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    Gli A.T.O. chiudono i battenti: chi continuerà ad espletare il servizio?

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    N. 876/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 3125 Reg. Ric.
    ANNO 2010
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 3125 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
    M. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Aragona e Giovanni Monforte, con i quali è domiciliato in Catania presso la Segreteria del Tribunale, via Milano 42a;
    contro
    Ato S.p.A. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Scurria, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Egidio Incorpora in Catania, via Aloi, 46;
    e con l'intervento di
    ad adiuvandum:
    ...omissis... di Messina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Giacomo Calderonio, con il quale sono domiciliati in Catania, presso la Segreteria del Tribunale;
    per l'annullamento
    previa sospensione, del bando di gara del 10 novembre 2010, pubblicato sul supplemento alla gazzetta ufficiale della unione europea in data 12 novembre 2010, con il quale l'Ato s.p.a. in liquidazione indice procedura aperta per l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani ed assimilati ed altri servizi connessi nel territorio del comune di Messina relativamente al periodo 1 gennaio 2011-31 dicembre 2015 per l'importo annuo soggetto a ribasso d'asta di euro 23.801.387,47 e per l'importo complessivo soggetto a ribasso d'asta di euro 119.006.937,35 da aggiudicarsi all'offerta economicamente più vantaggiosa; del capitolato speciale d'appalto e del capitolato d'oneri; e per quanto occorre di eventuale deliberazione dell'ato predetta di indizione di tale procedura aperta, ove esistente, e non richiamata nel bando di gara, e, con il ricorso per motivi aggiunti:
    del Bando di gara rettificato, pubblicato sul supplemento alla G.U. della Unione Europea del 23/11/2010.
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Ato S.p.A. in Liquidazione;
    Visto l'atto di intervento ad adiuvandum della ...omissis... di Messina e della ...omissis... di Messina;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il Cons. dott. Gabriella Guzzardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO
    Con atto notarile rep. N. 82352 del 7 settembre 1998, si costituiva tra il Comune di Messina (per il 51% del capitale sociale) e la C. s.c.a r.l.(per il 49% del capitale sociale), la società per azioni a prevalente capitale pubblico denominata M. s.p.a. ai sensi dell'art. 22 lett. e della L. n. 142/90, recepita in Sicilia con la L. Reg. n. 48/91. Successivamente i comuni di Tremestieri Etneo e il comune di Taormina aderivano alla predetta società acquistando parte del capitale sociale (0,74% il primo comune e 0,25% il secondo comune).
    In data 1^ settembre 1999 veniva stipulata tra il comune di Messina e la M. s.p.a. convenzione con la quale "il comune di Messina provvede alla gestione diretta dei servizi pubblici locali nel settore ambientale tramite la società M. s.p.a.";.."la durata della presente convenzione e degli affidamenti disciplinati dalla stessa è pari e coincide con la esistenza e durata della s.p.a. affidataria e cioè fino al 31 dicembre 2010...";.."tale scadenza si intenderà automaticamente prorogata nel caso venga prorogata la durata della s.p.a. affidataria a norma dell'art. 4 dello Statuto della stessa".
    Con atto pubblico del 14/02/2000 veniva stipulato tra il comune di Messina e la società ricorrente atto integrativo della predetta convenzione.
    Successivamente, con atto in data 28/12/2001 veniva costituita l'A.T.O. S.p.a. tra il comune di Messina (90%) e la Provincia Regionale di Messina (10%) e conseguentemente, con deliberazione del commissario straordinario n. 3611 del 21/05/2004, si prendeva atto che tutte le competenze relative alla gestione integrata dei rifiuti sono state delegate alla costituita ATO, e si cedevano le convenzioni stipulate tra il Comune di Messina e la M. s.p.a, demandando all'ATO la titolarità dei rapporti ceduti.
    Secondo le prescrizioni dell'art. 6 dello statuto della M., la C. s.c. a r.l. in data 30/11/06 cedeva le proprie azioni, pari al 49% del capitale sociale della M., al comune di Messina che ne diveniva titolare per il 99,01%.
    L'assemblea straordinaria della società M. con deliberazione dell'assemblea straordinaria dl 21/04/08, prorogava la durata della società fino al 31 dicembre 2025, esercitando il potere di proroga previsto dall'art. 4 dello statuto.
    Frattanto è intervenuta la legge regionale siciliana n. 9/2010 il cui art. 19 prevede che alla data di entrata in vigore della legge (27 aprile 2010) i consorzi e le società d'ambito costituiti ai sensi del D. L.vo n. 152/2006 sono posti in liquidazione.
    A questo punto l'ATO s.p.a., posto in liquidazione a decorrere dal 27/04/2010, con bando di gara del 10 novembre 2010 indiceva la procedura per l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani nel territorio del comune di Messina per il periodo 1/1/2011- 31/12/2015.
    Avverso tale bando viene proposto il ricorso introduttivo sulla scorta delle seguenti censure:
    1)Violazione di legge. Nullità per illiceità della causa. Travisamento dei fatti.
    Il bando impugnato sarebbe nullo per illiceità della causa poiché con esso di eludono disposizioni di legge, in particolare l'art. 19, 3^ comma della L. Reg. sic. n. 9/2010 che disciplina il regime transitorio in conformità con quanto previsto dall'art. 38 L. n. 244/07, che al comma 33 prescrive che siano fatte salve le convenzioni in essere. Secondo le successive disposizioni integrative (D.L. 135/2009, convertito in L, 166/09) le gestioni in essere alla data del 22/08/08 cessano alla data del 31 dicembre 2011. Le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista, ove la selezione del socio sia avvenuta secondo le regole dell'evidenza pubblica, cessano, invece alla scadenza prevista nel contratto di servizio.
    Ritenendo la M. s.p.a. di rientrare nell'ipotesi prevista dalla disposizione da ultimo citata, deduce che l'affidamento di cui gode andrebbe a scadere il 31/12/2025, data di cessazione della società come ritualmente prorogata rispetto alla originaria scadenza del 31/12/2010.
    Comunque la scadenza della convenzione non potrebbe essere retrodatata rispetto al 31/12/2011 come previsto dalle disposizioni prima richiamate.
    2)Nullità per difetto assoluto di attribuzione e/o incapacità d'agire. Violazione dell'art. 1337 c.c. Violazione di legge. Travisamento dei fatti.
    L'ATO s.p.a. in liquidazione non ha il potere di indire una procedura di gara, permanendo in capo ad essa solo il potere - dovere di garantire l'espletamento del servizio sino alla costituzione della "Società per la regolamentazione del servizio di gestioni rifiuti" (S.R.R.) prevista dalla L. Reg. n. 9/2010.
    3)Nullità per mancanza di copertura di spesa. Violazione dell'art. 1346 c.c. Violazione dell'art. 1337 c.c. Violazione di legge. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per pretestuosità manifesta e sviamento.
    Non solo il Bando impugnato ed i relativi capitolato speciale e capitolato d'oneri sarebbero illegittimi perché privi di copertura finanziaria, ma l'ATO avrebbe indetto la gara in questione specificando che i fondi necessari per la copertura del servizio sono garantiti da Comune di Messina, senza però che il consiglio comunale abbia impegnato nel bilancio pluriennale per i prossimi cinque anni la relativa spesa.
    Il bando poi sarebbe illegittimo perché violerebbe i termini prescritti dall'art. 70 del cod. appalti per la ricezione delle offerte, termine che non può essere inferiore a 52 giorni dalla data di trasmissione del bando di gara. Data la complessità delle prestazioni oggetto d'appalto tale termine avrebbe dovuto essere superiore, ma comunque non poteva essere ridotto, come è successo nel caso di specie.
    Il Capitolato speciale d'appalto sarebbe infine illegittimo nella parte in cui prescrive che l'impresa subentrante dovrà assumere il personale in forza presso la società uscente con le modalità e le decorrenze previste nel contratto e non ex novo come previsto dall'art. 6 del contratto collettivo nazionale di categoria, sottoscritto in data 5/04/2008.
    Intervenuta, nelle more del giudizio, con provvedimento n. 1/20010 in data 23 novembre 2010 la rettifica del bando di gara con conseguente riapertura dei termini per la proposizione delle domande di partecipazione alla gara de qua, avverso tale provvedimento la società ricorrente propone ricorso per motivi aggiunti, reiterando le censure poste a sostegno del ricorso principale.
    Con atto depositato in giudizio in data 10/12/2010, sono intervenute ad adiuvandum la ...omissis... e la ...omissis... di Messina, facendo proprie le ragioni addotte da parte ricorrente a favore dei lavoratori dipendenti della M. dei quali tutti non sarebbe garantita la riassunzione da parte del gestore che si renderà aggiudicatario.
    L'ATO, costituito in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso e, con memoria depositata agli atti di causa in data 4 marzo 2011 ha eccepito in via preliminare il difetto di giurisdizione di questo Tribunale in ragione della clausola di deferimento in arbitri delle controversie tra la società M. e l'ATO contenuto nell'art. 19 della convenzione n. 2749/99 integrata dalla convenzione n. 2778/00.
    Alla Pubblica Udienza del giorno 6 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
    DIRITTO
    Il Collegio, in via preliminare prende in considerazione l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, sollevata dall'ATO s.p.a., sul presupposto che sarebbe vigente inter partes la clausola portata dall'art. 19 della convenzione stipulata tra il Comune di Messina e la società M. che devolve alla cognizione arbitrale le insorgende controversie contrattuali.
    Al fine di dirimere la delicata questione occorre, in primo luogo, rilevare che la convenzione stipulata in data 1° settembre 1999, ed integrata con atto del 14 febbraio 2000, tra il Comune di Messina e la società ricorrente, veniva ceduta all'ATO s.p.a. all'atto della sua costituzione intervenuta per atto pubblico del 28/12/02 con le seguenti quote: 90% comune di Messina e 10% Povincia Regionale di Messina.
    Il nuovo soggetto giuridico (l'ATO s.p.a.) è pertanto divenuto titolare di tutti i rapporti derivanti dalle convenzioni cedute, con la conseguenza che si applica inter partes l'art. 19 della originaria convenzione.
    Ma, dalla portata letterale di tale articolo ("Qualunque controversia tra i soci verrà devoluta ad un collegio arbitrale composto di tre membri nominati uno da ciascuno dei due soci ed il terzo, con funzioni di presidente del collegio, dal Presidente del Tribunale di Messina") si evince chiaramente che la devoluzione al collegio arbitrale riguarda le insorgende controversie tra i soci, nascenti dall'applicazione delle disposizioni della convenzione con riferimento al conferimento del servizi (titolo I^) e dagli accordi parasociali (titolo II^).
    Nel caso che ci occupa non si controverte su una clausola o condizione della predetta convenzione, ma si contesta il potere dell'ATO s.p.a. di procedere alla indizione di una gara pubblica per il conferimento del servizio già espletato dalla società ricorrente, in applicazione di norme primarie frattanto intervenute e più in particolare dell'art. 19 della l. reg. n. 9/2010 che disciplina il regime transitorio conseguente alla estinzione delle società e dei consorzi d'ambito in attesa della costituzione delle S.R.R., ove testualmente si statuisce che il regime transitorio per le diverse tipologie di affidamento in essere è disciplinato in conformità a quanto previsto dall'art. 2 comma 38 della L. n. 244/207 e dal comma 8 dell'art. 23 bis del D.L. 112/2008, convertito con la L. n. 133/08, come successivamente modificato ed integrato.
    In realtà parte ricorrente ritiene di potere superare il detto profilo assumendo la perduranza della convenzione in argomento secondo la speciale disciplina portata dal punto c) del comma ottavo dell'art. 23 bis del D.L. 112/08, come convertito e successivamente integrato, a tenore del quale "le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedute competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla cadenza prevista nel contratto di servizio". In sostanza, sul presupposto, da un lato, che la selezione del socio della società M. s.p.a. avrebbe avuto ad oggetto al tempo stesso la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, e, dall'altro lato, che nella convenzione vigente tra le parti in causa è prevista la durata del servizio coincidente con la durata della società M. e che tale durata è stata prorogata fino al 31 dicembre 2025, parte ricorrente deduce addirittura la nullità del bando impugnato perché violativo delle norme imperative di legge richiamate.
    Tale impostazione non si ritiene possa essere condivisa.
    Invero la scelta del contraente privato per la costituzione a suo tempo della società mista M. s.p.a. non è intervenuta sulla base di una gara "a doppio oggetto", vale a dire finalizzata non solo alla individuazione del socio, ma anche alla attribuzione di specifici compiti operativi, come richiesto dall'art. 23 bis prima ricordato: dal bando pubblicato sulla G.U.R.S. parte II n. 47 del 23/11/1996, si ricava agevolmente che la procedura ad evidenza pubblica così incardinata era finalizzata esclusivamente alla scelta del contraente privato al quale è stato richiesto il possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria necessari ad abilitarlo all'attribuzioni dei compiti operativi che la costituenda società mista avrebbe dovuto espletare, senza nessuna specifica attribuzione di essi al socio prescelto sulla scorta delle procedura ad evidenza pubblica indetta.
    In altri termini, con tale bando il Comune di Messina ha inteso procedere esclusivamente alla attribuzione della qualità di socio al soggetto privato più qualificato nel settore in cui la costituenda società mista avrebbe espletato le proprie funzioni, e ciò è stato fatto con la scelta del socio di minoranza (C. s.p.a.).
    Le funzioni e i compiti operativi per la gestione dei servizi di igiene ambientale sono stati poi attribuiti alla costituita società mista M. s.p.a. dal comuni di Messina con la convenzione stipulata il 1^ settembre 1999 successivamente integrata.
    Dalla operata ricostruzione normativa e fattuale, scaturisce che la società ricorrente non si trova:
    né nelle condizioni previste dal punto c) dell'ottavo comma dell'art. 23 bis del D.L. 112/08, come convertito in legge e successivamente modificato ed integrato;
    né nelle condizioni previste dal precedente punto a) come dedotto, in via subordinata dalla società ricorrente, in quanto non viene dimostrato in ricorso il possesso dei requisiti in capo alla società ricorrente perché la stessa venga annoverata tra le società "in house".
    Rileva il collegio conformemente ai principi contenuti nella sentenza del C. di Stato sez. V n. 7214 del 30/'9/2010, che pienamente condivide, che "la differenza tra la società in house e la società mista consiste nel fatto che la prima agisce come un vero e proprio organo dell'amministrazione dal punto di vista sostanziale (e, per questo, è richiesto il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall'amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell'attività dell'ente in house in favore dell'amministrazione stessa), mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica, in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza. In quest'ultimo caso, l'affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l'individuazione del determinato servizio da svolgere (delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all'oggetto).
    Tali principi hanno, dapprima, trovato conferma in sede interna (Cons. Stato, VI, 16 marzo 2009 n. 1555) e sono poi stati affermati anche dalla giurisprudenza comunitaria (Corte Giustizia, sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset).
    La Corte di Giustizia ha, infatti, ritenuto l'ammissibilità dell'affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato (socio non solo azionista, ma soprattutto operativo) e l'affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l'intera durata della concessione.
    A tal fine, le amministrazioni dovranno, fin dalla predisposizione degli atti della gara per la scelta del socio privato, porsi il problema di come consentire alla scadenza del contratto l'eventuale svolgimento di una nuova gara per la scelta di un nuovo socio.
    Non è sufficiente delimitare temporalmente l'affidamento, ma è necessario prevedere un obbligo di cessione della quota del socio privato a condizioni predeterminate all'eventuale nuovo socio, individuato sempre con gara."
    Alla luce delle considerazioni svolte e dei principi contenuti nella sent. del C. di Stato n. 7214/10 appena richiamata, la fattispecie in esame non entra neanche nella previsione di cui al punto b) del comma ottavo dell'art. 23 bis D.L. 112/08, nel testo vigente, ma, coerentemente a quanto ritenuto dalla stazione appaltante nel successivo punto e) a tenore del quale "le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidatario".
    Tutto ciò considerato da cui scaturisce che la società ricorrente non vanta alcun diritto alla prosecuzione del servizio in essere in forza della sussistente convenzione, non trovandosi nelle condizioni previste ex lege per tale invocata prosecuzione, può concludersi che l'attività dell'ATO 3 s.p.a. qui censurata attiene all'espletamento delle competenze istituzionali dell'ente che vanno sottoposte al vaglio di questo giudice, a nulla rilevando la clausola compromissoria che opera esclusivamente con riferimento all'attuazione e alla interpretazione del contratto non più vigente inter partes.
    La controversia all'esame esula pertanto dall'ambito delineato dall'art. 19 della convenzione che dispone la risoluzione arbitrale delle insorgende controversie, rientrando ratione materiae, nella competenza esclusiva di questo giudice.
    A questo punto il Collegio, preso atto che la gara il cui bando qui impugnato, è andata deserta, come concordemente ribadito dalle parti in sede di discussione orale, rileva la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti, nella parte in cui con tali ricorsi si impugna il bando in questione dal quale nessun effetto lesivo degli interessi azionati può più scaturire.
    In relazione alla subordinata domanda contenuta nel punto 3 del petitum del ricorso principale (alla pag. 31) e ribadita nel punto 3 del petitum del ricorso per motivi aggiunti (alla pag. 30), con la quale si chiede che venga dichiarato che la gestione del servizio espletato dalla società M. in base alla convenzione stipulata con il comune di Messina in data 1/09/1999, rientra nell'ipotesi prevista e disciplinata dalla lett. a) del comma 8^ dell'art. 23 bis più volte citato e che pertanto cessa alla data del 31 dicembre 2025, se ne rileva la infondatezza alla luce delle considerazioni già svolte al fine di affermare la giurisdizione di questo per la definizione della controversia de qua.
    Data la peculiarità e la novità delle questioni oggetto del ricorso in esame, le spese del giudizio possono andare integralmente compensate tra le parti.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte lo rigetta.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Calogero Ferlisi
    L'ESTENSORE
    Gabriella Guzzardi
    IL CONSIGLIERE
    Alba Paola Puliatti
     
    Depositata in Segreteria l'11 aprile 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
     

    Società mista: questioni attinenti la revoca dell'incarico di amministratore delegato, a chi spetta la giurisdizione?

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    N. 914/2011 Reg. Prov. Coll.
    N. 1974 Reg. Ric.
    ANNO 2010
    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda ha pronunciato la presente
    SENTENZA
    sul ricorso numero di registro generale 1974 del 2010, proposto da:
    M. A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Orlandini e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, n. 16;
    contro
    Comune di Gallipoli, rappresentato e difeso dall'avv.to Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95^ Rgt Fanteria, n. 9;
    nei confronti di
    G. s.r.l., n.c.;
    per l'accertamento
    dell'obbligo del Comune di Gallipoli di provvedere sulla istanza - diffida del 5 ottobre 2010;
    Visti il ricorso e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gallipoli;
    Viste le memorie difensive;
    Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 2 marzo 2011 il referendario dott. Paolo Marotta e uditi gli avv.ti Giovanni Pellegrino, in sostituzione dell'avv.to Gianluigi Pellegrino, Alessandro Orlandini e Andrea Sticchi Damiani, quest'ultimo in sostituzione dell'avv.to Ernesto Sticchi Damiani;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO E DIRITTO
    A seguito dell'espletamento di gara pubblica bandita dal Comune di Gallipoli nel 2004, la ricorrente è stata individuata, con determinazione dirigenziale del predetto Comune n. 813 dell'8 luglio 2005, quale socio privato di minoranza (49%) per la costituzione di una società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, cui affidare la gestione del servizio della farmacia comunale. Detta società è stata poi costituita nel 2006 con il nome di G.s.r.l.
    Nei patti parasociali stipulati con il Comune di Gallipoli in data 18 maggio 2006 quest'ultimo si impegnava, per sei anni dalla costituzione della società, a garantire la presenza della ricorrente nel Consiglio di amministrazione, assegnando alla medesima i poteri di amministratore delegato e riconoscendole una remunerazione annua di euro 42.500,00. Nei medesimi patti veniva, altresì, precisato che "in caso di incapacità manifesta o di gravi negligenze tale carica potrà essere revocata e la Dott.ssa M. A. dovrà cedere al Comune le proprie quote ad un prezzo che verrà stabilito dal collegio arbitrale statutariamente previsto".
    Nella seduta del 29 maggio 2006 il Consiglio di amministrazione della neocostituita società conferiva alla ricorrente l'incarico di amministratore delegato con mansioni di ordinaria amministrazione della predetta società, riconoscendole il compenso annuo di euro 42.500,00, così come risultante dal verbale di aggiudicazione.
    Nella successiva seduta dell'8 agosto 2006 il Consiglio di amministrazione della società G. s.r.l. nominava la ricorrente Direttore responsabile della farmacia.
    Successivamente, nella seduta del 9 ottobre 2009, il Consiglio di amministrazione della società, ravvisando nell'operato della ricorrente dei comportamenti di mala gestio, le revocava le funzioni di amministratore delegato e l'incarico di direttore di farmacia.
    Detta deliberazione veniva impugnata dalla ricorrente dapprima davanti al Tar Lecce (ric. n. 1564/2009), che con sentenza n. 3186/2009 declinava la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario, e, successivamente, davanti al Tribunale di Lecce che con ordinanza del 3 giugno 2010 sospendeva la efficacia della deliberazione impugnata sul presupposto che la revoca delle deleghe e delle funzioni di direttore di farmacia non fossero state previamente inserite nell'ordine del giorno.
    Con successiva deliberazione, adottata nella seduta del 12 giugno 2010, il Consiglio di amministrazione della G.s.r.l. confermava la precedente deliberazione di revoca. Anche detta deliberazione veniva impugnata davanti al Tar Lecce ed il relativo ricorso (R.G. n. 1227/2010) risulta ancora pendente davanti alla I^ Sezione.
    Nel frattempo la ricorrente con atto stragiudiziale, notificato in data 5 ottobre 2010, diffidava il Consiglio comunale di Gallipoli a dettare, ai sensi dell'art. 42, comma 2, lett. g), del d.lgs. n. 267/2000 l'indirizzo di ripristinare in suo favore, previa revoca della delibera del Consiglio di amministrazione del 12 giugno 2010, l'attribuzione delle deleghe e delle funzioni di Direttore di farmacia.
    Con il ricorso in esame, la ricorrente, dopo aver fatto rilevare che è trascorso inutilmente il termine di trenta giorni assegnato per provvedere, contesta sotto diversi profili la legittimità dell'inerzia dell'amministrazione comunale sulla istanza presentata e chiede che venga accertato l'obbligo della predetta amministrazione di provvedere.
    La ricorrente parte dalla considerazione che l'art. 42 del Testo unico degli enti locali configura il Consiglio comunale quale organo investito di una funzione di indirizzo politico e amministrativo sull'intera attività dell'Ente, che si estende anche, in base alla lett. g) del medesimo articolo, alle aziende pubbliche ed agli enti dipendenti sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune.
    Richiamati l'art. 10 del contratto di servizio, che attribuisce al Comune il potere di procedere alla revoca dell'affidamento in determinate ipotesi, e l'art. 1 dei patti parasociali, secondo il quale in caso di revoca della funzioni di amministratore delegato per incapacità manifesta e grave negligenza, la ricorrente avrebbe dovuto cedere le proprie quote ad un prezzo stabilito da un Collegio arbitrale, la ricorrente sostiene che l'unico soggetto legittimato alla revoca delle funzioni di amministratore delegato e di direttore di farmacia, previo accertamento della sussistenza dei relativi presupposti, era il Comune di Gallipoli.
    La ricorrente evidenzia poi che, pur essendo normativamente prevista la possibilità di affidamento di servizi di rilevanza economica a società a capitale misto pubblico-privato (art. 113, comma 5, lett. b), del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267), condizione di legittimità del ricorso alla scelta del socio privato è, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, che, attraverso la relativa procedura di evidenza pubblica, si realizzi un affidamento della attività operativa al partner privato, così che si attui al tempo stesso l'attribuzione di compiti operativi e della qualità di socio.
    Nel caso di specie, la revoca nei confronti della ricorrente delle funzioni di amministratore delegato avrebbe fatto venir meno le garanzie di legittimità di affidamento del servizio.
    Si è costituito in giudizio il Comune di Gallipoli, eccependo in via preliminare l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e contestando nel merito la sua fondatezza.
    Con memoria depositata in data 26 febbraio 2011 la ricorrente ha avuto modo di soffermarsi diffusamente sulle ragioni che a suo giudizio militano in favore della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
    Alla Camera di Consiglio del 2 marzo 2011, dopo ampia discussione, la causa è stata posta in decisione.
    Preliminarmente, il Collegio è chiamato ad esaminare l'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dalla difesa dell'amministrazione resistente. Quest'ultima sostiene che la pretesa azionata dalla odierna ricorrente, attendendo al diritto (soggettivo) del socio privato di un società mista di essere reintegrato nella carica di amministratore delegato o al diritto (soggettivo) del medesimo socio alla liquidazione della relativa quota sociale, non sarebbe tutelabile con il rimedio del silenzio-rifiuto, disciplinato dall'art. 31 del codice del processo amministrativo.
    A conferma della propria tesi, l'amministrazione resistente:
    - richiama la sentenza del Tar Lecce - Sez. III n. 3186/2009 che, in sede di delibazione della istanza cautelare, ha definito, con sentenza in forma semplificata, il giudizio avente ad oggetto la domanda di annullamento della deliberazione del Consiglio di amministrazione della G. del 9 ottobre 2010 (con la quale erano state revocate alla ricorrente le funzioni di amministratore delegato), declinando la propria giurisdizione, sul presupposto che il contenzioso avviato dalla ricorrente medesima involgesse posizioni sostanziali di diritto soggettivo, tutelabili davanti al giudice ordinario;
    - evidenzia, altresì, che nella giurisprudenza è invalso il principio secondo il quale la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici, che ha il suo fondamento normativo nell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, deve ritenersi circoscritta ai soli atti che incidono sulla erogazione del servizio pubblico ed investono interessi della collettività, con esclusione delle questioni attinenti al diritto societario;
    - pone in rilievo che la qualificazione della posizione giuridica soggettiva della ricorrente in termini di diritto soggettivo renderebbe in ogni caso non ammissibile il ricorso al rito sul silenzio-rifiuto, applicabile solo in relazione al mancato esercizio di potestà pubblicistiche di natura autoritativa a fronte delle quali vengano in rilievo posizioni giuridiche soggettive ascrivibili alla categoria degli interessi legittimi;
    - contesta, infine, la natura provvedimentale del potere di indirizzo sollecitato dalla ricorrente ai sensi dell'art. 42, comma 2 lett. g) del d.lgs. n. 267/2000.
    L'eccezione è fondata.
    La Suprema Corte di Cassazione con riguardo alle società miste con partecipazione pubblico- privata ha avuto modo di precisare che "Il rapporto tra ente pubblico locale e persona giuridica privata è di assoluta autonomia, sicché non è consentito al Comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull'attività della società per azioni mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali.... La posizione del Comune all'interno della società è unicamente quella di socio di maggioranza, derivante dalla "prevalenza" del capitale ad esso conferito; e soltanto in tale veste l'ente pubblico potrà influire sul funzionamento della società ...... avvalendosi non già dei poteri pubblicistici che non gli spettano, ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società (v. art. 2459 c.c.)" (Cassazione civile, Sezioni unite 6 maggio 1995 n. 4989; in senso conforme, Cassazione civile, Sezioni unite 26 agosto 1998 n. 8454; Cassazione civile, Sezioni unite, 15 aprile 2005 n. 7799).
    Orbene, in base al combinato disposto degli artt. 2380 e 2381 del c.c., la nomina dell'amministratore delegato è attribuita al Consiglio di amministrazione della società, sulla base di previsione statutaria o di una delibazione assembleare.
    La delega delle attribuzioni del Consiglio di amministrazione ad uno dei suoi membri non può essere qualificato come un mandato, né può equiparasi integralmente ad una delega di diritto amministrativo, trattandosi di un'ipotesi tipica di autorizzazione con cui si attribuisce ad uno dei soggetti già investito dei poteri di amministrazione dell'ente sociale, quale componente dell'organo collegiale, la facoltà di esercitare da solo detti poteri; tale autorizzazione è destinata a perdere efficacia sia per la revoca della delega che può sopraggiungere in qualsiasi momento, sia per la cessazione della qualità di amministratore dei deleganti e del delegato (Cassazione civile sez. III 17 luglio 1979 n. 4191).
    Ricostruito il quadro normativo di riferimento, deve ritenersi sussistente la legittimazione del Consiglio di amministrazione della società G.s.r.l. in merito alla possibilità di revocare le deleghe precedentemente conferite alla dott.ssa M. A. dal medesimo Consiglio di amministrazione nelle sedute del 29 maggio 2006 e dell'8 agosto 2006.
    Né a conclusioni differenti si può pervenire in relazione al richiamo effettuato dalla ricorrente a quell'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale condizione di legittimità del ricorso alla scelta del socio privato, al fine della costituzione di una società mista di gestione, ai sensi dell'art. 113, comma 5 lett. b) d.lgs. n. 267/2000, è che attraverso la procedura ad evidenza pubblica si realizzi al tempo stesso l'attribuzione di compiti operativi e della qualità di socio (Consiglio di Stato sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4603), in quanto il principio enucleato dalla giurisprudenza sopra richiamata può al più rilevare ai fini della valutazione della legittimità della prosecuzione della gestione del servizio, una volta che al socio privato siano stati revocati i compiti operativi, ma non può essere invocato per esautorare gli organi sociali dei poteri ad essi conferiti dal diritto societario.
    Diversamente opinando si arriverebbe alla inammissibile conclusione di ritenere che lo svolgimento a monte di una gara per la scelta del socio "operativo" di una società mista pubblico-privata istituita per la gestione di un servizio pubblico si traduca nella impossibilità per gli organi societari di revocare in piena autonomia le funzioni conferite al socio privato, pur nelle ipotesi di riscontrate gravi irregolarità gestionali.
    Premesso ciò, rispetto all'esercizio del poteri di revoca delle deleghe precedentemente conferite, la posizione giuridica soggettiva della odierna ricorrente non può che essere qualificata in termini di diritto soggettivo, la cui tutela deve ritenersi rimessa, in base all'ordinario criterio di riparto della giurisdizione, al giudice ordinario.
    La conferma della predetta qualificazione della posizione giuridica soggettiva azionata dalla ricorrente si deduce, a ben vedere, dalla sua stessa prospettazione difensiva.
    La ricorrente, infatti, a sostegno della propria tesi, richiama i patti parasociali stipulati in data 18 maggio 2006, nei quali il Comune di Gallipoli si impegnava, per sei anni dalla costituzione della società, a garantire la presenza della ricorrente nel Consiglio di amministrazione, assegnando alla medesima i poteri di amministratore delegato e riconoscendole una remunerazione annua di euro 42.500,00.
    Orbene, i patti parasociali, che la ricorrente invoca a sostegno delle proprie ragioni, sotto il profilo giuridico, sono degli atti di natura pattizia, dai quali discendono diritti (soggettivi) ed i correlativi obblighi, la cui cognizione non può che essere rimessa al giudice ordinario.
    Il Collegio non ignora che l'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte sopra richiamato ha subito un temperamento nella successiva evoluzione giurisprudenziale e che, in particolare, il Supremo Consesso Amministrativo in Adunanza plenaria ha evidenziato con riguardo alle società miste con partecipazione pubblico- privata la necessità di strumenti di controllo da parte dell'ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 3 marzo 2008 n. 1), da attuarsi attraverso la previsione statutaria di limitazioni alle funzioni gestionali degli organi societari; tuttavia, il Collegio si permette di evidenziare che detti strumenti di controllo sono posti a presidio dell'interesse pubblico, in considerazione del rapporto di strumentalità tra le attività dell'impresa e le esigenze pubbliche che l'ente controllante è chiamato a soddisfare, e non già a tutela della posizione del socio privato. Quest'ultimo, ove ritenga che gli atti di gestione societaria siano lesivi della propria sfera giuridica, non può che ricorrere al giudice ordinario, e ciò è tanto più evidente quando, come nel caso di specie, il socio privato contesta l'azione degli organi societari per violazione di atti di natura pattizia stipulati antecedentemente alla formazione della società con il socio (pubblico) di maggioranza.
    Nel caso di specie, infatti, la ricorrente, sul presupposto della dedotta illegittimità della revoca nei suoi confronti delle funzioni di amministratore delegato della neocostituita società G.s.r.l. e delle funzioni di direttore della farmacia comunale, chiede che venga accertata la illegittimità dell'inerzia della amministrazione comunale di Gallipoli a seguito della istanza, con la quale la ricorrente medesima, invocando l'applicazione dell'art. 42 comma 2 lett. g) del d.lgs. n. 267/2000, ha diffidato il Consiglio comunale di Gallipoli ad adottare un atto di indirizzo per effetto del quale sia imposto al Consiglio di amministrazione della predetta società di ripristinare le funzioni revocate, con corresponsione del relativo compenso dal giugno 2009, ovvero, in alternativa, a seguito di una rinnovazione del procedimento di revoca con il medesimo esito, di liquidare la sua quota sociale.
    In buona sostanza, la ricorrente sollecita l'esercizio del potere pubblico al fine di essere reintegrata nelle funzioni di amministratore delegato della neocostituita società e di responsabile della farmacia comunale ed, a fondamento della propria richiesta, richiama l'art. 1 dei patti parasociali e l'art. 10 dei contratto di servizio.
    Appare, dunque, evidente che la posizione giuridica soggettiva di cui la ricorrente lamenta la lesione non può che essere qualificata in termini di diritto soggettivo e che, conseguentemente, ai fini della relativa tutela non può essere utilizzato il rito speciale di cui all'art. 31 del codice del processo amministrativo.
    Costituisce, infatti, ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il rito sul silenzio può trovare applicazione solo nel caso di mancato esercizio di potestà pubblicistiche di natura autoritativa, a fronte delle quali vengano in rilievo posizioni giuridiche soggettive aventi natura e consistenza di interesse legittimo.
    Né può costituire fondamento della giurisdizione del giudice amministrativo il richiamo all'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato dall'art. 7 della l. 21 luglio 200 n. 25, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi.
    La Corte Costituzionale con sentenza 5-6 luglio 2004 n. 204 ha delimitato l'ambito oggettivo di applicazione della predetta norma, dichiarando non conforme al dettato costituzionale il criterio di riparto della giurisdizione "per blocchi di materie" e stabilendo il principio secondo il quale la individuazione a livello legislativo di nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in deroga all'ordinario criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla causa petendi, deve essere limitata, ai sensi dell'art. 103, comma 1, della Costituzione, a "particolari materie" nelle quali le posizioni giuridiche soggettive siano di difficile qualificazione ovvero si verifichi una commistione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi.
    Conformemente a questi principi la giurisprudenza successiva ha chiarito che, ai sensi dell'art. 33 d.lgs. n. 80/1998 e s.m.i., perché sussista la giurisdizione del giudice amministrativo non è sufficiente il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia o che questa abbia ad oggetto un pubblico servizio, essendo in tal caso necessario che la pubblica amministrazione agisca esercitando il suo potere autoritativo (Cassazione civile, Sezioni unite, 16 febbraio 2006 n. 3370).
    Oltre a ciò, non si vede perché questo Tribunale, che già ha declinato la propria giurisdizione a fronte della richiesta di annullamento del 1^ provvedimento di revoca delle funzioni attribuite alla ricorrente (con sentenza n. 3186/2009 che, peraltro, non risulta essere stata appellata dalla ricorrente) dovrebbe ritenersi competente a conoscere della illegittimità della inerzia della amministrazione a fronte della richiesta della ricorrente diretta ad ottenere un atto di indirizzo tendente ad incidere proprio sulla legittimità degli atti societari contestati.
    La ricorrente potrà dunque tutelare la propria posizione giuridica, impugnando davanti al giudice ordinario la 2 ^ deliberazione del Consiglio di amministrazione che assume illegittima (come, del resto, ha già fatto con la prima deliberazione del predetto Consiglio di amministrazione) e facendo valere le proprie ragioni, ai fini della liquidazione della quota sociale, davanti al Collegio arbitrale previsto all'art.11 del contratto di servizio sottoscritto dalla ricorrente in data 22 maggio 2006.
    In conclusione, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
    In relazione alla complessità delle questioni sollevate dalla ricorrente, il Collegio ritiene, tuttavia, che le spese di giudizio possano essere compensate tra le parti.
    P. Q. M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la controversia dedotta in giudizio concerne posizioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo tutelabili davanti al giudice ordinario.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
     
    IL PRESIDENTE
    Luigi Costantini
    L'ESTENSORE
    Paolo Marotta
    IL CONSIGLIERE
    Enrico d'Arpe
     
    Depositata in Segreteria il 24 maggio 2011
    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
    Ultimo aggiornamento Giovedì 09 Giugno 2011 17:25
     


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