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149; Questura di Catania;
nei confronti di
V. C., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Alecci, con domicilio eletto presso Giuseppe Alecci in Catania, via Piave, n. 12;
per l'annullamento,
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento di ammonimento ex art. 8 D.L. 23.2.2009 n. 11 (convertito in legge dall'art. 8 L. 23.4.2009 n. 38) Prot. Q2/2/11 P.A. emesso dal Questore della Provincia di Catania il 15 marzo 2011, nonché di ogni atto preparatorio, presupposto, consequenziale e comunque connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di V. C.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2011 il dott. Cosimo Di Paola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Merita condivisione il primo motivo di censura con cui si deduce violazione dell'art. 7 L.n. 241/1990, per l'omessa comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l'atto di ammonimento emesso dal Questore di Catania nei confronti della ricorrente.
Si ritiene, infatti, di dover aderire, a fronte di orientamenti ancora contrastanti in giurisprudenza in ordine alla necessità dell'avviso nel caso del provvedimento in questione a quello più garantista secondo il quale nel caso venga instaurato un procedimento finalizzato all'emanazione del provvedimento di ammonimento, per quanto il procedimento 'de quo' presenti dei tratti di specialità, in assenza di espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e, prima fra tutte, l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente possibilità per l'interessato di palesare il proprio punto di vista nel corso del procedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 17 novembre 2010, n. 25184. Afferma che il provvedimento dell'ammonimento debba essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento anche T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, sez. I, 17 novembre 2010, n. 68.
L'avviso può essere omesso solo allorché vi siano ragioni di qualificata urgenza delle quali il provvedimento deve dar contezza, non essendo a tal fine neppure sufficiente il mero riferimento al carattere cautelativo dell'atto (T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 01 aprile 2011, n. 511).
Nella fattispecie non si ravvisano particolari ragioni di celerità, come bene si evidenzia in ricorso, se è vero che la richiesta di ammonimento avanzata da Conte Vincenzo è del 10/12/2010, il verbale di sommarie informazioni rese dal medesimo è del 26/02/2011 mentre l'ammonimento viene adottato dal Questore il 15/03/2011. C'era dunque tutto il tempo per ascoltare anche il soggetto passivo di tale atto il quale avrebbe potuto apportare elementi di chiarimento ai fatti attribuitigli, ed eventualmente far valere, interloquendo con l'amministrazione, le proprie ragioni in ordine alla vicenda complessiva, specie trattandosi, sostanzialmente, di beghe familiari.
Il ricorso è pertanto fondato e, assorbito quant'altro, va accolto, col conseguente annullamento del provvedimento impugnato, fatte salve le ulteriori determinazioni dell'Autorità amministrativa.
Le spese del giudizio si possono compensare tra le parti in considerazione della particolarità della controversia e dell'accoglimento ( solo per vizio procedimentale ) del ricorso.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE-ESTENSORE
Cosimo Di Paola
IL CONSIGLIERE
Francesco Brugaletta
IL CONSIGLIERE
Rosalia Messina
Depositata in Segreteria il 22 settembre 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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