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    Gli atti paritetici vanno motivati? La Corte di Giustizia... non può rispondere!

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    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione) 21 dicembre 2011
     
    Procedimento amministrativo nazionale - Provvedimenti amministrativi - Obbligo di motivazione - Possibilità d'integrare la carenza di motivazione nel corso di un procedimento giudiziario avverso un provvedimento amministrativo - Interpretazione degli artt. 296, secondo comma, TFUE e 41, n. 2, lett. c), della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Incompetenza della Corte
     
    Nel procedimento C-482/10,
    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 267 TFUE, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, con decisione 20 settembre 2010, pervenuta in cancelleria il 6 ottobre 2010, nella causa
    T. C.
    contro
    Regione Siciliana,
    LA CORTE (Terza Sezione),
    composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, T. von Danwitz (relatore) e D. Šváby, giudici,
    avvocato generale: sig. Y. Bot
    cancelliere: sig. A. Calot Escobar
    vista la fase scritta del procedimento,
    considerate le osservazioni presentate:
    - per la Regione Siciliana, dagli avv.ti V. Farina e D. Bologna;
    - per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Varone, avvocato dello Stato;
    - per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agente;
    - per il governo tedesco, dai sigg. T. Henze, J. Möller e N. Graf Vitzthum, in qualità di agenti;
    - per il governo greco, dalle sig.re E.-M. Mamouna e K. Paraskevopoulou nonché dal sig. I. Bakopoulos, in qualità di agenti;
    - per la Commissione europea, dalla sig.ra C. Cattabriga e dal sig. H. Kraemer, in qualità di agenti,
    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
    ha pronunciato la seguente
     
    SENTENZA
    1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione del principio di motivazione degli atti dell'amministrazione pubblica, di cui all'art. 296, secondo comma, TFUE, ed all'art. 41, n. 2, lett. c), della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
    2 Tale domanda è stata proposta nell'ambito di una controversia che oppone la sig.ra C. alla Regione Siciliana in relazione ad una decisione che prevede la riduzione dell'importo della pensione della sig.ra C. ed il recupero degli importi erogati in rapporto a periodi trascorsi.
     
    Contesto normativo
    3 La legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (GURI n. 192 del 18 agosto 1990), così come modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (GURI n. 42 del 21 febbraio 2005; in prosieguo: la «legge n. 241/1990»), prevede al suo art. 1, n. 1:
    «L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario».
    4 L'art. 3, nn. 1 e 2, della legge n. 241/1990, dispone, per quanto riguarda l'obbligo di motivazione, quanto segue:
    «1. Ogni provvedimento amministrativo (...) deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal [n.]2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
    2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale».
    5 L'art. 21 octies, n. 2, prima frase, della legge n. 241/1990 è formulato come segue:
    «Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
    6 L'art. 3 della legge regionale della Sicilia 30 aprile 1991, n. 10, recante disposizioni per i procedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell'attività amministrativa (in prosieguo: la «legge regionale della Sicilia n. 10/1991»), ricalca l'art. 3 della legge n. 241/1990.
    7 L'art. 37 della legge regionale della Sicilia n. 10/1991 dispone:
    «Per quanto non previsto dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge [n. 241/1990], e successive modifiche ed integrazioni, ed i relativi provvedimenti di attuazione».
     
    Causa principale e questioni pregiudiziali
    8 La sig.ra C., già dipendente della Regione Siciliana, è titolare di pensione a carico di detta amministrazione. Con nota dell'anno 1997, la Regione Siciliana ha comunicato all'interessata che l'ammontare della sua pensione, quale fissato con decreto regionale anteriore, era superiore a quanto effettivamente dovuto e sarebbe stato ridotto, con contestuale recupero delle somme indebitamente versate. La sig.ra C. ha proposto un ricorso in annullamento avverso detta nota dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, contestando il difetto assoluto di motivazione del provvedimento, non essendo possibile, segnatamente, determinare i presupposti di fatto e di diritto che giustificano la riduzione della sua pensione ed il recupero delle somme indebitamente versate.
    9 La Regione Siciliana deduceva, a tal riguardo, che la nota controversa rivestiva natura di atto vincolato ed il contenuto dispositivo della medesima non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Nel corso del procedimento giurisdizionale, essa ha fornito indicazioni circa le ragioni poste alla base di detta nota ed ha concluso per l'impossibilità del suo annullamento, ai sensi dell'art. 21 octies della legge n. 241/1990.
    10 Nella decisione di rinvio, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, espone considerazioni relative alla competenza della Corte per rispondere ai quesiti sollevati. Essa rileva innanzitutto che, nell'ambito della controversia di cui alla causa principale, essa esercita funzioni giurisdizionali. Infatti, in materia di pensioni, essa avrebbe giurisdizione esclusiva di merito e sarebbe competente ad annullare provvedimenti amministrativi. Così, contrariamente a quanto avvenuto per le cause concluse con le ordinanze 26 novembre 1999, causa C-192/98, ANAS (Racc. pag. I-8583), e C-440/98, RAI (Racc. pag. I-8597), in cui la Corte si è dichiarata incompetente a statuire su questioni sollevate dalla Corte dei conti, essa dovrebbe, nell'ambito della presente controversia, essere considerata non come un'autorità amministrativa, bensì come organo giurisdizionale ai sensi dell'art. 267 TFUE.
    11 La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, rileva del pari la ricevibilità delle questioni sollevate. L'art. 1, n. 1, della legge n. 241/1990 conterrebbe un rinvio diretto ed incondizionato ai principi tratti dall'ordinamento giuridico dell'Unione. Il Consiglio di Stato avrebbe statuito, in una recente sentenza (sez. V, n. 4035/2009), che i principi del diritto dell'Unione sono applicabili direttamente nell'ordinamento giuridico interno e devono regolare il comportamento dell'amministrazione. Così, occorrerebbe considerare che l'obbligo di motivazione di cui agli artt. 296, secondo comma, TFUE e 41, n. 2, lett. c), della Carta si applica a tutte le attività dell'amministrazione italiana, sia a quelle espletate nell'attuazione del diritto dell'Unione sia a quelle svolte nell'esercizio di proprie competenze.
    12 Alla luce di quanto precede, anche se, nel caso di specie, la controversia di cui alla causa principale riguarda una situazione puramente interna, il presente rinvio pregiudiziale dovrebbe, ai sensi della giurisprudenza della Corte, essere considerato ricevibile. Ritenendo che la soluzione di detta controversia dipenda dall'interpretazione di tali disposizioni del diritto dell'Unione, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, ha deciso di sospendere il giudizio e di rinviare alla Corte i seguenti quesiti pregiudiziali:
    «1) Se, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e dell'art. 3 della legge regionale della Sicilia n. 10/1991, in relazione all'art. 1 della legge n. 241/90, che obbliga l'amministrazione italiana ad applicare i principi dell'ordinamento dell'Unione europea, in coerenza con l'obbligo di motivazione degli atti della pubblica amministrazione previsto dall'art. 296, secondo comma, [TFUE] e dall'art. 41, n. 2, lett. c), della Carta (...), sia compatibile con il diritto dell'Unione europea l'interpretazione e l'applicazione delle predette norme nazionali, secondo la quale gli atti paritetici, ossia inerenti diritti soggettivi, comunque vincolati, in materia pensionistica, possano sfuggire all'obbligo di motivazione, e se questo caso si configuri come violazione di una forma sostanziale del provvedimento amministrativo.
    2) Se l'art. 21 octies, [n. 2, prima frase,] della legge n. 241/1990, così come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, in relazione all'obbligo di motivazione dell'atto amministrativo sancito dall'art. 3 della medesima legge n. 241/1990 e dalla legge regionale della Sicilia n. 10/1991, in coerenza con l'obbligo di motivazione degli atti della pubblica amministrazione previsto dall'art. 296, secondo comma, [TFUE] e dall'art. 41, [n. 2], lett. c), della Carta (...), sia compatibile con l'art. 1 della legge n. 241/1990, ove si prevede l'obbligo dell'amministrazione di applicazione dei principi dell'ordinamento dell'Unione europea, e, conseguentemente, sia compatibile ed ammissibile l'interpretazione e l'applicazione della possibilità per l'amministrazione di integrare la motivazione del provvedimento amministrativo in sede processuale».
     
    Sulla competenza della Corte
    13 Visti i motivi della decisione di rinvio, occorre chiedersi se la Corte è competente a pronunciarsi sulle questioni che le sono proposte, con riferimento, da un lato, alla qualificazione di «organo giurisdizionale», ai sensi dell'art. 267 TFUE, della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, e, dall'altro, all'oggetto delle questioni proposte.
    14 A tale ultimo riguardo, la Regione Siciliana, i governi italiano, danese, tedesco e greco, nonché la Commissione europea invocano, in sostanza, l'incompetenza della Corte a risolvere le questioni proposte, dal momento che la controversia di cui alla causa principale verte su una situazione puramente interna. I governi italiano e greco nonché la Commissione ritengono in particolare che il rinvio al diritto dell'Unione di cui all'art. 1 della legge n. 241/1990 non soddisfa le condizioni poste dalla giurisprudenza della Corte perché si instauri la competenza di quest'ultima.
    15 Ai sensi dell'art. 267 TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull'interpretazione dei trattati nonché degli atti adottati dalle istituzioni dell'Unione. Nel contesto della cooperazione fra la Corte ed i giudici nazionali, istituita da detta disposizione, spetta solo al giudice nazionale valutare, tenendo conto delle specificità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale all'emanazione della loro sentenza sia la rilevanza delle questioni che essi sottopongono alla Corte (v., in tal senso, sentenza 7 luglio 2011, causa C-310/10, Agafitei e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 24 e 25, nonché la giurisprudenza ivi citata).
    16 Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali vertono sull'interpretazione di una norma di diritto dell'Unione, la Corte è in linea di principio tenuta a pronunciarsi (v. sentenze 16 marzo 2006, causa C-3/04, Poseidon Chartering, Racc. pag. I-2505, punto 15; 28 ottobre 2010, causa C-203/09, Volvo Car Germany, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24, nonché Agafitei e a., cit., punto 26).
    17 In applicazione di questa giurisprudenza, la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell'Unione in situazioni in cui i fatti della causa principale si collocavano al di fuori dell'ambito d'applicazione del diritto dell'Unione ma nelle quali tali disposizioni di detto diritto erano state rese applicabili dal diritto nazionale in forza di un rinvio operato da quest'ultimo al contenuto delle medesime. In queste sentenze, le disposizioni nazionali che riportano le disposizioni del diritto dell'Unione non avevano manifestamente limitato l'applicazione di queste ultime (sentenze 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, Racc. pag. I-4291, punto 23, nonché causa C-28/95, Leur-Bloem, Racc. pag. I-4161, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).
    18 Invero, la Corte ha sottolineato a questo proposito che, quando una normativa nazionale intende conformarsi per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne a quelle adottate nel diritto dell'Unione, al fine, ad esempio, di evitare che vi siano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni di concorrenza, oppure di assicurare una procedura unica in situazioni paragonabili, esiste un interesse certo dell'Unione a che, per evitare future divergenze d'interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell'Unione ricevano un'interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (sentenza Agafitei e a., cit., punto 39, e la giurisprudenza ivi citata).
    19 Pertanto, un'interpretazione, da parte della Corte, di disposizioni del diritto dell'Unione in situazioni puramente interne si giustifica per il fatto che esse sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto ed incondizionato (v., in tal senso, sentenze 28 marzo 1995, causa C-346/93, Kleinwort Benson, Racc. pag. I-615, punto 16, nonché 11 dicembre 2007, causa C-280/06, ETI e a., Racc. pag. I-10893, punto 25), al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell'Unione (v., in tal senso, sentenze Poseidon Chartering, cit., punto 17, nonché 14 dicembre 2006, causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, Racc. pag. I-11987, punto22).
    20 Nel caso di specie, è pacifico che la controversia di cui alla causa principale verte su disposizioni di diritto nazionale che si applicano in un contesto puramente nazionale e di cui sono controverse nella causa principale segnatamente quelle relative alla motivazione dei provvedimenti amministrativi.
    21 In queste circostanze, occorre esaminare se un'interpretazione della Corte delle disposizioni interessate dalle questioni proposte si giustifichi, così come sostenuto dal giudice del rinvio, dal momento che tali disposizioni sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto ed incondizionato, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 19 della presente sentenza, in ragione del rinvio realizzato dall'art. 1 della legge n. 241/1990 ai principi dell'ordinamento giuridico dell'Unione.
    22 A tal proposito, il governo italiano sostiene, in particolare, che l'obbligo di motivazione è disciplinato integralmente dal diritto nazionale relativo al procedimento amministrativo e non può, pertanto, essere oggetto di interpretazione da parte della Corte.
    23 Orbene, la legge n. 241/1990 nonché la legge regionale della Sicilia n. 10/1991 prevedono norme specifiche per quanto riguarda l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi. Inoltre, la legge n. 241/1990, con riferimento alle conseguenze della violazione di tale obbligo, prevede disposizioni specifiche applicabili al procedimento principale attraverso il rinvio operato dall'art. 37 di detta legge regionale della Sicilia.
    24 Infatti, come segnatamente rilevato dallo stesso giudice del rinvio, dalla Regione Siciliana nonché dal governo italiano, l'art. 3 della legge n. 241/1990 e l'art. 3 della legge regionale della Sicilia n. 10/1991 sanciscono il principio dell'obbligo di motivazione degli atti amministrativi, disciplinando, in particolare, il contenuto obbligatorio di siffatta motivazione. Viepiù, quanto alle conseguenze della violazione di tale obbligo, l'art. 21 octies, n. 2, della legge n. 241/1990 prevede che un provvedimento non è annullabile qualora abbia natura vincolata e sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Infine, secondo il giudice del rinvio, tale ultima disposizione ammette, a certe condizioni, la possibilità di integrare la motivazione del provvedimento amministrativo in corso di procedimento.
    25 Al contrario, la legge n. 241/1990, all'art. 1, rinvia in modo generale ai «principi dell'ordinamento comunitario», e non specificamente agli artt. 296, secondo comma, TFUE e 41, n. 2, lett. c), della Carta, a cui si riferiscono le questioni pregiudiziali od ancora ad altre disposizioni del diritto dell'Unione inerenti l'obbligo di motivazione dei provvedimenti.
    26 In queste circostanze non si può considerare che le disposizioni interessate dalle questioni proposte, in quanto tali, siano state rese applicabili in modo diretto dal diritto italiano.
    27 Del pari, non si può ritenere, in tali circostanze, che il rinvio al diritto dell'Unione per disciplinare situazioni puramente interne sia, nel caso di specie, incondizionato, sicché le disposizioni interessate dalle questioni proposte sarebbero applicabili senza limiti alla fattispecie di cui alla causa principale.
    28 A tal proposito, occorre rilevare che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, non ha affatto affermato che tale rinvio comporta la conseguenza di escludere l'applicazione delle norme nazionali relative all'obbligo di motivazione, in favore degli artt. 296, secondo comma, TFUE e 41, n. 2, lett. c), della Carta, i quali sono diretti, peraltro, alla luce della loro formulazione, non già agli Stati membri, bensì unicamente alle istituzioni ed agli organi dell'Unione, o ancora di altre disposizioni del diritto dell'Unione relative all'obbligo di motivazione, anche allorquando venga in considerazione una situazione puramente interna, sì da trattare in modo identico le situazioni puramente interne e quelle disciplinate dal diritto dell'Unione.
    29 Di conseguenza, né la decisione di rinvio, né la legge n. 241/1990 apportano indicazioni sufficientemente precise dalle quali potrebbe dedursi che, richiamandosi, all'art. 1 della legge n. 241/1990, ai principi del diritto dell'Unione, il legislatore nazionale abbia inteso, con riferimento all'obbligo di motivazione, realizzare un rinvio al contenuto delle disposizioni degli artt. 296, secondo comma, TFUE e 41, n. 2, lett. c), della Carta o ancora ad altre disposizioni del diritto dell'Unione inerenti all'obbligo di motivazione dei provvedimenti, al fine di applicare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell'Unione. Non si può dunque concludere che, nel caso di specie, sussista un interesse certo dell'Unione a che sia preservata l'uniformità di interpretazione di dette disposizioni.
    30 Sulla scorta di tutto quanto precede, risulta che la Corte non è competente a risolvere le questioni proposte dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, in considerazione dell'oggetto di tali questioni.
    31 Ciò posto, non occorre esaminare se la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sia, nell'ambito della controversia di cui alla causa principale, un organo giurisdizionale ai sensi dell'art. 267 TFUE.
     
    Sulle spese
    32 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
     
    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
    La Corte di giustizia dell'Unione europea non è competente a risolvere le questioni proposte dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, nella decisione 20 settembre 2010.
    Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Maggio 2012 09:30
     

    Aiuti illegittimi concessi dall'Italia a favore di società recentemente quotate in Borsa: l'Italia non ha fatto abbastanza per recuperarli

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    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 22 dicembre 2010
     
    Inadempimento da parte di uno Stato - Aiuti a favore di società recentemente quotate in Borsa - Recupero
     
    Nella causa C-304/09,
     
    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell'art. 88, n. 2, CE, proposto il 30 luglio 2009,
    Commissione europea, rappresentata dai sigg. L. Flynn e V. Di Bucci nonché dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
    ricorrente,
     
    contro
    Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
    convenuta,
     
    LA CORTE (Prima Sezione),
    composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, A. Borg Barthet, E. Levits e M. Safjan (relatore), giudici,
    avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
    cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 29 settembre 2010,
    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
    ha pronunciato la seguente
     
    SENTENZA
    1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che, non avendo adottato nei termini stabiliti tutti i provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti giudicato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune dalla decisione della Commissione 16 marzo 2005, 2006/261/CE, relativa al regime di aiuti C 8/2004 (ex NN 164/2003) cui l'Italia ha dato esecuzione a favore di società recentemente quotate in Borsa (GU 2006, L 94, pag. 42), e di recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del Trattato CE e delle disposizioni degli artt. 2, 3 e 4 di tale decisione.
     
    Ambito normativo
    2 Il tredicesimo 'considerando' del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo [88 CE] (GU L 83), è così formulato:
    «considerando che in caso di aiuti illegali non compatibili con il mercato comune occorrerebbe ripristinare la concorrenza effettiva; che a tal fine è necessario che l'aiuto, compresi gli interessi, venga recuperato senza indugio; che è opportuno che il recupero avvenga nel rispetto delle procedure di legge nazionali; che l'applicazione di queste procedure non dovrebbe impedire, facendo ostacolo ad un'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, il ripristino della concorrenza effettiva; che, per ottenere detto risultato, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire l'efficacia della decisione della Commissione».
    3 L'art. 14 del regolamento n. 659/1999, intitolato «Recupero degli aiuti», stabilisce:
    «1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (in seguito denominata "decisione di recupero"). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.
    2. All'aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.
    3. Fatta salva un'eventuale ordinanza [della Corte di giustizia delle Comunità europee] emanata ai sensi dell'articolo [242 CE], il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario».
    4 Ai sensi dell'art. 23, n. 1, di questo stesso regolamento:
    «Qualora lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa, in particolare nei casi di cui all'articolo 14, la Commissione può adire direttamente [la Corte di giustizia delle Comunità europee] ai sensi dell'articolo [88, n. 2, CE]».
     
    I fatti e la decisione 2006/261
    5 Con l'art. 1 della decisione 2006/261, la Commissione ha dichiarato che il regime di aiuti di Stato, cui l'Italia ha dato esecuzione sotto forma di agevolazioni tributarie a favore di società ammesse alla quotazione in una Borsa valori regolamentata europea, era incompatibile con il mercato comune.
    6 Come risulta da tale decisione, il regime di aiuti di cui trattasi conferiva due tipi di vantaggi economici. Innanzitutto, introduceva a favore delle società ammesse alla quotazione in una Borsa valori regolamentata un'aliquota ridotta del 20% dell'imposta sul reddito delle società, aumentando così per un triennio l'utile netto realizzato dalle medesime nell'ambito di qualsiasi attività economica. In secondo luogo, il regime aveva l'effetto di ridurre il reddito imponibile nell'esercizio fiscale nel quale aveva avuto luogo l'operazione di ammissione alla quotazione in Borsa. Tali riduzioni si traducevano inoltre nell'applicazione di un'aliquota fiscale effettiva più bassa sui redditi del 2004.
    7 A seguito dell'avvio dell'indagine formale da parte della Commissione, le autorità italiane hanno pubblicamente avvertito i beneficiari potenziali del regime in merito alle possibili conseguenze derivanti dall'accertamento, da parte di tale istituzione, del fatto che detto regime costituiva un aiuto incompatibile con il mercato comune. La Commissione ha ritenuto che fosse comunque necessario il recupero degli aiuti eventualmente già messi a disposizione dei beneficiari.
    8 Più in particolare, gli artt. 2-4 della decisione 2006/261 disponevano quanto segue:
    «Articolo 2
    L'Italia sopprime il regime di aiuti (...) con effetto dall'esercizio fiscale in cui cade la data di notifica della presente decisione.
    Articolo 3
    1. L'Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti (...) già posti illegalmente a loro disposizione.
    2. Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, a condizion[e] che queste consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione.
    3. Il recupero viene completato al più presto. In particolare, qualora l'aiuto sia già stato concesso mediante riduzione dei pagamenti delle imposte dovute durante l'esercizio fiscale in corso, l'Italia deve riscuotere l'intera imposta dovuta con l'ultimo versamento previsto per il 2004. In tutti gli altri casi, l'Italia recupera l'imposta dovuta al più tardi alla fine del periodo fiscale in cui cade la data di notificazione della presente decisione.
    4. Gli aiuti da recuperare comprendono gli interessi, che decorrono dalla data in cui gli aiuti sono divenuti disponibili per i beneficiari fino alla data dell'effettivo recupero.
    5. Gli interessi sono calcolati a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004.
    6. Entro due mesi dalla notificazione della presente decisione, l'Italia ingiunge a tutti i beneficiari degli aiuti di cui all'articolo 1 di rimborsare gli aiuti illegali comprensivi di interessi.
    Articolo 4
    L'Italia informa la Commissione, nel termine di due mesi a decorrere dalla data della notificazione della presente decisione, delle misure adottate e previste per conformarvisi. Tali informazioni vengono comunicate tramite il questionario di cui all'allegato 1 della presente decisione. L'Italia presenta entro lo stesso termine tutti i documenti comprovanti l'avvenuto avvio del procedimento di recupero nei confronti dei beneficiari degli aiuti illegali».
     
    Il ricorso presentato contro la decisione 2006/261
    9 Il 26 maggio 2005, la Repubblica italiana ha presentato dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee un ricorso mirante all'annullamento della decisione 2006/261. La Repubblica italiana non ha chiesto provvedimenti provvisori.
    10 Con sentenza 4 settembre 2009, causa T-211/05, Italia/Commissione (Racc. pag. II-2777), il Tribunale ha respinto detto ricorso. Il 16 novembre 2009, la Repubblica italiana ha impugnato tale sentenza. Tale impugnazione, iscritta al ruolo con il numero C-458/09 P, è attualmente pendente dinanzi alla Corte.
     
    La fase precontenziosa del procedimento
    11 Il 17 marzo 2005, la decisione 2006/261 è stata notificata alla Repubblica italiana.
    12 Al fine di dare esecuzione a questa decisione, le autorità italiane hanno adottato un certo numero di provvedimenti e ne hanno informato la Commissione. Così, in particolare, il procedimento di esecuzione si è svolto nel modo seguente:
    - è stato elaborato un progetto di legge per attuare la decisione 2006/261;
    - di fronte a difficoltà nell'iter legislativo dell'adozione di una legge, le autorità italiane hanno optato nel luglio 2006 per il recupero degli aiuti illegittimi per via amministrativa;
    - l'Agenzia delle Entrate (in prosieguo: l'«Agenzia») ha proceduto alla previa notifica ai contribuenti interessati di una comunicazione contenente l'ingiunzione di pagamento, entro 60 giorni, degli importi dovuti e sono stati istituiti appositi codici che consentono ai soggetti beneficiari di restituire spontaneamente l'aiuto fruito unitamente agli interessi; sono state diramate apposite comunicazioni di servizio alle Direzioni Regionali e agli uffici locali incaricati di procedere ai relativi riscontri e recuperi entro il 30 settembre 2006;
    - due società hanno presentato ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali italiani in materia tributaria contro gli atti miranti a recuperare gli aiuti; una società è risultata soccombente in primo grado e, successivamente, ha versato integralmente gli importi dovuti il 1^ aprile 2009; nel caso dell'altra società che era il principale beneficiario dell'aiuto, la Commissione tributaria provinciale di Modena ha sospeso l'atto di ingiunzione di pagamento, indicando come motivo decisivo di questa sospensione il fatto che tale atto di ingiunzione sarebbe stato adottato in assenza di un fondamento giuridico; statuendo in appello contro la decisione di primo grado che annullava tale atto di ingiunzione, la Commissione tributaria regionale di Bologna ha ordinato la sospensione del procedimento, affermando in particolare che dinanzi al Tribunale era pendente il ricorso di annullamento della decisione 2006/261 (causa T-211/05, sopra citata);
    - il legislatore italiano ha cercato di risolvere per via legislativa il problema procedurale derivante dalla sospensione degli ordini miranti al recupero degli aiuti accordata dai giudici nazionali, adottando il decreto legge 8 aprile 2008, n. 59 (GURI 84 del 9 aprile 2008, pag. 3; in prosieguo: il «decreto legge n. 59/2008»), convertito in legge con la legge 6 giugno 2008, n. 101 (GURI n. 132 del 7 giugno 2008, pag. 4).
    13 Durante tutta la fase precontenziosa del procedimento, la Commissione ha insistito sull'esecuzione immediata ed effettiva della decisione 2006/261. Inoltre, essa ha chiesto più volte ulteriori chiarimenti ed informazioni sui soggetti beneficiari e sui termini di adozione delle disposizioni normative di recupero. Le richieste della Commissione erano motivate sia con l'insufficienza, ai suoi occhi, delle informazioni fornite dalle autorità italiane, sia con un aggiornamento dei dati sullo stato di avanzamento del recupero dell'aiuto. Le autorità italiane hanno informato la Commissione, con diverse lettere successive, circa lo stato e le modalità dell'esecuzione della decisione 2006/261.
    14 La Commissione ha attirato l'attenzione della Repubblica italiana sull'insufficienza del procedimento di recupero dell'aiuto illegittimo, atteso che l'importo totale degli aiuti indebitamente fruiti e non ancora rimborsati ammontava, al mese di ottobre 2008, ad un totale di EUR 4 365 265,04 (aiuti e interessi). Di conseguenza, a parere della Commissione, il recupero degli aiuti non è progredito nonostante gli intereventi legislativi. In tale contesto, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
     
    Sul ricorso
    Argomenti delle parti
    15 Nel ricorso, la Commissione sostiene che lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare gli aiuti illegittimi è tenuto, ai sensi dell'art. 249 CE, ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l'esecuzione di tale decisione.
    16 Secondo la Commissione, l'obbligo di recupero costituisce un vero e proprio obbligo di risultato. Inoltre, il recupero dovrebbe essere non solo effettivo, ma anche immediato.
    17 Per quanto riguarda il disegno di legge iniziale che la Repubblica italiana aveva intenzione di emanare per dare esecuzione alla decisione 2006/261, la Commissione avrebbe più volte richiamato l'attenzione sul fatto che la scelta di uno strumento legislativo non costituiva il mezzo più adeguato per garantire l'esecuzione immediata ed effettiva di tale decisione.
    18 Orbene, l'applicazione delle procedure nazionali non dovrebbe ostacolare il ripristino di una concorrenza effettiva. Queste procedure dovrebbero invece essere adottate con lo scopo di garantire l'efficacia della decisione 2006/261.
    19 La Commissione osserva poi che il solo mezzo di difesa che possa essere fatto valere dalla Repubblica italiana nella presente causa è quello relativo ad un'impossibilità assoluta di dare esecuzione correttamente alla decisione 2006/261. Orbene, le autorità italiane non avrebbero mai fatto valere una qualsiasi impossibilità assoluta al riguardo.
    20 La condizione relativa all'esistenza di un'impossibilità assoluta di esecuzione non sarebbe soddisfatta allorché lo Stato membro convenuto si limita, come nella presente causa, a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presenta l'esecuzione della decisione 2006/261, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l'aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione di tale decisione che avrebbero consentito di superare tali difficoltà.
    21 Per quanto riguarda le decisioni degli organi giurisdizionali con cui vengono disposti i provvedimenti di sospensione, la Commissione sottolinea che il principio di effettività deve applicarsi anche all'operato dei giudici nazionali. In presenza di un'eventuale domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento di recupero presentata dal beneficiario, il giudice nazionale dovrebbe applicare i criteri previsti dalla giurisprudenza per evitare che la decisione di recupero sia privata del suo effetto utile. Orbene, nella presente causa, i provvedimenti di sospensione applicati dai giudici nazionali non soddisferebbero i requisiti che derivano da tale giurisprudenza.
    22 Benché, in forza del decreto legge n. 59/2008, di cui al punto 12 della presente sentenza, in caso di sospensione fondata su motivi attinenti all'illegittimità della decisione di recupero, il giudice nazionale debba, in via di principio, provvedere all'immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte, secondo la Commissione tale normativa nazionale non sembra aver avuto grande effetto sulla pratica procedurale dei giudici nazionali. Infatti, sottolinea la Commissione, oltre quattro anni dopo l'adozione della decisione 2006/261 le autorità italiane hanno recuperato solo il 25,91% degli aiuti per i quali è stata inviata un'ingiunzione di pagamento.
    23 Per quanto riguarda il ricorso d'annullamento della decisione 2006/261 presentato dinanzi al Tribunale, la Commissione sottolinea che la Repubblica italiana ha impugnato tale decisione, senza tuttavia chiederne la sospensione dell'esecuzione. L'ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Modena non farebbe tuttavia alcun riferimento all'esistenza del procedimento dinanzi al Tribunale, né ad eventuali vizi di detta decisione, ma si fonderebbe solo sulla pretesa carenza di fondamento giuridico dell'ordine mirante a recuperare l'aiuto emesso dalle autorità italiane.
    24 Per quanto riguarda infine le due società beneficiarie dell'aiuto, la Commissione fa presente che dal 31 ottobre 2008 non è stato comunicato alcun aggiornamento circa il giudizio pendente in secondo grado, nonché sullo stato del recupero. Questa situazione costituirebbe una violazione dell'obbligo di informazione che incombe alle autorità italiane in forza dell'art. 4 della decisione 2006/261 nonché dall'art. 10 CE.
    25 La Repubblica italiana sostiene che il diritto comunitario non impone di seguire alcuna procedura specifica per il recupero degli aiuti di Stato, ma esige unicamente che l'applicazione delle procedure nazionali sia soggetta alla condizione che queste consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione 2006/261.
    26 Secondo la Costituzione italiana, solo un provvedimento normativo sarebbe idoneo a disciplinare l'attività amministrativa di recupero e i relativi adempimenti. Inoltre, il disegno di legge di cui al punto 17 della presente sentenza tenderebbe a favorire la restituzione spontanea dell'aiuto, proprio allo scopo di accelerare la fase di recupero.
    27 La Repubblica italiana rileva anche che il fatto che lo Stato membro destinatario possa sollevare il solo motivo relativo all'esistenza di un'impossibilità di esecuzione assoluta non impedisce che uno Stato membro il quale, in occasione dell'esecuzione di una decisione quale quella all'origine della presente controversia, incontri difficoltà impreviste o imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione sottoponga tali problemi alla valutazione di quest'ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione di cui trattasi.
    28 Orbene, nella lunga e particolareggiata corrispondenza intervenuta tra la Commissione e le autorità italiane, queste ultime avrebbero segnalato sia le ragioni in base alle quali ritenevano di dover procedere mediante adozione di specifica norma, sia i successivi imprevisti che hanno condotto all'adozione di una procedura di recupero diversa da quella prevista inizialmente, ossia una procedura attuata in via amministrativa.
    29 Per quanto riguarda i provvedimenti giurisdizionali di sospensione, la Repubblica italiana fa valere che la decisione della Commissione tributaria provinciale di Modena di sospendere l'atto di ingiunzione di pagamento sarebbe stata adottata nonostante l'Agenzia avesse insistito sul carattere legittimo del recupero nonché sull'applicabilità diretta della decisione 2006/261 nell'ordinamento giuridico italiano. Per quanto riguarda il procedimento dinanzi alla Commissione tributaria regionale di Bologna, l'Agenzia avrebbe depositato dinanzi a questo giudice una domanda di annullamento dell'ordinanza di sospensione del giudizio di appello. In seguito alla citata sentenza del Tribunale, Italia/Commissione, con la quale tale organo giurisdizionale ha respinto il ricorso presentato contro la decisione 2006/261, l'Agenzia avrebbe nuovamente richiesto la revoca dell'ordinanza di cui trattasi.
    30 Per quanto riguarda infine il motivo basato dalla Commissione su una violazione dell'obbligo di informazione, la Repubblica italiana ha prodotto, nel controricorso, un ulteriore stato della riscossione e del contenzioso pendente in materia.
     
    Giudizio della Corte
    31 Da una costante giurisprudenza risulta che lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare gli aiuti illegittimi è tenuto, in forza dell'art. 249 CE, ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l'esecuzione di tale decisione (v. sentenza 5 ottobre 2006, causa C-232/05, Commissione/Francia, Racc. pag. I-10071, punto 42 e giurisprudenza citata).
    32 Lo Stato membro deve giungere ad un effettivo recupero delle somme dovute (v. sentenza Commissione/Francia, cit., punto 42). Un recupero tardivo, successivo ai termini stabiliti, non può soddisfare i requisiti del Trattato (v., in questo senso, sentenza 14 febbraio 2008, causa C-419/06, Commissione/Grecia, punti 38 e 61).
    33 Conformemente all'art. 3, n. 3, della decisione n. 2006/261, la Repubblica italiana era tenuta a sopprimere il regime di aiuti di cui trattasi al più presto. In particolare, qualora l'aiuto fosse già stato concesso sotto forma di riduzione dei pagamenti delle imposte dovute durante l'esercizio fiscale in corso, tale Stato membro doveva riscuotere l'intera imposta dovuta unitamente agli interessi con l'ultimo versamento previsto per il 2004. In tutti gli altri casi, l'imposta esigibile, maggiorata degli interessi, doveva essere recuperata al più tardi alla fine del periodo fiscale in cui cadeva la data di notificazione di tale decisione, ossia il 17 maggio 2005.
    34 Orbene, nella presente causa, non è contestato che, diversi anni dopo la notifica alla Repubblica italiana della decisione n. 2006/261 e dopo la scadenza di tutti i termini fissati da quest'ultima, una parte considerevole degli aiuti illegittimi non è stata ancora recuperata da tale Stato membro. Una tale situazione è manifestamente incompatibile con l'obbligo di quest'ultimo di pervenire ad un recupero effettivo delle somme dovute e costituisce una violazione del dovere di esecuzione immediata ed effettiva della decisione 2006/261.
    35 Per quanto riguarda gli argomenti della Repubblica italiana presentati per la sua difesa, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, il solo mezzo di difesa che uno Stato membro può opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell'art. 88, n. 2, CE è quello dell'impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 20 settembre 2007, causa C-177/06, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-7689, punto 46, e 13 novembre 2008, causa C-214/07, Commissione/Francia, Racc. pag. I-8357, punto 44).
    36 La condizione dell'impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta quando lo Stato membro convenuto si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presentava l'esecuzione della decisione, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l'aiuto e senza proporre alla Commissione altre modalità di esecuzione della decisione che avrebbero consentito di superare le difficoltà (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 2006, cause riunite da C-485/03 a C-490/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-11887, punto 74, e 13 novembre 2008, Commissione/Francia, cit., punto 46).
    37 La Corte ha dichiarato anche che uno Stato membro, il quale, in occasione dell'esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione, deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest'ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione di cui trattasi. In tal caso, lo Stato membro e la Commissione, in forza del principio che impone agli Stati membri e alle istituzioni dell'Unione doveri reciproci di leale cooperazione, principio che informa in particolare l'art. 10 CE, devono collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato e in particolare di quelle relative agli aiuti di Stato (v., segnatamente, sentenze 4 aprile 1995, causa C-348/93, Commissione/Italia, Racc. pag. I-673, punto 17; 1° aprile 2004, causa C-99/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3353, punto 17; 1° giugno 2006, causa C-207/05, Commissione/Italia, punto 47, e 6 dicembre 2007, causa C-280/05, Commissione/Italia, punto 20).
    38 A tal riguardo, occorre sottolineare che, nei suoi contatti con la Commissione nonché nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica italiana non ha fatto valere alcuna impossibilità assoluta di esecuzione della decisione 2006/261, unico motivo di difesa ammissibile in forza della giurisprudenza di cui al punto 35 della presente sentenza.
    39 In realtà, il governo italiano si è limitato a portare a conoscenza della Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presenta l'attuazione di detta decisione.
    40 E' vero che, nel corso della procedura di recupero, il legislatore italiano ha intrapreso un'azione seria al fine di garantire l'efficacia di tale recupero adottando il decreto legge n. 59/2008. In particolare, dal fascicolo risulta che tale decreto legge, destinato a risolvere il problema procedurale della sospensione degli ordini miranti al recupero degli aiuti disposta dai giudici nazionali, aveva per oggetto di accelerare la definizione delle controversie già in corso.
    41 Tuttavia, il decreto legge n. 59/2008 non ha consentito di porre rimedio al ritardo nel recupero dell'aiuto cui si riferisce la decisione 2006/261. Infatti, esso è stato adottato l'8 aprile 2008, ossia successivamente al 7 febbraio 2007, data della decisione della Commissione tributaria provinciale di Modena con cui viene sospeso l'atto di ingiunzione di pagamento indirizzato al beneficiario principale dell'aiuto illegittimo. Inoltre, nonostante l'entrata in vigore di tale decreto legge, il procedimento relativo al beneficiario principale dell'aiuto è stato sospeso dal giudice di appello.
    42 Orbene, occorre osservare che le azioni legislative destinate a garantire l'esecuzione, da parte dei giudici nazionali, di una decisione della Commissione che obbliga uno Stato membro a recuperare un aiuto illegittimo, le quali vengono adottate in ritardo o risultano inefficaci, non soddisfano i requisiti che derivano dalla giurisprudenza indicata ai punti 31 e 32 della presente sentenza.
    43 Occorre aggiungere che, in ogni caso, le autorità italiane non hanno presentato alcuna domanda intesa a modificare o revocare la decisione della Commissione tributaria provinciale di Modena del 7 febbraio 2007, con cui si ordina la sospensione dell'atto di ingiunzione di pagamento, benché, come ha ammesso la Repubblica italiana all'udienza, una tale domanda possa essere presentata in tale tipo di procedimento. Infine, alla data dell'udienza nella presente causa, la Repubblica italiana non aveva ancora intrapreso alcuna azione al fine di rimuovere la sospensione del procedimento in appello, disposta dalla Commissione tributaria regionale di Bologna il 21 gennaio 2010.
    44 Per quanto riguarda, inoltre, l'argomento della Commissione relativo alla facoltà concessa ai giudici nazionali di adottare provvedimenti di sospensione nel corso della procedura di recupero dell'aiuto, occorre ricordare che detti giudici sono tenuti, in forza dell'art. 14, n. 3, del regolamento n. 659/1999, a garantire la piena effettività della decisione che ordina il recupero dell'aiuto illegittimo ed a giungere ad una soluzione conforme alla finalità perseguita da tale decisione (v. sentenza 20 maggio 2010, causa C-210/09, Scott e Kimberly Clark, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29).
    45 Per quanto riguarda i provvedimenti provvisori di sospensione adottati dai giudici italiani, occorre ricordare che, conformemente ad una giurisprudenza costante [v., in particolare, sentenze 21 febbraio 1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest, Racc. pag. I-415, nonché 9 novembre 1995, causa C-465/93, Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I), Racc. pag. I-3761], tali provvedimenti possono essere concessi purché talune condizioni siano soddisfatte, ossia:
    - se tale giudice nutre gravi riserve sulla validità dell'atto dell'Unione e provvede direttamente ad effettuare il rinvio pregiudiziale, nell'ipotesi in cui alla Corte non sia già stata deferita la questione di validità dell'atto contestato;
    - se ricorrono gli estremi dell'urgenza, nel senso che i provvedimenti provvisori sono necessari per evitare che la parte che li richiede subisca un danno grave e irreparabile;
    - se il giudice tiene pienamente conto dell'interesse dell'Unione;
    - se, nella valutazione di tutti questi presupposti, il giudice nazionale rispetta le pronunce della Corte o del Tribunale di primo grado in ordine alla legittimità dell'atto dell'Unione o un'ordinanza in sede di procedimento sommario diretta alla concessione, al livello dell'Unione europea, di provvedimenti provvisori analoghi.
    46 Occorre anche sottolineare che il giudice nazionale non può limitarsi a sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale per esame di validità, ma deve indicare, al momento di concedere il provvedimento provvisorio, i motivi per cui ritiene che la Corte sarà indotta a constatare l'invalidità dell'atto dell'Unione [sentenza Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I), punto 36].
    47 I requisiti di cui ai due punti precedenti si applicano anche ad un'azione intesa ad ottenere la sospensione del procedimento in appello, nell'ambito della quale viene contestato l'annullamento in primo grado dell'atto nazionale mirante a recuperare l'aiuto illegittimo.
    48 Occorre esaminare se, nella presente causa, le decisioni dei giudici italiani soddisfino tali requisiti.
    49 Gli atti di sospensione, nell'ambito del procedimento di recupero che riguarda il beneficiario principale dell'aiuto illegittimo, sono stati adottati dai giudici italiani per due motivi. In primo luogo, con decisione 7 febbraio 2007, la Commissione tributaria provinciale di Modena ha sospeso l'atto di recupero dell'aiuto, basando la propria decisione di sospensione sul fatto che tale atto di ingiunzione sarebbe stato adottato in assenza di fondamento giuridico. In secondo luogo, con decisioni 26 maggio 2009 e 21 gennaio 2010, la Commissione tributaria regionale di Bologna ha sospeso il procedimento in appello, nell'ambito del quale veniva contestato l'annullamento in primo grado di tale atto di ingiunzione, per il motivo che il ricorso di annullamento della decisione 2006/261 era pendente dinanzi al Tribunale (causa T-211/05).
    50 A tal riguardo occorre rilevare che il primo dei due motivi sopra menzionati non può giustificare, alla luce della giurisprudenza derivante dalle citate sentenze Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest nonché Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I), la sospensione dell'atto mirante a recuperare l'aiuto illegittimo.
    51 Per quanto riguarda il secondo di detti motivi, occorre constatare che si presume che la decisione di un giudice nazionale, il quale intenda sospendere il procedimento necessario per assicurare l'attuazione effettiva di una decisione della Commissione che obbliga lo Stato membro a recuperare l'aiuto illegittimo, per il fatto che la legittimità di tale decisione è contestata dinanzi al Tribunale, debba giustificare tale sospensione, così come è stato ricordato al punto 46 della presente sentenza, esponendo gli argomenti miranti a dimostrare l'invalidità della decisione di cui trattasi.
    52 Questo requisito è confermato dal fatto che un ricorso di annullamento presentato dinanzi al Tribunale contro una decisione che ordina il recupero di un aiuto non ha effetto sospensivo sull'obbligo di dare esecuzione a tale decisione (v. sentenza 6 dicembre 2007, Commissione/Italia, cit., punto 21). Lo stesso vale quando la sentenza del Tribunale, pronunciata nell'ambito di tale ricorso, costituisce oggetto di un'impugnazione dinanzi alla Corte. A tal riguardo occorre aggiungere che, nella fattispecie, la Repubblica italiana non ha chiesto provvedimenti provvisori nell'ambito di detto ricorso di annullamento.
    53 Orbene, nella fattispecie, gli organi giurisdizionali italiani non indicano, nelle loro decisioni, i motivi per cui gli organi giurisdizionali dell'Unione dovrebbero constatare l'invalidità della decisione 2006/261. Inoltre, il procedimento è stato sospeso dalla decisione 21 gennaio 2010 a causa dell'esistenza di un ricorso presentato dinanzi al Tribunale contro la decisione 2006/261, nonostante il fatto che quest'ultimo avesse respinto tale ricorso con una sentenza 4 settembre 2009.
    54 Infine, per quanto riguarda le altre condizioni che devono essere soddisfatte in forza della giurisprudenza indicata al punto 45 della presente sentenza, è sufficiente constatare che le decisioni nazionali di cui trattasi non fanno riferimento all'interesse dell'Unione e che la Commissione tributaria regionale di Bologna non ha affrontato, nelle sue decisioni 26 maggio 2009 e 21 gennaio 2010, la questione dell'urgenza dei provvedimenti disposti.
    55 In tale contesto, occorre constatare che le decisioni di sospensione sono state adottate dagli organi giurisdizionali italiani in manifesta inosservanza dei requisiti del diritto dell'Unione in materia di recupero degli aiuti di Stato.
    56 Da quanto precede risulta che il presente ricorso è fondato in quanto la Commissione addebita alla Repubblica italiana di non aver adottato, nei termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato comune dalla decisione 2006/261 e di recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime.
    57 Tenuto conto della conclusione enunciata al punto precedente, non occorre statuire sul punto delle conclusioni della Commissione mirante a far condannare la Repubblica italiana per non aver comunicato alla Commissione i provvedimenti menzionati in detto punto, dato che tale Stato membro non ha, appunto, proceduto all'esecuzione della decisione 2006/261 nei termini stabiliti (v. citate sentenze 4 aprile 1995, Commissione/Italia, punto 31; 14 dicembre 2006, Commissione/Spagna, punto 82; 20 settembre 2007, Commissione/Spagna, punto 54; 6 dicembre 2007, Commissione/Italia, punto 30, e 13 novembre 2008, Commissione/Francia, punto 67).
    58 Occorre quindi constatare che, non avendo adottato, entro i termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato comune dalla decisione 2006/261, e di recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2 e 3 di tale decisione.
     
    Sulle spese
    59 A termini dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese.
     
    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
    1) Non avendo adottato, entro i termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti dichiarato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune dalla decisione della Commissione 16 marzo 2005, 2006/261/CE, relativa al regime di aiuti C 8/2004 (ex NN 164/2003) cui l'Italia ha dato esecuzione a favore di società recentemente quotate in Borsa, e di recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2 e 3 di tale decisione.
    2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
    Ultimo aggiornamento Mercoledì 08 Giugno 2011 18:53
     


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