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  • Sabato 30 Aprile 2016 13:24
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    Appalti e Contratti/Normativa

    Irregolarità contributiva nelle pubbliche gare

    sentenza Consiglio di Stato n. 1650 del 29/04/2016
    La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione n. 1650 del 29 aprile 2016, torna ad affrontare – all’indomani dei pronunciamenti resi dall’Adunanza Plenaria con le decisioni numeri 5 e 6 del 2016 – le problematiche connesse alla “regolarizzazione†degli adempimenti contributivi previdenziali ed assistenziali da parte dei concorrenti alle pubbliche gare.
    La Quinta Sezione, in particolare, sposa la tesi secondo cui, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (a norma del quale sono esclusi dalle procedure di gara per i contratti pubblici quanti «hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti») la regolarità contributiva “…deve sussistere fin dalla presentazione dell’offerta e permanere per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (cfr. da ultimo, Cons. Stato, III, 9 marzo 2016, n. 955)…â€, notando come “..tale principio, già chiaramente espresso da Con. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, non è superato dall’articolo 31 (Semplificazioni in materia di DURC), comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013 n. 98 sull’invito alla regolarizzazione, a norma del quale ai fini della verifica per il rilascio del DURC, «in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato […] a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità»…†(cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, decisioni del 29 febbraio 2016, n. 5 e 6).
    La Quinta Sezione, ancora, ritiene che una tale conclusione non possa ritenersi superata dall’art 4, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (a norma del quale “Nelle ipotesi previste dall'articolo 6, commi 3 e 4, in caso di ottenimento da parte del responsabile del procedimento del documento unico di regolarità contributiva che segnali un'inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, il medesimo trattiene dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza. Il pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il documento unico di regolarità contributiva è disposto dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edileâ€), precisando come “..la funzione della norma è solo di garanzia dei lavoratori: evitare che il personale impiegato dai soggetti esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, possa subire pregiudizi derivanti dall’omesso pagamento degli oneri contributivi e assicurativi da parte del proprio datore di lavoro. Questa ratio della disposizione impedisce di interpretarla nel senso proposto dalla appellante, vale a dire come sostituzione finalizzata a sanare, ai fini della gara, la posizione del datore di lavoro inadempiente agli obblighi in questione. Contrariamente, quindi, a quanto quest’ultima assume, l’eventuale sostituzione dell’amministrazione committente nel versamento “agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edileâ€, di quanto dovuto dall’appaltatore per i relativi oneri, non sana il suo inadempimento, al fine di costituirne, ai fini di gara, un’artificiale e surrogata regolarità contributiva. La posizione dell’impresa a quel riguardo pertanto permane comunque negativa, anche in caso di pagamento dei detti oneri da parte dall’amministrazione…â€.
    Con la decisione in rassegna, ancora, viene affermato che:
    - l'irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda di partecipazione non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di precedenti DURC che attestino (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della correntezza contributiva (Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5).
    - il soggetto definitivamente escluso dalla gara non è legittimato ad impugnare le ulteriori fasi della procedura concorsuale perché versa in condizioni analoghe a chi è rimasto estraneo alla gara (ex plurimis Cons. Stato, VI, 17 marzo 2014, n. 1308 e 5 settembre 2011,n. 4999; V, 21 maggio 2013, n. 2765; Ad. plen. 7 aprile 2011, n. 4).
    - l’infondatezza della domanda di annullamento, con conseguente inoppugnabilità del provvedimento di esclusione dalla gara della parte appellante, preclude per difetto di un essenziale presupposto sostanziale, una positiva valutazione dell’istanza risarcitoria.


    Avvocato Valentina Magnano S. Lio


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    N. 01650/2016REG.PROV.COLL.

    N. 07116/2013 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 7116 del 2013, proposto da: 
    A. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Daniela Anna Ponzo, con domicilio eletto presso lo studio Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II,18;

    contro

    Comune di Ginosa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Angela Rita Semeraro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Pecorilla, in Roma, via della Scrofa, 64; T. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. Puglia– Lecce, Sezione III, n. 01431/2013, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di igiene urbana –risarcimento danni.

     

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ginosa;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi, su delega dell'avv. Daniela Anna Ponzo e Giovanni Caridi, su delega dell'avv. Angela Rita Semeraro;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO e DIRITTO

    Risulta dagli atti che nell’agosto del 2011 il Comune di Ginosa ha bandito una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana.

    La A. s.r.l., che già gestiva il medesimo servizio, ha partecipato alla selezione e, all’esito delle operazioni di valutazione delle offerte, ha ottenuto la provvisoria aggiudicazione.

    A seguito dell’effettuazione delle verifiche sulla sussistenza dei requisiti soggettivi, la detta società è, però, risultata, al pari della seconda classificata, in una posizione di irregolarità contributiva alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, per cui, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, è stata esclusa dalla procedura concorsuale. Il contratto, quindi, è stato definitivamente aggiudicato alla terza classificata T. s.r.l..

    Avverso l’esclusione dalla gara e l’aggiudicazione alla T. s.r.l., A. s.r.l. ha proposto ricorso, seguito da motivi aggiunti, al Tribunale amministrativo per la Puglia – Lecce, il quale, con sentenza della III Sezione, 19 giugno 2013, n. 1431, lo ha respinto.

    A sostegno della decisione il giudice di prime cure ha posto le seguenti considerazioni:

    a) “la presenza di un DURC negativo alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara obbliga la stazione appaltante ad escludere dalla procedura l'impresa interessataâ€;

    b) “ai fini dell’ammissione alla procedura, non ha rilevanza per orientamento consolidato (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 8/2012) la regolarizzazione postuma, in quanto successiva alla domanda di partecipazione, della posizione contributivaâ€;

    c) “Non è poi condivisibile la doglianza secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto dell’esistenza di crediti di A. srl nei confronti di alcuni amministrazioni locali per importi rilevanti; occorre innanzitutto precisare non sussiste la possibilità per l’impresa di porre in compensazione i crediti esigibili nei confronti di amministrazioni comunali con il debito previdenziale vantato da INPS e INAIL, possibilità che all’epoca della vicenda di cui è causa non era prevista da alcuna disposizione normativaâ€;

    d) “L’invocato art. 4 DPR 207/2010, che prevede un meccanismo di supplenza da parte delle stazioni appaltanti in caso di morosità degli obblighi previdenziali, è una disposizione che mira a favorire il pagamento degli oneri contributivi ma che non giustifica l’impresa inadempiente per essere venuta meno ai suoi doveri nei confronti degli enti di previdenza; la mancata attivazione del suddetto meccanismo, a prescindere dalla sua concreta applicabilità nel caso concreto, non fa dunque venir meno le conseguenze derivanti dagli inadempimenti degli obblighi contributivi di cui l’impresa è personalmente responsabile e che incidono sui diritti dei lavoratori, le finanze pubbliche e la par condicio tra le impreseâ€.

    Ritenendo la sentenza erronea e ingiusta, la A. s.r.l. l’ha impugnata, chiedendone l’annullamento.

    Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

    Con apposite memorie, le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi difensive.

    Alla pubblica udienza del 3 marzo 2016 la causa è passata in decisione.

    Coi primi due motivi di gravame l’appellante deduce le seguenti censure. In primo luogo il giudice di prime cure avrebbe errato nell’interpretare gli artt. 4 (Intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva dell'esecutore e del subappaltatore), comma 2 e 6 (Documento unico di regolarità contributiva), commi 3 e 4, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.

    Dalla combinata lettura di tali diposizioni emergerebbe, infatti, come in caso di inadempienza contributiva di uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, l’amministrazione appaltante, tramite il responsabile del procedimento, debba provvedere al versamento in favore degli enti previdenziali e assicurativi degli importi da quelli non pagati.

    Nel caso di specie, la A. s.r.l., al momento della partecipazione alla gara, e sino al 4 luglio 2012, svolgeva presso il Comune di Ginosa lo stesso servizio di igiene urbana messo a bando; inoltre, il Presidente della Commissione di gara era lo stesso responsabile del procedimento che mensilmente liquidava e ordinava il pagamento degli importi dovuti per l’esecuzione delle prestazioni relative al detto servizio.

    Ne discenderebbe che il Comune si sarebbe dovuto sostituire alla A. s.r.l. nel pagare gli oneri contributivi da questa non versati.

    Ove così non fosse, il responsabile del procedimento potrebbe a suo piacimento decidere le sorti della gara, scegliendo se sostituirsi o meno al soggetto inadempiente.

    La ratio della sostituzione risiederebbe, secondo l’appellante, proprio nell’evitare l’esclusione del concorrente nei casi in cui questo, per una qualche ragione, non dispone delle somme versategli dall’amministrazione committente.

    Nel caso di specie, l’inadempimento della A. s.r.l. è giustificato in considerazione dalla perdurante inerzia del Comune nel corrisponderle la cospicua somma dovuta a titolo di revisione del canone d’appalto, relativo al contratto in corso all’epoca della gara.

    La lettura delle dette norme del d.P.R. n. 207 del 2010, data dal giudice di prime cure, contrasterebbe, inoltre, con gli artt. 3 e 41 Cost., in quanto in materia di gare è principio fondante la parità di trattamento tra i concorrenti e ciò implica che l’operatore economico che abbia rapporti in essere con la stazione appaltante non può vedere il proprio interesse a partecipare alla selezione frustrato dall’inadempimento dell’amministrazione nella sostituzione imposta dal ricordato art. 4, comma 2.

    In secondo luogo il Tribunale amministrativo avrebbe errato nel non ravvisare l’illegittimità della disposta esclusione dalla gara della A. s.r.l., atteso che la mancanza del requisito della regolarità contributiva non avrebbe potuto essere accertata dalla stazione appaltante in virtù di una verifica postuma, posto che il possesso del requisito era stato dalla medesima concorrente autocertificato sulla base di DURC attestanti la detta regolarità, ancora validi ed efficaci al momento dell’autodichiarazione.

    Le doglianze, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione logica, sono infondate.

    Per l’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sono esclusi dalle procedure di gara per i contratti pubblici quanti «hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti».

    La regolarità contributiva deve sussistere fin dalla presentazione dell’offerta e permanere per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (cfr. da ultimo, Cons. Stato, III, 9 marzo 2016, n. 955).

    Tale principio, già chiaramente espresso da Con. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, non è superato dall’articolo 31 (Semplificazioni in materia di DURC), comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013 n. 98sull’invito alla regolarizzazione,a norma del quale ai fini della verifica per il rilascio del DURC, «in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato […] a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità». Cio è stato recentemente ribadito da Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e 6, che hanno chiarito che anche dopo detto art. 31 non sono consentite regolarizzazioni postume di posizioni previdenziali, perché l’impresa dev’essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante: sicché rimane irrilevante l’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, posto che l’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall’art. 7 comma 3 d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito dall’art. 31 predetto opera solo nei rapporti tra impresa ed ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. i) del Codice dei contratti pubblici ai fini della partecipazione alla gara d’appalto.

    Nemmeno in senso contrario è sufficiente a deporre la normativa regolamentare invocata dall’appellante.

    A parte infatti che la successiva norma di legge del 2013, da interpretare negli anzidetti risolutivi sensi, assorbe ogni questione circa l’eventuale confligente portata di una precedente diposizione regolamentare del 2010, vale rilevare che l’art 4, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dispone:

    “Nelle ipotesi previste dall'articolo 6, commi 3 e 4, in caso di ottenimento da parte del responsabile del procedimento del documento unico di regolarità contributiva che segnali un'inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell'esecuzione del contratto, il medesimo trattiene dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza. Il pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il documento unico di regolarità contributiva è disposto dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edileâ€.

    La funzione della norma è solo di garanzia dei lavoratori: evitare che il personale impiegato dai soggetti esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, possa subire pregiudizi derivanti dall’omesso pagamento degli oneri contributivi e assicurativi da parte del proprio datore di lavoro.

    Questa ratio della disposizione impedisce di interpretarla nel senso proposto dalla appellante, vale a dire come sostituzione finalizzata a sanare, ai fini della gara, la posizione del datore di lavoro inadempiente agli obblighi in questione.

    Contrariamente, quindi, a quanto quest’ultima assume, l’eventuale sostituzione dell’amministrazione committente nel versamento “agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edileâ€, di quanto dovuto dall’appaltatore per i relativi oneri, non sana il suo inadempimento, al fine di costituirne, ai fini di gara, un’artificiale e surrogata regolarità contributiva. La posizione dell’impresa a quel riguardo pertanto permane comunque negativa, anche in caso di pagamento dei detti oneri da parte dall’amministrazione.

    Alla luce delle esposte considerazioni:

    a) ai fini del requisito di gara sono irrilevanti le eventuali inadempienze del Comune nella sostituzione richiamata: sia nel versare, in luogo della A. s.r.l., gli oneri contributivi e assicurativi da questa non corrisposti, sia nel pagare gli importi reclamati dall’appellante a titolo di revisione del canone d’appalto;

    b) non è fondata la censura secondo cui l’interpretazione dell’art. 4, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, fatta propria dal giudice di prime cure, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost..

    Altrettanto irrilevante è che la parte appellante abbia autocertificato la sussistenza del requisito di che trattasi sulla base di DURC regolari, in corso di validità al momento dell’autodichiarazione.

    Invero, l'irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda di partecipazione non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di precedenti DURC che attestino (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della correntezza contributiva (Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, secondo cui non giova “invocare il termine trimestrale di validità del DURC precedentemente rilasciato, atteso che l'art. 7, comma 2, del d.m. 24 ottobre 2007, riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall'art. 3, comma 8, del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 496 (che prevede fra l'altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all'Amministrazione concedente un DURC in corso di validità dell'impresa esecutrice dei lavori).

    Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

    Né può invocarsi la lesione dell'affidamento riposto sulle risultanze del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale al momento della partecipazione alla garaâ€.

    Nel descritto contesto, correttamente la stazione appaltante, in sede di verifica postuma dei requisiti autocertificati effettuata ai sensi dell’art. 48 d. lgs. n. 163 del 2006, ha disposto l’esclusione dalla gara dell’odierna appellante, tenuto conto che era risultata priva del requisito della regolarità contributiva.

    Col terzo motivo si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

    La doglianza è infondata.

    Per evidenti ragioni logiche e di economia processuale, la ritenuta infondatezza delle censure sulla legittimità dell’esclusione dalla procedura concorsuale priva l’escluso appellante di un utile titolo a impugnare l’aggiudicazione del contratto in favore della T. s.r.l..

    È consolidato l’orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, per cui il soggetto definitivamente escluso dalla gara non è legittimato ad impugnare le ulteriori fasi della procedura concorsuale perché versa in condizioni analoghe a chi è rimasto estraneo alla gara (ex plurimis Cons. Stato, VI, 17 marzo 2014, n. 1308 e 5 settembre 2011,n. 4999; V, 21 maggio 2013, n. 2765; Ad. plen. 7 aprile 2011, n. 4).

    Col quarto motivo la A. s.r.l., premesso che il Tribunale amministrativo ha omesso di pronunciare sulla sua domanda risarcitoria, la ripropone, sussistendo a suo avviso le condizioni per la condanna del Comune al risarcimento dei danni: nesso eziologico, spettanza del bene della vita e danno, quantificato in € 1.500.000, oltre interessi e rivalutazione.

    Il motivo non merita condivisione.

    L’infondatezza della domanda di annullamento, con conseguente inoppugnabilità del provvedimento di esclusione dalla gara della parte appellante, preclude infatti, per difetto di un essenziale presupposto sostanziale, una positiva valutazione dell’istanza risarcitoria.

    L’appello va, in definitiva, respinto.

    Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

    Spese ed onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

    definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione appellata, liquidandole forfettariamente in complessivi € 6.000/00 (seimila), oltre accessori di legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

    Giuseppe Severini, Presidente

    Salvatore Cacace, Consigliere

    Fabio Franconiero, Consigliere

    Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

    Oreste Mario Caputo, Consigliere

    L'ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 29/04/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

     
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