N. 44/2011 Reg. Prov. Coll.
N. 435 Reg. Ric.
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 435 del 2003 proposto da H. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. V. N. e del procuratore speciale Flavia Scarpellini, difesa e rappresentata dall'avv. Guido Bardelli, dall'avv. Maria Alessandra Bazzani, dall'avv. Jacopo Recla e dall'avv. Franco Bassi, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliata in Parma, via Petrarca n. 20;
la Regione Emilia-Romagna, non costituita in giudizio;
contro
il Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Santo Gnoni e dall'avv. Guglielmo Saporito, ed elettivamente domiciliato in Parma, via Repubblica n. 97, presso lo studio dell'avv. Daniela Barigazzi;
lo Sportello Unico per le Imprese in forma associata tra i Comuni di Reggio Emilia, Albinea, Vezzano sul Crostolo, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 13153/03 del 9 settembre 2003, con cui lo Sportello Unico per le Imprese in forma associata tra i Comuni di Reggio Emilia, Albinea, Vezzano sul Crostolo ha respinto la richiesta di riesame dell'istanza presentata dalla ricorrente per la realizzazione di un impianto fisso di telefonia mobile in via Emilia all'Angelo n. 22;
del parere "non favorevole" di compatibilità urbanistica del Servizio Pianificazione e Qualità urbana del Comune di Reggio Emilia in data 4 agosto 2003;
del parere negativo di compatibilità ambientale del Servizio Ambiente del Comune di Reggio Emilia in data 3 settembre 2003;
del parere contrario espresso dalla Commissione edilizia in data 5 agosto 2003;
- per quanto possa occorrere - del diniego opposto alla ricorrente in data 19 aprile 2003 e dei presupposti pareri negativi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Emilia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Opposto alla società ricorrente il diniego di autorizzazione ex art. 8 della legge reg. n. 30 del 2000 per l'installazione in Reggio Emilia, alla via ...omissis..., di un impianto fisso di telefonia mobile (provvedimento in data 19 aprile 2003), lo Sportello Unico per le Imprese in forma associata tra i Comuni di Reggio Emilia, Albinea, Vezzano sul Crostolo rigettava anche la richiesta di riesame presentata dall'interessata sulla base di una diversa soluzione progettuale rispetto alla precedente (v. provvedimento prot. n. 13153/03 del 9 settembre 2003), e ciò in ragione dei richiamati pareri sfavorevoli del Servizio Pianificazione e Qualità urbana del Comune di Reggio Emilia (in data 4 agosto 2003), del Servizio Ambiente del Comune di Reggio Emilia (in data 3 settembre 2003), della Commissione edilizia (in data 5 agosto 2003).
Avverso tali atti ha proposto impugnativa la società ricorrente, imputando al Servizio Pianificazione e Qualità urbana di avere espresso il suo parere in virtù di considerazioni che non evidenziano reali contrasti con il p.r.g. o che comunque invocano preclusioni immotivate e incompatibili sotto più profili con la disciplina di cui alla legge n. 36 del 2001 e alla legge reg. n. 30 del 2000; rimproverando al Servizio Ambiente un'inadeguata istruttoria, una insufficiente ed errata motivazione e l'indebito esercizio di funzioni di tutela sanitaria; denunciando la circostanza che il parere negativo della Commissione edilizia si fonda su profili ostativi di ordine ambientale ed estetico non fatti propri dalla normativa di piano né adeguatamente argomentati ed illustrati dall'organo consultivo; lamentando che, nell'addurre l'opportunità dell'installazione dell'impianto in altra zona del territorio comunale, l'Amministrazione non abbia tenuto conto dell'esigenza di copertura del servizio in ambito locale. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si è costituito in giudizio il Comune di Reggio Emilia, resistendo al gravame.
All'udienza del 9 febbraio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Il Collegio è innanzi tutto chiamato ad occuparsi delle eccezioni sollevate dalla difesa dell'Amministrazione comunale. Quanto, però, all'addotta cessazione della materia del contendere - in ragione della sopraggiunta autorizzazione alla installazione nel medesimo sito di un impianto di diverse caratteristiche -, è evidente come la sola circostanza che il nuovo impianto differisca da quello non assentito esclude di per sé la piena satisfattività dell'interesse azionato e fa sopravvivere l'utilità ad una pronuncia che accerti l'eventuale illegittimità del diniego, anche in ragione del ritardo con cui il gestore ha iniziato a fruire dell'impianto, e quindi del danno patrimoniale che potrebbe avere lo stesso risentito dalla vicenda. Quanto, invece, alla denunciata tardività di doglianze che si assume dovessero essere formulate avverso il primo diniego - oramai divenuto inoppugnabile -, va rilevato che quello oggetto di censura non costituisce un atto meramente confermativo del precedente, giacché frutto di una nuova istruttoria e pertanto suscettibile di autonoma impugnativa.
Nel merito, il ricorso è fondato.
Va premesso che, in tema di installazione di impianti di telefonia mobile, la giurisprudenza (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2010 n. 6473; 3 giugno 2010 n. 3492; 16 dicembre 2009 n. 8103) ha ripetutamente osservato che il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizio-urbanistica e il dichiarato intento di esercitare le proprie competenze in materia di governo del territorio non possono giustificare l'adozione di misure che nella sostanza costituiscono indirettamente una deroga ai limiti di esposizione fissati dallo Stato, come avviene con il generalizzato divieto di localizzazione di simili impianti nelle zone territoriali omogenee a destinazione residenziale, per derivarne l'effetto della sovrapposizione di una determinazione cautelativa, ispirata al principio di precauzione, alla normativa statale che ha fissato i limiti di radiofrequenza, di fatto eludendola; che l'introduzione di misure tipicamente di governo del territorio (distanze, altezze, localizzazioni, ecc.) trova giustificazione solo se sia conforme al principio di ragionevolezza e alla natura delle competenze urbanistico-edilizie esercitate, e solo se sia sorretta da una sufficiente motivazione sulla base di risultanze acquisite attraverso un'istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua idoneità rispetto al fine perseguito; che ciò vale anche se si prende a riferimento la normativa che alle competenze dei Comuni, dirette ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, aggiunge quella di "minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001), sicché le misure di minimizzazione (distinte dalla citata norma da quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata a tali limiti, essendo invece consentita l'individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della "minimizzazione" emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico; che i "criteri di localizzazione" degli impianti non possono trasformarsi in "limitazioni alla localizzazione", altrimenti diverrebbero incompatibili con la possibilità di realizzare una rete completa di infrastrutture per la telecomunicazione; che non può tradursi la determinazione a regime di limiti di localizzazione degli impianti - atteso il suo carattere generalizzato e il riferimento al dato oggettivo dell'esistenza di insediamenti abitativi - in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, per essere questa competenza riservata allo Stato attraverso l'individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità ; che la scelta dei criteri di insediamento degli impianti deve tenere conto della nozione di "rete di telecomunicazione", che richiede una diffusione capillare sul territorio, in particolare per i casi di telefonia UMTS; che, infine, deve anche tenersi conto del fatto che l'assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria implica che le medesime non siano avulse dall'insediamento abitativo, ma debbano porsi al servizio dello stesso; che, in definitiva, la potestà attribuita in materia agli enti locali deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio dei previsti interessi di rilievo pubblico (in relazione, ad esempio, al particolare valore paesaggistico/ambientale o storico/artistico di individuate porzioni del territorio, ovvero alla presenza di siti che, per la loro destinazione d'uso, possano essere qualificati particolarmente sensibili alle immissioni elettromagnetiche), mentre non può essere introdotto un diffuso divieto di installazione in zone urbanistiche identificate, per costituire tale previsione una misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, con conseguente indebita invasione delle competenze statali in ordine alla determinazione di parametri da applicarsi uniformemente su tutto il territorio nazionale.
Ciò posto, il "parere di compatibilità urbanistica" reso dal Servizio Pianificazione e Qualità urbana del Comune di Reggio Emilia si fonda, in senso sfavorevole, sulla localizzazione dell'impianto in zona residenziale con forte presenza abitativa, sulla prossimità del sito ad area destinata dal piano regolatore ad «attrezzature per l'istruzione dell'obbligo» e sulla conseguente necessità di minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici, sull'opportunità di localizzazioni alternative in aree artigianali vicine alla linea ferroviaria. Sennonché, come si è detto, la mera ubicazione dell'impianto in zona a destinazione residenziale, ove non emergano specifiche e comprovate esigenze di ordine urbanistico-edilizio, non può costituire motivo di per sé ostativo al rilascio della prescritta autorizzazione. Né la prossimità alle aree "sensibili" di cui all'art. 9 della legge reg. n. 30 del 2000 ("Le localizzazioni di nuovi impianti per la telefonia mobile sono vietate in aree destinate ad attrezzature sanitarie, assistenziali e scolastiche... La localizzazione di nuovi impianti in prossimità delle aree di cui al comma 1 avviene perseguendo obiettivi di qualità che minimizzino l'esposizione ai campi elettromagnetici in tali aree") costituisce automatica ragione preclusiva dell'installazione dell'impianto, spettando semmai all'Amministrazione introdurre prescrizioni volte a determinarne condizioni e modalità di esercizio, nella circostanza però inesistenti. Né, ancora, è legittimo l'invito ad optare per aree artigianali vicine alla linea ferroviaria, risolvendosi anche questa indicazione in una "limitazione" incompatibile con l'esigenza di realizzazione di una rete completa di infrastrutture per la telecomunicazione, in funzione di un'uniforme copertura del servizio sull'intero territorio comunale.
Quanto, poi, al "parere di compatibilità ambientale" reso dal Servizio Ambiente del Comune di Reggio Emilia, lo stesso si esprime in termini negativi sulla base dell'inadeguatezza della soluzione proposta per la riduzione dell'impatto visivo dell'impianto e sulla base della maggiore altezza di un adiacente fabbricato residenziale in corso di ultimazione. Sennonché, come la giurisprudenza ha già rilevato (v. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 6 maggio 2005 n. 2697), il diniego di autorizzazione alla installazione di un impianto di telefonia mobile non può fondarsi su ragioni estetiche senza richiamare al contempo la norma, primaria o secondaria, che costituisce la fonte legittimante del potere e il concreto parametro legale di esercizio dello stesso. Né la mera vicinanza di un fabbricato ad uso residenziale può costituire profilo ostativo alla installazione dell'impianto, se non vengono indicate le norme urbanistiche che legittimerebbero tale conclusione e se neppure si dimostra la violazione dei limiti delle emissioni elettromagnetiche fissati dalla disciplina statale.
Quanto, infine, al parere sfavorevole della Commissione edilizia, lo stesso risulta imperniato sull'inidoneità della soluzione consistente nel "...mascheramento con finto camino di altezza di circa 4,00 mt. su edificio di altezza 13 - 14 mt...." perché "...incompatibile con i caratteri specifici dell'area nonché per l'impatto con la tipologia del fabbricato ed i valori percettivi della Via ...omissis... e dell'ambito del torrente ...omissis......". Orbene, oltre a ribadire la carente specificazione dei parametri legali in concreto applicati, il Collegio deve rilevare come, per la sua genericità , il parere difetti degli elementi necessari a rendere comprensibile l'iter logico seguito dall'organo consultivo. E' pur vero che non è stata depositata in giudizio la copia di detto parere e che il suo contenuto viene desunto da quanto riportato dal provvedimento di diniego del 9 settembre 2003 - onde la cognizione integrale dell'atto potrebbe rilevare ulteriori profili argomentativi non indicati dal provvedimento conclusivo del procedimento -, tuttavia si tratta di atto nella disponibilità dell'Amministrazione comunale, la cui inerzia va intesa come una vera e propria ammissione della circostanza che quello censurato dai ricorrenti è l'effettivo e completo contenuto del parere della Commissione edilizia (l'art. 64, comma 2, cod.proc.amm. stabilisce che "...il giudice deve porre a fondamento della decisione... i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite").
In conclusione, essendo i tre pareri inficiati dai rilevati profili di illegittimità , risulta viziato anche il provvedimento conclusivo di diniego, che su quei pareri si fonda. Donde, assorbite le restanti censure, l'accoglimento del ricorso e l'annullamento degli atti suindicati.
Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di Reggio Emilia, e vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento prot. n. 13153/03 del 9 settembre 2003 e i relativi pareri.
Condanna l'Amministrazione comunale al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) - oltre agli accessori di legge -, con rifusione altresì del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2011, con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE F.F.-ESTENSORE
Italo Caso
IL PRIMO REFERENDARIO
Emanuela Loria
IL REFERENDARIO
Silvia Cattaneo
Depositata in Segreteria il 22 febbraio 2011
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)