• Martedì 26 Luglio 2016 14:28
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    Appalti e Contratti/Problematiche generali

    Avvalimento a cascata

    Sentenza Consiglio di Stato n. 3347 del 26/07/2016
    Il Consiglio di Stato, con la decisione del 26 luglio 2016, n.3347, ribadisce l’illegittimità del c.d. avvalimento a cascata, riaffermando il principio per cui, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità (economico-finanziaria) prescritti dalla “lex specialis”, l’impresa ausiliaria non possa legittimamente “computare” i requisiti di soggetti terzi rispetto alla gara, in considerazione della sussistenza – fra l’impresa ausiliaria e tali soggetti terzi – d’un rapporto di mero “collegamento societario”.
    Al riguardo, infatti, il Consiglio di Stato – dopo aver rammentato che “…la deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto ed immediato con l'impresa ausiliaria da cui discende una responsabilità solidale delle due imprese (ausiliaria e ausiliata) in relazione all'intera prestazione da eseguire, e l'innesto di un ulteriore passaggio tra l'impresa che partecipa alla gara e l'impresa che possiede i requisiti, infrangerebbe questo ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all'istituto dell'avvalimento ed alla deroga del principio del possesso in proprio dei requisiti di gara…” e che “..l’istituto dell’avvalimento risponde all'esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti, che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti…” – afferma come il ricorso all’istituto dell’avvalimento debba essere comunque “…idoneo a soddisfare l’interesse pubblico ad una sicura ed efficiente esecuzione del contratto e da ciò scaturisce la conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all'infinito, la catena dei possibili subausiliari (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1/10/2012, n. 5161)…”.
    E ciò, in quanto “..il rapporto di partecipazione societaria o l’appartenenza al medesimo gruppo, non è certamente idoneo a dimostrare che una delle imprese facenti parte del rapporto o appartenenti al gruppo, possa ipso facto disporre dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari di un'altra e viceversa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20/112008, n. 5742)…”.
    Sicchè – conclude il Consiglio di Stato, con la decisione qui in rassegna – “…se è ben vero che l'ordinamento comunitario consente agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, "a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami con questi ultimi" (cfr. art. 47 della direttiva 18/2004/CE,), da tale inciso - espressione tipica della libertà di forme concessa agli Stati membri per dare attuazione alle regole comunitarie - non può, invero, trarsi argomento per sostenere l'irrilevanza della disciplina di “diritto vivente” interno laddove, nell'attuazione dell'inciso medesimo, contempla in capo alle stazioni appaltanti l'obbligo di valutazione dell'effettività del possesso dei requisiti oggetto dell'avvalimento in capo al soggetto avvalso, da intendersi quindi nella sua inderogabile effettività e, quindi, senza ulteriori “rimandi” a soggetti terzi, ancorché dotati di collegamento societario con l'avvalso anzidetto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13/3/2014, n. 1251 e 20/6/2011, n. 3670; Sez. IV, 24/5/2013, n. 2832)…”.
    La decisione in rassegna contiene, peraltro, due importanti principi processuali:
    - Il primo attiene all’interpretazione ed applicazione dell’art. 101, comma 2, del c.p.a. il quale – ad avviso del Collegio - “.. va .. interpretato nel senso che l’onere di tempestiva riproposizione delle eccezioni assorbite o non esaminate, riguardi esclusivamente le eccezioni in senso proprio e non, invece, le c.d. eccezioni preliminari di rito, le quali non costituiscono, in realtà, vere e proprie eccezioni, ma si configurano come mere difese (contra Cons. Stato, Sez. V, 7/11/2011 n. 5883; Sez. IV, 21/9/2015, n. 4396 e C. Si., 12/12/2013 n. 929)”. Di talchè, l’eccezione di tardività del ricorso (rectius: d’una delle sue censure), riproposta dalle parti appellate oltre il termine di cui al predetto articolo 101, comma 2, c.p.a., rientrando nel novero delle c.d. eccezioni rilevabili d’ufficio, può essere certamente esaminata in fase d’appello (nei limiti in cui non si sia sul punto formato un “giudicato implicito”: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24/9/2007, n. 4924).
    - Il secondo principio si riconnette ad un consolidato orientamento giurisprudenziale e riguarda la sussistenza d’un onere di immediata impugnazione delle clausole della lex specialis delle procedure ad evidenza pubblica le quali, “.. prescrivendo il possesso di un requisito di partecipazione di cui il concorrente è privo, hanno per il medesimo un effetto escludente precludendogli l’ammissione alla selezione (giurisprudenza pacifica, da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 12/5/2016, n. 1890)…”.

    Avvocato Valentina Magnano S.Lio


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    N. 03347/2016REG.PROV.COLL.

    N. 00988/2016 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 988 del 2016, proposto da: 
    T.d.N. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Vignolo, C.F. VGNMCL50T25I294H e Massimo Massa, C.F. MSSMSM57S11I647F, con domicilio eletto presso lo studio della sig.ra Antonia De Angelis, in Roma, via Portuense, n. 104;

    contro

    Regione Toscana, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora, C.F. BROLCU57M59B157V e Luciana Caso, C.F. CSALCN63A47A952U, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marcello Cecchetti, in Roma, piazza Barberini, n. 12;

    nei confronti di

    M.s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Beniamino Caravita Di Toritto, C.F. CRVBMN54D19H501A, Beniamino Carnevale, C.F. CRNBMN63E10E507H e Saverio Sticchi Damiani, C.F. STCSVR75E11D862Q, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via di Porta Pinciana, n. 6;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. Toscana, Sezione I, n. 01446/2015, resa tra le parti, concernente esclusione dalla gara per “l’affidamento dei servizi pubblici di cabotaggio marittimo eserciti all’interno della Regione Toscana”, per mancanza dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria.

     

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Toscana e di M.s.p.a.;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Massimo Massa, Lucia Bora, Luciana Caso, Beniamino Caravita Di Toritto, De Giorgi, in dichiarata sostituzione dell'avv. Saverio Sticchi Damiani;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO e DIRITTO

    Con lettera d’invito 17/1/2011, la Regione Toscana ha indetto una procedura selettiva per la privatizzazione dell’impresa di navigazione regionale T. s.p.a. e per l’affidamento dei servizi pubblici di cabotaggio marittimo regionale.

    Alla gara venivano ammesse le offerte della M. s.p.a. e della T.d.N.s.r.l..

    Quest’ultima aveva presentato l’offerta più vantaggiosa, ma è stata esclusa dalla gara a seguito del riscontro di una discordanza tra l’offerta economica e quella tecnica.

    Il provvedimento espulsivo è stato, quindi, impugnato davanti al TAR Toscana e il giudizio si è concluso con la sentenza di questa Sezione 16/1/2015 n. 83, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, l’amministrazione regionale è stata condannata a disporre l’aggiudicazione della procedura, in favore della T.d.N. s.r.l., previo il necessario controllo dei requisiti soggettivi.

    In esecuzione della menzionata sentenza la Regione Toscana ha avviato il procedimento di verifica dei detti requisiti, a conclusione del quale ha emesso il decreto dirigenziale 30/3/2015 n. 1312, con cui ha disposto di non poter procedere all’aggiudicazione, sul presupposto che la concorrente non avesse comprovato di possedere, né il requisito di capacità tecnico-professionale, concernente il volume di servizi di trasporto marittimo passeggeri eseguiti nel periodo 30 novembre 2006 – 30 novembre 2009, né quello di capacità economico-finanziaria, tenuto conto che a tal fine era stata fornita documentazione relativa non solo alle società ausiliarie indicate nel contratto di avvalimento regolarmente allegato all’offerta (Alilauro s.p.a. e Ciano Trading & Service s.r.l.), ma anche a società terze (Alicot s.p.a., TMS s.r.l., Vola Via Mare s.c. a r.l. e Alilauro Gru.So.N. s.p.a.), i cui dati non potevano essere presi in considerazione, in quanto soggetti estranei alla gara.

    Avverso il provvedimento di esclusione la T. d.N. s.r.l. ha proposto ricorso davanti al TAR Toscana, il quale, con sentenza 26/10/2015 n. 1446, lo ha respinto.

    Ritenendo la sentenza erronea e ingiusta la T.d.N. s.r.l., l’ha impugnata chiedendone l’annullamento.

    Per resistere all’appello si sono costituite in giudizio sia la Regione Toscana, sia la M. s.p.a. .

    Con ulteriori memorie entrambe le appellate hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

    Alla pubblica udienza del 7/6/2016, la causa è passata in decisione.

    Può prescindersi dall’esame dell’eccezione con cui la Regione Toscana ha dedotto l’improcedibilità dell’appello, in conseguenza dell’omessa impugnazione da parte dell’appellante del decreto dirigenziale 12/12/2015 n. 5817, col quale la gara è stata definitivamente aggiudicata alla M. s.p.a., essendo il gravame da respingere nel merito.

    Ritiene il Collegio che, nell’economia del presente giudizio, abbiano carattere assorbente e possano essere esaminati prioritariamente, il secondo e terzo motivo d’appello, concernenti entrambi il requisito di capacità economico-finanziaria.

    Col primo l’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere che l’esistenza di un rapporto di partecipazione societaria, o l’appartenenza ad uno stesso gruppo di imprese, non permetta di presumere che una delle imprese parte di tale rapporto o appartenente al gruppo, possa per ciò solo disporre, ai fini della partecipazione a una procedura di affidamento di contratti pubblici, dei mezzi dell’impresa partecipata o delle altre imprese del gruppo, ammettendosi altrimenti una sorta di avvalimento “a cascata” vietato dalla giurisprudenza.

    A dire dell’appellante, che al fine di comprovare il requisito si era avvalsa, tra l’altro, della Al.s.p.a., dovevano essere computati, nel volume d’affari di quest’ultima, anche i fatturati della Ali.s.p.a., della T. s.r.l., della V.V.M. s.c. a r.l. e della Al.G.N. s.p.a., essendo queste società tutte controllate e partecipate maggioritariamente dalla prima e, quindi, facenti parte del medesimo gruppo, cosicchè non sarebbe pertinente il richiamo al principio che vieta il c.d. avvalimento “a cascata”.

    Col secondo mezzo, la T.d.N. s.r.l. deduce che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente escluso la manifesta sproporzione del fatturato richiesto, tenuto conto che, invece, risulterebbe irragionevole richiedere nel triennio un fatturato globale di 150 milioni di euro e specifico di 75 milioni di euro, a fronte di un valore complessivo dell’affidamento pari a 174 milioni di euro per dodici anni.

    Le censure, così sinteticamente riassunte, non meritano accoglimento.

    Quanto alla prima occorre rilevare che la deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto ed immediato con l'impresa ausiliaria da cui discende una responsabilità solidale delle due imprese (ausiliaria e ausiliata) in relazione all'intera prestazione da eseguire, e l'innesto di un ulteriore passaggio tra l'impresa che partecipa alla gara e l'impresa che possiede i requisiti, infrangerebbe questo ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all'istituto dell'avvalimento ed alla deroga del principio del possesso in proprio dei requisiti di gara.

    L’istituto dell’avvalimento risponde all'esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti, che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, cionondimeno non può essere ignorato che il medesimo dev’essere idoneo a soddisfare l’interesse pubblico ad una sicura ed efficiente esecuzione del contratto e da ciò scaturisce la conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all'infinito, la catena dei possibili subausiliari (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1/10/2012, n. 5161).

    Il rapporto di partecipazione societaria o l’appartenenza al medesimo gruppo, non è certamente idoneo a dimostrare che una delle imprese facenti parte del rapporto o appartenenti al gruppo, possa ipso facto disporre dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari di un'altra e viceversa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20/112008, n. 5742).

    Fin dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. IV, 2/12/1999, resa in C. 176/98 Holst Italia v/s Comune di Cagliari è stato affermato che l'avvalimento di soggetti estranei alla gara è ammissibile a condizione che l'impresa avvalente sia in grado di provare di poter disporre effettivamente dei mezzi posseduti da soggetti terzi necessari, con la precisazione che la disciplina di fonte comunitaria non consente “di presumere che il prestatore disponga dei mezzi di terzi basandosi sulla sola circostanza che esso fa parte di uno stesso gruppo di imprese”.

    Deve, dunque, sul punto concludersi nel senso che se è ben vero che l'ordinamento comunitario consente agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, "a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami con questi ultimi" (cfr. art. 47 della direttiva 18/2004/CE,), da tale inciso - espressione tipica della libertà di forme concessa agli Stati membri per dare attuazione alle regole comunitarie - non può, invero, trarsi argomento per sostenere l'irrilevanza della disciplina di “diritto vivente” interno laddove, nell'attuazione dell'inciso medesimo, contempla in capo alle stazioni appaltanti l'obbligo di valutazione dell'effettività del possesso dei requisiti oggetto dell'avvalimento in capo al soggetto avvalso, da intendersi quindi nella sua inderogabile effettività e, quindi, senza ulteriori “rimandi” a soggetti terzi, ancorché dotati di collegamento societario con l'avvalso anzidetto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13/3/2014, n. 1251 e 20/6/2011, n. 3670; Sez. IV, 24/5/2013, n. 2832).

    Alla luce delle considerazioni svolte, l’ausiliaria Al.s.p.a. non poteva cumulare, al fine di raggiungere il volume d’affari richiesto dalla lex specialis della gara e di cui la T.d.N. s.r.l. era priva, il fatturato delle società Ali. s.p.a., T.s.r.l., V.V.M. s.c. a r.l. e A.G.N. s.p.a., per il solo fatto che queste appartenessero al medesimo gruppo d’imprese.

    In conclusione il motivo è infondato.

    Nemmeno la seconda doglianza (terzo motivo d’appello), merita accoglimento.

    Le odierne appellate avevano eccepito in primo grado l’irricevibilità della censura in quanto tardivamente proposta.

    L’adito TAR, senza pronunciarsi sull’eccezione, ha rigettato nel merito il motivo.

    Le appellate con le memorie difensive depositate in prossimità dell’udienza ripropongono l’eccezione.

    Poiché le memorie sono state depositate in giudizio oltre il termine di cui all’art. 101, comma 2, del c.p.a., occorre stabilire se le eccezioni riproposte debbano intendersi “rinunciate” o se possano essere esaminate.

    Ritiene il Collegio che debba essere privilegiata la seconda alternativa.

    Dispone l’art. 101, comma 2, c.p.a.: “Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio”.

    La norma riproduce, sostanzialmente, l’analoga disposizione contenuta nell’art. 346 del c.p.c., la quale è stata costantemente interpretata nel senso che essa disciplini unicamente il regime delle eccezioni in senso proprio, ovvero quelle attinenti a fatti modificativi, estintivi o impeditivi della situazione soggettiva azionata (Cass. Civ. Sez. II, 20/6/2005, n. 13218 e Sez. Lav. 3/2/1996, n. 927) senza riferirsi anche alle questioni che il giudice potrebbe esaminare d’ufficio (Cass. Civ., Sez. II, 20/5/2011, n. 11259), quali quelle concernenti il rito.

    Considerato l’equivalente tenore delle due norme, deve ritersi che sussistano i presupposti per attribuire alle stesse il medesimo significato.

    L’art. 101, comma 2, del c.p.a. va, dunque, interpretato nel senso che l’onere di tempestiva riproposizione delle eccezioni assorbite o non esaminate, riguardi esclusivamente le eccezioni in senso proprio e non, invece, le c.d. eccezioni preliminari di rito, le quali non costituiscono, in realtà, vere e proprie eccezioni, ma si configurano come mere difese (contra Cons. Stato, Sez. V, 7/11/2011 n. 5883; Sez. IV, 21/9/2015, n. 4396 e C. Si., 12/12/2013 n. 929).

    L’opzione ermeneutica trova, del resto, conforto nella norma di cui all’art. 104, comma 1, c.p.a., che nel vietare la proposizione in appello di nuove eccezioni, esclude dal divieto quelle rilevabili d’ufficio, tra le quali, per l’appunto, quelle concernenti i profili di rito, salvo, ovviamente, il caso che la questione sia stata già affrontata e risolta dal giudice di primo grado.

    Nel caso di specie, l’esame dell’eccezione di tardività riproposta dalle appellate, non è nemmeno preclusa dell’esistenza di un giudicato implicito, atteso che il giudice di primo grado, nell’affrontare nel merito il motivo, senza pronunciarsi sull’eccezione, non lo ha accolto, ma lo ha respinto (sul principio che il giudicato implicito sulle questioni di rito si forma solo in caso di accoglimento del motivo e nel caso di reiezione dello stesso, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24/9/2007, n. 4924).

    Dalle esposte considerazioni discende che l’eccezione di tardività riproposta dalle appellate può essere affrontata nel merito, dove risulta fondata.

    In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, soggiacciono all’onere di immediata impugnazione le clausole della lex specialis delle procedure ad evidenza pubblica che, prescrivendo il possesso di un requisito di partecipazione di cui il concorrente è privo, hanno per il medesimo un effetto escludente precludendogli l’ammissione alla selezione (giurisprudenza pacifica, da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 12/5/2016, n. 1890).

    Nel caso di specie la disciplina di gara richiedeva, ai fini della partecipazione, il possesso di un requisito di capacità economico-finanziaria di cui l’appellante era priva, così da ostacolarne l’ammissione alla procedura selettiva. Conseguentemente la relativa clausola andava tempestivamente impugnata.

    Sennonché, la detta prescrizione è stata censurata solo in occasione del ricorso contro il provvedimento di aggiudicazione (decreto dirigenziale 30/3/2015 n. 1312) in favore della M. s.p.a. e, dunque, quand’ormai il termine decadenziale per impugnare la disciplina di gara era irrimediabilmente scaduto.

    Alla luce delle considerazioni svolte il motivo con cui in primo grado l’appellante aveva censurato il menzionato requisito di gara, dev’essere dichiarato irricevibile per tardività, in tal senso correggendo la motivazione dell’appellata sentenza.

    L’appello va, in conclusione, respinto.

    Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

    Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, liquidandole forfettariamente in complessivi € 2.500/00 (duemilacinquecento), pro parte oltre accessori di legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritĂ  amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

    Francesco Caringella, Presidente

    Claudio Contessa, Consigliere

    Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

    Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

    Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

    L'ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 26/07/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

     
Mondolegale 2011
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