N. 1239/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 2302 Reg. Ric.
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2302 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da S. Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Leone, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Agata Maria Patrizia Cavallaro in Catania, corso Sicilia, 111;
contro
Azienda Unità Sanitaria Locale N. 3 - Catania, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Caltabiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Catania, via Gorizia, n. 54;
nei confronti di
T., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Amato, Maria Gabriella Maggiora, Tiziana Miani Calabrese, Giuliano Solenni, Federico Cracco, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Francesco Amato in Catania, via L. Capuana, 32;
della nota dell'11 luglio 2006, prot. n. 65535 nonché di ogni altro atto anteriore, connesso e conseguente, tra cui le note del coordinatore del servizio ingegneria clinica e manutenzioni impianti tecnologici 21 aprile 2006, prot. 41266, e 16 maggio 2006, prot. 48676.
(ricorso per motivi aggiunti)
della delibera 5 settembre 2006 n. 1910 di aggiudicazione definitiva nonché per la caducazione del contratto eventualmente già stipulato e il risarcimento dei danni.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Unita' Sanitaria Locale N. 3 - Catania e di T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2011 il dott. Vincenzo Neri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l'atto introduttivo del giudizio la società ricorrente esponeva:
- di aver partecipato ad una gara d'appalto indetta dall'amministrazione resistente per la fornitura di attrezzature sanitarie per i presidi ospedalieri e i distretti sanitari di propria competenza;
- di essere risultata vincitrice per aver prodotto la migliore offerta in termini di prezzo e qualità tecnico-progettuale;
- di essere stata esclusa - a seguito di un lungo carteggio tra la stessa società ricorrente e l'amministrazione - dalla gara perché l'USL non aveva ritenuto le apparecchiature offerte conformi alle specifiche tecniche richieste nel capitolato.
Tutto ciò premesso impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe per:
1) Violazione dell'articolo 3 del capitolato speciale di appalto. Violazione del bando di gara. Eccesso di potere per illogicità , ingiustizia manifesta, irragionevolezza, travisamento, arbitrarietà . Sviamento.
2) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del capitolato. Violazione del procedimento. Incompetenza. Sviamento di potere.
Si costituivano l'amministrazione intimata e la società controinteressata eccependo in rito l'inammissibilità del ricorso e chiedendo nel merito il rigetto dello stesso.
Successivamente, con atto depositato il 3 ottobre 2006, la società ricorrente proponeva ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva e chiedeva inoltre la caducazione del contratto eventualmente già stipulato nonchè "...la condanna alla reintegrazione in forma specifica mediante aggiudicazione alla ricorrente dell'appalto in questione o nuova assegnazione di analogo contratto, nonché, al risarcimento dei danni per equivalente..." (si veda pag. 2 del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 ottobre 2006).
Con ordinanza 20-23 ottobre 2006 n. 1622 il TAR rigettava la domanda cautelare.
Con ordinanza 368 e 427 del 2010 il Tar disponeva verificazione e successivamente reiterava l'ordine di effettuare la predetta verificazione con ordinanza 1-21 dicembre 2010 n. 672.
In data 22 marzo 2011 i verificatori depositavano la relazione scritta.
Con memoria del 2 aprile 2011 la società ricorrente chiedeva l'accoglimento del ricorso soffermandosi in particolare sulla richiesta risarcitoria.
L'amministrazione, dal canto suo, nel ribadire l'infondatezza del ricorso, con memoria del 4 aprile 2011 rilevava che il contratto con la controinteressata era già stato stipulato ed eseguito e si opponeva alla richiesta di risarcimento dei danni.
Indi all'udienza pubblica del 20 aprile 2011 la causa passava in decisione.
DIRITTO
Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni in rito proposte dall'amministrazione e dall'impresa controinteressata.
Per l'amministrazione il ricorso sarebbe irricevibile perché la società ricorrente avrebbe dovuto impugnare la nota del 16 maggio 2006 con la quale l'ente pubblico aveva comunicato le difformità riscontrate nell'offerta rispetto a quanto previsto nel bando; la sola impugnazione del provvedimento dell'11 luglio 2006 sarebbe, dunque, tardiva.
A giudizio del Collegio l'eccezione non è fondata. Dal confronto tra la nota del 16 maggio 2006 e quella dell'11 luglio 2006 emerge chiaramente che quest'ultima non è meramente confermativa della prima poiché dispone l'esclusione della società ricorrente a seguito di un più approfondito esame nel merito delle difformità riscontrate nell'offerta della predetta società . Per giurisprudenza costante quando l'antecedente determinazione della stessa amministrazione non impugnata viene successivamente sottoposta a riesame nell'ambito di un'attività istruttoria, seppure con esito sostanzialmente confermativo, non incorre nel termine decadenziale l'interessato che promuove ricorso nei riguardi della determinazione finale successiva e degli atti riesaminati che ne hanno rappresentato il presupposto per l'adozione (Consiglio Stato, 7 febbraio 2011, n. 813).
A giudizio dell'amministrazione il ricorso sarebbe altresì inammissibile per l'omessa notifica alle imprese controinteressate. Anche tale censura deve essere rigettata perché l'odierna ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio ha censurato il provvedimento di esclusione e, dunque, non aveva l'onere di notificare il ricorso anche alle altre imprese partecipanti alla gara. Il ricorso avverso l'esclusione dalla procedura di una gara d'appalto non comporta, infatti, prima del provvedimento finale, l'onere di notifica ai controinteressati sia perché non sussiste un interesse protetto e attuale in capo agli altri concorrenti che potrebbe essere leso dall'eventuale accoglimento del ricorso stesso sia perché l'interesse degli altri partecipanti non emerge direttamente dal provvedimento impugnato (Consiglio Stato, 1 aprile 2009, n. 683). Sotto tale aspetto va rilevato, inoltre, che il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso l'atto di aggiudicazione è stato correttamente notificato anche alla controinteressata-aggiudicataria della gara (si veda al riguardo copia dell'avviso di ricevimento depositato in data 4 marzo 2010).
Viene, infine, eccepita l'inammissibilità del giudizio per omessa impugnazione del bando e dell'allegato capitolato. Anche tale censura non deve essere accolta in considerazione del fatto che il ricorso non reputa illegittimo il bando ed il capitolato bensì l'operato dell'amministrazione che ha ritenuto l'offerta della ricorrente non conforme ai requisiti richiesti dalla legge di gara; nessun onere in tal senso, quindi, gravava sulla società ricorrente.
Venendo al merito, per la decisione del ricorso giova premettere che, ai sensi dell'articolo 3 del capitolato speciale di appalto, le caratteristiche tecniche indicate nelle schede allegate avevano lo scopo di descrivere le prestazioni che le attrezzature dovevano possedere ed erano da intendersi come requisiti minimi e di riferimento; il capitolato in questione chiariva poi che i beni forniti avrebbero potuto possedere caratteristiche lievemente diverse purché ritenute equivalenti e compatibili con le esigenze strutturali del presidio ed aventi caratteristiche di funzionalità almeno pari.
Il provvedimento impugnato ha escluso la ditta ricorrente sulla base di queste motivazioni:
- piano operatorio in lega d'alluminio anziché in acciaio inox.
- presenza di sistema di movimentazione elettroidraulica anziché elettromeccanica.
- variazione di altezza del piano operatorio di 450 mm anziché 500 mm.
- inclinazione dello schienale da - 20° a + 70° anziché da - 45° a + 70°.
Giova rilevare inoltre che al provvedimento di esclusione è stata allegata una relazione tecnica con la quale l'amministrazione ha esternato le ragioni per le quali non era possibile applicare i principi di equivalenza delle prestazioni all'offerta presentata dalla società ricorrente.
Con riferimento all'offerta di un piano operatorio in lega d'alluminio anziché in acciaio inox, a giudizio della società ricorrente, l'esclusione sarebbe illegittima perché le leghe di alluminio avrebbero caratteristiche di gran lunga superiori a quelle dell'acciaio inox tanto da essere utilizzate sia nell'aeronautica sia nella costruzione di automobili di particolare pregio. L'utilizzo dell'alluminio inoltre avrebbe il vantaggio di creare tavoli operatori con uno spessore maggiore, una maggiore resistenza e un minor peso così consentendo una migliore manovrabilità e facilità di spostamento. Sotto tale aspetto, sempre secondo la società ricorrente, i tavoli in alluminio non presenterebbero saldature e quindi sarebbero immuni da potenziali rischi di corrosione; le possibilità di corrosione sarebbero sostanzialmente equivalenti a quelle di una non adeguata realizzazione di un corretto processo di solubilizzazione dell'acciaio. Per contro l'amministrazione nella relazione tecnica allegata al provvedimento di esclusione ha ritenuto che l'acciaio inossidabile al nichel cromo offra, allo stato attuale della tecnica, le migliori garanzie di resistenza meccanica nel tempo e che le leghe di alluminio, per risultare immuni alla corrosione, devono essere trattate a livello superficiale così tuttavia non realizzando una proprietà intrinseca del materiale che comporta la possibilità di corrosione del tavolo operatorio ogni qualvolta tale trattamento superficiale venga a mancare.
In relazione alla presenza di un sistema di movimentazione elettroidraulica anziché elettromeccanica, a giudizio sempre della società ricorrente, l'esclusione sarebbe illegittima perché, in primo luogo, i sistemi elettroidraulici rientrerebbero nell'ambito dei sistemi di movimentazione elettromeccanica richiesti dal bando e, perché, non risulterebbe conforme al vero che il sistema di trasmissione meccanica garantisca una più bassa probabilità di guasto; inoltre le paventate perdite di olio potrebbero verificarsi solo in rari casi in considerazione del tipo e dei luoghi di utilizzo.
A giudizio dell'amministrazione resistente, invece, il sistema elettromeccanico, oltre a garantire una più bassa probabilità di guasto e dunque una minor incidenza dei costi di manutenzione, avrebbe il vantaggio di permettere la sostituzione degli elementi rotti in modo più semplice e sicuro e garantirebbe una maggior igiene anche in caso di malfunzionamento poiché non si produrrebbero perdite d'olio. Vi sarebbe, inoltre, un miglior controllo del movimento e una regolazione più ampia soprattutto per quanto riguarda le escursioni angolari oltre che la possibilità di inserire segmenti motorizzati aggiuntivi.
Con riferimento all'inclinazione dello schienale del tavolo operatorio, a giudizio della società ricorrente, la particolare tipologia del tavolo offerto consentirebbe di ottenere un angolo negativo di -60° e, quindi, superiore a quanto richiesto nel capitolato e dunque altamente migliorativo. Sotto tale aspetto sarebbe erronea la valutazione operata dall'amministrazione che ha ritenuto non conforme alle prescrizioni di bando il bene offerto.
Infine con riferimento all'altezza minima del tavolo operatorio, a giudizio della società ricorrente, una variazione minima di appena 5 cm non rappresenterebbe giusto motivo di esclusione anche in considerazione del fatto che, sempre secondo la società ricorrente, è l'altezza minima il dato più importante e non anche l'altezza massima raggiungibile. Per l'amministrazione, invece, la differenza di 50 mm, pari ad una riduzione del 10%, è assolutamente inaccettabile.
Per la corretta decisione della controversia, il TAR ha ritenuto di disporre apposita verificazione per accertare se, con riferimento esclusivo alle censure proposte nel ricorso principale, alla luce dell'art. 3 del bando della procedura di evidenza pubblica indetta dall'A.U.S.L. nonché dei requisiti tecnici indicati per il tavolo operatorio oggetto di gara, le conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione nel provvedimento dell'11 luglio 2006 e nell'allegata relazione tecnica siano corrette sotto il profilo tecnico.
I verificatori, con relazione depositata in data 22 marzo 2011, hanno stabilito che "le conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione nel provvedimento dell'11/07/2006 e nell'allegata relazione tecnica, non sono corrette sotto il profilo tecnico, in quanto le quattro difformità rilevate ... omissis ... non possono esser considerate peggiorative, in riferimento esclusivo all'art. 3 del bando della procedura di evidenza pubblica indetta dall'AUSL, nonché ai requisiti tecnici indicati per il tavolo operatorio oggetto di gara. L'organo verificatore sottolinea che le varianti proposte dalla S. Spa, oltre che rispettare le specifiche tecniche richieste per le apparecchiature in oggetto, consentono anche di ottenere, grazie ad alcune innovazioni tecnologiche, apparecchiature di qualità ad un costo di acquisto più contenuto" (si veda pagina 8 della verificazione).
A seguito della predetta verificazione, il Collegio reputa fondata la censura avanzata con il ricorso principale e con quello per motivi aggiunti e conseguentemente dispone l'annullamento degli atti impugnati, rimanendo assorbite le altre doglianze proposte.
Passando ora all'esame della richiesta di tutela in forma specifica o, in subordine, per equivalente proposta dalla società ricorrente, in primo luogo, occorre rilevare che dalle difese dell'amministrazione (e in particolare dalla memoria del 4 aprile 2011) risulta che il contratto è già stato stipulato ed eseguito.
In secondo luogo giova evidenziare che, a giudizio del Collegio, trovano applicazione nella fattispecie in questione le norme dettate dagli artt. 120 e segg. c.p.a. anche in considerazione del fatto che, pur essendo entrate in vigore in data successiva all'adozione degli atti impugnati, le disposizione tendenti a regolare l'eventuale inefficacia del contratto sono da qualificare come norme processuali applicabili anche ai giudizi instaurati in data antecedente (si veda Tar Lombardia, Milano, 17 maggio 2010, n. 1524; Consiglio di Stato, VI, 15 giugno 2010, n. 3759) tanto che poi sono confluite nel codice del processo amministrativo.
Venendo al caso di specie, secondo il Tribunale, non emergendo elementi per ritenere applicabile l'art. 121 c.p.a., trova applicazione l'art. 122 c.p.a. che testualmente stabilisce:« Fuori dei casi indicati dall' articolo 121, comma 1, e dall' articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».
In considerazione del fatto che si tratta di contratto per la fornitura di letti operatori, che il contratto è già stato stipulato ed eseguito e che, dunque, a giudizio del Collegio, prevale l'interesse pubblico a mantenere ferma la fornitura già effettuata (che non è stata riconosciuta come difforme da quella richiesta con la procedura di gara), non sussistono i presupposti per dichiarare inefficace il contratto stipulato (per un ragionamento analogo, si veda Consiglio di Stato, VI, 15 giugno 2010, n. 3759).
Appare corretto dunque mantenere il contratto e accordare il risarcimento solo per equivalente.
Ricorrono gli elementi costitutivi del danno e, in particolare, il pregiudizio economico sopportato per non essere stata aggiudicataria definitiva della procedura di evidenza pubblica, la colpa della p.a. che non ha fatto corretta applicazione delle previsioni del bando di gara, il nesso di causalità tra il comportamento dell'amministrazione e il pregiudizio sopportato dalla ricorrente nonché la probabilità , prossima alla certezza, di aggiudicazione in capo alla ricorrente; in particolare nel verbale del 6 aprile 2006, a pagina 5, la ditta S. veniva indicata come aggiudicataria provvisoria per il lotto 21.
Per il Tribunale il danno va quantificato nella misura del mancato utile - consistente nel 10% della somma indicata nell'offerta presentata dall'odierna ricorrente - decurtata del 50% in considerazione del fatto che in giudizio non è stata raggiunta la prova che l'impresa non ha utilizzato mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altre forniture. A tal fine non è inutile ricordare che, sul piano legislativo, a tenore dell'art. 124 c.p.a. se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente subito a condizione tuttavia che lo stesso sia provato (Cons. St., VI, 9 dicembre 2010, n. 8646). Quanto alla decurtazione del 50% tale riduzione va effettuata in adesione al recente orientamento del Consiglio di Stato che ha affermato:«... il mancato utile spetta, in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, nella misura integrale solo se il ricorrente dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, e di qui la decurtazione del risarcimento di una misura per aliunde perceptum vel percipiendum. In secondo luogo, ai sensi dell'art. 1227 cod.civ., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno. Nelle gare di appalto, l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative. Pertanto, non costituisce, normalmente, e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l'impresa si attivi per svolgere altre attività . Di qui la piena ragionevolezza della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell'aliunde perceptum, sia dell'aliunde percipiendum con l'originaria diligenza...» (Cons. stato, VI, 19 aprile 2011 n. 2427).
Come espressamente richiesto, va liquidato inoltre in via equitativa anche il danno curriculare nell'ulteriore misura dell'1% sulla somma indicata nell'offerta presentata dall'odierna ricorrente.
Le somme così calcolate devono poi essere incrementate per interessi e rivalutazione monetaria dovuti dalla data di proposizione del ricorso di primo grado fino alla data di deposito della presente sentenza con la precisazione che gli interessi non vanno calcolati sulla somma rivalutata, ma su quella originaria via via rivalutata anno per anno.
In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati; va rigettata invece la richiesta di dichiarazione di inefficacia del contratto e l'amministrazione, ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a., deve essere condannata a pagare entro sessanta giorni una somma determinata secondo i criteri prima indicati.
La complessità delle questioni giuridiche trattate costituisce giusta causa per compensare tra le parti le spese di giudizio ponendo solo a carico dell'amministrazione resistente le spese della verificazione effettuata.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando,
- accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati;
- rigetta la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto e condanna l'amministrazione al risarcimento dei danni nei termini di cui in motivazione;
- compensa le spese di giudizio tra le parti costituite;
- pone a carico dell'amministrazione resistente le spese della verificazione effettuata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Filippo Giamportone
L'ESTENSORE
Vincenzo Neri
IL CONSIGLIERE
Francesco Brugaletta
Depositata in Segreteria il 16 maggio 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)