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    Divieto di regolarizzazione postuma nel caso di DURC negativo

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2015, proposto da:

    R.G. s.p.a. in proprio e quale mandataria RTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Ferola, Renato Ferola, Bianca Luisa Napolitano, Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II n.18;

    C.M. 2010, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Ferola, Bianca Luisa Napolitano, Stefano Vinti, Renato Ferola, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II N.18;

    contro

    C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso l'avvocato Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde, 2;

    C. S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Bruno, con domicilio eletto presso l'avvocato Giovanni Bruno in Roma, Via Savoia 31 Int.2 (Nuovo Indir);

    nei confronti di

    M.G. s.r.l., in persona de legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Ferrara, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria N 2;

    F. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Di Giovanni e Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso l'avvocato Eugenio Picozza in Roma, Via di San Basilio n.61;

    C.G. & C. Srl, E.S. Srl;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 10310/2015, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni;

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio di C. s.p.a., di C. S.A., di M.G. s.r.l. e di F. s.p.a.;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Ferola, Vinti, Clarizia, Bruno, Di Giovanni e Ferrara;

    Svolgimento del processo - Motivi della decisione

    I) Il giudizio di primo grado

    1. L'odierna appellante ha partecipato alla gara indetta da C. S.p.a. con bando del 19 dicembre 2012 per l'affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le Pubbliche Amministrazioni, lotti 5 e 6, classificandosi al primo posto.

    2. Con note del 30 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014, C. comunicava che a seguito di verifiche di ufficio sulle dichiarazioni sostitutive rese in gara erano emerse, a carico di alcune consorziate esecutrici del mandante C.M., le seguenti irregolarità:

    - per E.S. s.r.l., la dichiarazione del legale rappresentante A., attestante che nei confronti del preposto alla gestione tecnica non erano stati pronunciati provvedimenti penali definitivi, non era veritiera, in quanto era risultata una sentenza di applicazione della pena su richiesta di parte, emessa in data 3 agosto 1992, per il "reato di furto ex art. 624 c.p. " nei confronti del preposto alla gestione tecnica Gargiulo;

    - per C.G. s.r.l., il DURC rilasciato a C. il 28 ottobre 2014 per la verifica della dichiarazione presentata in data 22 febbraio 2013 era risultato negativo in relazione a "premi assicurativi per gli anni 2012-2013 per un importo di e 23.328,00" dovuti all'INAIL;

    - per M.G. s.r.l., il DURC rilasciato a C. il 27 ottobre 2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 14.2.2013 era risultato negativo per l'importo di Euro 600,00.

    Con provvedimento del 13 gennaio 2015, C. disponeva conseguentemente l'esclusione del R.T.I. Romeo.

    3. Avverso l'esclusione, l'interessata proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

    1) Il DURC di Campanale rilasciato in data 31.12.2012 e il DURC di M.G. rilasciato in data 10 dicembre 2012 risultavano in corso di validità (90 giorni) alla data delle dichiarazioni rese in gara (rispettivamente 22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013). A tale data non sarebbe dunque esistita alcuna violazione contributiva definitivamente accertata, come previsto dall' art. 38, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

    C. avrebbe dovuto considerare che gli enti previdenziali, prima di emettere il DURC negativo hanno l'obbligo, ex art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 e art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , di invitare l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni.

    2) Il legale rappresentante, sottoscrittore della dichiarazione per conto di terzi, risponderebbe solo in relazione a stati qualità o fatti conosciuti o conoscibili. Ma nel caso di specie, il sig. A., legale rappresentante della E.S. s.r.l., prima di sottoscrivere la dichiarazione anche per Gargiulo Ugo, responsabile tecnico, si era munito del certificato del casellario del soggetto in questione nella versione accessibile al privato dal quale nulla risultava. Del resto, Gargiulo non ricoprirebbe più la carica di responsabile tecnico sin dal 26 marzo2013, e la condanna non dichiarata rappresenterebbe, comunque, un precedente remoto (1992), che non sarebbe grave, né incidente sulla moralità professionale.

    4. Con successivi motivi aggiunti R.G. s.p.a. ha altresì impugnato la nota 24 marzo 2015 prot. (...) con la quale C. s.p.a., comunicava l'escussione delle fideiussioni presentate dalla ricorrente in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a Euro 1.200.000,00 per il lotto 5 e Euro 870.000,00 per il lotto 6.

    II) La sentenza appellata

    5. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il ricorso introduttivo, affermando in particolare che: "il concetto di definitività nell'ambito delle gare pubbliche dev'essere esaminato alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta ..." e "non può valere quanto affermato da parte ricorrente circa l'obbligo dell'Istituto previdenziale di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007, in quanto l' art. 38, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 è entrato in vigore in data successiva rispetto a quella in cui le imprese del raggruppamento hanno reso le dichiarazioni (14.2.2013 e 22.2.2013) e, comunque, in data successiva alla pubblicazione del bando di gara (19.12.2012), per cui non è applicabile in virtù del principio tempus regit actum; - la procedura di regolarizzazione di cui all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 non può essere applicata ai DURC richiesti d'ufficio da un'amministrazione aggiudicatrice per la verifica ai sensi dell' art. 71 del d.P.R. 445/2000 della veridicità delle dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti"... "in altri termini, il requisito di cui all' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006 deve sussistere alla data in cui è resa la dichiarazione, non essendo possibile che lo stesso possa perfezionarsi in un momento successivo mediante l'invito alla regolarizzazione".

    Inoltre, quanto, alla seconda questione controversa, il Tribunale amministrativo regionale ha affermato che: "il sig. A. non avrebbe potuto rendere la dichiarazione di cui all'allegato 1 anche per conto di Gargiulo perché questo non risultava ancora cessato dalla carica; la dichiarazione resa da A., inoltre, non è risultata corrispondente ai dati emergenti dal certificato dal casellario giudiziale riguardante il sig. Gargiulo. In senso contrario non vale l'invocazione dello stato di "buona fede" del signor A., in quanto egli si è assunto la responsabilità di rendere dichiarazioni su fatti stati di un terzo che, alla data della stessa dichiarazione, non era ancora cessato dalla carica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3132) ".

    Il Tribunale amministrativo regionale ha, invece, accolto i motivi aggiunti avverso l'escussione della garanzia fideiussoria, chiarendo che: "il provvedimento di incameramento della cauzione, stante il suo carattere indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio, deve essere ricondotto al carattere di gravità del comportamento dei concorrenti....."; nel caso di specie invece "la condotta della ricorrente R.G. S.p.a. (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non aveva carattere di gravità" essendo "intervenuta in un quadro normativo in progressiva evoluzione e nell'ambito di orientamenti giurisprudenziali non uniformi".

    III) Il giudizio di appello e l'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria

    6. Avverso tale sentenza ha proposto appello la R.G. s.p.a. articolando le seguenti censure.

    6.1. Il primo giudice non avrebbe correttamente inteso il concetto di violazione "definitivamente accertata", essendo evidente che alla data delle dichiarazioni sostitutive rese le offerenti fossero in possesso di un DURC in corso di validità attestante la propria regolarità contributiva, di per sé solo sufficiente ad escludere violazioni contributive rilevanti.

    6.2. Erronea sarebbe altresì la pretesa inapplicabilità ratione temporis dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, bastando osservare in proposito che trattasi di norme disciplinanti il procedimento di rilascio del DURC e non certo la procedura di gara. In ogni caso, la giurisprudenza più recente avrebbe chiarito che l'art. 31, comma 8, del decreto legge n. del 2013 ha attribuito rango legislativo ad una previsione regolamentare già contenuta nel D.M. 24 ottobre 2007 secondo la quale il mancato avviso di regolarizzazione all'interessato preclude l'esclusione dalla gara, quand'anche il DURC sia richiesto dall'amministrazione in sede di verifica.

    Una diversa interpretazione violerebbe i principi comunitari, come già rilevato dall' ordinanza 11 marzo 2015 , n.1236 con la quale la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha rimesso analoga questione alla Corte di Giustizia.

    6.3. Sulla dichiarazione ai sensi dell' art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163 del 2006, il legale rappresentante di Elettroservizi, trovatosi nell'impossibilità di contattare il sig. Gargiulio (che di li a poco si è poi dimesso), si è premurato di acquisire il certificato del casellario e dei carichi pendenti ed ha reso la dichiarazione dopo aver constatato che nulla risultava: da qui l'inconfigurabilità del mendacio. Per il resto, il disciplinare di gara era chiaro nell'equiparare ai soggetti cessati anche i soggetti "sensibili" in carica.

    7. Si è costituita in giudizio C. che, oltre a chiedere il rigetto dell'appello, ha proposto a sua volta appello incidentale per ottenere la riforma della sentenza nella parte che l'ha vista soccombente con riguardo all'escussione della fideiussione.

    8. Nel giudizio si sono altresì costituiti M.G. srl e F. s.p.a., con argomentazioni a sostegno dell'appello principale, e C. s.p.a. in adesione alle tesi di C..

    9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4540, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione, sollevata nel primo motivo dell'appello principale, se l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall' art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall'impresa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell'invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come "definitivamente accertata" la situazione di irregolarità contributiva.

    IV) Il contrasto giurisprudenziale in atto

    10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale, che può essere così sintetizzato.

    10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l'accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all'esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l'invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l'obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l'eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell'irregolarità alla data di presentazione dell'offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).

    10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la "novità" rappresentata dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, che, secondo la tesi in esame, avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato l' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l'irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall'ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.

    V) La soluzione proposta dall'ordinanza di rimessione

    11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente mostra di condividere la tesi secondo cui l'obbligo del preavviso di regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare ( art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge ( art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.

    Ciò poiché - si legge nell'ordinanza di rimessione - "in mancanza di avviso non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del D.M. 24 ottobre 2007 , che non distingue in punto di efficacia degli atti di certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una violazione previdenziale che non risulta dal "durc" privato, né è mai stata previamente comunicata a ricorrente".

    La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata recepita dall' art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale si afferma espressamente che "le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1 luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all'art. 6 del D.M. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l'obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall'art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163/2006".

    Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo la Sezione rimettente, che dal 1 luglio (data di entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 ), in ragione delle nuove previsioni normative e delle modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio dell'ordinamento previdenziale) sia subordinato all'invito a regolarizzare, anche se l'interrogazione sia compiuta dalla stazione appaltante in funzione di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006.

    Il dubbio esegetico, quindi, secondo l'impostazione accolta dall'ordinanza di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all'entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell'ambito delle procedure di gara.

    V) La decisione dell'Adunanza Plenaria

    12. La questione sottoposta dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta dando continuità, anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, all'indirizzo interpretativo secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.

    Tale principio, già chiaramente espresso dall'Adunanza Plenaria nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta richiamata dall'ordinanza di rimessione, introdotta con l' articolo 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013.

    13. La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica "Semplificazioni in materia di DURC": "Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all' articolo 1 della L. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità"

    Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto) alla condizione che l'impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che nonostante tale invito perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi.

    L'Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall'impresa ai fini della partecipazione alla gara.

    L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione.

    14. Depongono a favore di tale conclusione una pluralità di argomenti, di carattere letterale, storico e sistematico.

    VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale

    15. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra la formulazione del comma 8 dell'articolo 31 e quella dei commi che lo precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).

    Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all'esame dell'Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina dell'evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa collocazione, sempre all'inizio della disposizione.

    Più nel dettaglio:

    - i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: "Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ...";

    - il comma 2 si apre con la formula: "Al codice di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , sono apportate le seguenti modificazioni: ..." ;

    - il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al "documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".

    Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che compongono l'articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici, apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente, attraverso un richiamo esplicito.

    16. L'argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell' art. 255 D.Lgs. n. 163 del 2006 " ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute" (c.d. clausola di abrogazione esplicita).

    Conformemente a tale previsione normativa, che impone l'abrogazione o la modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l'art. 31, comma 2, come si è già accennato, contiene l'elenco esplicito delle disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006 che sono state modificate.

    In questo elenco non è menzionato l'art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l'aver commesso "violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali".

    Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che l'ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal D.L. n. 69 del 2013 (ossia, la modifica della nozione di "definitivo accertamento" quale fatta propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della clausola dell'abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.

    17. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8 dell'art. 31, nel prevedere l'onere del previo invito alla regolarizzazione fa testualmente riferimento all'attività di "verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) " richiesto dal datore di lavoro. Ben diversa è l'attività che l'Ente previdenziale compie non per rilasciare il DURC su richiesta dell'impresa, ma per verificare, su richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all' articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

    La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC - quello rilasciato su richiesta di parte e quello acquisito d'ufficio dalla stazione appaltante nell'ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione del contratto) - trova ancora conferma nel testo dell'articolo 33 del D.L. n. 69 del 2103.

    Nell'ambito di tale articolo, il DURC relativo all'aggiudicazione e all'esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di regolarizzazione postuma dell'eventuale inadempienza contributiva che dovesse essere riscontrata in capo all'impresa che ha partecipato alla gara o che sta eseguendo il contratto.

    Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.

    La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l'invito alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina dell'aggiudicazione e dell'esecuzione dei contratti pubblici.

    Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla considerazione che l' art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163 del 2006 rinvia alle norme dell'ordinamento previdenziale solo per stabilire quando l'irregolarità contributiva deve considerarsi "grave" (prevedendo letteralmente che, " ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva").

    Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l'altra caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi come causa ostativa alla partecipazione alle gare d'appalto (essere appunto "definitivamente accertata"). Da qui la conclusione che la nozione di "definitivo accertamento" che viene in rilievo nell'ambito del Codice dei contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell'ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

    VII) Gli argomenti di sistema

    18. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).

    Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) previsto in via generale dall' art. 10-bis L. 7 agosto 1990, n. 241.

    Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell'ambito della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i procedimenti d'ufficio, dove, in effetti, non vi è un'istanza di parte e, quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento.

    Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d. preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

    Entrambe le deroghe offrono elementi d'interesse ai fini della risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.

    La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di contratti pubblici.

    La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale inizia d'ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio) l' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga, sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura, estranei all'ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.

    Rispetto alle previsioni dell' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, introduce un elemento di novità: una sorta di "deroga alla deroga" per effetto della quale un meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.

    Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell'ambito sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che iniziano d'ufficio.

    19. Sempre da un punto di vista sistematico, l'esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell'ambito del procedimento d'ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

    19.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che l'applicazione della "regolarizzazione postuma" finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).

    Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito.

    Una simile generalizzata possibilità di sanatoria - della dichiarazione falsa e della mancanza del requisito sostanziale - darebbe vita ad una palese violazione del principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità commesse nella formulazione dell'offerta e nella presentazione delle dichiarazioni (cfr. ancora Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).

    Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e condivisibilmente affermato dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella Determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell'art. 38, comma 2-bis e dell'art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ).

    In quella sede l'ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici in seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114 ha giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio "non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l'acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta. Resta fermo, in sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione dell'offerta o della domanda di partecipazione, senza possibilità di acquisirli successivamente".

    E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata determinazione precisa che "La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice) ".

    L'Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi ribadire anche in questa sede l'inammissibilità di qualsiasi forma di regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della falsa dichiarazione.

    19.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l'aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.

    VIII) Gli argomenti legati all'evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale

    20. L'asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 risulta sensibilmente ridimensionata anche da considerazioni legate all'osservazione dell'evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

    Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora recepita a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, già esisteva nell'ordinamento, sia pure posta da una fonte regolamentare.

    Si fa riferimento all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente giudizio) il quale, appunto prevedeva:" In mancanza dei requisiti di cui all'art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell'art. 3, invitano l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. ".

    Nell'interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d'appalto.

    Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in cui si legge: " Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell'irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.

    L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l'impresa e l'ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575

    Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, quand'anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009.

    Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243.

    La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104."

    L' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 ha determinato una sorta di "novazione" della fonte della previsione normativa già contenuta nel D.M. del 24 ottobre 2007 , conferendole rango legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo elementi di novità che consentano di superare l'interpretazione "storica" della precedente norma regolamentare.

    21. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto ipotizzato nell'ordinanza di rimessione, dal decreto ministeriale 30 gennaio 2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1 luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro - Direzione generale per l'attività ispettiva dell' 8 giugno 2015, n. 19.

    Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina dell'affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di rango regolamentare, quale è il decreto ministeriale 30 gennaio 2015 .

    È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti normative non permette che norma regolamentare introduca una forma di regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.

    Una simile interpretazione (che darebbe luogo ad una inammissibile inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.

    IX) La presunta incompatibilità comunitaria

    22. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell'ordinamento Eurounitario.

    22.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova, peraltro, le sue radici anche, e ancor prima, nell'ordinamento nazionale.

    La tutela dell'affidamento incontra, infatti, il limite dell'autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall'impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.

    L'affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni od errori imputabili proprio all'impresa che tale affidamento invoca.

    22.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea una questione pregiudiziale circa la compatibilità tra l'articolo 45 della direttiva 18/2004 - interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché degli articoli 49 e 56 del TFUE - e una normativa nazionale (quale quella italiana) che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consente alle stazioni d'appaltanti di richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione contributiva sussistente al momento della partecipazione - anche se da essi non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità - e non più presente al momento dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio.

    In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale), già escludono la possibilità di "trasferire" automaticamente i medesimi dubbi di compatibilità comunitaria nell'ambito del presente giudizio.

    In ogni caso è dirimente - ed esclude la necessità di una ulteriore rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale rimessa dalla Quarta Sezione - la constatazione che la Corte di Giustizia ha già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative nozioni di "gravità" e "definitivo accertamento").

    Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l'art.38, comma 1, lettera i) e l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito (paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:

    - l'obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163/2006 consiste nell'accertarsi dell'affidabilità, della diligenza e della serietà dell'offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;

    - accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;

    - una causa di esclusione come quella prevista dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 è idonea a garantire il conseguimento dell'obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest'ultimo quanto all'adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;

    - per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

    - per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l'articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l'applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall'espressione "può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto", che figura all'inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali v., per quanto riguarda l' articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 21. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;

    - di conseguenza, l'articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell'Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l'articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);

    - l'articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un'attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

    - gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall'articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all'articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l'amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un'infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

    A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: "la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara".

    Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella prospettata dall'appellante.

    X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all'Adunanza Plenaria

    23. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione interpretativa sottoposta dall'Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere risolta enunciando il seguente principio di diritto:

    "Anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall' art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto".

    XI) L'applicazione del principio al caso di specie

    24. L'applicazione dell'enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta il rigetto dell'appello proposto da R.G. s.p.a.

    25. Risulta dagli atti che le società consorziate M.G. s.r.l. e C.G. & C. s.r.l. hanno reso in sede di presentazione dell'offerta dichiarazioni di regolarità contributiva che, a seguito delle attestazioni acquisite da C. in sede di verifica ai sensi dell' art. 71 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 sono risultate non veritiere.

    I DURC rilasciati a C. dall'INAIL e dalla Cassa Edile rispettivamente il 28 ottobre 2014 e il 27 ottobre 2014 attestano, infatti, che le imprese consorziate erano entrambe irregolari alla data della dichiarazione per l'ammissione alla gara (22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013) e tale circostanza evidenzia la violazione del principio secondo cui la regolarità contributiva deve sussistere al momento della domanda di partecipazione e permanere per tutta la durata della gara sia in capo alle imprese facenti parte del raggruppamento sia in capo alle singole consorziate, non potendo in alcun modo rilevare un eventuale adempimento tardivo.

    26. Non rileva, in senso contrario, la circostanza, su cui l'appellante insiste, che al momento della presentazione della dichiarazione sia M.G. sia l'impresa Campanale erano in possesso di un DURC (emesso in data 10 dicembre 2012 per M.G. e in data 31 dicembre 2012 per Campanile), ancora in corso di validità (considerando il termine di 90 giorni previsto dall' art. 7, comma 2, D.M. 24 ottobre 1997), che attestava ("allo stato degli atti" e "impregiudicata l'azione per l'accertamento e il recupero di eventuali somme che successivamente risultassero dovute" una situazione di regolarità contributiva: ciò che rileva è esclusivamente la sussistenza di una situazione di effettiva regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda (e il continuato possesso del requisito per tutto il corso della gara).

    27. L'irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di un precedente DURC (ottenuto in seguito ad istanza all'ente previdenziale) che attesti (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della regolarità contributiva.

    Non giova in senso contrario invocare il termine trimestrale di validità del DURC precedentemente rilasciato, atteso che l' art. 7, comma 2, del D.M. 24 ottobre 2007 riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall'art. 3, comma 8, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 496 (che prevede fra l'altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all'Amministrazione concedente un DURC in corso di validità dell'impresa esecutrice dei lavori).

    Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

    28. Né può invocarsi la lesione dell'affidamento riposto sulle risultanze del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale al momento della partecipazione alla gara.

    29. L'appello principale deve, quindi, essere respinto.

    30. La fondatezza del motivo di esclusione fondato sull'esistenza di una situazione di irregolarità contributiva consente di assorbire le censure dirette a contestare l'altro motivo posto in via autonoma a fondamento del provvedimento di esclusione, ovvero quello relativo alla falsità della dichiarazione sull'assenza di precedenti penali resa dal legale rappresentante della consorziata E.S. per il preposto alla gestione tecnica, signor Gargiulo.

    Infatti, seguendo sul punto l'insegnamento della sentenza di questa Adunanza Plenaria 27 aprile 2015, n. 5, " nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre".

    XII) L'appello incidentale proposto da C.

    31. Può passarsi ora ad esaminare l'appello incidentale proposto da C..

    32. Come si è ricordato in narrativa, la C. contesta la parte della sentenza impugnata che, in parziale accoglimento dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado, ha annullato la nota del 24 marzo 2015, prot. n. (...), con cui C. ha escusso le cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6, di importo pari ad Euro 1.200.000,00 per il lotto 5 ed Euro 870.000,00 per il lotto 6.

    Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto in questa parte il ricorso ritenendo che, alla luce della peculiarità della vicenda, "la condotta della ricorrente R.G. s.p.a.a (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non rivesta carattere di gravità, potendo riconoscersi, in capo alla ricorrente, la scusabilità dell'errore".

    C. critica la sentenza richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell' art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l'automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate. Essa, quindi, sarebbe applicabile a prescindere dalla scusabilità dell'errore, come automatica conseguenza della violazione riscontrata.

    33. L'appello incidentale merita accoglimento.

    L'Adunanza Plenaria ritiene di dover dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'incameramento della cauzione provvisoria previsto dall'art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, conte tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione (cfr., tra le tante, Cons. Stato, 26 maggio 2015, n. 2638; Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n. 4778; Cons. Stato 18 aprile 2012, n. 2232; Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; Cons. Stato, sez. III, n. 4773 del 2012; Cons. Stato sez. V, 1º ottobre 2010, n. 7263; nonché Corte Cost., ord. n. 211 del 13 luglio 2011).

    Già questa Adunanza Plenaria (nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8) ha peraltro riconosciuto che la passibilità di incamerare la cauzione provvisoria può trovare fondamento anche nell'art. 75, comma 6, del Codice di contratti pubblici, che riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per "fatto dell'affidatario" qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, e tra cui anche, come nel caso di specie, il difetto di un requisito d ordine generale.

    Inoltre, anche a prescindere dal condivisibile rigore del citato orientamento giurisprudenziale nell'applicazione della misura dell'escussione della cauzione provvisoria, nel caso di specie, la ragione dell'esclusione (dovuta alla dichiarazione non veritiera sulla esistenza di una situazione di regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda), non risulta incolpevole o scusabile, atteso che rientra nell'ordinaria diligenza dell'impresa che partecipa ad una gara di appalto verificare la sussistenza della propria posizione contributiva con riferimento alla data di presentazione della domanda.

    L'appello incidentale proposto da C. deve, pertanto, essere accolto e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado avverso la nota 24 marzo 2015, n. (...).

    34. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando, respinge l'appello principale e accoglie l'appello incidentale.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

    Riccardo Virgilio, Presidente

    Pier Giorgio Lignani, Presidente

    Stefano Baccarini, Presidente

    Alessandro Pajno, Presidente

    Paolo Numerico, Presidente

    Carlo Deodato, Consigliere

    Nicola Russo, Consigliere

    Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

    Raffaele Greco, Consigliere

    Gabriella De Michele, Consigliere

    Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

    Antonio Amicuzzi, Consigliere

    Dante D'Alessio, Consigliere

     

     

     

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 19 di A.P. del 2015, proposto da:

    C. s.r.l., G. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Di Lullo, con domicilio eletto presso Di Lullo Marco Studio in Roma, viale Parioli n.180;

    contro

    C.S.G.O. Scarl in proprio e in qualità di mandataria Ati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Sofia, con domicilio eletto presso Pierluigi Acquarelli in Roma, Via Oslavia, 6;

    Ati-Mas Costruzioni di Carucci Marco;

    nei confronti di

    A. Spa;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 00903/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione appalto lavori di manutenzione straordinaria per la fornitura e posa in opera di giunti e contestuale rifacimento delle testate delle solette di impalcato sui viadotti presenti tra il km 243 521 ed il km 353 450 - Provincia di Cosenza

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio di C.S.G.O. Scarl;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Di Lullo e Sofia;

    Svolgimento del processo - Motivi della decisione

    I) Il giudizio di primo grado

    1. Con bando del 18 luglio 2014 l'A. s.p.a. indiceva una procedura di gara per l'affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria per la fornitura e posa in opera di giunti e contestuale rifacimento delle testate delle solette di impalcato sui viadotti presenti tra il km 243+521 ed il km 353+450 in provincia di Cosenza.

    Partecipavano alla procedura sia la C. (risultata seconda in graduatoria) sia l'associazione temporanea d'imprese, C.S.G.O. s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (risultata prima), dichiarando la regolarità della rispettiva posizione contributiva.

    Con provvedimento prot. (...)-I del 22 settembre 2014 la stazione appaltante aggiudicava definitivamente l'appalto all'ATI C.S.G.O. s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (di seguito anche solo GOP), subordinando l'efficacia e l'esecutività dell'aggiudicazione alla verifica del possesso dei requisiti dichiarati dal concorrente in sede di gara.

    2. Con DURC prot. n. (...) del 23 settembre 2014, emesso dall'INPS in data 9 ottobre 2014, l'Ente previdenziale comunicava alla stazione appaltante che la posizione contributiva dell'impresa MAS Costruzioni non risultava regolare ai fini del DURC .

    Il DURC richiamato, in particolare, chiariva che la posizione della MAS Costruzioni non risultava regolare in virtù: a) del mancato versamento all'INAIL dei premi assicurativi per l'anno 2014 per un importo di Euro 305,92; b) del mancato versamento all'INPS del contributi fissi 2013 per un importo di Euro 372,47.

    3. Alla luce di quanto sopra, con note del 16.10.2014 prot. n. (...)-P e prot. n. (...)-P, A. richiedeva, rispettivamente, all'INAIL e all'INPS, di voler chiarire se alla data di partecipazione alla procedura del 27 agosto 2014 la MAS Costruzioni avesse o meno "commesso una violazione grave e definitivamente accertata".

    In tale contesto, con nuovo DURC prot. n. (...) del 22.10.2014, emesso dall'INPS in data 3.11.2014, gli enti previdenziali confermavano l'irregolarità contributiva della MAS Costruzioni alla data del 27.8.2014, precisando che detta irregolarità consisteva nel mancato versamento a quella data "dei premi assicurativi (INAIL) per gli anni 2013-2014 per un importo di Euro 314,47" e che "una parte del debito (E. 305,89) è stata pagata in data 24/9/2014".

    Con nota del 12.10.2014, quindi, A. comunicava al Consorzio l'avvio del procedimento di revoca dell'aggiudicazione. Con Provv. del 21 gennaio 2015 revocava l'aggiudicazione disposta in favore dell'ATI C.S.G.O. e disponeva l'aggiudicazione dell'appalto in favore della società C. s.r.l.

    4. Avverso tale provvedimento, il Consorzio GOP proponeva ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro.

    La C., a sua volta, proponeva ricorso incidentale contestando l'atto di ammissione alla gara del R.T.I. ricorrente, i verbali di gara nella parte in cui la stazione appaltante non lo aveva escluso, il provvedimento di aggiudicazione dell'appalto in favore del medesimo R.T.I. (sebbene condizionato alla successiva verifica del possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara), i correlati provvedimenti concernenti la relativa verifica dei requisiti, nonché, in parte qua, il successivo provvedimento di revoca di cui alla nota prot. (...)-1 del 21.1.2015.

    5. Con la sentenza, in epigrafe indicata, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso principale e respinto il ricorso incidentale.

    II) Il giudizio di appello e l'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria

    6. Per ottenere la riforma di tale sentenza hanno proposto appello le società C. s.r.l. e G. s.r.l. formulando, in sintesi, le seguenti censure.

    7. In via pregiudiziale, le appellanti ripropongono l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del DURC negativo da parte del C.S.G.O. s.c.a.r.l.. Le appellanti deducono che in mancanza di impugnazione dell'atto presupposto (il DURC negativo), la sentenza del Tribunale, amministrativo regionale sarebbe affetta da eccesso di potere giurisdizionale per la violazione dei limiti esterni della giurisdizione in quanto volta a sostituire, anche in assenza della devoluzione della relativa cognizione, l'apprezzamento dell'Amministrazione circa la permanenza del requisito in capo al C.S.G.O..

    8. Nel merito le appellanti hanno sostenuto la tesi secondo cui il requisito della regolarità contributiva deve sussistere al momento della presentazione della domanda, senza che sia possibile, neanche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, alcuna forma di regolarizzazione postuma.

    Sempre nel merito, le appellanti hanno, in via subordinata, censurato la sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale proposto in primo grado diretto ad evidenziare in capo al C.S.G.O. la sussistenza di ulteriori ragioni di esclusione.

    Si è costituito in giudizio il C.S.G.O. chiedendo il rigetto dell'appello.

    9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4542, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione, se l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall' art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall'impresa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell'invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come "definitivamente accertata" la situazione di irregolarità contributiva.

    III) Il contrasto giurisprudenziale in atto

    10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale che può essere così sintetizzato.

    10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l'accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all'esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l'invito alla regolarizzazione (c.d. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l'obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l'eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell'irregolarità alla data di presentazione dell'offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).

    10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la "novità" rappresentata dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, che secondo la tesi in esame avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato, l' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l'irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall'ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.

    IV) La soluzione proposta dall'ordinanza di rimessione

    11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente mostra di condividere la tesi secondo cui l'obbligo del preavviso di regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare ( art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge ( art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.

    Ciò poiché - si legge nell'ordinanza di rimessione - "in mancanza di avviso non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del D.M. 24 ottobre 2007 , che non distingue in punto di efficacia degli atti di certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una violazione previdenziale che non risulta dal "durc" privato, né è mai stata previamente comunicata a ricorrente".

    La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata recepita dall' art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale si afferma espressamente che "le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1 luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all'art. 6 del D.M. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l'obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall'art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163/2006".

    Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo la Sezione rimettente, che dal 1 luglio (data di entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 ), in ragione delle nuove previsioni normative e delle modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio dell'ordinamento previdenziale) sia subordinato all'invito a regolarizzare anche se l'interrogazione sia compiuto dalla stazione appaltante in funzione di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006.

    Il dubbio esegetico, quindi, secondo l'impostazione accolta dall'ordinanza di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all'entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell'ambito delle procedure di gara.

    V) La questione pregiudiziale dei limiti della cognizione del giudice amministrativo a fronte di un provvedimento di esclusione fondato su un DURC negativo non impugnato

    12. In via pregiudiziale, prima di affrontare nel merito la questione rimessa dalla Quarta Sezione, deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposto da C. con apposito motivo di appello.

    C. ha dedotto l'inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione della mancata impugnazione del DURC negativo da parte del Consorzio GOP.

    Il Tribunale amministrativo regionale in primo grado ha disatteso l'eccezione affermando che il DURC "è un'attestazione concernente il rapporto obbligatorio previdenziale, che non costituisce espressione di poteri autoritativi pubblicistici e che non ha, quindi, valenza provvedimentale, con conseguente insussistenza della giurisdizione rispetto ad esso del giudice amministrativo".

    13. L'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado è infondata.

    14. Va precisato che la questione dei limiti entro i quali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulla legittimità del DURC è, a sua volta, oggetto di un contrasto giurisprudenziale, tanto che recentemente la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ne ha rimesso la risoluzione all'Adunanza Plenaria (cfr. ordinanza 21 ottobre 2015, n. 4799), insieme, peraltro, a questioni di diritto sostanziale (sulla corretta interpretazione dell' art. 31, comma 8, D.L. n. 69 del 2013), in gran parte corrispondenti a quelle oggetto del presente giudizio.

    Ai fini del presente giudizio, nel cui ambito la citata questione processuale non è oggetto di rimessione ma viene in rilievo al solo fine di decidere sulla pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, è sufficiente richiamare quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 11 dicembre 2007, n. 25818 e 9 febbraio 2011, n. 3169), secondo cui la produzione della certificazione attestante la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa di settore ai fini dell'ammissione alla gara, sicché il giudice amministrativo ben può verificare la regolarità di tale certificazione, sia pure incidenter tantum, cioè con accertamento privo di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale, ai sensi dell'art. 8 del Cod. proc. amm.

    Deve rilevarsi, invero, che il sindacato del giudice amministrativo ha come oggetto principale la questione relativa alla legittimità dell'atto amministrativo adottato dalla stazione appaltante sulla base delle risultante del DURC negativo; rispetto a tale questione, il sindacato sulla regolarità della posizione contributiva quale attestata dal DURC viene effettuato in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, al solo fine di statuire sulla questione principale, in conformità allo schema decisorio delineato dall'art. 8 Cod. proc. amm.

    In tal modo si riesce ad assicurare l'effettività della tutela (che esclude che ci possano essere profili dell'azione amministrativi sottratti al sindacato giurisdizionale), senza invadere i confini della giurisdizione ordinaria, quali delineati dagli artt. 442, comma 1, e 444, comma 3, del Cod. proc. civ. che devolvono alla giurisdizione civile le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi.

    Diverso è, in definitiva, lo scrutinio compiuto dal giudice ordinario sui diritti previdenziali del lavoratore che si assumono violati, rispetto al sindacato effettuato dal giudice amministrativo sul loro corretto adempimento, attestato dal certificato di regolarità contributiva che le imprese affidatarie di un appalto pubblico devono presentare alla stazione appaltante, a pena di esclusione.

    Nell'accertare il mancato versamento di contributi dovuti all'Ente di previdenza, il sindacato del giudice ha per oggetto la sussistenza del diritto del lavoratore dipendente alla contribuzione in relazione all'attività prestata ed al diritto al trattamento di quiescenza, mentre, nelle controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, oggetto di indagine del giudice è la mera regolarità della certificazione prodotta, attestante la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto, che rappresenta un requisito di partecipazione.

    In quest'ottica, il giudice amministrativo può conoscere, senza travalicare i limiti della propria giurisdizione, la questione relativa alla sussistenza del requisito della regolarità contributiva, senza che occorra l'espressa impugnazione del DURC, oggetto solo di un sindacato incidenter tantum ai sensi dell'art. 8 Cod. proc. amm.

    15. Il ricorso deve, dunque, essere esaminato nel merito.

    VI) La decisione dell'Adunanza Plenaria sulla questione di merito oggetto di rimessione

    16. La questione sottoposta dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta dando continuità, anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, all'indirizzo interpretativo secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando, dunque, irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.

    Tale principio, già chiaramente espresso dall'Adunanza Plenaria nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta richiamata dall'ordinanza di rimessione, introdotta con l'articola 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 .

    La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica "Semplificazioni in materia di DURC": "Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all' articolo 1 della L. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità"

    Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto) alla condizione che l'impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che, nonostante tale invito, perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi.

    L'Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall'impresa ai fini della partecipazione alla gara.

    L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione.

    17. Depongono a favore di tale conclusione, una pluralità di argomenti di carattere letterale, storico e sistematico.

    VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale

    18. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra la formulazione del comma 8 dell'articolo 31 e quella dei commi che lo precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).

    Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all'esame dell'Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina dell'evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa collocazione, sempre all'inizio della disposizione.

    Più nel dettaglio:

    - i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: "Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ...";

    - il comma 2 si apre con la formula: "Al codice di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , sono apportate le seguenti modificazioni: ...";

    - il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al "documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".

    Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che compongono l'articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici, apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente, attraverso un richiamo esplicito.

    19. L'argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell' art. 255 D.Lgs. n. 163 del 2006 " ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute" (c.d. clausola di abrogazione esplicita).

    Conformemente a tale previsione normativa, che impone l'abrogazione o la modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l'art. 31, comma 2, come si è già accennato, contiene l'elenco esplicito delle disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006 che sono state modificate.

    In questo elenco non è menzionato l'art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l'aver commesso "violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali".

    Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che l'ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal D.L. n. 69 del 2013 (ossia, la modifica della nozione di "definitivo accertamento" quale fatta propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della clausola dell'abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.

    20. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8 dell'art. 31, nel prevedere l'onere del previo invito alla regolarizzazione fa testualmente riferimento all'attività di "verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) " richiesto dal datore di lavoro. Ben diversa è l'attività che l'Ente previdenziale compie non per rilasciare il DURC su richiesta dell'impresa, ma per verificare, su richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all' articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

    La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC - quello rilasciato su richiesta di parte e quello acquisito d'ufficio dalla stazione appaltante nell'ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione del contratto) - trova ancora conferma nel testo dell'articolo 33 del D.L. n. 69 del 2103.

    Nell'ambito di tale articolo, il DURC relativo all'aggiudicazione e all'esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di regolarizzazione postuma dell'eventuale inadempienza contributiva che dovesse essere riscontrata in capo all'impresa che ha partecipato alla gara o che sta eseguendo il contratto.

    Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.

    La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l'invito alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina dell'aggiudicazione e dell'esecuzione dei contratti pubblici.

    Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla considerazione che l' art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163 del 2006 rinvia alle norme dell'ordinamento previdenziale solo per stabilire quando l'irregolarità contributiva deve considerarsi "grave" (prevedendo letteralmente che, " ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva").

    Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l'altra caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi come causa ostativa alla partecipazione alle gare d'appalto (essere appunto "definitivamente accertata"). Da qui la conclusione che la nozione di "definitivo accertamento" che viene in rilievo nell'ambito del Codice dei contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell'ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

    VII) Gli argomenti di sistema

    21. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).

    Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) previsto in via generale dall' art. 10-bis L. 7 agosto 1990, n. 241.

    Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell'ambito della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i procedimenti d'ufficio, dove, in effetti, non vi è un'istanza di parte e, quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento.

    Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d. preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

    Entrambe le deroghe offrono elementi d'interesse ai fini della risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.

    La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di contratti pubblici.

    La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale inizia d'ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio) l' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga, sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura, estranei all'ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.

    Rispetto alle previsioni dell' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, introduce un elemento di novità: una sorta di "deroga alla deroga" per effetto della quale un meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.

    Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell'ambito sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che iniziano d'ufficio.

    22. Sempre da un punto di vista sistematico, l'esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell'ambito del procedimento d'ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

    22.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che l'applicazione della "regolarizzazione postuma" finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).

    Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito.

    Una simile generalizzata possibilità di sanatoria - della dichiarazione falsa e della mancanza del requisito sostanziale - darebbe vita ad una palese violazione del principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità, commesse nella formulazione dell'offerta e nella presentazione delle dichiarazioni (cfr. ancora Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).

    Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e condivisibilmente affermato dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella Determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell'art. 38, comma 2-bis e dell'art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ).

    In quella sede l'ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici in seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114 ha giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio "non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l'acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta. Resta fermo, in sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione dell'offerta o della domanda di partecipazione, senza possibilità di acquisirli successivamente".

    E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata determinazione precisa che "La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice) ".

    L'Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi ribadire anche in questa sede l'inammissibilità di qualsiasi forma di regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della falsa dichiarazione.

    22.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l'aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.

    VIII) Gli argomenti legati all'evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale

    23. L'asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 risulta sensibilmente ridimensionata anche da considerazioni legate all'osservazione dell'evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

    Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora recepita a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, già esisteva nell'ordinamento, sia pure posta da una fonte regolamentare.

    Si fa riferimento all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente giudizio) il quale, appunto prevedeva:" In mancanza dei requisiti di cui all'art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell'art. 3, invitano l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. ".

    Nell'interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d'appalto.

    Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in cui si legge: " Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell'irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.

    L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l'impresa e l'ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575

    Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, quand'anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009.

    Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243.

    La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104. ".

    L' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 ha determinato una sorta di "novazione" della fonte della previsione normativa già contenuta nel D.M. del 24 ottobre 2007 , conferendole rango legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo elementi di novità che consentano di superare l'interpretazione "storica" della precedente norma regolamentare.

    24. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto ipotizzato nell'ordinanza di rimessione, dal D.m. 30 gennaio 2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1 luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro - Direzione generale per l'attività ispettiva dell' 8 giugno 2015, n. 19.

    Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina dell'affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di rango regolamentare, quale è il D.m. 30 gennaio 2015 .

    È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti normative non permette ad una norma regolamentare di introdurre una forma di regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.

    Una simile interpretazione (dando luogo ad una inammissibile inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.

    IX) La presunta incompatibilità comunitaria

    25. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell'ordinamento comunitario.

    25.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova le sue radici anche nell'ordinamento nazionale.

    La tutela dell'affidamento incontra, infatti, il limite dell'autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall'impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di auto responsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.

    L'affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni od errori imputabili proprio all'impresa che tale affidamento invoca.

    25.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea una questione pregiudiziale circa la compatibilità tra l'articolo 45 della direttiva 18/2004 - interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché degli articoli 49 e 56 del TFUE - e una normativa nazionale (quale quella italiana) che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consente alle stazioni d'appaltanti di richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione contributiva sussistente al momento della partecipazione - anche se da essi non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità - e non più presente al momento dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio.

    In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale), già esclude la possibilità di "trasferire" automaticamente i medesimi dubbi di compatibilità comunitaria nell'ambito del presente giudizio.

    In ogni caso è dirimente, ed esclude la necessità di una ulteriore rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale rimessa dalla Quarta Sezione, la constatazione che la Corte di Giustizia ha già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative nozioni di "gravità" e "definitivo accertamento").

    Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l'art.38, comma 1, lettera i) e l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito(paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:

    - l'obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 consiste nell'accertarsi dell'affidabilità, della diligenza e della serietà dell'offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;

    - accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;

    - una causa di esclusione come quella prevista dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 è idonea a garantire il conseguimento dell'obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest'ultimo quanto all'adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;

    - per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

    - per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l'articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l'applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall'espressione "può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto", che figura all'inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali v., per quanto riguarda l' articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 21. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;

    - di conseguenza, l'articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell'Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l'articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);

    - l'articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un'attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

    - gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall'articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato dichiarato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all'articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l'amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un'infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

    A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia Ce con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: "la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara".

    Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella prospettata dall'ordinanza di rimessione.

    X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all'Adunanza Plenaria

    26. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione interpretativa sottoposta dall'Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere risolta enunciando il seguente principio di diritto:

    "Anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall'art. 7, comma3, del D.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto".

    XI) L'applicazione del principio al caso di specie

    27. L'applicazione dell'enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta l'accoglimento dell'appello proposto dalle società C. e G..

    Nel caso di specie è pacifico, infatti, che la posizione MAS Costruzioni nel momento in chi ha reso la dichiarazione ai fini della partecipazione alla gara non era regolare (cfr. nota Inail del 9 dicembre 2014 che conferma l'irregolarità contributiva dell'impresa MAS alla data del 27 agosto 2014).

    Risulta accertato, quindi, che la concorrente in sede di gara ha attestato, contrariamente al vero, la regolarità della posizione contributiva e che solo successivamente alla conoscenza dell'aggiudicazione ha proceduto alla relativa regolarizzazione.

    Nel caso di specie, peraltro, MAS Costruzioni era certamente consapevole della propria irregolarità contributiva, trattandosi di contributi dovuti in autoliquidazione, rispetto ai quali l'impresa ha prima chiesto la rateizzazione, senza poi corrispondere quanto dovuto.

    La dichiarazione ex art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006 è stata, quindi, resa nella piena consapevolezza della non corrispondenza al vero.

    28. L'appello principale deve, quindi, essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado contro la revoca dell'aggiudicazione.

    29. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione delle spese del doppio grado giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

    Spese del doppio grado compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

    Riccardo Virgilio, Presidente

    Pier Giorgio Lignani, Presidente

    Stefano Baccarini, Presidente

    Alessandro Pajno, Presidente

    Paolo Numerico, Presidente

    Carlo Deodato, Consigliere

    Nicola Russo, Consigliere

    Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

    Raffaele Greco, Consigliere

    Gabriella De Michele, Consigliere

    Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

    Antonio Amicuzzi, Consigliere

    Dante D'Alessio, Consigliere

     

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2015, proposto da:

    R.G. s.p.a. in proprio e quale mandataria RTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Ferola, Renato Ferola, Bianca Luisa Napolitano, Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II n.18;

    C.M. 2010, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Ferola, Bianca Luisa Napolitano, Stefano Vinti, Renato Ferola, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II N.18;

    contro

    C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso l'avvocato Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde, 2;

    C. S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Bruno, con domicilio eletto presso l'avvocato Giovanni Bruno in Roma, Via Savoia 31 Int.2 (Nuovo Indir);

    nei confronti di

    M.G. s.r.l., in persona de legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Ferrara, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria N 2;

    F. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Di Giovanni e Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso l'avvocato Eugenio Picozza in Roma, Via di San Basilio n.61;

    C.G. & C. Srl, E.S. Srl;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 10310/2015, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni;

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio di C. s.p.a., di C. S.A., di M.G. s.r.l. e di F. s.p.a.;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Ferola, Vinti, Clarizia, Bruno, Di Giovanni e Ferrara;

    Svolgimento del processo - Motivi della decisione

    I) Il giudizio di primo grado

    1. L'odierna appellante ha partecipato alla gara indetta da C. S.p.a. con bando del 19 dicembre 2012 per l'affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le Pubbliche Amministrazioni, lotti 5 e 6, classificandosi al primo posto.

    2. Con note del 30 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014, C. comunicava che a seguito di verifiche di ufficio sulle dichiarazioni sostitutive rese in gara erano emerse, a carico di alcune consorziate esecutrici del mandante C.M., le seguenti irregolarità:

    - per E.S. s.r.l., la dichiarazione del legale rappresentante A., attestante che nei confronti del preposto alla gestione tecnica non erano stati pronunciati provvedimenti penali definitivi, non era veritiera, in quanto era risultata una sentenza di applicazione della pena su richiesta di parte, emessa in data 3 agosto 1992, per il "reato di furto ex art. 624 c.p. " nei confronti del preposto alla gestione tecnica Gargiulo;

    - per C.G. s.r.l., il DURC rilasciato a C. il 28 ottobre 2014 per la verifica della dichiarazione presentata in data 22 febbraio 2013 era risultato negativo in relazione a "premi assicurativi per gli anni 2012-2013 per un importo di e 23.328,00" dovuti all'INAIL;

    - per M.G. s.r.l., il DURC rilasciato a C. il 27 ottobre 2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 14.2.2013 era risultato negativo per l'importo di Euro 600,00.

    Con provvedimento del 13 gennaio 2015, C. disponeva conseguentemente l'esclusione del R.T.I. Romeo.

    3. Avverso l'esclusione, l'interessata proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

    1) Il DURC di Campanale rilasciato in data 31.12.2012 e il DURC di M.G. rilasciato in data 10 dicembre 2012 risultavano in corso di validità (90 giorni) alla data delle dichiarazioni rese in gara (rispettivamente 22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013). A tale data non sarebbe dunque esistita alcuna violazione contributiva definitivamente accertata, come previsto dall' art. 38, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

    C. avrebbe dovuto considerare che gli enti previdenziali, prima di emettere il DURC negativo hanno l'obbligo, ex art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 e art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , di invitare l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni.

    2) Il legale rappresentante, sottoscrittore della dichiarazione per conto di terzi, risponderebbe solo in relazione a stati qualità o fatti conosciuti o conoscibili. Ma nel caso di specie, il sig. A., legale rappresentante della E.S. s.r.l., prima di sottoscrivere la dichiarazione anche per Gargiulo Ugo, responsabile tecnico, si era munito del certificato del casellario del soggetto in questione nella versione accessibile al privato dal quale nulla risultava. Del resto, Gargiulo non ricoprirebbe più la carica di responsabile tecnico sin dal 26 marzo2013, e la condanna non dichiarata rappresenterebbe, comunque, un precedente remoto (1992), che non sarebbe grave, né incidente sulla moralità professionale.

    4. Con successivi motivi aggiunti R.G. s.p.a. ha altresì impugnato la nota 24 marzo 2015 prot. (...) con la quale C. s.p.a., comunicava l'escussione delle fideiussioni presentate dalla ricorrente in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a Euro 1.200.000,00 per il lotto 5 e Euro 870.000,00 per il lotto 6.

    II) La sentenza appellata

    5. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il ricorso introduttivo, affermando in particolare che: "il concetto di definitività nell'ambito delle gare pubbliche dev'essere esaminato alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta ..." e "non può valere quanto affermato da parte ricorrente circa l'obbligo dell'Istituto previdenziale di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007, in quanto l' art. 38, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 è entrato in vigore in data successiva rispetto a quella in cui le imprese del raggruppamento hanno reso le dichiarazioni (14.2.2013 e 22.2.2013) e, comunque, in data successiva alla pubblicazione del bando di gara (19.12.2012), per cui non è applicabile in virtù del principio tempus regit actum; - la procedura di regolarizzazione di cui all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 non può essere applicata ai DURC richiesti d'ufficio da un'amministrazione aggiudicatrice per la verifica ai sensi dell' art. 71 del d.P.R. 445/2000 della veridicità delle dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti"... "in altri termini, il requisito di cui all' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006 deve sussistere alla data in cui è resa la dichiarazione, non essendo possibile che lo stesso possa perfezionarsi in un momento successivo mediante l'invito alla regolarizzazione".

    Inoltre, quanto, alla seconda questione controversa, il Tribunale amministrativo regionale ha affermato che: "il sig. A. non avrebbe potuto rendere la dichiarazione di cui all'allegato 1 anche per conto di Gargiulo perché questo non risultava ancora cessato dalla carica; la dichiarazione resa da A., inoltre, non è risultata corrispondente ai dati emergenti dal certificato dal casellario giudiziale riguardante il sig. Gargiulo. In senso contrario non vale l'invocazione dello stato di "buona fede" del signor A., in quanto egli si è assunto la responsabilità di rendere dichiarazioni su fatti stati di un terzo che, alla data della stessa dichiarazione, non era ancora cessato dalla carica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3132) ".

    Il Tribunale amministrativo regionale ha, invece, accolto i motivi aggiunti avverso l'escussione della garanzia fideiussoria, chiarendo che: "il provvedimento di incameramento della cauzione, stante il suo carattere indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio, deve essere ricondotto al carattere di gravità del comportamento dei concorrenti....."; nel caso di specie invece "la condotta della ricorrente R.G. S.p.a. (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non aveva carattere di gravità" essendo "intervenuta in un quadro normativo in progressiva evoluzione e nell'ambito di orientamenti giurisprudenziali non uniformi".

    III) Il giudizio di appello e l'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria

    6. Avverso tale sentenza ha proposto appello la R.G. s.p.a. articolando le seguenti censure.

    6.1. Il primo giudice non avrebbe correttamente inteso il concetto di violazione "definitivamente accertata", essendo evidente che alla data delle dichiarazioni sostitutive rese le offerenti fossero in possesso di un DURC in corso di validità attestante la propria regolarità contributiva, di per sé solo sufficiente ad escludere violazioni contributive rilevanti.

    6.2. Erronea sarebbe altresì la pretesa inapplicabilità ratione temporis dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, bastando osservare in proposito che trattasi di norme disciplinanti il procedimento di rilascio del DURC e non certo la procedura di gara. In ogni caso, la giurisprudenza più recente avrebbe chiarito che l'art. 31, comma 8, del decreto legge n. del 2013 ha attribuito rango legislativo ad una previsione regolamentare già contenuta nel D.M. 24 ottobre 2007 secondo la quale il mancato avviso di regolarizzazione all'interessato preclude l'esclusione dalla gara, quand'anche il DURC sia richiesto dall'amministrazione in sede di verifica.

    Una diversa interpretazione violerebbe i principi comunitari, come già rilevato dall' ordinanza 11 marzo 2015 , n.1236 con la quale la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha rimesso analoga questione alla Corte di Giustizia.

    6.3. Sulla dichiarazione ai sensi dell' art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163 del 2006, il legale rappresentante di Elettroservizi, trovatosi nell'impossibilità di contattare il sig. Gargiulio (che di li a poco si è poi dimesso), si è premurato di acquisire il certificato del casellario e dei carichi pendenti ed ha reso la dichiarazione dopo aver constatato che nulla risultava: da qui l'inconfigurabilità del mendacio. Per il resto, il disciplinare di gara era chiaro nell'equiparare ai soggetti cessati anche i soggetti "sensibili" in carica.

    7. Si è costituita in giudizio C. che, oltre a chiedere il rigetto dell'appello, ha proposto a sua volta appello incidentale per ottenere la riforma della sentenza nella parte che l'ha vista soccombente con riguardo all'escussione della fideiussione.

    8. Nel giudizio si sono altresì costituiti M.G. srl e F. s.p.a., con argomentazioni a sostegno dell'appello principale, e C. s.p.a. in adesione alle tesi di C..

    9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4540, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione, sollevata nel primo motivo dell'appello principale, se l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall' art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall'impresa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell'invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come "definitivamente accertata" la situazione di irregolarità contributiva.

    IV) Il contrasto giurisprudenziale in atto

    10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale, che può essere così sintetizzato.

    10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l'accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all'esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l'invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l'obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l'eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell'irregolarità alla data di presentazione dell'offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).

    10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la "novità" rappresentata dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, che, secondo la tesi in esame, avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato l' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l'irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall'ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.

    V) La soluzione proposta dall'ordinanza di rimessione

    11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente mostra di condividere la tesi secondo cui l'obbligo del preavviso di regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare ( art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge ( art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.

    Ciò poiché - si legge nell'ordinanza di rimessione - "in mancanza di avviso non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del D.M. 24 ottobre 2007 , che non distingue in punto di efficacia degli atti di certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una violazione previdenziale che non risulta dal "durc" privato, né è mai stata previamente comunicata a ricorrente".

    La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata recepita dall' art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale si afferma espressamente che "le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1 luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all'art. 6 del D.M. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l'obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall'art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163/2006".

    Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo la Sezione rimettente, che dal 1 luglio (data di entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 ), in ragione delle nuove previsioni normative e delle modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio dell'ordinamento previdenziale) sia subordinato all'invito a regolarizzare, anche se l'interrogazione sia compiuta dalla stazione appaltante in funzione di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006.

    Il dubbio esegetico, quindi, secondo l'impostazione accolta dall'ordinanza di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all'entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell'ambito delle procedure di gara.

    V) La decisione dell'Adunanza Plenaria

    12. La questione sottoposta dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta dando continuità, anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, all'indirizzo interpretativo secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.

    Tale principio, già chiaramente espresso dall'Adunanza Plenaria nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta richiamata dall'ordinanza di rimessione, introdotta con l' articolo 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013.

    13. La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica "Semplificazioni in materia di DURC": "Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all' articolo 1 della L. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità"

    Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto) alla condizione che l'impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che nonostante tale invito perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi.

    L'Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall'impresa ai fini della partecipazione alla gara.

    L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione.

    14. Depongono a favore di tale conclusione una pluralità di argomenti, di carattere letterale, storico e sistematico.

    VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale

    15. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra la formulazione del comma 8 dell'articolo 31 e quella dei commi che lo precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).

    Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all'esame dell'Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina dell'evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa collocazione, sempre all'inizio della disposizione.

    Più nel dettaglio:

    - i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: "Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ...";

    - il comma 2 si apre con la formula: "Al codice di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , sono apportate le seguenti modificazioni: ..." ;

    - il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al "documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".

    Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che compongono l'articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici, apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente, attraverso un richiamo esplicito.

    16. L'argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell' art. 255 D.Lgs. n. 163 del 2006 " ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute" (c.d. clausola di abrogazione esplicita).

    Conformemente a tale previsione normativa, che impone l'abrogazione o la modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l'art. 31, comma 2, come si è già accennato, contiene l'elenco esplicito delle disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006 che sono state modificate.

    In questo elenco non è menzionato l'art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l'aver commesso "violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali".

    Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che l'ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal D.L. n. 69 del 2013 (ossia, la modifica della nozione di "definitivo accertamento" quale fatta propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della clausola dell'abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.

    17. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8 dell'art. 31, nel prevedere l'onere del previo invito alla regolarizzazione fa testualmente riferimento all'attività di "verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) " richiesto dal datore di lavoro. Ben diversa è l'attività che l'Ente previdenziale compie non per rilasciare il DURC su richiesta dell'impresa, ma per verificare, su richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all' articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

    La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC - quello rilasciato su richiesta di parte e quello acquisito d'ufficio dalla stazione appaltante nell'ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione del contratto) - trova ancora conferma nel testo dell'articolo 33 del D.L. n. 69 del 2103.

    Nell'ambito di tale articolo, il DURC relativo all'aggiudicazione e all'esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di regolarizzazione postuma dell'eventuale inadempienza contributiva che dovesse essere riscontrata in capo all'impresa che ha partecipato alla gara o che sta eseguendo il contratto.

    Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.

    La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l'invito alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina dell'aggiudicazione e dell'esecuzione dei contratti pubblici.

    Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla considerazione che l' art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163 del 2006 rinvia alle norme dell'ordinamento previdenziale solo per stabilire quando l'irregolarità contributiva deve considerarsi "grave" (prevedendo letteralmente che, " ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva").

    Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l'altra caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi come causa ostativa alla partecipazione alle gare d'appalto (essere appunto "definitivamente accertata"). Da qui la conclusione che la nozione di "definitivo accertamento" che viene in rilievo nell'ambito del Codice dei contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell'ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

    VII) Gli argomenti di sistema

    18. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).

    Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) previsto in via generale dall' art. 10-bis L. 7 agosto 1990, n. 241.

    Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell'ambito della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i procedimenti d'ufficio, dove, in effetti, non vi è un'istanza di parte e, quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento.

    Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d. preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

    Entrambe le deroghe offrono elementi d'interesse ai fini della risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.

    La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di contratti pubblici.

    La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale inizia d'ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio) l' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga, sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura, estranei all'ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.

    Rispetto alle previsioni dell' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, introduce un elemento di novità: una sorta di "deroga alla deroga" per effetto della quale un meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.

    Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell'ambito sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che iniziano d'ufficio.

    19. Sempre da un punto di vista sistematico, l'esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell'ambito del procedimento d'ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

    19.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che l'applicazione della "regolarizzazione postuma" finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).

    Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito.

    Una simile generalizzata possibilità di sanatoria - della dichiarazione falsa e della mancanza del requisito sostanziale - darebbe vita ad una palese violazione del principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità commesse nella formulazione dell'offerta e nella presentazione delle dichiarazioni (cfr. ancora Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).

    Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e condivisibilmente affermato dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella Determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell'art. 38, comma 2-bis e dell'art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ).

    In quella sede l'ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici in seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114 ha giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio "non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l'acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta. Resta fermo, in sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione dell'offerta o della domanda di partecipazione, senza possibilità di acquisirli successivamente".

    E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata determinazione precisa che "La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice) ".

    L'Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi ribadire anche in questa sede l'inammissibilità di qualsiasi forma di regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della falsa dichiarazione.

    19.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l'aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.

    VIII) Gli argomenti legati all'evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale

    20. L'asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 risulta sensibilmente ridimensionata anche da considerazioni legate all'osservazione dell'evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

    Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora recepita a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, già esisteva nell'ordinamento, sia pure posta da una fonte regolamentare.

    Si fa riferimento all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente giudizio) il quale, appunto prevedeva:" In mancanza dei requisiti di cui all'art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell'art. 3, invitano l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. ".

    Nell'interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d'appalto.

    Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in cui si legge: " Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell'irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.

    L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l'impresa e l'ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575

    Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, quand'anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009.

    Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243.

    La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104."

    L' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 ha determinato una sorta di "novazione" della fonte della previsione normativa già contenuta nel D.M. del 24 ottobre 2007 , conferendole rango legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo elementi di novità che consentano di superare l'interpretazione "storica" della precedente norma regolamentare.

    21. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto ipotizzato nell'ordinanza di rimessione, dal decreto ministeriale 30 gennaio 2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1 luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro - Direzione generale per l'attività ispettiva dell' 8 giugno 2015, n. 19.

    Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina dell'affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di rango regolamentare, quale è il decreto ministeriale 30 gennaio 2015 .

    È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti normative non permette che norma regolamentare introduca una forma di regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.

    Una simile interpretazione (che darebbe luogo ad una inammissibile inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.

    IX) La presunta incompatibilità comunitaria

    22. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell'ordinamento Eurounitario.

    22.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova, peraltro, le sue radici anche, e ancor prima, nell'ordinamento nazionale.

    La tutela dell'affidamento incontra, infatti, il limite dell'autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall'impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.

    L'affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni od errori imputabili proprio all'impresa che tale affidamento invoca.

    22.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea una questione pregiudiziale circa la compatibilità tra l'articolo 45 della direttiva 18/2004 - interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché degli articoli 49 e 56 del TFUE - e una normativa nazionale (quale quella italiana) che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consente alle stazioni d'appaltanti di richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione contributiva sussistente al momento della partecipazione - anche se da essi non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità - e non più presente al momento dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio.

    In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale), già escludono la possibilità di "trasferire" automaticamente i medesimi dubbi di compatibilità comunitaria nell'ambito del presente giudizio.

    In ogni caso è dirimente - ed esclude la necessità di una ulteriore rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale rimessa dalla Quarta Sezione - la constatazione che la Corte di Giustizia ha già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative nozioni di "gravità" e "definitivo accertamento").

    Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l'art.38, comma 1, lettera i) e l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito (paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:

    - l'obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163/2006 consiste nell'accertarsi dell'affidabilità, della diligenza e della serietà dell'offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;

    - accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;

    - una causa di esclusione come quella prevista dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 è idonea a garantire il conseguimento dell'obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest'ultimo quanto all'adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;

    - per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

    - per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l'articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l'applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall'espressione "può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto", che figura all'inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali v., per quanto riguarda l' articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 21. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;

    - di conseguenza, l'articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell'Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l'articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);

    - l'articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un'attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

    - gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall'articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all'articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l'amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un'infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

    A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: "la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara".

    Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella prospettata dall'appellante.

    X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all'Adunanza Plenaria

    23. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione interpretativa sottoposta dall'Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere risolta enunciando il seguente principio di diritto:

    "Anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall' art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto".

    XI) L'applicazione del principio al caso di specie

    24. L'applicazione dell'enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta il rigetto dell'appello proposto da R.G. s.p.a.

    25. Risulta dagli atti che le società consorziate M.G. s.r.l. e C.G. & C. s.r.l. hanno reso in sede di presentazione dell'offerta dichiarazioni di regolarità contributiva che, a seguito delle attestazioni acquisite da C. in sede di verifica ai sensi dell' art. 71 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 sono risultate non veritiere.

    I DURC rilasciati a C. dall'INAIL e dalla Cassa Edile rispettivamente il 28 ottobre 2014 e il 27 ottobre 2014 attestano, infatti, che le imprese consorziate erano entrambe irregolari alla data della dichiarazione per l'ammissione alla gara (22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013) e tale circostanza evidenzia la violazione del principio secondo cui la regolarità contributiva deve sussistere al momento della domanda di partecipazione e permanere per tutta la durata della gara sia in capo alle imprese facenti parte del raggruppamento sia in capo alle singole consorziate, non potendo in alcun modo rilevare un eventuale adempimento tardivo.

    26. Non rileva, in senso contrario, la circostanza, su cui l'appellante insiste, che al momento della presentazione della dichiarazione sia M.G. sia l'impresa Campanale erano in possesso di un DURC (emesso in data 10 dicembre 2012 per M.G. e in data 31 dicembre 2012 per Campanile), ancora in corso di validità (considerando il termine di 90 giorni previsto dall' art. 7, comma 2, D.M. 24 ottobre 1997), che attestava ("allo stato degli atti" e "impregiudicata l'azione per l'accertamento e il recupero di eventuali somme che successivamente risultassero dovute" una situazione di regolarità contributiva: ciò che rileva è esclusivamente la sussistenza di una situazione di effettiva regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda (e il continuato possesso del requisito per tutto il corso della gara).

    27. L'irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l'impresa sia in possesso di un precedente DURC (ottenuto in seguito ad istanza all'ente previdenziale) che attesti (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della regolarità contributiva.

    Non giova in senso contrario invocare il termine trimestrale di validità del DURC precedentemente rilasciato, atteso che l' art. 7, comma 2, del D.M. 24 ottobre 2007 riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall'art. 3, comma 8, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 496 (che prevede fra l'altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all'Amministrazione concedente un DURC in corso di validità dell'impresa esecutrice dei lavori).

    Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

    28. Né può invocarsi la lesione dell'affidamento riposto sulle risultanze del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale al momento della partecipazione alla gara.

    29. L'appello principale deve, quindi, essere respinto.

    30. La fondatezza del motivo di esclusione fondato sull'esistenza di una situazione di irregolarità contributiva consente di assorbire le censure dirette a contestare l'altro motivo posto in via autonoma a fondamento del provvedimento di esclusione, ovvero quello relativo alla falsità della dichiarazione sull'assenza di precedenti penali resa dal legale rappresentante della consorziata E.S. per il preposto alla gestione tecnica, signor Gargiulo.

    Infatti, seguendo sul punto l'insegnamento della sentenza di questa Adunanza Plenaria 27 aprile 2015, n. 5, " nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre".

    XII) L'appello incidentale proposto da C.

    31. Può passarsi ora ad esaminare l'appello incidentale proposto da C..

    32. Come si è ricordato in narrativa, la C. contesta la parte della sentenza impugnata che, in parziale accoglimento dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado, ha annullato la nota del 24 marzo 2015, prot. n. (...), con cui C. ha escusso le cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6, di importo pari ad Euro 1.200.000,00 per il lotto 5 ed Euro 870.000,00 per il lotto 6.

    Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto in questa parte il ricorso ritenendo che, alla luce della peculiarità della vicenda, "la condotta della ricorrente R.G. s.p.a.a (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non rivesta carattere di gravità, potendo riconoscersi, in capo alla ricorrente, la scusabilità dell'errore".

    C. critica la sentenza richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell' art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l'automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate. Essa, quindi, sarebbe applicabile a prescindere dalla scusabilità dell'errore, come automatica conseguenza della violazione riscontrata.

    33. L'appello incidentale merita accoglimento.

    L'Adunanza Plenaria ritiene di dover dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'incameramento della cauzione provvisoria previsto dall'art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, conte tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione (cfr., tra le tante, Cons. Stato, 26 maggio 2015, n. 2638; Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n. 4778; Cons. Stato 18 aprile 2012, n. 2232; Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; Cons. Stato, sez. III, n. 4773 del 2012; Cons. Stato sez. V, 1º ottobre 2010, n. 7263; nonché Corte Cost., ord. n. 211 del 13 luglio 2011).

    Già questa Adunanza Plenaria (nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8) ha peraltro riconosciuto che la passibilità di incamerare la cauzione provvisoria può trovare fondamento anche nell'art. 75, comma 6, del Codice di contratti pubblici, che riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per "fatto dell'affidatario" qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, e tra cui anche, come nel caso di specie, il difetto di un requisito d ordine generale.

    Inoltre, anche a prescindere dal condivisibile rigore del citato orientamento giurisprudenziale nell'applicazione della misura dell'escussione della cauzione provvisoria, nel caso di specie, la ragione dell'esclusione (dovuta alla dichiarazione non veritiera sulla esistenza di una situazione di regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda), non risulta incolpevole o scusabile, atteso che rientra nell'ordinaria diligenza dell'impresa che partecipa ad una gara di appalto verificare la sussistenza della propria posizione contributiva con riferimento alla data di presentazione della domanda.

    L'appello incidentale proposto da C. deve, pertanto, essere accolto e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado avverso la nota 24 marzo 2015, n. (...).

    34. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando, respinge l'appello principale e accoglie l'appello incidentale.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

    Riccardo Virgilio, Presidente

    Pier Giorgio Lignani, Presidente

    Stefano Baccarini, Presidente

    Alessandro Pajno, Presidente

    Paolo Numerico, Presidente

    Carlo Deodato, Consigliere

    Nicola Russo, Consigliere

    Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

    Raffaele Greco, Consigliere

    Gabriella De Michele, Consigliere

    Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

    Antonio Amicuzzi, Consigliere

    Dante D'Alessio, Consigliere

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 19 di A.P. del 2015, proposto da:

    C. s.r.l., G. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Di Lullo, con domicilio eletto presso Di Lullo Marco Studio in Roma, viale Parioli n.180;

    contro

    C.S.G.O. Scarl in proprio e in qualità di mandataria Ati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Sofia, con domicilio eletto presso Pierluigi Acquarelli in Roma, Via Oslavia, 6;

    Ati-Mas Costruzioni di Carucci Marco;

    nei confronti di

    A. Spa;

    per la riforma

    della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 00903/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione appalto lavori di manutenzione straordinaria per la fornitura e posa in opera di giunti e contestuale rifacimento delle testate delle solette di impalcato sui viadotti presenti tra il km 243 521 ed il km 353 450 - Provincia di Cosenza

    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio di C.S.G.O. Scarl;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Di Lullo e Sofia;

    Svolgimento del processo - Motivi della decisione

    I) Il giudizio di primo grado

    1. Con bando del 18 luglio 2014 l'A. s.p.a. indiceva una procedura di gara per l'affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria per la fornitura e posa in opera di giunti e contestuale rifacimento delle testate delle solette di impalcato sui viadotti presenti tra il km 243+521 ed il km 353+450 in provincia di Cosenza.

    Partecipavano alla procedura sia la C. (risultata seconda in graduatoria) sia l'associazione temporanea d'imprese, C.S.G.O. s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (risultata prima), dichiarando la regolarità della rispettiva posizione contributiva.

    Con provvedimento prot. (...)-I del 22 settembre 2014 la stazione appaltante aggiudicava definitivamente l'appalto all'ATI C.S.G.O. s.c.a.r.l. - MAS Costruzioni (di seguito anche solo GOP), subordinando l'efficacia e l'esecutività dell'aggiudicazione alla verifica del possesso dei requisiti dichiarati dal concorrente in sede di gara.

    2. Con DURC prot. n. (...) del 23 settembre 2014, emesso dall'INPS in data 9 ottobre 2014, l'Ente previdenziale comunicava alla stazione appaltante che la posizione contributiva dell'impresa MAS Costruzioni non risultava regolare ai fini del DURC .

    Il DURC richiamato, in particolare, chiariva che la posizione della MAS Costruzioni non risultava regolare in virtù: a) del mancato versamento all'INAIL dei premi assicurativi per l'anno 2014 per un importo di Euro 305,92; b) del mancato versamento all'INPS del contributi fissi 2013 per un importo di Euro 372,47.

    3. Alla luce di quanto sopra, con note del 16.10.2014 prot. n. (...)-P e prot. n. (...)-P, A. richiedeva, rispettivamente, all'INAIL e all'INPS, di voler chiarire se alla data di partecipazione alla procedura del 27 agosto 2014 la MAS Costruzioni avesse o meno "commesso una violazione grave e definitivamente accertata".

    In tale contesto, con nuovo DURC prot. n. (...) del 22.10.2014, emesso dall'INPS in data 3.11.2014, gli enti previdenziali confermavano l'irregolarità contributiva della MAS Costruzioni alla data del 27.8.2014, precisando che detta irregolarità consisteva nel mancato versamento a quella data "dei premi assicurativi (INAIL) per gli anni 2013-2014 per un importo di Euro 314,47" e che "una parte del debito (E. 305,89) è stata pagata in data 24/9/2014".

    Con nota del 12.10.2014, quindi, A. comunicava al Consorzio l'avvio del procedimento di revoca dell'aggiudicazione. Con Provv. del 21 gennaio 2015 revocava l'aggiudicazione disposta in favore dell'ATI C.S.G.O. e disponeva l'aggiudicazione dell'appalto in favore della società C. s.r.l.

    4. Avverso tale provvedimento, il Consorzio GOP proponeva ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro.

    La C., a sua volta, proponeva ricorso incidentale contestando l'atto di ammissione alla gara del R.T.I. ricorrente, i verbali di gara nella parte in cui la stazione appaltante non lo aveva escluso, il provvedimento di aggiudicazione dell'appalto in favore del medesimo R.T.I. (sebbene condizionato alla successiva verifica del possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara), i correlati provvedimenti concernenti la relativa verifica dei requisiti, nonché, in parte qua, il successivo provvedimento di revoca di cui alla nota prot. (...)-1 del 21.1.2015.

    5. Con la sentenza, in epigrafe indicata, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso principale e respinto il ricorso incidentale.

    II) Il giudizio di appello e l'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria

    6. Per ottenere la riforma di tale sentenza hanno proposto appello le società C. s.r.l. e G. s.r.l. formulando, in sintesi, le seguenti censure.

    7. In via pregiudiziale, le appellanti ripropongono l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del DURC negativo da parte del C.S.G.O. s.c.a.r.l.. Le appellanti deducono che in mancanza di impugnazione dell'atto presupposto (il DURC negativo), la sentenza del Tribunale, amministrativo regionale sarebbe affetta da eccesso di potere giurisdizionale per la violazione dei limiti esterni della giurisdizione in quanto volta a sostituire, anche in assenza della devoluzione della relativa cognizione, l'apprezzamento dell'Amministrazione circa la permanenza del requisito in capo al C.S.G.O..

    8. Nel merito le appellanti hanno sostenuto la tesi secondo cui il requisito della regolarità contributiva deve sussistere al momento della presentazione della domanda, senza che sia possibile, neanche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, alcuna forma di regolarizzazione postuma.

    Sempre nel merito, le appellanti hanno, in via subordinata, censurato la sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale proposto in primo grado diretto ad evidenziare in capo al C.S.G.O. la sussistenza di ulteriori ragioni di esclusione.

    Si è costituito in giudizio il C.S.G.O. chiedendo il rigetto dell'appello.

    9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4542, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione, se l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall' art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall'impresa ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell'invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come "definitivamente accertata" la situazione di irregolarità contributiva.

    III) Il contrasto giurisprudenziale in atto

    10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale che può essere così sintetizzato.

    10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l'accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all'esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l'invito alla regolarizzazione (c.d. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l'obbligo dell'INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l'eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell'irregolarità alla data di presentazione dell'offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194).

    10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l'obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l'interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la "novità" rappresentata dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, che secondo la tesi in esame avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato, l' art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l'irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall'ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.

    IV) La soluzione proposta dall'ordinanza di rimessione

    11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente mostra di condividere la tesi secondo cui l'obbligo del preavviso di regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare ( art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge ( art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.

    Ciò poiché - si legge nell'ordinanza di rimessione - "in mancanza di avviso non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del D.M. 24 ottobre 2007 , che non distingue in punto di efficacia degli atti di certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una violazione previdenziale che non risulta dal "durc" privato, né è mai stata previamente comunicata a ricorrente".

    La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata recepita dall' art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale si afferma espressamente che "le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1 luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all'art. 6 del D.M. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l'obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall'art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell' art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163/2006".

    Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo la Sezione rimettente, che dal 1 luglio (data di entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 ), in ragione delle nuove previsioni normative e delle modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio dell'ordinamento previdenziale) sia subordinato all'invito a regolarizzare anche se l'interrogazione sia compiuto dalla stazione appaltante in funzione di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006.

    Il dubbio esegetico, quindi, secondo l'impostazione accolta dall'ordinanza di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all'entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell'ambito delle procedure di gara.

    V) La questione pregiudiziale dei limiti della cognizione del giudice amministrativo a fronte di un provvedimento di esclusione fondato su un DURC negativo non impugnato

    12. In via pregiudiziale, prima di affrontare nel merito la questione rimessa dalla Quarta Sezione, deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposto da C. con apposito motivo di appello.

    C. ha dedotto l'inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione della mancata impugnazione del DURC negativo da parte del Consorzio GOP.

    Il Tribunale amministrativo regionale in primo grado ha disatteso l'eccezione affermando che il DURC "è un'attestazione concernente il rapporto obbligatorio previdenziale, che non costituisce espressione di poteri autoritativi pubblicistici e che non ha, quindi, valenza provvedimentale, con conseguente insussistenza della giurisdizione rispetto ad esso del giudice amministrativo".

    13. L'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado è infondata.

    14. Va precisato che la questione dei limiti entro i quali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulla legittimità del DURC è, a sua volta, oggetto di un contrasto giurisprudenziale, tanto che recentemente la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ne ha rimesso la risoluzione all'Adunanza Plenaria (cfr. ordinanza 21 ottobre 2015, n. 4799), insieme, peraltro, a questioni di diritto sostanziale (sulla corretta interpretazione dell' art. 31, comma 8, D.L. n. 69 del 2013), in gran parte corrispondenti a quelle oggetto del presente giudizio.

    Ai fini del presente giudizio, nel cui ambito la citata questione processuale non è oggetto di rimessione ma viene in rilievo al solo fine di decidere sulla pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, è sufficiente richiamare quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 11 dicembre 2007, n. 25818 e 9 febbraio 2011, n. 3169), secondo cui la produzione della certificazione attestante la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa di settore ai fini dell'ammissione alla gara, sicché il giudice amministrativo ben può verificare la regolarità di tale certificazione, sia pure incidenter tantum, cioè con accertamento privo di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale, ai sensi dell'art. 8 del Cod. proc. amm.

    Deve rilevarsi, invero, che il sindacato del giudice amministrativo ha come oggetto principale la questione relativa alla legittimità dell'atto amministrativo adottato dalla stazione appaltante sulla base delle risultante del DURC negativo; rispetto a tale questione, il sindacato sulla regolarità della posizione contributiva quale attestata dal DURC viene effettuato in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, al solo fine di statuire sulla questione principale, in conformità allo schema decisorio delineato dall'art. 8 Cod. proc. amm.

    In tal modo si riesce ad assicurare l'effettività della tutela (che esclude che ci possano essere profili dell'azione amministrativi sottratti al sindacato giurisdizionale), senza invadere i confini della giurisdizione ordinaria, quali delineati dagli artt. 442, comma 1, e 444, comma 3, del Cod. proc. civ. che devolvono alla giurisdizione civile le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali obblighi.

    Diverso è, in definitiva, lo scrutinio compiuto dal giudice ordinario sui diritti previdenziali del lavoratore che si assumono violati, rispetto al sindacato effettuato dal giudice amministrativo sul loro corretto adempimento, attestato dal certificato di regolarità contributiva che le imprese affidatarie di un appalto pubblico devono presentare alla stazione appaltante, a pena di esclusione.

    Nell'accertare il mancato versamento di contributi dovuti all'Ente di previdenza, il sindacato del giudice ha per oggetto la sussistenza del diritto del lavoratore dipendente alla contribuzione in relazione all'attività prestata ed al diritto al trattamento di quiescenza, mentre, nelle controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, oggetto di indagine del giudice è la mera regolarità della certificazione prodotta, attestante la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto, che rappresenta un requisito di partecipazione.

    In quest'ottica, il giudice amministrativo può conoscere, senza travalicare i limiti della propria giurisdizione, la questione relativa alla sussistenza del requisito della regolarità contributiva, senza che occorra l'espressa impugnazione del DURC, oggetto solo di un sindacato incidenter tantum ai sensi dell'art. 8 Cod. proc. amm.

    15. Il ricorso deve, dunque, essere esaminato nel merito.

    VI) La decisione dell'Adunanza Plenaria sulla questione di merito oggetto di rimessione

    16. La questione sottoposta dall'ordinanza di rimessione deve essere risolta dando continuità, anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, all'indirizzo interpretativo secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando, dunque, irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.

    Tale principio, già chiaramente espresso dall'Adunanza Plenaria nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta richiamata dall'ordinanza di rimessione, introdotta con l'articola 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 .

    La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica "Semplificazioni in materia di DURC": "Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all' articolo 1 della L. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità"

    Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto) alla condizione che l'impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che, nonostante tale invito, perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi.

    L'Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall' art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall'impresa ai fini della partecipazione alla gara.

    L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione.

    17. Depongono a favore di tale conclusione, una pluralità di argomenti di carattere letterale, storico e sistematico.

    VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale

    18. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra la formulazione del comma 8 dell'articolo 31 e quella dei commi che lo precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).

    Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all'esame dell'Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina dell'evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa collocazione, sempre all'inizio della disposizione.

    Più nel dettaglio:

    - i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: "Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ...";

    - il comma 2 si apre con la formula: "Al codice di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , sono apportate le seguenti modificazioni: ...";

    - il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al "documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".

    Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che compongono l'articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici, apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente, attraverso un richiamo esplicito.

    19. L'argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell' art. 255 D.Lgs. n. 163 del 2006 " ogni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute" (c.d. clausola di abrogazione esplicita).

    Conformemente a tale previsione normativa, che impone l'abrogazione o la modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l'art. 31, comma 2, come si è già accennato, contiene l'elenco esplicito delle disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006 che sono state modificate.

    In questo elenco non è menzionato l'art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l'aver commesso "violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali".

    Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che l'ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal D.L. n. 69 del 2013 (ossia, la modifica della nozione di "definitivo accertamento" quale fatta propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della clausola dell'abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.

    20. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8 dell'art. 31, nel prevedere l'onere del previo invito alla regolarizzazione fa testualmente riferimento all'attività di "verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) " richiesto dal datore di lavoro. Ben diversa è l'attività che l'Ente previdenziale compie non per rilasciare il DURC su richiesta dell'impresa, ma per verificare, su richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all' articolo 38, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

    La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC - quello rilasciato su richiesta di parte e quello acquisito d'ufficio dalla stazione appaltante nell'ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione del contratto) - trova ancora conferma nel testo dell'articolo 33 del D.L. n. 69 del 2103.

    Nell'ambito di tale articolo, il DURC relativo all'aggiudicazione e all'esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di regolarizzazione postuma dell'eventuale inadempienza contributiva che dovesse essere riscontrata in capo all'impresa che ha partecipato alla gara o che sta eseguendo il contratto.

    Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.

    La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l'invito alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina dell'aggiudicazione e dell'esecuzione dei contratti pubblici.

    Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla considerazione che l' art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163 del 2006 rinvia alle norme dell'ordinamento previdenziale solo per stabilire quando l'irregolarità contributiva deve considerarsi "grave" (prevedendo letteralmente che, " ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva").

    Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l'altra caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi come causa ostativa alla partecipazione alle gare d'appalto (essere appunto "definitivamente accertata"). Da qui la conclusione che la nozione di "definitivo accertamento" che viene in rilievo nell'ambito del Codice dei contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell'ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

    VII) Gli argomenti di sistema

    21. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).

    Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza) previsto in via generale dall' art. 10-bis L. 7 agosto 1990, n. 241.

    Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell'ambito della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i procedimenti d'ufficio, dove, in effetti, non vi è un'istanza di parte e, quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento.

    Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d. preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

    Entrambe le deroghe offrono elementi d'interesse ai fini della risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.

    La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di contratti pubblici.

    La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale inizia d'ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio) l' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga, sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura, estranei all'ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.

    Rispetto alle previsioni dell' art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, l' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, introduce un elemento di novità: una sorta di "deroga alla deroga" per effetto della quale un meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.

    Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell'ambito sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che iniziano d'ufficio.

    22. Sempre da un punto di vista sistematico, l'esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell'ambito del procedimento d'ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

    22.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che l'applicazione della "regolarizzazione postuma" finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).

    Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito.

    Una simile generalizzata possibilità di sanatoria - della dichiarazione falsa e della mancanza del requisito sostanziale - darebbe vita ad una palese violazione del principio della parità di trattamento e dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità, commesse nella formulazione dell'offerta e nella presentazione delle dichiarazioni (cfr. ancora Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).

    Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e condivisibilmente affermato dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella Determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell'art. 38, comma 2-bis e dell'art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ).

    In quella sede l'ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici in seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114 ha giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio "non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l'acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta. Resta fermo, in sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dal concorrente - che deve essere, altresì, in regola con tutte le altre condizioni di partecipazioni - alla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione dell'offerta o della domanda di partecipazione, senza possibilità di acquisirli successivamente".

    E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata determinazione precisa che "La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice) ".

    L'Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi ribadire anche in questa sede l'inammissibilità di qualsiasi forma di regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della falsa dichiarazione.

    22.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l'aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.

    VIII) Gli argomenti legati all'evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale

    23. L'asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 risulta sensibilmente ridimensionata anche da considerazioni legate all'osservazione dell'evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

    Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora recepita a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013, già esisteva nell'ordinamento, sia pure posta da una fonte regolamentare.

    Si fa riferimento all' art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente giudizio) il quale, appunto prevedeva:" In mancanza dei requisiti di cui all'art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell'art. 3, invitano l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. ".

    Nell'interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d'appalto.

    Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in cui si legge: " Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell'irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.

    L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l'impresa e l'ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575

    Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, quand'anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009.

    Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243.

    La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104. ".

    L' art. 31, comma 8, del D.L. n. 69 del 2013 ha determinato una sorta di "novazione" della fonte della previsione normativa già contenuta nel D.M. del 24 ottobre 2007 , conferendole rango legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo elementi di novità che consentano di superare l'interpretazione "storica" della precedente norma regolamentare.

    24. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto ipotizzato nell'ordinanza di rimessione, dal D.m. 30 gennaio 2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1 luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro - Direzione generale per l'attività ispettiva dell' 8 giugno 2015, n. 19.

    Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina dell'affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di rango regolamentare, quale è il D.m. 30 gennaio 2015 .

    È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti normative non permette ad una norma regolamentare di introdurre una forma di regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.

    Una simile interpretazione (dando luogo ad una inammissibile inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.

    IX) La presunta incompatibilità comunitaria

    25. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell'ordinamento comunitario.

    25.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova le sue radici anche nell'ordinamento nazionale.

    La tutela dell'affidamento incontra, infatti, il limite dell'autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall'impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di auto responsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l'inadempimento storicamente verificatosi in nome dell'apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a "fotografare" una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.

    L'affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni od errori imputabili proprio all'impresa che tale affidamento invoca.

    25.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea una questione pregiudiziale circa la compatibilità tra l'articolo 45 della direttiva 18/2004 - interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché degli articoli 49 e 56 del TFUE - e una normativa nazionale (quale quella italiana) che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consente alle stazioni d'appaltanti di richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione contributiva sussistente al momento della partecipazione - anche se da essi non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità - e non più presente al momento dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio.

    In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale), già esclude la possibilità di "trasferire" automaticamente i medesimi dubbi di compatibilità comunitaria nell'ambito del presente giudizio.

    In ogni caso è dirimente, ed esclude la necessità di una ulteriore rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale rimessa dalla Quarta Sezione, la constatazione che la Corte di Giustizia ha già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative nozioni di "gravità" e "definitivo accertamento").

    Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l'art.38, comma 1, lettera i) e l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito(paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:

    - l'obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 consiste nell'accertarsi dell'affidabilità, della diligenza e della serietà dell'offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;

    - accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;

    - una causa di esclusione come quella prevista dall' articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del D.Lgs. n. 163 del 2006 è idonea a garantire il conseguimento dell'obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest'ultimo quanto all'adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;

    - per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza Itelcar, C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

    - per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l'articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l'applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall'espressione "può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto", che figura all'inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali v., per quanto riguarda l' articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La Cascina e a., C‑226/04 e C‑228/04, EU:C:2006:94, punto 21. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;

    - di conseguenza, l'articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell'Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l'articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La Cascina e a., EU:C:2006:94, punto 23);

    - l'articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un'attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

    - gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall'articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

    Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato dichiarato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all'articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l'amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un'infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

    A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia Ce con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: "la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell'irregolarità ai fini della singola gara".

    Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella prospettata dall'ordinanza di rimessione.

    X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all'Adunanza Plenaria

    26. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione interpretativa sottoposta dall'Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere risolta enunciando il seguente principio di diritto:

    "Anche dopo l'entrata in vigore dell' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 , non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall'art. 7, comma3, del D.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall' art. 31, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto".

    XI) L'applicazione del principio al caso di specie

    27. L'applicazione dell'enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta l'accoglimento dell'appello proposto dalle società C. e G..

    Nel caso di specie è pacifico, infatti, che la posizione MAS Costruzioni nel momento in chi ha reso la dichiarazione ai fini della partecipazione alla gara non era regolare (cfr. nota Inail del 9 dicembre 2014 che conferma l'irregolarità contributiva dell'impresa MAS alla data del 27 agosto 2014).

    Risulta accertato, quindi, che la concorrente in sede di gara ha attestato, contrariamente al vero, la regolarità della posizione contributiva e che solo successivamente alla conoscenza dell'aggiudicazione ha proceduto alla relativa regolarizzazione.

    Nel caso di specie, peraltro, MAS Costruzioni era certamente consapevole della propria irregolarità contributiva, trattandosi di contributi dovuti in autoliquidazione, rispetto ai quali l'impresa ha prima chiesto la rateizzazione, senza poi corrispondere quanto dovuto.

    La dichiarazione ex art. 38, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 163 del 2006 è stata, quindi, resa nella piena consapevolezza della non corrispondenza al vero.

    28. L'appello principale deve, quindi, essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado contro la revoca dell'aggiudicazione.

    29. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione delle spese del doppio grado giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

    Spese del doppio grado compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

    Riccardo Virgilio, Presidente

    Pier Giorgio Lignani, Presidente

    Stefano Baccarini, Presidente

    Alessandro Pajno, Presidente

    Paolo Numerico, Presidente

    Carlo Deodato, Consigliere

    Nicola Russo, Consigliere

    Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

    Raffaele Greco, Consigliere

    Gabriella De Michele, Consigliere

    Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

    Antonio Amicuzzi, Consigliere

    Dante D'Alessio, Consigliere

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    Ultimo aggiornamento Giovedì 28 Aprile 2016 18:24
     

    Appalti aggiudicati prima della "fusione" delle singole aziende sanitarie in un'unica A.S.L.

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    N. 1009/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 731 Reg. Ric.
    ANNO 2007
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 731 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla D. S.n.c., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabrizio Lofoco e Giacomo Sgobba, con domicilio eletto in Bari, via Pasquale Fiore, 14;
    contro
    Azienda Sanitaria provinciale di Bari, rappresentata e difesa dall'avv. Leonardo Digirolamo, con domicilio eletto in Bari, Lungomare Starita, 6;
    Commissario Straordinario Asl Ba;
    C. L.;
    Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto in Bari, via Quintino Sella, 40;
    Agenzia Regionale Sanitaria - A.R.E.S. -;
    Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici;
    Assessorato Alle Politiche della Salute della Regione Puglia;
    I. S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Triggiani, con domicilio eletto in Bari, piazza Garibaldi, 23;
    nei confronti di
    S. S.p.a., E. S.p.a., I. S.r.l., E. S.p.a., B. S.c. a r.l., S. S.r.l., T. S.n. c.; S. S.p.a., in proprio e quale capogruppo della A.T.S. e del R.T.I. con il Consorzio C. e A. S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Luca Alberto Clarizio, con domicilio eletto in Bari, via Vito Nicola De Nicolò n. 7;
    per l'annullamento
    - della delibera del Commissario Straordinario della ASL. BA n. 665 del I/3/2007, con la quale si provvedeva al riordino del Sistema Informativo Aziendale;
    - della "Relazione Tecnica" richiamata nella predetta delibera n. 665/2007, di cui fa parte integrante;
    - del verbale della riunione del 9/1/2007 tra le società già operanti, in ambito informatico, nelle strutture dell'Azienda Sanitaria Locale di Bari, ove si racconta che scopo del "nuovo soggetto" sarebbe quello di "continuare a gestire, nel corso del 2007,... i servizi attualmente informatizzati, secondo quote percentuali e compiti che saranno stabiliti in una successiva riunione";
    - del protocollo d'intesa tra le aziende scelte senza gara, per lo svolgimento del servizio pubblico in regime di A.T.S., non conosciuto e sul quale si riservano motivi aggiunti;
    - del cosiddetto documento di progetto unitario del 17/1/2007, non conosciuto e sul quale si riservano motivi aggiunti;
    - di ogni e qualsiasi verbale, atto, provvedimento o simili, recante accordi o statuizioni di accordi tra le società controinteressate e la Regione Puglia, l'Assessorato alle Politiche della Salute, la A.R.E.S. od altri enti;
    - dell'offerta tecnico-economica, unitamente ad ogni e qualsiasi atto, istanza, richiesta, provvedimento anche se supportato da pareri tecnici e/o legali, presentati dalle aziende riunite in Associazione temporanea di scopo del 17/1/2007, ancorché non conosciuti e però richiamati in parte nella delibera del C.S. della A.S.L. BA n. 665/2007, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti, all'esito della loro conoscenza;
    - della nota prot. 13838/P del 24/1/2007, di richiesta di parere della A.S.L. BA all'Assessorato alle Politiche della Salute, ancorché non conosciuta, ma richiamata nella delibera del C.S. della A.S.L. BA n. 665/2007, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti, all'esito della sua conoscenza;
    - della nota prot. 2/592/Coord. dell'8/2/2007, a firma del Dirigente del Settore, recante parere favorevole, ancorché non conosciuta e però richiamata nella delibera n. 665/2007, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti, all'esito della sua conoscenza;
    - dei verbali relativi alla procedura a trattativa privata e comunque di abnorme scelta individuale, indetta dalla ASL BA; con tutti gli allegati, ancorché non conosciuti, sui quali si riserva motivi aggiunti;- della delibera del Commissario straordinario della A.S.L. BA n. 1567 del 20/4/2007, anticipata a mezzo fax al difensore della ricorrente in data 11/5/2007 e pervenuta a mezzo posta nei giorni successivi, con la quale non si dava luogo all'aggiudicazione dell'appalto in via definitiva in favore della ricorrente, "dichiarando, al contempo, nulla la procedura ristretta accelerata indetta dalla cessata A.S.L. BA/5";
    - dell'atto di costituzione della A.T.S. tra le società controinteressate, se intervenuto, anche e soprattutto con riferimento alla tempistica della sua realizzazione;
    - di ogni altro atto precedente, conseguente e comunque connesso a quelli impugnati, ancorché non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti,
    nonché per il risarcimento dei danni
    subiti e subendi dalla D. s.n. c. in considerazione:
    - della mancata aggiudicazione definitiva dell'appalto di forniture e servizi informativi della A.S.L. BA/5 (e cioè per la condanna della A.S.L. BA al pagamento in favore della ricorrente di una somma pari al 20% dell'appalto già aggiudicato in via provvisoria);
    - della colposa, mancata partecipazione alla trattativa privata così come esperita dalla A.S.L. BA (e cioè della condanna della A.S.L. BA al pagamento in favore della ricorrente di una somma pari ai 10% dell'intero corrispettivo previsto per l'anno 2007);
    - della perdita di chance, sia con riferimento all'aggiudicazione definitiva della gara d'appalto vinta, sia con riferimento alla quota che avrebbe potuto ottenere se avesse fatto parte della costituenda e/o costituita A.T.S. (e cioè della condanna della A.S.L. BA al pagamento in favore della ricorrente della ulteriore somma pari all'ulteriore 10% dell'intero corrispettivo previsto per l'anno 2007);
    - delle spese affrontate per approntare la gara d'appalto vinta... inutilmente, in ragione delle illegittime determinazioni, che hanno comportato l'annullamento della procedura.
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Azienda sanitaria provinciale di Bari, della Regione Puglia, della S. S.p.a. e della I.;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2011 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Fabrizio Lofoco, Giacomo Sgobba, Silvio Giancaspro, per delega dell'avv. Fulvio Mastroviti, Luca Alberto Clarizio e Vittorio Triggiani;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
    FATTO E DIRITTO
    A. La D. s.n.c., già aggiudicataria provvisoria dell'appalto di forniture e servizi informativi della ASL BA/5, ha impugnato l'annullamento di predetta gara, disposta con delibera del Commissario straordinario della A.S.L. della provincia di Bari 20 aprile 2007 n. 1567, presupponente la delibera n. 665 del I marzo 2007, anch'essa gravata, con la quale si provvedeva al riordino del Sistema Informativo Aziendale, in considerazione dell'istituzione dell'Azienda provinciale e del correlativo scioglimento delle precedenti Aziende locali, tra cui la ASL BA/5. Con tale atto peraltro si preannunciava l'individuazione di un "nuovo soggetto", costituito dalle società già operanti in ambito informatico nelle strutture dell'Azienda Sanitaria Locale di Bari, con la funzione di "... continuare a gestire, nel corso del 2007...i servizi attualmente informatizzati, secondo quote percentuali e compiti che saranno stabiliti in una successiva riunione" (verbale della riunione del 9 gennaio 2007, allegato alla delibera n. 665/2007). In sostanza, la società lamenta che gli atti, con i quali l'Azienda sanitaria locale di Bari ha disposto il riordino del sistema informativo aziendale, quale risultante dal sommarsi delle dotazioni delle precedenti aziende locali, con affidamento pro-quota della relativa gestione alle società già operanti nelle diverse strutture, vanifichi illegittimamente la già avvenuta aggiudicazione provvisoria in suo favore dell'appalto di forniture e servizi informativi indetto dalla A.S.L. BA/5. L'istante ha altresì domandato il risarcimento dei danni.
    Il Tribunale adito ha respinto l'istanza cautelare, con la seguente motivazione:
    "Ritenuto, prima facie, che non appare manifestamente ingiustificata la decisione amministrativa, intesa a razionalizzare, integrare ed omogeneizzare in un unico sistema i servizi informatici relativi alle varie Aziende Sanitarie confluite nell'unica ASL Bari, mediante un sistema gestionale "ponte", nelle more del completamento del processo di fusione, ai sensi della legge regionale 28.12.2007 n. 39;
    Considerato, inoltre, che, come espressamente previsto dalla impugnata deliberazione n. 665 del 1.3.2007, la soluzione assunta ha natura e durata squisitamente temporanea, fino al termine del 31.12.2007, entro il quale la costituenda ASL Bari procederà alla indizione di una nuova gara;
    Ritenuto, infine, che, nella ponderazione degli interessi in conflitto, appare opportuno accordare prevalenza all'interesse pubblico alla continuità dell'erogazione del servizio informatico, avuto riguardo anche alle connesse esigenze generali dell'utenza e considerato altresì che l'interesse privato, oggetto della tutela azionata con il presente giudizio, inteso ad ottenere, in sostanza, la conclusione del procedimento di aggiudicazione della gara bandita dalla ex ASL BA/5, potrebbe trovare adeguata soddisfazione mediante risarcimento "per equivalente", all'esito, eventualmente favorevole, della definizione, nel merito, del presente giudizio" (ordinanza della prima Sezione, 20 Giugno 2007 n. 487).
    Successivamente la detta impresa ha proposto azione, ex articolo 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (e ha presentato una richiesta istruttoria in questo giudizio, con memoria depositata il 31 ottobre 2008), per ottenere una serie di documenti, avendo appreso che la gara (che si sarebbe dovuta tenere entro il 31 dicembre 2007) era stata invece già bandita, in luogo della Regione, dal Consorzio T. CSATA una prima volta il 4 gennaio 2007 e poi una seconda volta, dopo la delibera CSATA 13 agosto 2007 e in forza delle delibere CSATA 28 dicembre 2006 n. 220 e 3 agosto 2007 n. 230 (ricollegabili alle delibere regionali 22 dicembre 2006 n. 1415 e 8 agosto 2007 n. 1415), in data 13 agosto 2007. Il ricorso è stato dichiarato irricevibile e infondato con la sentenza della Sezione n. 434/2009.
    Con i motivi aggiunti depositati il 30 dicembre 2008 la D. ha impugnato una serie di atti del Consorzio T. CSATA (in seguito denominato I.), con i quali il medesimo, su delega della Regione (controllante dell'Ente), ha gestito la gara relativa al riordino del nuovo sistema informativo sanitario regionale, a partire dalla redazione del bando.
    Quest'ultimo appalto (del valore di euro 48.935.595,41) prevede la fornitura di servizi professionali in ambito sanitario per lo sviluppo di software innovativo, formazione del personale, manutenzione, conduzione operativa ed assistenza agli utenti dell'intera regione, per il periodo 2008-2012, ed è stato aggiudicato all'associazione temporanea d'impresa capeggiata dalla S. S.p.A.
    La società lamenta innanzitutto che tali atti sarebbero inficiati in via derivata dagli stessi vizi denunciati con il ricorso avverso la delibera del Commissario straordinario della A.S.L. BA n. 665 del I marzo 2007. Sostanzialmente, secondo la tesi attorea, la procedura indetta dal Consorzio si soprapporrebbe assorbendola, quanto ad oggetto, a quella annullata della A.S.L. BA/5, nella quale era risultata aggiudicataria provvisoria. Chiede il risarcimento del danno sia per non aver potuto gestire il sistema informativo della ASL BA/5 sia per non aver potuto partecipare alla gara indetta dal Consorzio T. CSATA.
    Costituitisi la Regione Puglia, la ASL Bari, la S. S.p.A. e la I., che hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti e ne hanno contestato il merito, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata riservata per la decisione all'udienza del 20 aprile 2011.
    B.1. Quanto al ricorso, si deve preliminarmente osservare che non occorre soffermarsi sui rilievi d'inammissibilità dello stesso, poiché esso è infondato.
    Innanzi tutto è da ricordare che la gara (per la fornitura di servizi di manutenzione e gestione del sistema informativo automatizzato della ASL BA/5, per un importo a base d'asta di euro 220.000) era stata provvisoriamente aggiudicata in data 20 luglio 2006.
    Il verbale era stato impugnato da altra concorrente, H. S.r.l., con ricorso n. 1598/2006, la cui istanza cautelare, discussa alla camera di consiglio del 22 novembre 2006, fu poi respinta, con ordinanza n. 808, non impugnata. Successivamente con la legge regionale 28 dicembre 2007 n. 39 le aziende sanitarie locali sono state accorpate in A.S.L. provinciali.
    Ciò comportava l'esigenza di riorganizzare le dotazioni e servizi informatici delle singole Aziende sanitarie nella prospettiva che essi potessero lavorare in interconnessione a livello provinciale.
    Di conseguenza, da un lato, non si presentava ovviamente utile continuare una gestione ordinaria e parcellizzata dei singoli sistemi aziendali, dall'altro, era necessario trovare soluzioni volte ad avviare il processo di avvicinamento e di omogeneizzazione delle dotazioni esistenti. Tali iniziative hanno portato, per un verso, a intraprendere consultazioni con le ditte già svolgenti servizio (consultazioni sfociate nel verbale del 9 gennaio 2007) e, per l'altro, alla delibera del Commissario Straordinario della ASL BA n. 1567/2007, che ha annullato la gara provvisoriamente assegnata alla ricorrente, e alla delibera n. 665 del I marzo 2007, che ha provveduto in ordine al riordino del Sistema Informativo Aziendale, affidando ai precedenti gestori dei singoli apparati (anche) la fornitura dei servizi di omogeneizzazione dei sistemi informativi per il periodo da gennaio a dicembre 2007.
    Quanto premesso permette di escludere sia che il tempo di attesa dell'aggiudicataria provvisoria fosse ingiustificato e celasse comportamenti dilatori sia che l'annullamento della gara non avesse un logico fondamento. D'altra parte, l'aggiudicazione provvisoria rimane pur sempre un atto infraprocedimentale, per cui, nella comparazione degli interessi da operare in caso di ritiro della stessa, già in astratto, quello del privato tende ad essere naturaliter recessivo. In concreto, poi, le ragioni del ritardo nell'aggiudicare definitivamente alla ricorrente la gara e, infine, dell'annullamento della procedura erano immediatamente percepibili dalla D., ricollegandosi, da una parte, a un contenzioso nel quale la medesima era stata coinvolta e, dall'altra, all'intervenuta legislazione regionale.
    Chiarito tale punto (rilevante in relazione al motivo 4, riguardante la questione), sono da esaminare le singole contestazioni.
    Non ha fondamento il rilievo relativo all'incompetenza del Commissario straordinario, a cui, come al direttore generale, è affidata la gestione dell'Azienda. Anzi, specificamente, l'articolo 5, secondo comma, della legge regionale 28 dicembre 2007 n. 39 dispone che il medesimo "provvede alla transitoria gestione nonché a ogni incombenza per le operazioni di fusione", per cui è anche arduo ipotizzare un altro soggetto od organo che possa, alternativamente rispetto al Commissario, esercitare le stesse funzioni.
    Non trova conforto poi nella documentazione la contestazione relativa alla mancanza dell'autorizzazione alla spesa, prescritta dall'articolo 7 della legge regionale 28 dicembre 2007 n. 39. La relativa richiesta dell'Azienda è del 24 gennaio 2007. Rispetto alla stessa ha quindi comunque operato il meccanismo di silenzio assenso, previsto nel secondo comma dello stesso articolo per l'ipotesi del decorso di 60 giorni.
    Sono infondate altresì le censure relative al mancato rispetto della disciplina, anche di origine comunitaria, sulle procedure di affidamento dei contratti pubblici.
    La situazione verificatasi (in seguito alla legge regionale 28 dicembre 2007 n. 39 e non certo addebitabile all'Azienda sanitaria) abilitava l'Amministrazione ad operare attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163.
    Ricorreva infatti sia l'ipotesi di cui al primo comma, lettera c) ("nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti") sia quella di cui alla lettera b) ("qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato"). La soluzione "ponte", così come escogitata (che non rappresenta una mera proroga o un rinnovo dei precedenti rapporti), aveva invero possibilità di funzionare proprio perché affidata ad un'associazione di scopo, composta da ditte che già conoscevano le attrezzature e i servizi.
    Inoltre l'Azienda sanitaria non era tenuta all'utilizzazione delle convenzioni-quadro definite dalla C. s.p.a., a norma dell'articolo 6 della legge regionale 7 gennaio 2004 n. 1, perché tale obbligo è circoscritto agli "uffici regionali".
    Quanto sopraprecisato vale quindi a respingere l'intero motivo rubricato sub 3) e quello sub 5).
    L'Azienda sanitaria di Bari non doveva neppure richiedere il parere del CNIPA, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 12 febbraio 1993 39, riguardando la norma le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici nazionali.
    In definitiva, gli atti del Commissario straordinario sono esenti dai vizi denunciati; non essendo stato riscontrato alcun "fatto illecito" anche la domanda risarcitoria dev'essere respinta.
    B.2. Restano da esaminare i motivi aggiunti depositati il 30 dicembre 2008, attraverso i quali la D. chiede l'annullamento dell'intera procedura condotta dal Consorzio T. CSATA - I. per assegnare il riordino del nuovo sistema informativo sanitario regionale (N-SIRS), previsto dal "piano per la sanità elettronica nella regione Puglia", approvato con delibera G.R. 22 dicembre 2006 n. 2005.
    La ricorrente, che non contesta specificamente le modalità di pubblicazione del bando di gara (inserito nel Bollettino ufficiale della Regione Puglia 30 agosto 2007 n. 121), non ha partecipato alla gara. Perciò la sua pretesa che sia sindacata la correttezza "delle offerte valutate e della relativa attività docimologica della commissione aggiudicatrice non è sostenuta d'alcun interesse, risultando in definitiva indifferente per la società (rimasta estranea alla gara gestita dalla T. CSATA) l'esito della procedura selettiva", come è già stato affermato dalla Sezione nella sentenza n. 434/2009.
    La medesima pronuncia evidenziava, a proposito della richiesta di accesso avanzata dalla D.: "Ciò che l'odierna ricorrente può ragionevolmente proporsi é invece il verificare se e in quale misura sussistano interferenze tra l'oggetto della gara che si era aggiudicata e quello della procedura tesa all'affidamento N-SISR, ma per tale controllo sono da ritenersi sufficienti gli atti già a disposizione della ricorrente, come sopradescritti" [tutti atti già pubblicati o reperibili sul sito T. CSATA - www.tno.it], "dai quali sono facilmente desumibili gli elementi conoscitivi indispensabili per tale operazione di raffronto".
    In realtà, tali riscontri sono stati comunque tardivi e non hanno condotto ad una contestazione del bando di gara entro il termine di decadenza, considerato che l'atto indittivo è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale 30 agosto 2007, mentre i motivi aggiunti sono stati notificati in data 29 dicembre 2008.
    D'altronde neppure tardivamente la società è riuscita a dimostrare la (anche parziale) sovrapponibilità tra l'oggetto dell'appalto gestito dalla T. CSATA (che riguarda i flussi informativi di tutta la regione a scopo di controllo e programmazione) e quello a suo tempo indetto dalla ASL BA/5 (relativo al sistema più propriamente gestionale dell'Azienda); così come in definitiva è arduo ipotizzare che la situazione di un'impresa alla quale (peraltro legittimamente) è stata ritirata l'aggiudicazione provvisoria per la fornitura di servizi di manutenzione e gestione del sistema informativo automatizzato della ASL BA/5, di valore inferiore ad euro 220.000, possa per ciò stesso legittimare la paralisi dell'azione amministrativa tesa a realizzare il nuovo sistema informativo sanitario interessante l'intera regione, alla cui gara peraltro non aveva titolo a partecipare.
    In tali casi, come rilevato nella sentenza di questa Sezione 9 marzo 2010 n. 847, "La verifica circa la legittimazione processuale presuppone...l'accertamento rigoroso del possesso da parte dell'impresa ricorrente dei requisiti soggettivi stabiliti per l'accesso alla commessa pubblica", sicché, ove questi manchino, dev'essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, "anche con riguardo alla domanda risarcitoria, difettando quanto a quest'ultima la concreta possibilità di aspirare al bene della vita".
    In conclusione, il ricorso proposto dalla D. è infondato e, perciò, da respingere, mentre i motivi aggiunti sono inammissibili.
    La complessità della vicenda giustifica l'integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
    P. Q. M.
    il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge; dichiara inammissibili i motivi aggiunti depositati il 30 dicembre 2008.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
    Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Corrado Allegretta
    L'ESTENSORE
    Giuseppina Adamo
    IL REFERENDARIO
    Savio Picone
     
    Depositata in Segreteria il 5 luglio 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
     

    Appalti: voci di offerta pari a zero

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    N. 477/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 1197 Reg. Ric.
    ANNO 2010
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 1197 del 2010, proposto da:
    P. S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Greco, Pierpaolo Salvatore Pugliano, Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso L. B. in Bologna, via ...omissis...;
    contro
    Azienda Usl Bologna-U.O.C. Acquisti, Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna S.Orsola-Malpighi, Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara S. Anna; Azienda U.S.L. di Bologna, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Argnani, Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto presso Maria Rosaria Russo Valentini in Bologna, via Marconi 34;
    nei confronti di
    B. S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Terzi, Federica Terzi, con domicilio eletto presso Giovanni Delucca in Bologna, via D'Azeglio N. 39;
    per l'annullamento
    della Determina prot.54 del 3 agosto 2010, con la quale l'Azienda USL di Bologna ha disposto l'aggiudicazione definitiva in favore della B. Srl della procedura ristretta n. 31/2010 per la fornitura di sistemi per lo smaltimento di rifiuti biologici per l'Azienda USL di Bologna, l'Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna Sant'Orsola Malpighi e l'Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara Sant'Anna;
    - della nota prot.n. 99670/05-01 del 4 agosto 2010, con la quale la Amministrazione aggiudicatrice ha comunicato - ai sensi dell'art.79 D.Legs n. 163/2006 e s.m.i. - l'aggiudicazione definitiva disposta in favore della B. Srl;
    - di tutti i verbali di gara, nella parte in cui è stata ammessa alla procedura la controinteressata; sono stati attribuiti i punteggi massimi alla B.; è stata collocata al primo posto la B.;
    - di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale; ancorchè di data e tenore sconosciuti, che incidano sfavorevolmente nella sfera giuridica della ricorrente;
    Visti il ricorso e i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda U.S.L. di Bologna e di B. S.r.l.;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2011 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO E DIRITTO
    Oggetto di ricorso è l'aggiudicazione a B. s.r.l., da parte di Azienda USL Bologna e altri, della fornitura quinquennale di sistemi di smaltimento biologici per un totale di Euro 4.504.760, unitamente ai verbali di gara, nelle parti in cui è stata ammessa, valutata e classificata prima B. srl con punti 98/100 contro gli 89.29/100 della seconda classificata P. s.p.a., odierna ricorrente.
    Riferisce la ricorrente che mentre nell'offerta economica è indicato come costo di manutenzione e noleggio delle apparecchiature l'importo annuale di zero euro, nell'offerta tecnica è indicato un dettagliato e dispendioso servizio di manutenzione/assistenza affidato a una ditta esterna.
    Di conseguenza la Commissione di gara avrebbe dovuto escludere dalla gara la B. per l'assoluta contraddittorietà tra offerta economica e offerta tecnica.
    Inoltre è stata premiata con il massimo punteggio tecnico una macchina che, a distanza di quasi due mesi, non riesce ad essere installata: il che dimostra la illegittimità dell'intera procedura nelle parti in cui l'offerta della B. è stata ammessa e poi valutata più vantaggiosa con 48 punti.
    In sede di giustificazioni l'odierna controinteressata si è limitata a dichiarare che la ditta produttrice dei prodotti monouso e delle apparecchiature aveva concesso dei "rilevanti sconti" senza indicare quali, senza spiegare in che modo tale sconto aveva permesso un ribasso di oltre il 43% e senza fornire alcuna motivazione sui costi di manutenzione e di noleggio delle macchine maceratrici pari a zero euro.
    Ciò nonostante, nel verbale n. 6 del 29 luglio 2010 la Commissione di gara ha disposto l'aggiudicazione in via provvisoria, così dichiarando: "Si procede alla lettura delle motivazioni che, se pur sintetiche, garantiscono il pieno rispetto delle norme in materia di costi di manodopera, di sicurezza e costi generali "
    Ciò comporta la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. n. 241/1990 e s.m.i., atteso che la Commissione di gara non ha fornito alcuna motivazione sul giudizio di congruità dell'offerta della B..
    Sono evidenti sia la chiara anomalia e insostenibilità dell'offerta presentata dalla controinteressata che l'illegittimità del sub procedimento di verifica dell'anomalia compiuto dalla Commissione di gara in aperta violazione di quanto disposto dagli artt. 86-89 D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., nonché la disparità di trattamento per mancata esclusione della B., il difetto istruttorio e di motivazione in quanto la Commissione di gara ha concluso il procedimento di verifica della congruità con esito positivo senza fornire alcuna motivazione, la illogicità e la contraddittorietà tra offerta tecnica ed economica, l'erroneità dei presupposti e il travisamento di atti e fatti, lo sviamento, la manifesta ingiustizia per il danno di entità economica rilevantissima alla ricorrente, la violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e la violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost.
    Dall'esame della documentazione amministrativa è emerso inoltre che la B. non aveva inserito nella busta amministrativa, come espressamente richiesto dalla lettera di invito, alcuna dichiarazione di subappalto di parte del servizio/fornitura
    Il Capitolato Speciale, all'art. 4 prevedeva "La consegna iniziale delle nuove apparecchiature dovrà essere ultimata entro 45 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della comunicazione di aggiudicazione della fornitura. Qualora la ditta non provveda alla consegna iniziale delle apparecchiature entro i termini previsti l'Azienda potrà dichiarare decaduta l'aggiudicazione e disporre l'incameramento della cauzione definitiva "
    In altri termini l'impresa aggiudicataria aveva l'obbligo - previsto a pena di decadenza dall'aggiudicazione - di consegnare le nuove apparecchiature entro 45 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione definitiva.
    Sono abbondantemente trascorsi i 45 giorni per la consegna senza che la B. abbia adempiuto al proprio obbligo.
    L'Amministrazione, pertanto, era tenuta - ai sensi dell'art. 4 del Capitolato Speciale - a dichiarare decaduta dall'aggiudicazione la B. e a disporre, di conseguenza, l'aggiudicazione in favore della P. (collocatasi al secondo posto della graduatoria).
    Infine, la lettera di invito - con riferimento alla busta C), pagine 7 e 8 - prevedeva: "Terza busta, ugualmente sigillata, e riportante la dicitura "CONTIENE ELABORATI TECNICI" contenente la seguente documentazione Per i presidi monouso. 6) Copia del listino di tali prodotti senza l'indicazione del prezzo ".
    Orbene, dall' esame della documentazione ottenuta in sede di accesso è emerso che nell'offerta tecnica della B. non è presente il documento n. 6, ossia la "copia del listino di tali prodotti senza l'indicazione del prezzo".
    Resistono l'amministrazione e la controinteressata aggiudicataria, B. s.r.l.
    Secondo la ricorrente, non si giustificherebbe un canone di manutenzione dei macchinari pari a zero euro, a fronte di un subappalto oneroso a carico dell'impresa aggiudicataria.
    E' invece pacifico in giurisprudenza come nulla vieti ad un'impresa concorrente di offrire gratuitamente prestazioni accessorie quali manutenzione e noleggio di apparecchiature, a fronte di un costo dei prodotti di consumo aumentato fino a ricomprendervi anche il corrispettivo del servizio.
    Nella fattispecie, mentre P. S.p.a. propone prodotti monouso ad un costo nettamente inferiore al prezzo offerto da B. S.r.l., quest'ultima distribuisce il canone di manutenzione e noleggio delle apparecchiature all'interno del corrispettivo per i beni consumabili.
    "Nessuna norma o principio generale vieta alle imprese concorrenti all'aggiudicazione di un appalto di offrire, relativamente a determinate voci dell'offerta, un prezzo pari a zero: chè anzi si trova condivisibilmente affermato in giurisprudenza che è illegittima, in mancanza di espressa previsione da parte della lex specialis, l'esclusione da una gara di appalto di forniture di un 'impresa concorrente la cui offerta indicava, in relazione ad alcune voci a base d'asta, un prezzo pari a zero, considerato che questo costituisce valida espressione di una proposta economica, conveniente per la stazione appaltante, cui resterà la possibilità di verificare la congruità complessiva dell'offerta in chiave di possibile anomalia" (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 16 settembre 2008, n. 2269; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 3 luglio 2008, n. 6820; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, 3 dicembre 2007, n. 3645, Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 settembre 2009, n. 5583; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 2005, n. 6651).
    Dal prospetto di raffronto tra l'offerta economica di B. e l'offerta economica di P. (doc. n. 10 della controinteressata), risulta che, se l'aggiudicataria ha presentato un'offerta economica con canone di manutenzione e noleggio pari a zero, ciò ha trovato compensazione nel prezzo unitario dei presidi monouso dalla stessa offerti, che è mediamente maggiore di quello offerto da P. S.r.l., talvolta addirittura doppio.
    I prezzi praticati dalla controinteressata sui presidi monouso sono infatti mediamente superiori di un volta e mezzo rispetto a quelli praticati da P. per gli stessi articoli.
    La giurisprudenza maggioritaria ha costantemente affermato che "la congruità dell'offerta deve essere valutata globalmente prendendo a tal fine in esame tutti gli elementi che la costituiscono" (Cons.
    St. n. 4949/06, Cons. St. Sez. V, n. 4323/03, Cons. St. n. 1351/02; Con.
    St. Sez. IV n. 1787/03; Cons. St. Sez. VI, 2908/00; Tar Trentino - Alto Adige, Trento Sez. I n. 154/08; Tar Calabria, Catanzaro, n. 1054/07; Tar Lazio, Roma, Sez. III, n. 2982/05; Tar Veneto, sez. I n. 1204/01)
    II giudizio sull'anomalia deve cioè valutare l'offerta nel suo complesso;l'offerta presenta le necessarie garanzie di serietà ove le voci sottostimate siano compensate da altre sovrastimate, in modo da renderla nel complesso congrua (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, n. 4187/01).
    Infatti "il giudizio di congruità delle offerte che appaiono prima face anormalmente basse, non mira a ricercare specifiche inesattezze di ogni elemento dell'offerta, bensì a valutare se, globalmente considerata, l'offerta stessa sia seria ed attendibile, e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, cioè se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell'azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala" (Tar Lazio, Roma, sez. III, n. 5313/08).
    Nelle sue giustificazioni (doc. 12 della stessa), B. ha specificato che la società produttrice dei dispositivi monouso e delle apparecchiature "Vortex", in considerazione dell'entità dell'appalto e del relativo fatturato, dei vantaggi indiretti che esso può procurare in termini di prestigio e di prequalificazione per successivi appalti pubblici, potè praticarle sconti particolarmente rilevanti.
    Ciò corrisponde ai criteri di verifica delle offerte anormalmente basse di cui all'art. 87 D.Lgs. 163/2006, laddove alla lett. c) si prevede che le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l'offerente rientrino fra le giustificazioni ammissibili (c.f.r. Cons. St. sez. IV, n. 882/02, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, n. 6478/08)
    E la controinteressata ha prodotto la dichiarazione del sig. J. H. alla sig.ra M. M., legale rappresentante di B., datata 30/03/2010, contenente l'offerta di rilevanti sconti sui prezzi dei monouso, condizionata ad un ordinativo minimo annuale (c.f.r. doc.n. 13).
    Peraltro, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, la motivazione del provvedimento che ritiene congrua l'offerta anomala può semplicemente essere espressa per relationem, cioè facendo riferimento alle giustificazioni presentate e ritenute persuasive dalla S.A. (Cons.
    St., sez. IV n. 1658/07; Cons. St., sez. V n. 5314/05; Id., sez. IV, n. 3554/04; Id., sez. VI, n. 1080/04; Tar Lazio, Roma, sez. III quarter n. 2919/08; Tar Toscana, sez. IV n. 233/08)
    E "mentre il provvedimento amministrativo che ritiene l'offerta anomala deve essere puntualmente motivato, quello che ritiene l'offerta non anomala non abbisogna di una motivazione analitica, essendo sufficiente anche un rinvio alle argomentazioni e giustificazioni della parte che ha formulato l'offerta sottoposta a verifica con esito positivo" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 aprile 2009, n. 2384; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 febbraio 2009, n. 748; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 11 settembre 2008, n. 3967).
    Va considerato anche che il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce esercizio di un potere tecnico - discrezionale insindacabile in sede di legittimità, salvo che per illogicità, errore di fatto o difetto di istruttoria e/o motivazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 novembre 2009, n. 6987; Sez. IV, 20 maggio 2008, n. 2348; Sez. VI, 25 settembre 2007, n. 4933; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 11 settembre 2008, n. 3967).
    La ricorrente sostiene altresì (secondo motivo) che l'Amministrazione appaltante avrebbe dovuto escludere B. dalla gara o dichiararla decaduta dall'aggiudicazione a causa dei numerosi problemi tecnici verificatisi in sede di installazione dei macchinari, ma tale pretesa non ha nulla a che vedere con la natura esclusivamente impugnatoria dell'azione proposta avverso l'aggiudicazione.
    Quanto al terzo motivo, i documenti che devono essere inseriti a pena di esclusione all'interno della busta "B" sono espressamente indicati nella lettera di invito, e fra questi non rientra la dichiarazione prevista dall'art. 118 del D. Lgs. n. 163/2006 in caso di subappalto.
    Dunque, quand'anche nell'offerta tecnica l'odierna controinteressata avesse previsto di subappaltare le prestazioni di manutenzione (il che è contestato tra le parti) senza tuttavia inserire l'apposita dichiarazione tra la documentazione amministrativa, ciò non comporterebbe affatto esclusione dell'offerta, mancando nella lettera di invito un'espressa comminatoria in tal senso.
    Mentre la questione della subappaltabilità o meno di alcune prestazioni non concerne la procedura di gara, bensì la successiva esecuzione del contratto d'appalto.
    Vale a dire che l'assenza tra i documenti amministrativi della dichiarazione ex art. 118 del Codice dei Contratti Pubblici potrebbe al massimo comportare il futuro rigetto dell'istanza di autorizzazione al subappalto, giammai l'esclusione dell'offerta.
    Anche la clausola contenuta nell'art. 4 del Capitolato speciale, invocata con il quarto motivo, riguarda esclusivamente la fase esecutiva del contratto.
    La ricorrente non ha alcun interesse ad eccepire un eventuale inadempimento contrattuale dell'appaltatore, posto che il Capitolato speciale disciplina i rapporti tra le parti del contratto e non regolamenta invece la procedura di gara.
    Comunque, la USL ha esattamente rilevato che il termine di 45 giorni per la consegna dei macchinari a noleggio non può che decorrere dal raggiungimento dell'accordo con i referenti aziendali, accordo che nel caso di specie è intervenuto il 16 settembre 2010 ed a cui è seguita la richiesta di installazione solo in data 24.9.2010 (doc. 14 della controinteressata).
    In ogni caso la decadenza dall'aggiudicazione è una sanzione facoltativa che può essere adottata discrezionalmente dal committente in caso di grave inadempimento.
    Non sussiste, pertanto, alcun diritto della ricorrente ad ottenerla.
    Da ultimo (quinto motivo), l'aggiudicataria B. S.r.I. ha correttamente inserito nella busta "C", contenente l'offerta tecnica, la "Copia del listino di tali prodotti senza l'indicazione del prezzo", depositata in atti dalla USL con il n. 45.
    Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.
    Le spese seguono la soccombenza.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Emilia Romagna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
    Condanna la ricorrente a rimborsare all'amministrazione e alla controinteressata le spese e gli onorari del giudizio, che liquida in euro 8.000 (ottomila) oltre IVA e CPA in favore di ciascuna delle parti resistenti, per complessivi euro 16.000 (sedicimila) oltre IVA e CPA.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Giancarlo Mozzarelli
    L'ESTENSORE
    Alberto Pasi
    IL CONSIGLIERE
    Bruno Lelli
     
    Depositata in Segreteria il 18 maggio 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
     

    Appalti di forniture per lotti: a ciascuno il suo prezzo!

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    N. 887/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 2428 Reg. Ric.
    ANNO 2010
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 2428 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da A. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giampiero De Luca, Alessandro Patelli, Ruggero Tumbiolo, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Giampiero De Luca in Catania, Piazza Trento, 2;
    contro
    l'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Elena Argento, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Salvatore Buscemi in Catania, piazza A. Lincoln, 19; l'Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, l'Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa, l'Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, l'Azienda Sanitaria Provinciale di Messina;
    per l'annullamento
    - del bando di gara pubblicato sulla G.U. CEE n. 141/2010 del 23 luglio 2010, e sulla GURS n. 31/2010 del 6 agosto 2010, concernente l'appalto di fornitura di ausili per incontinenti, con consegna diretta al domicilio degli utenti aventi diritto e successiva assistenza post-vendita, relativi alle necessità delle Aziende Sanitarie intimate (ricorso originario);
    - di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, ivi compresi il capitolato speciale d'appalto e relativa rettifica (ricorso originario);
    - della nota prot. 2814 del 15 settembre 2010 a firma del Capo settore provveditorato della ASP di Enna (motivi aggiunti);
    - della nota prot. 6348 del 17 settembre 2010 della ASP di Messina (motivi aggiunti);
    - dell'aggiudicazione provvisoria disposta dalla commissione di gara durante la seduta del 29 ottobre 2010 e di ogni altro atto assunto dalla commissione di gara e dalla commissione tecnica presupposto o consequenziale (secondi motivi aggiunti);
    - della delibera n. 3046 dell'11 novembre 2010 del direttore generale dell'ASP di Enna, di approvazione degli atti di gara ed aggiudicazione delle forniture (secondi motivi aggiunti);
    - di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso ai suddetti provvedimenti (motivi aggiunti).
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria Provinciale di Enna;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2011 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO
    Con ricorso notificato il 23 settembre 2010 (consegna agli Ufficiali Giudiziari il 20 settembre 2010) e depositato il 20 settembre 2010, la società ricorrente espone:
    - di aver partecipato alla gara a procedura aperta, indetta dall'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, in qualità di capofila, avente ad oggetto "ausili per incontinenti (assorbenti l'urina) con consegna diretta al domicilio degli utenti aventi diritto e successiva assistenza post-vendita relativi alle necessità delle AA.SS.PP. di Enna, Catania, Siracusa e Ragusa ...", il cui bando è stato pubblicato per esteso sulla GUCE n. S 141/2010 del 23 luglio 2010 e per estratto sulla GURS n. 31/2010 del 6 agosto 2010;
    - che, secondo la previsione dell'art. 13 del CSA, la gara era suddivisa in 4 lotti, così individuati: lotto n. 1 - A.S.P. Catania, lotto n. 2 - A.S.P. Siracusa, lotto n. 3 - A.S.P. Enna e lotto n. 4 - A.S.P. Ragusa;
    - che, secondo la previsione dell'art. 3 del CSA, durante il periodo di vigenza contrattuale anche l'Azienda Sanitaria Provinciale di Messina avrebbe potuto accedere all'acquisto dei prodotti e servizi oggetto della procedura;
    - di aver inviato alla stazione appaltante due note con richieste di chiarimenti e rilievi, in data 3 e 6 agosto 2010, accolte dalla ASP di Enna, che ha provveduto a rettificare il capitolato speciale, e di aver quindi inviato, presa visione della nuova versione del capitolato speciale, una terza nota datata 10 settembre 2010, con una richiesta di proroga del termine di presentazione delle offerte, poi non prorogato dalla stazione appaltante.
    Affida il ricorso ai seguenti motivi.
    1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, dell'art. 41 della Costituzione, e dell'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e di motivazione, disparità di trattamento, violazione del principio di buon andamento, imparzialità, ragionevolezza e logicità. In base all'art. 14 del CSA, all'offerta economica più bassa di tutta la gara dovranno essere conformate le offerte economiche presentate dai concorrenti aggiudicatari degli altri tre lotti, ciò che vincolerebbe l'aggiudicatario di ciascun lotto geografico ad applicare il prezzo offerto da altro soggetto in altro lotto.
    2. Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 sotto altro profilo. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e di motivazione, disparità di trattamento, violazione del principio di buon andamento, imparzialità, ragionevolezza e logicità. L'art. 3 del CSA, nella versione rettificata prevederebbe che l'Azienda Sanitaria Provinciale di Messina possa acquistare i prodotti e servizi oggetto della gara al prezzo di aggiudicazione; ciò renderebbe l'offerta indefinibile ed indeterminata, costringerebbe l'aggiudicatario cui l'ASP di Messina si rivolga a far fronte ad ulteriori fabbisogni di entità sconosciuta al momento della presentazione dell'offerta, e lascerebbe alla discrezionalità di tale ASP la scelta del fornitore tra i quattro soggetti aggiudicatari dei quattro distinti lotti geografici.
    3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 70 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e di motivazione. La stazione appaltante non avrebbe prorogato il termine di presentazione delle offerte (rimasto fissato al 23 settembre 2010), dovendo l'intervallo minimo tra la data di trasmissione del bando e quella di presentazione delle offerte sussistere, nella prospettazione della società ricorrente, non solo per il bando iniziale, ma anche per la rettifica dello stesso.
    Con nota prot. n. 6348 del 17 settembre 2010, l'ASP di Messina ha comunicato la decisione di aderire all'acquisto dei prodotti e servizi di cui alla procedura in oggetto, ed ha dichiarato di voler formalizzare il rapporto contrattuale con l'aggiudicatario definitivo del lotto b) - ASP di Catania.
    La società A. ha quindi notificato in data 4 e 6 ottobre 2010 (consegnato agli Ufficiali Giudiziari in data 29 settembre 2010) e depositato in data 29 settembre 2010 un ricorso per motivi aggiunti, con cui impugna la nota dell'ASP di Enna del 15 settembre 2010, nonché la citata nota prot. n. 6348 del 17 settembre 2010 dell'ASP di Messina.
    Il ricorso, notificato anche alla società F. spa, è affidato ai seguenti motivi.
    4. Invalidità derivata, in considerazione dei vizi che inficiano il bando di gara ed il capitolato speciale di appalto.
    5. violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e di motivazione, disparità di trattamento, violazione del principio di buon andamento, imparzialità, ragionevolezza e logicità. Violazione e falsa applicazione dell'art. 70 d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Carenza di potere. Le motivazioni assunte a sostegno della determinazione del 15 settembre 2010 sarebbero apodittiche, illogiche e contraddittorie.
    Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 30 novembre 2010 (ASP Enna), 2 dicembre 2010 (società S. spa) e 3 dicembre 2010 (società F. spa), la società ricorrente ha quindi impugnato l'aggiudicazione provvisoria del 29 ottobre 2010 e la delibera dell'ASP di Enna n. 3046 del giorno 11 novembre 2010, con cui sono stati approvati gli atti di gara.
    Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.
    6. Invalidità derivata, in considerazione dei vizi che inficiano il bando di gara ed il capitolato speciale di appalto.
    7. Violazione e falsa applicazione dell'art. 84 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti e di motivazione, violazione del principio di buon andamento, imparzialità, ragionevolezza e logicità. La costituzione della commissione tecnica di cui all'art. 13 del CSA sarebbe avvenuta prima della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte.
    8. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Violazione dei principi che garantiscono il buon andamento, l'imparzialità e la correttezza delle procedure di scelta del contraente e delle regole sullo svolgimento delle operazioni dei seggi di gara. La verifica della completezza della campionatura e della documentazione tecnica prodotta da ciascun concorrente non risulterebbe compiuta in sede pubblica, mancando la prova della integrità e completezza dei plichi contenenti le offerte tecniche.
    Con decreto 23 settembre 2010, n. 1166, è stata rigettata l'istanza di misure cautelari monocratiche, e fissata la camera di consiglio del 6 ottobre 2010 per la discussione dell'istanza cautelare; con ordinanza 7 ottobre 2010, n. 1253, questa Sezione ha rigettato interinalmente la domanda cautelare, e rinviato alla camera di consiglio del 3 novembre 2010 per l'ulteriore trattazione della domanda di sospensione cautelare; quindi, con ordinanza 16 dicembre 2010, n. 1600, ha accolto la domanda di sospensione cautelare, fissando la data di discussione del merito alla udienza pubblica del 23 marzo 2011; il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza 7 febbraio 2011, n. 231, ha rigettato l'appello avverso la citata ordinanza 1600/2010.
    All'udienza pubblica del 23 marzo 2011, la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione.
    DIRITTO
    Preliminarmente deve essere delibata l'eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse, prospettata dalla ASP resistente, per avere la società ricorrente impugnato nel ricorso introduttivo il bando di concorso senza che questo contenesse clausole escludenti, come comprovato dalla circostanza che la società ricorrente ha in effetti presentato un'offerta.
    L'eccezione può essere agevolmente superata, richiamata la condivisibile giurisprudenza che ritiene che solo le clausole escludenti debbano essere immediatamente impugnate (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7515), in base alla circostanza che la società ricorrente ha riproposto le censure avverso il bando nei due ricorsi per motivi aggiunti.
    Anche l'eccezione di improcedibilità per mancata impugnazione del DA 2466/09 e della circolare assessorile 225/2010, con cui sono state definite le modalità di costituzione e funzionamento dei comitati di bacino, prevedendo che «...ciascun bacino dovrà attivare procedure di acquisto in forma centralizzata per il bacino, con eventuali lotti territoriali...», può essere agevolmente superata in base alla circostanza che la suddivisione in lotti non forma oggetto delle censure della società ricorrente che, nel primo motivo, si lamenta della estensione del prezzo di aggiudicazione di un lotto agli altri lotti.
    Nel merito, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
    In particolare, deve essere accolto il primo motivo del ricorso introduttivo, riproposto nei due ricorsi per motivi aggiunti, assorbito ogni altro diverso motivo.
    Secondo l'art. 13 del capitolato speciale d'appalto (erroneamente indicato con il n. 14 nel corpo del motivo, non sussistendo peraltro dubbi nella individuazione dell'articolo, essendo ivi riportato il testo dell'ultimo comma dell'art. 13), «...La procedura aperta sarà (...) aggiudicata, per lotti, al prezzo più basso (...) A tal fine i lotti sono individuati nel seguente modo: lotto n. 1 - A.S.P. Catania lotto n. 2 - A.S.P.Siracusa lotto n. 3 - A.S.P. Enna lotto n. 4 - A.S.P. Ragusa (...) L'aggiudicazione sarà effettuata per lotto (...) a favore della ditta che avrà offerto il prezzo più basso e subordinatamente all'accertamento della rispondenza dei prodotti offerti alle caratteristiche tecniche riportate dal capitolato speciale d'appalto (...) Successivamente alla definizione delle suddette procedure e, quindi, all'individuazione delle società dichiarate, per i vari lotti, migliori offerenti si esplicita che le stesse dovranno conformare la loro offerta economica a quella risultata, dalla procedura, più bassa...». Pertanto, il prezzo di aggiudicazione più basso della procedura avrebbe dovuto essere esteso agli altri tre lotti, peraltro anche se aggiudicati a concorrenti diversi dall'offerente il prezzo più basso dell'intera procedura.
    E' evidente che - come dedotto dalla società ricorrente - ciò vincola l'aggiudicatario di ciascun lotto geografico ad applicare il prezzo offerto da altro soggetto in altro lotto e, conseguentemente, a far fronte ad una fornitura a condizioni economiche non conosciute al momento della partecipazione della procedura concorsuale.
    La società ricorrente ritiene che tale circostanza impedisca ai concorrenti «...di formulare la propria offerta migliore, in violazione dell'interesse pubblico al conseguimento di offerte più convenienti ed equilibrate siccome frutto di una consapevole ponderazione...», nonchè «...di formulare quel calcolo di convenienza che ogni impresa deve essere messa in grado di poter effettuare al momento in cui valuta se partecipare ad una gara pubblica e di modulare conseguentemente (e coerentemente) la propria offerta (...) e che corrisponde ad un interesse collegato alla libertà di scelta dell'impresa garantita dall'art. 41 della Costituzione...» (ricorso introduttivo, pag. 8).
    L'assunto è condivisibile.
    L'offerta, nelle procedure ad evidenza pubblica, deve avere diversi requisiti, fra i quali la serietà (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 8 giugno 2010, n. 3637; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6424): deve cioè corrispondere ad un effettivo interesse e volontà partecipativa, senza essere strumentalizzata a finalità di disturbo o distorsive, o animata dall'intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 25 novembre 2010, n. 8227); deve quindi trattarsi di un'offerta «...sufficientemente ponderata e idonea a conseguire l'aggiudicazione...» (Cons. Stato, Sez. V, 1 marzo 2003, n. 1161; TAR Lombardia - Milano, Sez. III, 21 settembre 2005, n. 3682).
    L'adeguata ponderazione, in quanto espressione del principio di serietà dell'offerta, costituisce quindi uno degli strumenti posti a tutela della esigenza pubblicistica della individuazione del "giusto contraente" (sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6367).
    Costituisce inoltre espressione del principio di libertà dell'iniziativa economica privata di cui all'art. 41 cost.: «...nel momento in cui la lex specialis della gara presenti caratteristiche tali da rendere oggettivamente difficoltosa una esatta ponderazione dell'offerta, allora essa assume carattere immediatamente lesivo della sfera delle possibili candidate, venendo a costituire, quindi, oggetto di legittima impugnativa da parte delle stesse...» (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2001, n. 4679).
    E' infatti intuibile che il concorrente formula la propria offerta in maniera che questa sia suscettibile di produrre un utile; vi sono inoltre buone probabilità, in un'ottica non patologica, che essa - al fine di aggiudicarsi l'appalto - sia quanto più vicino possibile al punto di equilibrio fra costi e ricavi.
    Non può dirsi adeguatamente ponderata un'offerta il cui contenuto economico sia, come nel caso di specie, determinato a posteriori, mediante il riferimento ad altra offerta, formulata da altro concorrente per altro lotto geografico; il rinvio ad altra offerta potrebbe infatti collocare il prezzo di aggiudicazione al di sotto del punto di equilibrio costi - ricavi, costringendo il concorrente a rinunciare all'aggiudicazione o a lavorare sulla base di un prezzo non adeguato a garantire un utile, ciò che potrebbe indurlo a peggiorare la qualità delle sue prestazioni, in maniera da riguadagnare margini di utilità.
    Sotto altro profilo, la previsione di cui all'art. 13, ultimo comma, del capitolato speciale di appalto, introduce un pesante elemento di aleatorietà, tanto da trasformare la natura commutativa del contratto di appalto stipulato a seguito di procedura ad evidenza pubblica in aleatoria (sul punto, TAR Lombardia - Milano, Sez. III, 16 gennaio 2002, n. 99; TAR Valle d'Aosta, 24 settembre 1996, n. 156).
    La citata previsione risulta in definitiva illegittima avuto riguardo sia all'interesse pubblico alla selezione del "giusto contraente", sia al principio di libertà della iniziativa economica privata.
    Né è condivisibile quanto dedotto dalla Azienda resistente, ossia che «...L'aver evitato la mono offerta consente non solo che partecipino ditte dotate di capacità economico finanziaria anche inferiore ai quaranta milioni di euro, ma che si abbiano anche quattro aggiudicatarie e quindi più realtà imprenditoriali in grado di attingere alle risorse pubbliche. Con ciò incentivando un mercato più concorrenziale e più attento alla tutela dei vari operatori economici (...) le ditte possono partecipare ad un solo lotto o a più lotti in base alla propria capacità organizzativa e al proprio radicamento sul territorio. Conseguentemente è probabile che tutte le ditte abbiano fatto la stessa offerta per tutti i lotti, A. compresa, e che quindi il prezzo più basso per bacino appartenga alla medesima ditta (...) fissare il prezzo in base all'offerta più bassa nell'ambito dei quattro lotti risponde ad una esigenza di uniformità alla quale le ditte dovranno conformarsi ...» (controricorso, pagg. 13 e 14) e che «...Le offerte possono essere diverse per i diversi lotti territoriali ma ciò che deve essere uniforme è sicuramente il prezzo di aggiudicazione altrimenti il ricorso alla gara di bacino non avrebbe senso alcuno...» (note di replica depositate il 3 novembre 2010.
    La scelta sull'organizzare la gara su uno o su più lotti rientra senz'altro nella discrezionalità dell'amministrazione (ex plurimis, TAR Lazio - Roma, Sez. III, 8 maggio 2009, n. 4924) e le motivazioni addotte nella suddivisione in più lotti (riconducibili nella sostanza alla tutela del principio di concorrenzialità) sono immuni da vizi logici manifesti; non è però condivisibile che dalla suddivisione della gara in più lotti debba derivare un unico prezzo di aggiudicazione per tutto il bacino, ben potendo sussistere (a mero titolo di esempio non esaustivo) differenze di prezzo in ragione del risparmio di costi derivanti dal maggior radicamento del concorrente su un territorio anziché su un altro, come pure in ragione delle differenze dei costi di trasporto per il recapito della merce alle diverse ASP ricomprese nel bacino.
    Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione II interna), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati, secondo quanto in motivazione.
    Condanna l'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CPA.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Filippo Giamportone
    L'ESTENSORE
    Diego Spampinato
    IL CONSIGLIERE
    Francesco Brugaletta
     
    Depositata in Segreteria il 13 aprile 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
     

    Anche se l'esclusione è illegittima, la fornitura resta ferma!

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    N. 2302 Reg. Ric.
    ANNO 2006
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 2302 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da S. Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Leone, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Agata Maria Patrizia Cavallaro in Catania, corso Sicilia, 111;
    contro
    Azienda Unità Sanitaria Locale N. 3 - Catania, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Caltabiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Catania, via Gorizia, n. 54;
    nei confronti di
    T., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Amato, Maria Gabriella Maggiora, Tiziana Miani Calabrese, Giuliano Solenni, Federico Cracco, con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Francesco Amato in Catania, via L. Capuana, 32;
    della nota dell'11 luglio 2006, prot. n. 65535 nonché di ogni altro atto anteriore, connesso e conseguente, tra cui le note del coordinatore del servizio ingegneria clinica e manutenzioni impianti tecnologici 21 aprile 2006, prot. 41266, e 16 maggio 2006, prot. 48676.
    (ricorso per motivi aggiunti)
    della delibera 5 settembre 2006 n. 1910 di aggiudicazione definitiva nonché per la caducazione del contratto eventualmente già stipulato e il risarcimento dei danni.
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Unita' Sanitaria Locale N. 3 - Catania e di T.;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2011 il dott. Vincenzo Neri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO
    Con l'atto introduttivo del giudizio la società ricorrente esponeva:
    - di aver partecipato ad una gara d'appalto indetta dall'amministrazione resistente per la fornitura di attrezzature sanitarie per i presidi ospedalieri e i distretti sanitari di propria competenza;
    - di essere risultata vincitrice per aver prodotto la migliore offerta in termini di prezzo e qualità tecnico-progettuale;
    - di essere stata esclusa - a seguito di un lungo carteggio tra la stessa società ricorrente e l'amministrazione - dalla gara perché l'USL non aveva ritenuto le apparecchiature offerte conformi alle specifiche tecniche richieste nel capitolato.
    Tutto ciò premesso impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe per:
    1) Violazione dell'articolo 3 del capitolato speciale di appalto. Violazione del bando di gara. Eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, irragionevolezza, travisamento, arbitrarietà. Sviamento.
    2) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del capitolato. Violazione del procedimento. Incompetenza. Sviamento di potere.
    Si costituivano l'amministrazione intimata e la società controinteressata eccependo in rito l'inammissibilità del ricorso e chiedendo nel merito il rigetto dello stesso.
    Successivamente, con atto depositato il 3 ottobre 2006, la società ricorrente proponeva ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva e chiedeva inoltre la caducazione del contratto eventualmente già stipulato nonchè "...la condanna alla reintegrazione in forma specifica mediante aggiudicazione alla ricorrente dell'appalto in questione o nuova assegnazione di analogo contratto, nonché, al risarcimento dei danni per equivalente..." (si veda pag. 2 del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 ottobre 2006).
    Con ordinanza 20-23 ottobre 2006 n. 1622 il TAR rigettava la domanda cautelare.
    Con ordinanza 368 e 427 del 2010 il Tar disponeva verificazione e successivamente reiterava l'ordine di effettuare la predetta verificazione con ordinanza 1-21 dicembre 2010 n. 672.
    In data 22 marzo 2011 i verificatori depositavano la relazione scritta.
    Con memoria del 2 aprile 2011 la società ricorrente chiedeva l'accoglimento del ricorso soffermandosi in particolare sulla richiesta risarcitoria.
    L'amministrazione, dal canto suo, nel ribadire l'infondatezza del ricorso, con memoria del 4 aprile 2011 rilevava che il contratto con la controinteressata era già stato stipulato ed eseguito e si opponeva alla richiesta di risarcimento dei danni.
    Indi all'udienza pubblica del 20 aprile 2011 la causa passava in decisione.
    DIRITTO
    Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni in rito proposte dall'amministrazione e dall'impresa controinteressata.
    Per l'amministrazione il ricorso sarebbe irricevibile perché la società ricorrente avrebbe dovuto impugnare la nota del 16 maggio 2006 con la quale l'ente pubblico aveva comunicato le difformità riscontrate nell'offerta rispetto a quanto previsto nel bando; la sola impugnazione del provvedimento dell'11 luglio 2006 sarebbe, dunque, tardiva.
    A giudizio del Collegio l'eccezione non è fondata. Dal confronto tra la nota del 16 maggio 2006 e quella dell'11 luglio 2006 emerge chiaramente che quest'ultima non è meramente confermativa della prima poiché dispone l'esclusione della società ricorrente a seguito di un più approfondito esame nel merito delle difformità riscontrate nell'offerta della predetta società. Per giurisprudenza costante quando l'antecedente determinazione della stessa amministrazione non impugnata viene successivamente sottoposta a riesame nell'ambito di un'attività istruttoria, seppure con esito sostanzialmente confermativo, non incorre nel termine decadenziale l'interessato che promuove ricorso nei riguardi della determinazione finale successiva e degli atti riesaminati che ne hanno rappresentato il presupposto per l'adozione (Consiglio Stato, 7 febbraio 2011, n. 813).
    A giudizio dell'amministrazione il ricorso sarebbe altresì inammissibile per l'omessa notifica alle imprese controinteressate. Anche tale censura deve essere rigettata perché l'odierna ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio ha censurato il provvedimento di esclusione e, dunque, non aveva l'onere di notificare il ricorso anche alle altre imprese partecipanti alla gara. Il ricorso avverso l'esclusione dalla procedura di una gara d'appalto non comporta, infatti, prima del provvedimento finale, l'onere di notifica ai controinteressati sia perché non sussiste un interesse protetto e attuale in capo agli altri concorrenti che potrebbe essere leso dall'eventuale accoglimento del ricorso stesso sia perché l'interesse degli altri partecipanti non emerge direttamente dal provvedimento impugnato (Consiglio Stato, 1 aprile 2009, n. 683). Sotto tale aspetto va rilevato, inoltre, che il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso l'atto di aggiudicazione è stato correttamente notificato anche alla controinteressata-aggiudicataria della gara (si veda al riguardo copia dell'avviso di ricevimento depositato in data 4 marzo 2010).
    Viene, infine, eccepita l'inammissibilità del giudizio per omessa impugnazione del bando e dell'allegato capitolato. Anche tale censura non deve essere accolta in considerazione del fatto che il ricorso non reputa illegittimo il bando ed il capitolato bensì l'operato dell'amministrazione che ha ritenuto l'offerta della ricorrente non conforme ai requisiti richiesti dalla legge di gara; nessun onere in tal senso, quindi, gravava sulla società ricorrente.
    Venendo al merito, per la decisione del ricorso giova premettere che, ai sensi dell'articolo 3 del capitolato speciale di appalto, le caratteristiche tecniche indicate nelle schede allegate avevano lo scopo di descrivere le prestazioni che le attrezzature dovevano possedere ed erano da intendersi come requisiti minimi e di riferimento; il capitolato in questione chiariva poi che i beni forniti avrebbero potuto possedere caratteristiche lievemente diverse purché ritenute equivalenti e compatibili con le esigenze strutturali del presidio ed aventi caratteristiche di funzionalità almeno pari.
    Il provvedimento impugnato ha escluso la ditta ricorrente sulla base di queste motivazioni:
    - piano operatorio in lega d'alluminio anziché in acciaio inox.
    - presenza di sistema di movimentazione elettroidraulica anziché elettromeccanica.
    - variazione di altezza del piano operatorio di 450 mm anziché 500 mm.
    - inclinazione dello schienale da - 20° a + 70° anziché da - 45° a + 70°.
    Giova rilevare inoltre che al provvedimento di esclusione è stata allegata una relazione tecnica con la quale l'amministrazione ha esternato le ragioni per le quali non era possibile applicare i principi di equivalenza delle prestazioni all'offerta presentata dalla società ricorrente.
    Con riferimento all'offerta di un piano operatorio in lega d'alluminio anziché in acciaio inox, a giudizio della società ricorrente, l'esclusione sarebbe illegittima perché le leghe di alluminio avrebbero caratteristiche di gran lunga superiori a quelle dell'acciaio inox tanto da essere utilizzate sia nell'aeronautica sia nella costruzione di automobili di particolare pregio. L'utilizzo dell'alluminio inoltre avrebbe il vantaggio di creare tavoli operatori con uno spessore maggiore, una maggiore resistenza e un minor peso così consentendo una migliore manovrabilità e facilità di spostamento. Sotto tale aspetto, sempre secondo la società ricorrente, i tavoli in alluminio non presenterebbero saldature e quindi sarebbero immuni da potenziali rischi di corrosione; le possibilità di corrosione sarebbero sostanzialmente equivalenti a quelle di una non adeguata realizzazione di un corretto processo di solubilizzazione dell'acciaio. Per contro l'amministrazione nella relazione tecnica allegata al provvedimento di esclusione ha ritenuto che l'acciaio inossidabile al nichel cromo offra, allo stato attuale della tecnica, le migliori garanzie di resistenza meccanica nel tempo e che le leghe di alluminio, per risultare immuni alla corrosione, devono essere trattate a livello superficiale così tuttavia non realizzando una proprietà intrinseca del materiale che comporta la possibilità di corrosione del tavolo operatorio ogni qualvolta tale trattamento superficiale venga a mancare.
    In relazione alla presenza di un sistema di movimentazione elettroidraulica anziché elettromeccanica, a giudizio sempre della società ricorrente, l'esclusione sarebbe illegittima perché, in primo luogo, i sistemi elettroidraulici rientrerebbero nell'ambito dei sistemi di movimentazione elettromeccanica richiesti dal bando e, perché, non risulterebbe conforme al vero che il sistema di trasmissione meccanica garantisca una più bassa probabilità di guasto; inoltre le paventate perdite di olio potrebbero verificarsi solo in rari casi in considerazione del tipo e dei luoghi di utilizzo.
    A giudizio dell'amministrazione resistente, invece, il sistema elettromeccanico, oltre a garantire una più bassa probabilità di guasto e dunque una minor incidenza dei costi di manutenzione, avrebbe il vantaggio di permettere la sostituzione degli elementi rotti in modo più semplice e sicuro e garantirebbe una maggior igiene anche in caso di malfunzionamento poiché non si produrrebbero perdite d'olio. Vi sarebbe, inoltre, un miglior controllo del movimento e una regolazione più ampia soprattutto per quanto riguarda le escursioni angolari oltre che la possibilità di inserire segmenti motorizzati aggiuntivi.
    Con riferimento all'inclinazione dello schienale del tavolo operatorio, a giudizio della società ricorrente, la particolare tipologia del tavolo offerto consentirebbe di ottenere un angolo negativo di -60° e, quindi, superiore a quanto richiesto nel capitolato e dunque altamente migliorativo. Sotto tale aspetto sarebbe erronea la valutazione operata dall'amministrazione che ha ritenuto non conforme alle prescrizioni di bando il bene offerto.
    Infine con riferimento all'altezza minima del tavolo operatorio, a giudizio della società ricorrente, una variazione minima di appena 5 cm non rappresenterebbe giusto motivo di esclusione anche in considerazione del fatto che, sempre secondo la società ricorrente, è l'altezza minima il dato più importante e non anche l'altezza massima raggiungibile. Per l'amministrazione, invece, la differenza di 50 mm, pari ad una riduzione del 10%, è assolutamente inaccettabile.
    Per la corretta decisione della controversia, il TAR ha ritenuto di disporre apposita verificazione per accertare se, con riferimento esclusivo alle censure proposte nel ricorso principale, alla luce dell'art. 3 del bando della procedura di evidenza pubblica indetta dall'A.U.S.L. nonché dei requisiti tecnici indicati per il tavolo operatorio oggetto di gara, le conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione nel provvedimento dell'11 luglio 2006 e nell'allegata relazione tecnica siano corrette sotto il profilo tecnico.
    I verificatori, con relazione depositata in data 22 marzo 2011, hanno stabilito che "le conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione nel provvedimento dell'11/07/2006 e nell'allegata relazione tecnica, non sono corrette sotto il profilo tecnico, in quanto le quattro difformità rilevate ... omissis ... non possono esser considerate peggiorative, in riferimento esclusivo all'art. 3 del bando della procedura di evidenza pubblica indetta dall'AUSL, nonché ai requisiti tecnici indicati per il tavolo operatorio oggetto di gara. L'organo verificatore sottolinea che le varianti proposte dalla S. Spa, oltre che rispettare le specifiche tecniche richieste per le apparecchiature in oggetto, consentono anche di ottenere, grazie ad alcune innovazioni tecnologiche, apparecchiature di qualità ad un costo di acquisto più contenuto" (si veda pagina 8 della verificazione).
    A seguito della predetta verificazione, il Collegio reputa fondata la censura avanzata con il ricorso principale e con quello per motivi aggiunti e conseguentemente dispone l'annullamento degli atti impugnati, rimanendo assorbite le altre doglianze proposte.
    Passando ora all'esame della richiesta di tutela in forma specifica o, in subordine, per equivalente proposta dalla società ricorrente, in primo luogo, occorre rilevare che dalle difese dell'amministrazione (e in particolare dalla memoria del 4 aprile 2011) risulta che il contratto è già stato stipulato ed eseguito.
    In secondo luogo giova evidenziare che, a giudizio del Collegio, trovano applicazione nella fattispecie in questione le norme dettate dagli artt. 120 e segg. c.p.a. anche in considerazione del fatto che, pur essendo entrate in vigore in data successiva all'adozione degli atti impugnati, le disposizione tendenti a regolare l'eventuale inefficacia del contratto sono da qualificare come norme processuali applicabili anche ai giudizi instaurati in data antecedente (si veda Tar Lombardia, Milano, 17 maggio 2010, n. 1524; Consiglio di Stato, VI, 15 giugno 2010, n. 3759) tanto che poi sono confluite nel codice del processo amministrativo.
    Venendo al caso di specie, secondo il Tribunale, non emergendo elementi per ritenere applicabile l'art. 121 c.p.a., trova applicazione l'art. 122 c.p.a. che testualmente stabilisce:« Fuori dei casi indicati dall' articolo 121, comma 1, e dall' articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».
    In considerazione del fatto che si tratta di contratto per la fornitura di letti operatori, che il contratto è già stato stipulato ed eseguito e che, dunque, a giudizio del Collegio, prevale l'interesse pubblico a mantenere ferma la fornitura già effettuata (che non è stata riconosciuta come difforme da quella richiesta con la procedura di gara), non sussistono i presupposti per dichiarare inefficace il contratto stipulato (per un ragionamento analogo, si veda Consiglio di Stato, VI, 15 giugno 2010, n. 3759).
    Appare corretto dunque mantenere il contratto e accordare il risarcimento solo per equivalente.
    Ricorrono gli elementi costitutivi del danno e, in particolare, il pregiudizio economico sopportato per non essere stata aggiudicataria definitiva della procedura di evidenza pubblica, la colpa della p.a. che non ha fatto corretta applicazione delle previsioni del bando di gara, il nesso di causalità tra il comportamento dell'amministrazione e il pregiudizio sopportato dalla ricorrente nonché la probabilità, prossima alla certezza, di aggiudicazione in capo alla ricorrente; in particolare nel verbale del 6 aprile 2006, a pagina 5, la ditta S. veniva indicata come aggiudicataria provvisoria per il lotto 21.
    Per il Tribunale il danno va quantificato nella misura del mancato utile - consistente nel 10% della somma indicata nell'offerta presentata dall'odierna ricorrente - decurtata del 50% in considerazione del fatto che in giudizio non è stata raggiunta la prova che l'impresa non ha utilizzato mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altre forniture. A tal fine non è inutile ricordare che, sul piano legislativo, a tenore dell'art. 124 c.p.a. se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente subito a condizione tuttavia che lo stesso sia provato (Cons. St., VI, 9 dicembre 2010, n. 8646). Quanto alla decurtazione del 50% tale riduzione va effettuata in adesione al recente orientamento del Consiglio di Stato che ha affermato:«... il mancato utile spetta, in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, nella misura integrale solo se il ricorrente dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, e di qui la decurtazione del risarcimento di una misura per aliunde perceptum vel percipiendum. In secondo luogo, ai sensi dell'art. 1227 cod.civ., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno. Nelle gare di appalto, l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative. Pertanto, non costituisce, normalmente, e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l'impresa si attivi per svolgere altre attività. Di qui la piena ragionevolezza della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell'aliunde perceptum, sia dell'aliunde percipiendum con l'originaria diligenza...» (Cons. stato, VI, 19 aprile 2011 n. 2427).
    Come espressamente richiesto, va liquidato inoltre in via equitativa anche il danno curriculare nell'ulteriore misura dell'1% sulla somma indicata nell'offerta presentata dall'odierna ricorrente.
    Le somme così calcolate devono poi essere incrementate per interessi e rivalutazione monetaria dovuti dalla data di proposizione del ricorso di primo grado fino alla data di deposito della presente sentenza con la precisazione che gli interessi non vanno calcolati sulla somma rivalutata, ma su quella originaria via via rivalutata anno per anno.
    In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati; va rigettata invece la richiesta di dichiarazione di inefficacia del contratto e l'amministrazione, ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a., deve essere condannata a pagare entro sessanta giorni una somma determinata secondo i criteri prima indicati.
    La complessità delle questioni giuridiche trattate costituisce giusta causa per compensare tra le parti le spese di giudizio ponendo solo a carico dell'amministrazione resistente le spese della verificazione effettuata.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando,
    - accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati;
    - rigetta la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto e condanna l'amministrazione al risarcimento dei danni nei termini di cui in motivazione;
    - compensa le spese di giudizio tra le parti costituite;
    - pone a carico dell'amministrazione resistente le spese della verificazione effettuata.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
    IL PRESIDENTE
    Filippo Giamportone
    L'ESTENSORE
    Vincenzo Neri
    IL CONSIGLIERE
    Francesco Brugaletta
    Depositata in Segreteria il 16 maggio 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

     


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