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    Comunicato ANAC su nuovo codice dei contratti pubblici

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    L’ANAC, col comunicato del suo Presidente dell’11 maggio 2016, pubblicato sul sito istituzionale dell'Autorità il 13 maggio 2016, fornisce delle prime “indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli operatori economici a seguito dell’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici, d.lgs. n. 50 del 18.4.2016”, dando riscontro alle numerose richieste di chiarimenti sin qui formulate dai vari operatori in merito alla normativa da applicare per alcune procedure di affidamento disciplinate dall’abrogato d.lgs. 163/2006, all’operatività di alcune norme introdotte dal d.lgs. 50/2016 e al periodo transitorio relativo al passaggio dal vecchio al nuovo Codice.

    Avvocato Valentina Magnano S.Lio

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    Ultimo aggiornamento Mercoledì 18 Maggio 2016 11:32
     

    Taglio delle ali

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    N. 04759/2016 REG.PROV.COLL.

    N. 14354/2015 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

    (Sezione Prima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 14354 del 2015, proposto da: 
    C.C.G. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Patrizio Leozappa e Giuseppe Mario Militerni, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via G. Antonelli, 15;

    contro

    Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lazio, Abruzzo e Sardegna, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

    nei confronti di

    I.C.C. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. prof. Stefano Crisci, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, piazza Giuseppe Verdi, 9;

    per l'annullamento, previa misura cautelare,

    - del provvedimento di aggiudicazione definitiva relativa alla procedura aperta avente ad oggetto i “Lavori di risanamento e tinteggiatura delle facciate esterne, lato via Moroni, via Nardini e lato campo sportivo della palazzina Piave con rifacimento delle gronde discendenti pluviali presso il complesso caserma Piave, sede del Comando Generale della Guardia di Finanza sito in Roma, adottato dal Provveditore con determina prot. n. 23810 del 27 ottobre 2015, rilasciato in copia in data 9 novembre 2015;

    - di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi espressamente incluso il verbale di gara dell’8 settembre 2015, nella parte in cui ha rettificato la precedente graduatoria formulata all’esito della seduta di gara del 22 luglio 2015 ed ha individuato nella controinteressata Ca. Costruzioni s.r.l. l’aggiudicataria provvisoria della gara.

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lazio, Abruzzo e Sardegna nonché della I.C.C. Srl, con la relativa documentazione;

    Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Terza di questo Tribunale n. 156/2016 del 14.1.2016;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

    Relatore nell'udienza pubblica del 6 aprile 2016 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Rilevato e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    Premesso che la presente sentenza è redatta in forma semplificata, ai sensi dell’articolo 120, comma 6, c.p.a,;

    Rilevato che la vicenda trae origine dall’aggiudicazione provvisoria della procedura aperta in epigrafe, svolta ai sensi dell’art. 82, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 163/06, in favore della C.C.G. srl (C.), cui seguiva però un avviso di “precontenzioso” della seconda classificata, C.C.srl (Ca.), la quale lamentava la mancata applicazione della “reductio ad unum”, ai sensi dell’art. 121, comma 1, dpr n. 207/2010, di valori uguali riconducibili a due offerte di identico ribasso (33,334%) all’interno dell’”ala” dei ribassi maggiori;

    Rilevato che la stazione appaltante, dopo la partecipazione procedimentale sul punto dell’aggiudicataria provvisoria, rivedeva il suo orientamento, ritenendo di procedere nel senso evidenziato da Ca., come riconducibile a parere ANAC n. 87 del 23.4.14 nonché a sentenza del Consiglio di Stato del 2015, con conseguente individuazione di nuova soglia di anomalia e aggiudicazione, dapprima provvisoria e successivamente definitiva, in favore di Ca.;

    Rilevato che C., con ricorso a questo Tribunale ritualmente notificato e depositato, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, di tale aggiudicazione, illustrando le sue doglianze in un unico, articolato, motivo di ricorso in cui erano lamentati: “Violazione e erronea applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e erronea applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Violazione e erronea applicazione dell’art. 86, co 1 del d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione e erronea applicazione dell’art. 121, co 1, del DPR n. 207 del 2010. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per travisamento dei fatti, irragionevolezza manifesta, sviamento di potere”;

    Rilevato che, in sintesi, la ricorrente evidenziava che il punto di diritto era in realtà controverso, come attestato da altro parere AVCP del 7.4.2011 e da precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V, n. 6323/09), secondo cui, ai sensi dell’art. 86, comma 1, d.lgs. n. 163/06 cit., le offerte recanti medesimo ribasso non dovrebbero essere considerate in modo “unitario” – come appunto avvenuto nel caso di specie – ma computate singolarmente, in assenza di ragioni sostenibili o ispirate all’interesse pubblico (Sez. V, n. 4429/14 e n. 3953/12);

    Rilevato che la ricorrente, pur prendendo in esame il parere dell’ANAC (n. 87/2014) e la sentenza del Consiglio di Stato n. 2813/15 richiamati dalla stazione appaltante e riportandone i passaggi salienti, criticava il “fulcro” del ragionamento alla base, orientato a trattare uniformemente le due ipotesi di identico ribasso collocato all’interno o “a cavallo” delle ali mediante estensione alla prima della disciplina prevista per la seconda, ritenendo che – comunque – l’Autorità avrebbe dovuto motivare sulla scelta di preferire la “nuova” tesi rispetto a quella, più consolidata, che l’aveva preceduta ed evidenziando che la conclusione di cui al provvedimento impugnato avrebbe “snaturato” del tutto la funzione del c.d. “taglio delle ali”, in quanto, così facendo, si sarebbe dato luogo ad una indiscriminata (s)valutazione dei ribassi estremi non sempre disancorati dalla realtà, come nel caso di specie ove i valori presi in considerazione erano assai prossimi a quelli delle offerte collocatesi nella parte “centrale” della graduatoria (in un “range” tra il 30,33% e il 32,927%), escludendo così in radice un intento collusivo, eventualmente fraudolento, delle imprese offerenti e che sarebbe il vero scopo a sostegno del principio del “taglio” in questione, tenuto anche conto che il tenore letterale dell’art. 121, comma 1, d.p.r. n. 207/2010 non chiarisce se tale “taglio” debba avvenire per le offerte presenti sia all’interno sia “a cavallo” delle ali;

    Rilevato che si costituivano in giudizio l’ANAC e Ca., illustrando in specifiche memorie le tesi orientate ad escludere la fondatezza del ricorso;

    Rilevato che, con la motivata ordinanza in epigrafe, la Sezione Terza di questo Tribunale respingeva la domanda cautelare;

    Rilevato che le parti costituite depositavano memorie (anche “di replica) in prossimità dell’udienza pubblica e che la causa era trattenuta in decisione alla data del 6 aprile 2016;

    DIRITTO

    Considerato che il Collegio non ritiene di discostarsi da quanto emerso in fase cautelare, rilevando l’infondatezza del ricorso;

    Considerato, infatti, che – pur sussistendo indubbiamente un orientamento collimante con le tesi della ricorrente che però risale a epoca precedente all’attuale (riconducendosi il parere AVCP e gli arresti del Consiglio di Stato richiamati al periodo 2011-2014), il Collegio non può non rilevare che la giurisprudenza più recente si sia attestata su quanto già evidenziato nelle ultime tendenze interpretative della competente Autorità;

    Considerato, infatti, che la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha da ultimo ribadito quanto riconducibile alla ricostruzione evidenziata dalle parti intimate in questa sede (Sez. IV, 29.2.16, n. 818);

    Considerato che i giudici di Palazzo Spada, riportando le norme di cui all’art. 86, comma 1, Codice Contratti e dell’art. 121, comma 1, del relativo Regolamento (cui si fa diretto rimando in questa sede in ossequio al principio di sinteticità di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a.), hanno evidenziato che risulta preferibile l’orientamento fatto proprio dall’ANAC con il suddetto parere n. 87/2014;

    Considerato che, in merito, è stato dunque precisato che l’art. 121, comma 1, cit. specifica un primo aspetto a carattere generale, consistente nell’evidenziare che “le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese distintamente nei loro singoli valori in considerazione sia per il calcolo della media aritmetica, sia per il calcolo dello scarto medio aritmetico” nonché un secondo - costituente eccezione al principio generale e relativo solo all’operazione del cd. “taglio delle ali” - consistente nel precisare che “qualora nell'effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all'articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”;

    Considerato che tale ultima disposizione non può che essere interpretata se non nel senso che, ai fini della definizione del 10% delle offerte da escludere (di maggior ribasso e di minor ribasso), qualora entro detta fascia vi siano offerte di un determinato ribasso, tutte - sia presenti nella fascia/ala perché numericamente rientranti nel 10%, sia collocate fuori dalla fascia perché eccedenti il 10% calcolato sul numero complessivo delle offerte - devono essere accantonate e quindi rese ininfluenti ai fini del calcolo della soglia di anomalia, costituendo la disposizione regolamentare una “esplicitazione” della norma primaria, laddove vi sia presenza nelle “ali” di una o più offerte con il medesimo ribasso (sia collocate nell’ala ovvero, per alcune di esse, al di fuori), al fine di favorire la realizzazione delle effettive finalità che la norma persegue, pur in presenza di una particolare coincidenza, ed anzi al fine di evitarne l’ “aggiramento”, poiché basterebbe la presentazione di una pluralità di offerte con ribasso “non serio” (per difetto o per eccesso), per rendere inoperante (o difficoltoso) lo sbarramento del 10%, che il legislatore ha inteso prevedere;

    Considerato che ciò porta alla conclusione per la quale le offerte identiche devono essere considerate ai suddetti fini come una “offerta unica”, essendo di carattere generale la finalità di evitare che identici ribassi (a cavallo e/o all’interno delle ali) limitino l’utilità dell’accantonamento e amplino eccessivamente la base di calcolo della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico, rendendo inaffidabili i risultati;

    Considerato che il Consiglio di Stato ha ulteriormente chiarito che la lettera dell’art. 86 del Codice ha natura di “regola generale”, che vale sia nel caso in cui ci si trovi di fronte a offerte con entità di ribasso tutte differenti, sia nel caso in cui vi siano più offerte con identico ribasso, ma queste siano nettamente al di fuori delle due “ali” rappresentate dal 10% delle offerte di minor ribasso e di quelle di maggior ribasso;

    Considerato che nell’ipotesi in cui, però, all’interno dell’ala, si collochi una offerta con un determinato ribasso (che, per rientrare nel 10%, è già ritenuta dal legislatore “inaffidabile”) appare evidente che tutte le eventuali offerte di identico ribasso – sia collocate individualmente nell’ambito del 10% del numero delle offerte complessivamente presentate, sia collocate al di fuori di un 10% così “individualmente” calcolato – debbano essere “accantonate” e dunque rese ininfluenti ai fini della soglia, considerandole come un’unica offerta, “…in quanto onde pervenire ad un risultato affidabile della soglia di anomalia, non ha alcun senso considerare le offerte solo nella misura in cui, numericamente, saturino la percentuale del 10%, ma occorre anche considerare le offerte che – presentando un identico ribasso certamente non affidabile, per effetto dell’applicazione del criterio normativo primario (limite del 10%) – devono essere unitariamente considerate (che si trovino all’interno o a cavallo dell’ala), e ciò perché solo in questo modo il criterio del taglio delle ali consente di conseguire l’affidabilità del risultato…”, tenuto conto che “…è appena il caso di osservare che il legislatore, nel riferirsi alle “offerte”, solo apparentemente indica una offerta singolarmente intesa, a prescindere dal valore del ribasso che la caratterizza, poiché è proprio tale valore ciò che il legislatore in realtà considera, perché è solo tale valore (ove sproporzionato per eccesso o per difetto) ad essere inaffidabile (non l’offerta individualmente e formalmente considerata). In tal senso, il 10% costituisce solo il limite numerico delle offerte il cui valore è giudicato inaffidabile, ma poiché, come si è detto, inaffidabili sono i valori e non le offerte, è del tutto evidente che, in presenza di più offerte con identico valore, queste non possono essere intese che come unica offerta, a prescindere dalla loro collocazione (all’interno o a cavallo dell’ala)” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 818/16 cit.);

    Considerato che il Consiglio di Stato si è premurato anche di illustrare le ragioni a confutazione della tesi opposta – propugnata in analoghi termini nel caso in esame dalla ricorrente - in ordine ad una ritenuta violazione (o comunque alla presenza di un contrasto antinomico) della norma primaria da parte della norma regolamentare in assenza di ragioni sostenibili o ispirate all’interesse pubblico, dato che “…la stessa giurisprudenza che esclude la possibilità di considerare unitariamente le offerte all’interno dell’ala, tuttavia ammette che debbano essere escluse anche le eventuali offerte che si collocano al di fuori dell’ala (cioè che sono eccedenti rispetto al computo del 10% effettuato “capitariamente” sulle offerte), applicando, in tale ultimo caso il criterio cd. relativo. In tale ultima ipotesi, dunque, risulterebbe certamente non rispettata la (pur evocata) “lettera” della disposizione primaria (limite del 10% delle offerte)…”, per cui “…occorre invece osservare (condividendo il parere ANAC n. 87/2014 cit.), che ‘una volta ammesso che il tenore letterale dall’art. 86, comma 1, del D.Lgs. 163/2006 può essere superato in via interpretativa per le offerte a cavallo delle ali, non vi sono ragioni per non applicare lo stesso metodo al caso delle offerte che rimangono interne alle ali’;

    Considerato che, quindi, l’interesse pubblico consistente nel selezionare il futuro aggiudicatario sulla base di una offerta affidabile si realizza (anche) attraverso l’individuazione di una soglia di anomalia alla cui determinazione non possono concorrere offerte aventi un ribasso non affidabile e l’accorpare offerte con valori identici consente, nella fase del “taglio delle ali”, proprio di depurare la base di calcolo dai ribassi effettivamente marginali (nel limite del 10% superiore e inferiore di oscillazione delle offerte), con la conseguenza che è sostanzialmente irrilevante che i ribassi identici siano a cavallo o all’interno delle ali, perché si tratta comunque di valori che, se considerati distintamente, limitano l’utilità dell’accantonamento e ampliano eccessivamente la base di calcolo della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico, rendendo “inaffidabili” i risultati, anche perché, il procedere secondo il cd. “criterio assoluto” propugnato dalla ricorrente – sempre secondo l’osservazione del Consiglio di Stato - potrebbe consentire ad operatori “non seri”, attraverso la presentazione di una pluralità di offerte di identico ed inaffidabile ribasso, ma contenute nel 10% del totale, di frustrare la ricerca, voluta dall’art. 86 cit, di un indicatore ragionevole della soglia di anomalia, frustrando, in tal modo, la ricerca del miglior contraente per la pubblica amministrazione;

    Considerato, quindi, che il Collegio ritiene condivisibile tale sviluppo interpretativo perché più aderente, per le ragioni sopra esposte, alla “ratio” della normativa primaria e secondaria applicabile alla fattispecie, la quale – in quanto normativa astratta e generale – deve essere orientata all’individuazione del metodo di selezione del contraente in termini generali più affidabile, dato che il principio interpretativo “cardine” riconducibile al sistema di cui agli art. 86, comma 1, e 121, comma 1, citt. in argomento è quello per cui inaffidabili sono i valori e non le offerte;

    Considerato, quindi, che il provvedimento impugnato, mediante il richiamo al recente orientamento ANAC del 2014, appare congruamente motivato “per relationem”, non essendo la stazione appaltante obbligata alla ricostruzione tematica della fattispecie ogni qual volta dia luogo ad esclusioni, nonché fondato su ragioni sostanziali condivisibili alla luce dell’evoluzione interpretativa propria degli organi a ciò preposti, quali l’Autorità di settore e la giurisprudenza amministrativa;

    Considerato, perciò, che per le ragioni illustrate il ricorso non può trovare accoglimento e che le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate per l’indubbia oscillazione interpretativa giurisprudenziale che ha contraddistinto il periodo immediatamente precedente i fatti di causa;

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:

    Carmine Volpe, Presidente

    Ivo Correale, Consigliere, Estensore

    Roberta Cicchese, Consigliere

    L'ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 26/04/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

    Ultimo aggiornamento Martedì 03 Maggio 2016 09:24
     

    Irregolarità contributiva nelle pubbliche gare

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    N. 01650/2016REG.PROV.COLL.

    N. 07116/2013 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 7116 del 2013, proposto da: 
    A. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Daniela Anna Ponzo, con domicilio eletto presso lo studio Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II,18;

    contro

    Comune di Ginosa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Angela Rita Semeraro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Pecorilla, in Roma, via della Scrofa, 64; T. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. Puglia– Lecce, Sezione III, n. 01431/2013, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di igiene urbana –risarcimento danni.

     

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ginosa;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi, su delega dell'avv. Daniela Anna Ponzo e Giovanni Caridi, su delega dell'avv. Angela Rita Semeraro;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO e DIRITTO

    Risulta dagli atti che nell’agosto del 2011 il Comune di Ginosa ha bandito una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana.

    La A. s.r.l., che già gestiva il medesimo servizio, ha partecipato alla selezione e, all’esito delle operazioni di valutazione delle offerte, ha ottenuto la provvisoria aggiudicazione.

    A seguito dell’effettuazione delle verifiche sulla sussistenza dei requisiti soggettivi, la detta società è, però, risultata, al pari della seconda classificata, in una posizione di irregolarità contributiva alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, per cui, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, è stata esclusa dalla procedura concorsuale. Il contratto, quindi, è stato definitivamente aggiudicato alla terza classificata T. s.r.l..

    Avverso l’esclusione dalla gara e l’aggiudicazione alla T. s.r.l., A. s.r.l. ha proposto ricorso, seguito da motivi aggiunti, al Tribunale amministrativo per la Puglia – Lecce, il quale, con sentenza della III Sezione, 19 giugno 2013, n. 1431, lo ha respinto.

    A sostegno della decisione il giudice di prime cure ha posto le seguenti considerazioni:

    a) “la presenza di un DURC negativo alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara obbliga la stazione appaltante ad escludere dalla procedura l'impresa interessata”;

    b) “ai fini dell’ammissione alla procedura, non ha rilevanza per orientamento consolidato (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 8/2012) la regolarizzazione postuma, in quanto successiva alla domanda di partecipazione, della posizione contributiva”;

    c) “Non è poi condivisibile la doglianza secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto dell’esistenza di crediti di A. srl nei confronti di alcuni amministrazioni locali per importi rilevanti; occorre innanzitutto precisare non sussiste la possibilità per l’impresa di porre in compensazione i crediti esigibili nei confronti di amministrazioni comunali con il debito previdenziale vantato da INPS e INAIL, possibilità che all’epoca della vicenda di cui è causa non era prevista da alcuna disposizione normativa”;

    d) “L’invocato art. 4 DPR 207/2010, che prevede un meccanismo di supplenza da parte delle stazioni appaltanti in caso di morosità degli obblighi previdenziali, è una disposizione che mira a favorire il pagamento degli oneri contributivi ma che non giustifica l’impresa inadempiente per essere venuta meno ai suoi doveri nei confronti degli enti di previdenza; la mancata attivazione del suddetto meccanismo, a prescindere dalla sua concreta applicabilità nel caso concreto, non fa dunque venir meno le conseguenze derivanti dagli inadempimenti degli obblighi contributivi di cui l’impresa è personalmente responsabile e che incidono sui diritti dei lavoratori, le finanze pubbliche e la par condicio tra le imprese”.

    Ritenendo la sentenza erronea e ingiusta, la A. s.r.l. l’ha impugnata, chiedendone l’annullamento.

    Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

    Con apposite memorie, le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi difensive.

    Alla pubblica udienza del 3 marzo 2016 la causa è passata in decisione.

    Coi primi due motivi di gravame l’appellante deduce le seguenti censure. In primo luogo il giudice di prime cure avrebbe errato nell’interpretare gli artt. 4 (Intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva dell'esecutore e del subappaltatore), comma 2 e 6 (Documento unico di regolarità contributiva), commi 3 e 4, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.

    Dalla combinata lettura di tali diposizioni emergerebbe, infatti, come in caso di inadempienza contributiva di uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, l’amministrazione appaltante, tramite il responsabile del procedimento, debba provvedere al versamento in favore degli enti previdenziali e assicurativi degli importi da quelli non pagati.

    Nel caso di specie, la A. s.r.l., al momento della partecipazione alla gara, e sino al 4 luglio 2012, svolgeva presso il Comune di Ginosa lo stesso servizio di igiene urbana messo a bando; inoltre, il Presidente della Commissione di gara era lo stesso responsabile del procedimento che mensilmente liquidava e ordinava il pagamento degli importi dovuti per l’esecuzione delle prestazioni relative al detto servizio.

    Ne discenderebbe che il Comune si sarebbe dovuto sostituire alla A. s.r.l. nel pagare gli oneri contributivi da questa non versati.

    Ove così non fosse, il responsabile del procedimento potrebbe a suo piacimento decidere le sorti della gara, scegliendo se sostituirsi o meno al soggetto inadempiente.

    La ratio della sostituzione risiederebbe, secondo l’appellante, proprio nell’evitare l’esclusione del concorrente nei casi in cui questo, per una qualche ragione, non dispone delle somme versategli dall’amministrazione committente.

    Nel caso di specie, l’inadempimento della A. s.r.l. è giustificato in considerazione dalla perdurante inerzia del Comune nel corrisponderle la cospicua somma dovuta a titolo di revisione del canone d’appalto, relativo al contratto in corso all’epoca della gara.

    La lettura delle dette norme del d.P.R. n. 207 del 2010, data dal giudice di prime cure, contrasterebbe, inoltre, con gli artt. 3 e 41 Cost., in quanto in materia di gare è principio fondante la parità di trattamento tra i concorrenti e ciò implica che l’operatore economico che abbia rapporti in essere con la stazione appaltante non può vedere il proprio interesse a partecipare alla selezione frustrato dall’inadempimento dell’amministrazione nella sostituzione imposta dal ricordato art. 4, comma 2.

    In secondo luogo il Tribunale amministrativo avrebbe errato nel non ravvisare l’illegittimità della disposta esclusione dalla gara della A. s.r.l., atteso che la mancanza del requisito della regolarità contributiva non avrebbe potuto essere accertata dalla stazione appaltante in virtù di una verifica postuma, posto che il possesso del requisito era stato dalla medesima concorrente autocertificato sulla base di DURC attestanti la detta regolarità, ancora validi ed efficaci al momento dell’autodichiarazione.

    Le doglianze, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione logica, sono infondate.

    Per l’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sono esclusi dalle procedure di gara per i contratti pubblici quanti «hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti».

    La regolarità contributiva deve sussistere fin dalla presentazione dell’offerta e permanere per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (cfr. da ultimo, Cons. Stato, III, 9 marzo 2016, n. 955).

    Tale principio, già chiaramente espresso da Con. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, non è superato dall’articolo 31 (Semplificazioni in materia di DURC), comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013 n. 98sull’invito alla regolarizzazione,a norma del quale ai fini della verifica per il rilascio del DURC, «in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato […] a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità». Cio è stato recentemente ribadito da Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e 6, che hanno chiarito che anche dopo detto art. 31 non sono consentite regolarizzazioni postume di posizioni previdenziali, perché l’impresa dev’essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante: sicché rimane irrilevante l’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, posto che l’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall’art. 7 comma 3 d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito dall’art. 31 predetto opera solo nei rapporti tra impresa ed ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. i) del Codice dei contratti pubblici ai fini della partecipazione alla gara d’appalto.

    Nemmeno in senso contrario è sufficiente a deporre la normativa regolamentare invocata dall’appellante.

    A parte infatti che la successiva norma di legge del 2013, da interpretare negli anzidetti risolutivi sensi, assorbe ogni questione circa l’eventuale confligente portata di una precedente diposizione regolamentare del 2010, vale rilevare che l’art 4, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dispone:

    Nelle ipotesi previste dall'articolo 6, commi 3 e 4, in caso di ottenimento da parte del responsabile del procedimento del documento unico di regolarità contributiva che segnali un'inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, il medesimo trattiene dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza. Il pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il documento unico di regolarità contributiva è disposto dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile”.

    La funzione della norma è solo di garanzia dei lavoratori: evitare che il personale impiegato dai soggetti esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, possa subire pregiudizi derivanti dall’omesso pagamento degli oneri contributivi e assicurativi da parte del proprio datore di lavoro.

    Questa ratio della disposizione impedisce di interpretarla nel senso proposto dalla appellante, vale a dire come sostituzione finalizzata a sanare, ai fini della gara, la posizione del datore di lavoro inadempiente agli obblighi in questione.

    Contrariamente, quindi, a quanto quest’ultima assume, l’eventuale sostituzione dell’amministrazione committente nel versamento “agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile”, di quanto dovuto dall’appaltatore per i relativi oneri, non sana il suo inadempimento, al fine di costituirne, ai fini di gara, un’artificiale e surrogata regolarità contributiva. La posizione dell’impresa a quel riguardo pertanto permane comunque negativa, anche in caso di pagamento dei detti oneri da parte dall’amministrazione.

    Alla luce delle esposte considerazioni:

    a) ai fini del requisito di gara sono irrilevanti le eventuali inadempienze del Comune nella sostituzione richiamata: sia nel versare, in luogo della A. s.r.l., gli oneri contributivi e assicurativi da questa non corrisposti, sia nel pagare gli importi reclamati dall’appellante a titolo di revisione del canone d’appalto;

    b) non è fondata la censura secondo cui l’interpretazione dell’art. 4, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, fatta propria dal giudice di prime cure, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost..

    Altrettanto irrilevante è che la parte appellante abbia autocertificato la sussistenza del requisito di che trattasi sulla base di DURC regolari, in corso di validità al momento dell’autodichiarazione.

    Invero, l'irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda di partecipazione non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di precedenti DURC che attestino (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della correntezza contributiva (Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, secondo cui non giova “invocare il termine trimestrale di validità del DURC precedentemente rilasciato, atteso che l'art. 7, comma 2, del d.m. 24 ottobre 2007, riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall'art. 3, comma 8, del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 496 (che prevede fra l'altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all'Amministrazione concedente un DURC in corso di validità dell'impresa esecutrice dei lavori).

    Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

    Né può invocarsi la lesione dell'affidamento riposto sulle risultanze del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale al momento della partecipazione alla gara”.

    Nel descritto contesto, correttamente la stazione appaltante, in sede di verifica postuma dei requisiti autocertificati effettuata ai sensi dell’art. 48 d. lgs. n. 163 del 2006, ha disposto l’esclusione dalla gara dell’odierna appellante, tenuto conto che era risultata priva del requisito della regolarità contributiva.

    Col terzo motivo si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

    La doglianza è infondata.

    Per evidenti ragioni logiche e di economia processuale, la ritenuta infondatezza delle censure sulla legittimità dell’esclusione dalla procedura concorsuale priva l’escluso appellante di un utile titolo a impugnare l’aggiudicazione del contratto in favore della T. s.r.l..

    È consolidato l’orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, per cui il soggetto definitivamente escluso dalla gara non è legittimato ad impugnare le ulteriori fasi della procedura concorsuale perché versa in condizioni analoghe a chi è rimasto estraneo alla gara (ex plurimis Cons. Stato, VI, 17 marzo 2014, n. 1308 e 5 settembre 2011,n. 4999; V, 21 maggio 2013, n. 2765; Ad. plen. 7 aprile 2011, n. 4).

    Col quarto motivo la A. s.r.l., premesso che il Tribunale amministrativo ha omesso di pronunciare sulla sua domanda risarcitoria, la ripropone, sussistendo a suo avviso le condizioni per la condanna del Comune al risarcimento dei danni: nesso eziologico, spettanza del bene della vita e danno, quantificato in € 1.500.000, oltre interessi e rivalutazione.

    Il motivo non merita condivisione.

    L’infondatezza della domanda di annullamento, con conseguente inoppugnabilità del provvedimento di esclusione dalla gara della parte appellante, preclude infatti, per difetto di un essenziale presupposto sostanziale, una positiva valutazione dell’istanza risarcitoria.

    L’appello va, in definitiva, respinto.

    Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

    Spese ed onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione appellata, liquidandole forfettariamente in complessivi € 6.000/00 (seimila), oltre accessori di legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

    Giuseppe Severini, Presidente

    Salvatore Cacace, Consigliere

    Fabio Franconiero, Consigliere

    Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

    Oreste Mario Caputo, Consigliere

    L'ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 29/04/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

    Ultimo aggiornamento Lunedì 16 Maggio 2016 09:50
     

    Soccorso istruttorio

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    N. 00116/2016REG.PROV.COLL.

    N. 00289/2015 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

    in sede giurisdizionale

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 289 del 2015, proposto dalla società S.s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria capogruppo dell'associazione temporanea d’imprese costituita con la società P.I. s.r.l., nelle persone dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, con domicilio eletto presso il primo, in Palermo, Via Oberdan n.5;

    contro

    società I.S. s.p.a. in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda associazione temporanea d’imprese con la società D. s.r.l., nelle persone dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Immordino, presso il cui studio, in Palermo, Via Libertà 171;

    nei confronti di

    ANAS s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, Via A. De Gasperi n. 81, è ex lege domiciliato;

    per la riforma

    della sentenza n.78 del 16.12.2014 (pubblicata il 9.1.2015) resa dal T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZ.I^;

     

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio della società I.S. .p.a. e della società ANAS s.p.a.;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2015 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avvocati Girolamo Rubino, Giovanni Immordino e l'Avvocato dello Stato La Rocca;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    I. Il 14.10.2014 la costituenda associazione temporanea d’imprese tra la società I.S. s.p.a. e la società D. s.r.l. (d’ora in poi denominata “a.t.i. I.S. – D.”) chiedeva di partecipare alla gara indetta dall’ANAS s.p.a. (con Avviso prot. CPA – 0055911 – 1 dell’11.9.2014), per l’appalto di lavori denominato “Lavori di riqualificazione delle opere di sicurezza, compreso il rifacimento dei cordoli, sostituzione dei giunti di dilatazione e ripristino della pavimentazione stradale del Viadotto Belice al Km 82 + 282 della SS 115 di competenza del C.M. (D)”, con importo a base d’asta pari ad €.3.524.300,00.

    Con nota del 24.10.2014 la Stazione appaltante escludeva la predetta a.t.i dalla gara in quanto la stessa aveva omesso di produrre la dichiarazione relativa al ‘protocollo di legalità’ della mandataria (I. S.s.p.a.).

    II. Con ricorso ritualmente notificato, l’a.t.i. in questione impugnava, pertanto, la sua esclusione unitamente ai connessi atti di gara, chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni reintegratorie, conformative e di condanna.

    Lamentava, al riguardo:

    1) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.38, comma 2 bis e 46, comma 1 ter, nuovo stile (id est: nella formulazione introdotta con il DL n.90 del 2014, convertito in L. n.114 del 2014) del D.Lgs. n.163/2006, nonché eccesso di potere per carenza istruttoria ed insufficiente motivazione, deducendo

    - che la (menzionata) novella normativa concernente il “soccorso istruttorio” ha esteso l’applicabilità dell’istituto in questione anche ai casi di mancata produzione di un documento essenziale;

    - e che pertanto il Seggio di gara avrebbe dovuto consentirle di integrare la documentazione mediante la produzione postuma della dichiarazione concernente l’adesione al “Protocollo di legalità”;

    2) violazione e falsa applicazione degli artt.3, 7, 8 e 10 della L. n.241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria, deducendo che la Stazione appaltante ha omesso di comunicare l’avvio del procedimento di esclusione (precludendo alla ricorrente di integrare la documentazione);

    3) violazione e falsa applicazione del punto 14 del Bando di gara e del punto 11 del Disciplinare di gara, nonché violazione e falsa applicazione dell’art.46, comma 1 bis, del codice dei contratti pubblici, deducendo:

    a) che né il bando né il Disciplinare prevedevano che la mancata adesione al c.d. “protocollo di legalità” avrebbe comportato l’esclusione dalla gara;

    b) ma che comunque nella domanda di ammissione aveva dichiarato di accettare le clausole di autotutela di cui al Protocollo Unico di legalità (ragion per cui l’esclusione si appalesa illegittima sotto ogni possibile profilo).

    Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione eccepiva l’infondatezza del ricorso.

    Si costituiva in giudizio la controinteressata a.t.i. costituita fra la società S. e la società P.I. (d’ora innanzi denominato a.t.i. S. – P.I.), eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

    Non si costituiva, invece, l’ANAS.

    III. Con sentenza n.78 del 16.12.2014 (pubblicata il 9.1.2015) il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sez.I^) ha accolto il ricorso avendo ritenuto fondato ed assorbente il primo motivo.

    IV. Con l’appello in esame l’a.t.i. S. – P.I. ha impugnato la predette sentenza e ne chiede l’annullamento e/o la riforma per le conseguenti statuizioni reintegratorie, costitutive e di condanna.

    Si duole dell’asserita ingiustizia dell’impugnata sentenza e lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.38, comma 2 bis e 46 comma 1 ter, del codice dei contratti pubblici ed eccesso di potere giurisdizionale per difetto d’istruttoria ed insufficiente motivazione, deducendo che il Giudice di primo grado:

    - ha erroneamente ritenuto che il Seggio di gara avrebbe dovuto avviare il c.d. “soccorso istruttorio” e consentire all’a.t.i. I.S. – D. di regolarizzare la propria documentazione (producendo la dichiarazione di adesione al Protocollo di Legalità mancante in atti);

    - e parimenti erroneamente ritenuto che a seguito della novella normativa in materia di “soccorso istruttorio” (introdotta con la L. n.114 del 2014), la “regolarizzazione” è ammissibile (e va dunque ammessa) anche a fronte della mancata produzione di un documento essenziale.

    Ritualmente costituitasi l’a.t.i. I.S. – D. ha eccepito l’infondatezza del gravame sostenendo la correttezza della sentenza del Giudice di primo grado.

    Ritualmente costituitasi, l’ANAS si è associata alla domanda giudiziale di annullamento della sentenza proposta dall’a.t.i. Strade 2010 – Pernice Impianti.

    Nel corso del giudizio le parti hanno insistito - anche con ulteriori scritti difensivi - nelle rispettive domande, eccezioni e controdeduzioni.

    Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.

    DIRITTO

    1. L’appello proposto dall’a.t.i. S. – P.I., è infondato.

    Con unico articolato motivo di gravame l’appellante si duole dell’ingiustizia dell’impugnata sentenza, lamentando violazione falsa applicazione del combinato disposto degli artt.38, comma 2 bis e 46 comma 1 ter, del codice dei contratti pubblici ed eccesso di potere giurisdizionale per difetto d’istruttoria ed insufficiente motivazione, deducendo che il Giudice di primo grado:

    - ha erroneamente ritenuto che il Seggio di gara avrebbe dovuto avviare il c.d. “soccorso istruttorio” e consentire all’a.t.i. I.S. – D. di regolarizzare la propria documentazione (producendo la dichiarazione di adesione al Protocollo di Legalità mancante in atti);

    - e parimenti erroneamente ritenuto che a seguito della novella normativa in materia di “soccorso istruttorio” (introdotta con la L. n.114 del 2014), la ‘regolarizzazione’ sia ammissibile (e vada dunque ammessa) anche a fronte della mancata produzione di un documento essenziale.

    La doglianza non merita accoglimento.

    Il Giudice di primo grado ha correttamente interpretato ed applicato l’art.38, comma 2 bis, del codice dei contratti pubblici, come novellato dall’art.39 della L. 11.8.2014 n.114 (recante conversione in legge, con modificazioni, del DL.24.6.2014 n.90).

    La citata norma prevede:

    - che in caso di mancanza, incompletezza o altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni che il concorrente sia tenuto a produrre per dimostrare il possesso dei requisiti generali (e di moralità) necessari per partecipare alla gara d’appalto, la Stazione appaltante “assegna (…) un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie (…)”;

    - e che l’esclusione del concorrente dalla gara può essere disposta solamente nel caso in cui lo stesso non provveda alla regolarizzazione entro il termine assegnatogli.

    Ciò significa:

    - che la regolarizzazione è ammessa anche nel caso in cui la ditta partecipante alla gara abbia del tutto omesso di produrre una delle dichiarazioni relative al possesso dei ‘requisiti di ordine generale’ (o ‘requisiti generali’);

    - e che nel caso in cui la ditta concorrente sia in possesso dei predetti ‘requisiti generali’ (e dei requisiti morali) ma abbia omesso di dichiararlo (o abbia effettuato una dichiarazione lacunosa o poco chiara), può regolarizzare la sua posizione (e colmare così tale lacuna documentale) producendo, entro il termine assegnato dal Seggio di Gara, la prescritta dichiarazione (o una più completa ed esaustiva dichiarazione).

    Tale norma, dunque:

    - ha determinato il superamento del precedente sistema di principii in tema di ‘soccorso istruttorio’ (enunciati in Ad. Pl. 25.2.2014 n.9); sistema che escludeva la possibilità di ricorrere alla “regolarizzazione documentale” nei casi di omessa produzione di un documento (prescritto a pena di esclusione), e che limitava la possibilità di utilizzo dell’istituto in questione ai soli casi di avvenuta produzione di documenti contenenti errori, lacune o ambiguità;

    - e si è posta sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale “sostanzialistico” - via via affermatosi (in aderenza al disposto dell’art.45 della Direttiva n.2004/18/CE, e sulla scorta di C.S., Ad. Pl. 16.10.2013 n.23) - secondo cui solamente la reale mancanza di un requisito generale legittima la esclusione dalla gara (C.S., III^, 6.2.2014 n.583); infine culminato nell’affermazione secondo cui non appare giusto né equo che un soggetto che possa dimostrare, eventualmente anche mediante strumenti procedimentali di c.d. “soccorso istruttorio”, di avere tutti i prescritti requisiti morali (oltre agli altri richiesti dal bando) sia escluso da una procedura concorsuale (C.S., III^, 21.5.2015 nn.5038 e 5041)

    Tale orientamento è stato valorizzato ed ha ricevuto il definitivo avallo dalla pronunzia n.16 del 30.7.2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che afferma che l’intero impianto della ‘novella’ in esame:

    - va interpretato come indice “della volontà del Legislatore di evitare (… omissis …) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni); … (omissis …) e di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale (entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante)” (C.S., Ad.Pl., 30.7.2014 n.16);

    - ed “indica la volontà univoca del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie” (C.S., Ad.Pl., ult. sent. cit.).

    Ora, nella fattispecie dedotta in giudizio è accaduto che la Stazione appaltante:

    - non soltanto ha disposto l’immediata esclusione dell’a.t.i. I.S. – D. senza preventivamente attivare alcuno strumento di soccorso istruttorio;

    - ma ha addirittura ignorato che nella domanda di ammissione la predetta associazione temporanea d’imprese aveva dichiarato che “l’appalto è soggetto alla piena osservanza delle clausole di autotutela di cui al ‘Protocollo Unico di legalità del 12.7.2005 – Accordo quadro Carlo Alberto Dalla Chiesa”; nonché “di accettare, senza condizione o riserva alcuna, tutte le norme e disposizioni contenute nel bando di gara, nel disciplinare di gara, nel capitolato speciale d’appalto, nei piani di sicurezza e nei grafici di progetto”.

    Ciò significa che una dichiarazione di adesione Protocollo di legalità, seppur sintetica e non conforme al modello, esisteva ed era stata sottoscritta; il che costituiva una ragione in più - anche secondo l’orientamento giurisprudenziale ‘sostanzialistico’ sorto precedentemente all’ultima pronunzia dell’Adunanza Plenaria - per procedere ad un accertamento istruttorio suppletivo.

    Dal che non resta che concludere che la condotta del Seggio di gara si appalesa illegittima per più di un profilo. E che pertanto per più di un profilo la sentenza del Giudice di primo grado resiste alle doglianze dell’appellante.

    2. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello va respinto.

    Alla soccombenza dell’appellante a.t.i. S. – P.I. e dell’ANAS (che si è associata alla prima nel chiedere l’annullamento o la riforma dell’impugnata sentenza) non può che seguire – in mancanza di esimenti che il Collegio non ritiene di ravvisare – la loro condanna, in via solidale, al pagamento, in favore della parte appellata privata, delle spese processuali; spese che si liquidano in € 5.000,00 oltre s.g. e accessori di legge; del quale importo, per quanto attiene ai rapporti interni tra i condebitori solidali, due quinti da porre a definitivo carico dell’a.t.i. appellante e tre quinti a carico finale dell’ANAS.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello.

    Condanna le soccombenti a.t.i. S. – P.I. ed ANAS s.p.a. al pagamento, in solido, delle spese processuali in favore dell’appellata, che liquida in complessivi € 5.000,00, oltre spese generali e accessori di legge, da ripartirsi nei rapporti interni come indicato in motivazione.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2015 con l'intervento dei Signori Magistrati:

    Ermanno de Francisco, Presidente FF

    Vincenzo Neri, Consigliere

    Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore

    Giuseppe Mineo, Consigliere

    Giuseppe Barone, Consigliere

    L'ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 20/04/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

    Ultimo aggiornamento Lunedì 02 Maggio 2016 08:34
     

    Dichiarazioni sostitutive e modalità di sottoscrizione

    E-mail Stampa PDF
    N. 352/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 546 Reg. Ric.
    ANNO 2007
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 546 del 2007, proposto da:
    M. R., rappresentato e difeso dagli avv.ti Piergiorgio Chiara, Laura Malatesta, con domicilio eletto presso l'avv.to Piergiorgio Chiara in Torino, via Sanfront, 1/C;
    contro
    Comune di S. Antonio di Susa, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Domenico Prato, Giorgio Vecchione, con domicilio eletto presso Giorgio Vecchione in Torino, corso V. Emanuele II, 82;
    nei confronti di
    V. R., non costituito;
    per l'annullamento
    della determinazione del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Sant'Antonino di Susa n. 93 del 21.2.2007, pubblicata all'Albo Pretorio del predetto comune in data 27.2.2007, avente ad oggetto l'alienazione, mediante asta pubblica, con la procedura ex art. 73, 76 e 77 R.D. 824 del 1924, dei beni provenienti dall'eredità della sig.ra A. C. e recante:
    - l'annullamento, in autotutela, del verbale d'asta 18.10.2006, limitatamente alla parte in cui si procedeva, previa ammissione dell'offerta del sig. M. R., all'asta pubblica indetta per l'alienazione dei beni immobili provenienti dall'eredità A. C.;
    - l'annullamento, in autotutela, della predetta determinazione n. 648/2006 del 28.12.2006, con la quale si riaprivano i termini dell'asta pubblica relativa alla predetta alienazione sempre mediante asta pubblica;
    - l'aggiudicazione definitiva degli immobili (fabbricato di civile abitazione e appezzamento di terreno adiacente al primo), siti in Sant'Antonino di Susa, via ...omissis..., di proprietà comunale e provenienti dall'eredità morendo dimessa da A. C., al sig. V. R., residente in Sant'Antonino di Susa, piazza ...omissis..., al prezzo di aggiudicazione di euro 150.000,00;
    - degli altri atti illegittimi, presupposti, preordinati, consequenziali, dipendenti o comunque connessi con il procedimento.
    Visti il ricorso e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di S. Antonio di Susa;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2011 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO
    Parte ricorrente ha adito l'intestato Tar e impugnato gli atti in epigrafe deducendo i seguenti motivi di ricorso:
    1)eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e violazione delle norme contenute nell'avviso d'asta, con riferimento all'assenza nell'avviso d'asta di espressa richiesta di sottoscrizione in calce alla dichiarazione ex artt. 46-47 d.p.r. 445/2000; lamenta il ricorrente di essere stato ingiustamente escluso dalla procedura d'asta pubblica per cui è causa, in quanto la legge di gara, in relazione alla prescritta dichiarazione sostitutiva attestante stati e qualità personali, non richiedeva le sottoscrizione "in calce".
    2)eccesso di potere e violazione di legge per erronea valutazione dei fatti con riferimento alla certezza e riconducibilità della dichiarazione ex artt. 46-47 d.p.r. 445/2000 a M. R.. La prodotta dichiarazione era contenuta in busta chiusa firmata sui lembi ed era quindi riconducibile al suo autore.
    3)violazione di legge con riferimento all'art. 71 del d.p.r. 445/2000; l'amministrazione non ha avvisato il ricorrente della riscontrata irregolarità
    4)violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di procedure di gara pubbliche, con particolare riferimento alle norme di accesso agli atti amministrativi ed ai principi della par condicio e del favor partecipationis. Contesta il ricorrente le modalità con le quali il controinteressato è venuto a conoscenza del presunto vizio della documentazione amministrativa presentata dal ricorrente medesimo.
    Chiede pertanto annullarsi gli atti impugnati.
    Si è costituito il comune resistente contestando in fatto e in diritto gli assunti di cui al ricorso.
    DIRITTO
    Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce che la prescrizione di cui agli artt. 46-47 del d.p.r. 445/2000 non impone necessariamente la sottoscrizione in calce al documento recante l'autocertificazione di stati e qualità; con la seconda censura il ricorrente deduce una erronea valutazione in fatto in quanto la prescritta documentazione risultava correttamente ascrivibile al suo autore.
    Ritiene il collegio che gli assunti difensivi siano condivisibili.
    Il disposto normativo impone la "sottoscrizione" dell'autocertificazione; pare al collegio che "la sottoscrizione" possa astrattamente essere idonea purchè raggiunga lo specifico scopo cui è destinata, ossia individuare la inequivoca provenienza e paternità delle dichiarazioni "sottoscritte". Sebbene a tal fine evidentemente la sottoscrizione in calce costituisca la modalità più ovvia e frequente non è in assoluto da escludersi che una differente modalità (basti pensare alla sottoscrizione a margine piuttosto che, ad esempio, su foglio spillato e indiscutibilmente congiunto per mancanza di spazio in calce) risulti ugualmente ed in concreto idonea ad inequivocabilmente individuare la paternità del documento.
    Nel caso di specie il ricorrente ha scritto a mano il foglio contenente le prescritte attestazioni di stato e qualità, lo ha unito ad una copia fotostatica di documento in corso di validità (requisito legale necessario ai fini dell'idoneità a creare un vincolo giuridico da parte dell'autocertificazione) e lo ha inserito in una busta sigillata, recante sottoscrizione autografa su entrambe i lembi di chiusura. La busta in questione era quella contenente propriamente la documentazione amministrativa, essendo stata anche sottoscritta la ulteriore busta contenente l'intera documentazione dell'offerta (cfr. doc. 6 di parte ricorrente; la circostanza per altro non è contestata dall'amministrazione).
    Pare al collegio che tale modalità di sottoscrizione, se pure non ortodossa, sia idonea ad attribuire la inequivoca paternità della dichiarazione resa. Non si pone nel caso di specie neppure il problema circa la possibilità di collegare la sottoscrizione sulla busta contenente l'intera offerta con la documentazione specificatamente contenuta nella diversa busta della documentazione amministrativa; come detto, infatti, la sottoscrizione è stata apposta anche sulla busta contenente propriamente la documentazione amministrativa, ossia l'autocertificazione, sicchè non vi può essere dubbio che, con tale sottoscrizione, l'interessato volesse anche affermare la paternità dei documenti ivi contenuti.
    La domanda deve pertanto trovare accoglimento con annullamento dell'impugnata determinazione n. 93/2007 nella parte in cui dispone "l'annullamento dell'ammissione del ricorrente" alla procedura e ulteriore travolgimento delle consequenziali statuizioni.
    Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
    Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite stante la peculiarità della questione.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
    accoglie il ricorso e per l'effetto annulla gli atti impugnati nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
    Compensa le spese di lite.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Franco Bianchi
    L'ESTENSORE
    Paola Malanetto
    IL PRIMO REFERENDARIO
    Richard Goso
     
    Depositata in Segreteria il 6 aprile 2011
     

    Dichiarazioni sostitutive negli appalti pubblici: quando non sono ammesse

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    N. 497/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 1330 Reg. Ric.
    ANNO 2009
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 1330 del 2009, proposto da:
    S. S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Renato Labriola, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore 53;
    contro
    Unione Terre dei Castelli, rappresentato e difeso dagli avv. Arturo Cancrini, Claudio De Portu, con domicilio eletto presso G. P. in Bologna, via ...omissis...;
    nei confronti di
    E. S.r.l., D. Soc.Coop. Sociale;
    per l'annullamento
    del provvedimento prot. n. 18071 del 7 agosto 2009 avente ad oggetto "Procedura aperta per l'affidamento dei servizi di trasporto scolastico ed extrascolastico nei territori dell'Unione Terre dei Castelli: Castelnuovo Rangone, Savignano sul Panaro, Spilamberto e Vignola - periodo 01.09.2009/31.08.2012. Valore stimato dell'appalto euro 5.063.000,00 - comunicazione esclusione ex art. 48 del D.Lgs. 163/06;
    del verbale di gara n. 7 del 27 luglio 2009, a seguito del quale la Commissione di gara procedeva all'apertura del plico contenente i documenti per l'ammissibilità alla gara;
    del verbale di gara n. 7 bis del 6 agosto 2009, a seguito del quale la Commissione di gara disponeva l'esclusione nei confronti della ditta S. s.r.l. e successivamente provvedeva all'apertura della busta contenente l'offerta tacnica del costituendo R.T.I. E. srl Vignola (MO)/D. soc. Coop. Sociale;
    del verbale di gara n. 7 ter, del 7 agosto 2009, a seguito del quale, in seduta non pubblica, la Commissione di gara proseguiva nell'analisi dell'offerta tecnica, assegnando al costituendo R.T.I. E. srl Vignola (MO)/D. Soc. Coop. Sociale un punteggio pari a 56/60;
    del verbale di gara 7 quater del 7 agosto 2009, a seguito del quale la Commissione di gara, dopo aver ritenuto congrua l'offerta economica presentata dal costituendo R.T.I. E. srl Vignola (MO)/D. soc. Coop. Sociale, deliberava l'aggiudicazione provvisoria in favore di quest'ultimo;
    della determinazione del Dirigente della Struttura Welfare locale n. 165 del 10 settembre 2009, con la quale è stata disposta l'aggiudicazione definitiva dell'appalto per l'affidmaento del servizio di trasporto scolastico ed extrascolastico nei territori dell'Unione Terre dei Castelli in favore del Costituendo raggruppamento temporaneo d'impresa E. srl - Capogruppo e D. Soc. Coop. Sociale.
    Visti il ricorso e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2011 il dott. Grazia Brini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO E DIRITTO
    1. L'unione di Comuni Terre di Castelli indiceva una procedura aperta per l'affidamento dei "servizi di trasporto scolastico ed extrascolastico nei territori dell 'Unione stessa (Castelnuovo Ragone, Savignano sul Panaro, Spilamberto e Vignola" ) per il periodo 1.9.2009/31.8.2012, da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'art. 83 del D.Lgs. 163/2006.
    Ai fini della partecipazione alla procedura, il Disciplinare richiedeva ai concorrenti di accludere all'interno della busta contenente la documentazione amministrativa, assieme alla istanza di ammissione alla gara, una dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di capacità finanziaria ed economica e tecnico organizzativa richiesti dal Disciplinare medesimo resa "nella forma della dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/00".
    Lo stesso Disciplinare, sotto la voce "Controllo sul possesso dei requisiti (art. 48 del D.Lgs. 163/2006) - prescriveva che, "i concorrenti sorteggiati dovranno comprovare:
    - la capacità di cui al punto A. 5), mediante la produzione dei bilanci 2005, 2006 e 2007, depositati presso la CCIAA o altra forma considerata equipollente....
    - la capacità di cui al punto A. 6), mediante la produzione di un contratto da cui si evinca che il concorrente ha gestito in maniera continuativa, nell'ultimo triennio antecedente al termine di ricezione delle offerte, almeno un servizio di trasporto scolastico casa-scuola, gite didattiche e trasporto per e da Centri Estivi per conto di un unico Ente, per un importo annuo pari a euro 450.000,00 ", specificando che, "qualora il committente sia una pubblica amministrazione, in luogo del contratto potrà essere prodotta un 'apposita attestazione rilasciata dal committente stesso ".
    La ricorrente società S. S.r.l. veniva sorteggiata quale operatore economico da sottoporre a verifica ex art. 48 D.Lgs. 163/2006; pertanto, con comunicazione a mezzo fax n. prot. 17150 del 27.7.2009, la Commissione invitava la S. S.r.l. "a comprovare entro il termine di 10 giorni dalla data odierna e pertanto entro il 6.8.2009 alle ore 12.30, il possesso dei requisiti richiesti nel disciplinare di gara e più precisamente: - la capacità di cui al punto A. 5), mediante la produzione dei bilanci 2005, 2006 e 2007, depositati presso la CCIAA o altra forma considerata equipollente.... " con la precisazione che ''in luogo degli originali, potranno essere prodotte copie conformi all'originale "; - "la capacità di cui al punto A. 6), mediante la produzione di un contratto da cui sì evinca che il concorrente ha gestito in maniera continuativa, nell'ultimo triennio antecedente al termine di ricezione delle offerte, almeno un servizio di trasporto scolastico casa-scuola, gite didattiche e trasporto per e da Centri Estivi per conto di un unico Ente, per un importo annuo pari a euro 450.000,00", con la precisazione che, in luogo degli originali, potranno essere prodotte copie conformi all'originale", ovvero che "qualora il committente sia una pubblica amministrazione, in luogo del contratto potrà essere un 'apposita attestazione originale rilasciata dal committente stesso ".
    Nella seduta del 6.8.2009, la Commissione riscontrava la difformità della documentazione prodotta dalla ricorrente rispetto a quanto richiesto dalla stazione appaltante, in quanto il bilancio di EU. snc - da cui l'odierna ricorrente si era resa cessionaria dell'azienda - per gli anni 2005-2006-2007- e gli attestati rilasciati dagli Enti committenti per gli anni 2005-2006- 2007- erano stati prodotti in copia semplice anziché in originale o in copia conforme all'originale.
    La società S. veniva pertanto esclusa.
    Con il ricorso di cui all'epigrafe la ricorrente impugna la sua esclusione ed i successivi atti della procedura, ivi compresa l'aggiudicazione definitiva della gara alla controinteressata.
    Deduce, quanto all'esclusione, motivi di violazione degli artt.48 e 46 del d.lgs. 163/2006, del D.p.R. n. 445/2000, violazione dei principi del favor partecipationis e della par condicio, difetto di motivazione; quanto alla mancata esclusione dalla procedura del raggruppamento costituendo tra le imprese E.  S.r.l. e D. Soc. Coop. Sociale, aggiudicatario della procedura medesima, violazione dell'art. 38 d.lgs. 163/2006, difetto di istruttoria, violazione della par condicio, ingiustizia manifesta, eccesso di potere per genericità ed incongruità della motivazione.
    E' costituita e resiste al ricorso l'Amministrazione intimata.
    Con il primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene di avere correttamente dimostrato in sede di "controlli a campione", i requisiti di capacità economico-finanziaria mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell'art. 47 del d.p.r. n. 445 del 2000, posto che ai sensi dell'art. 19 dello stesso D p.r. " La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi all'originale. Tale dichiarazione può altresí riguardare la conformità all'originale della copia dei documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dai privati.".
    Il collegio non ritiene che tale prospettazione sia condivisibile.
    L'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che "le stazioni appaltanti prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito".
    A tale proposito, deve rilevarsi come nei rapporti con l'amministrazione sia necessario distinguere due fasi: "quella iniziale, nella quale può farsi legittimamente uso della dichiarazione sostitutiva di atto notorio contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara e quella, successiva, nella quale l'attestazione del possesso dei requisiti di partecipazione deve essere necessariamente compiuta per mezzo della documentazione pubblica certificativa della qualità o dello stato richiesti e non può essere ammessa anche la modalità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà" (parere del 16 gennaio 2008 dell'Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).
    Diversamente argomentando verrebbe vanificata la ratio che giustifica il ricorso alla verifica a campione, divenendo essa un inutile duplicato della fase iniziale di presentazione dell'offerta. Se, pertanto, in tale fase devono essere assicurate tutte le forme di semplificazione procedimentale, sul piano documentale, idonee ad garantire, in attuazione delle prescrizioni comunitarie, la massima partecipazione degli operatori economici, nella successiva fase di controllo è consentito che la stazione appaltante "pretenda" un onere aggiuntivo di documentazione. In altri termini, la regola della mancanza di validità delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà tende ad evitare che l'impresa possa depositare in sede di verifica a campione la medesima documentazione presentata in sede di presentazione dell'offerta.
    Tale regola può subire delle eccezioni unicamente nei casi in cui si tratti di dimostrare il possesso di documenti che siano già in possesso dell'amministrazione o che comunque essa stessa è tenuta a certificare (cfr. art. 43 del d.p.r. n. 445 del 2000).
    Non versandosi in alcuna delle ipotesi derogatorie ora indicate, si configura legittima la richiesta di deposito dei documenti o in originale o in copie conformi all'originale (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 11 maggio 2010, n. 717)
    In ogni caso, come ha puntualmente osservato la Commissione, non si era neppure in presenza nel caso di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, non potendo integrare ciò l'apposizione di un timbro in ciascuna pagina dei documenti prodotti, sottoscritto dall'interessato ma privo di data.
    È dunque legittimo l'atto con cui l'amministrazione - preso atto del mancato adempimento, nelle forme prescritte, da parte della ricorrente - ha disposto la sua esclusione.
    Né potrebbe invocarsi, la violazione del cd. dovere di soccorso da parte della stazione appaltante, e ciò perché, ai sensi dell'art. 46 D.L.vo n. 163 del 2006 e a tutela della par condicio nelle gare pubbliche, il rimedio dell'integrazione documentale non può essere utilizzato per supplire all'inosservanza di adempimenti procedimentali o all'omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara (Cons. Stato, sez. V, 9 novembre 2010 n. 7963).
    Quanto infine al terzo motivo di ricorso (afferente alla mancata esclusione del raggruppamento controinteressato), la ricorrente è priva di legittimazione, una volta respinta l'impugnazione dalla stessa proposta avverso la propria esclusione.
    Il ricorso va pertanto respinto.
    Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
    Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 4.000,00/quattromila) oltre ad IVA e CPA.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Giuseppe Calvo
    L'ESTENSORE
    Grazia Brini
    IL CONSIGLIERE
    Ugo Di Benedetto
     
    Depositata in Segreteria il 27 maggio 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
     


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