Martedì 17 Luglio 2012 18:59 |
Sanità e Servizi Sociali/Assistenza pubblica e privata |
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Revisione del nomenclatore regionale: c'è sempre un termine di conclusione del procedimento! |
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sentenza T.A.R. Emilia Romagna - Bologna n. 667 del 05/07/2012 |
Nel caso della revisione del nomenclatore del tariffario regionale, poichè non risulta essere stato predefinito dall'Amministrazione un termine complessivo per l'attivazione e la conclusione del relativo procedimento, deve ritenersi applicabile il termine generale di 30 giorni.
1. Sanità - Case di cura - Convenzioni - Tariffe - Revisione - Procedura
2.Procedimento amministrativo - Conclusione - Termine - Ordinario di 30 giorni - Sussistenza - Fattispecie
3. Sanità - Servizio sanitario nazionale - Piano sanitario - Regionale - Tariffe - Aggiornamento - Criteri - Ratio della disciplina - Conseguenza
1. La revisione delle tariffe/nomenclatore implica l'adozione di un "atto generale" che richiede una articolata formazione procedimentale, con il coinvolgimento della Commissione (organo composto anche con rappresentanti delle componenti interessate) deputata a formulare la proposta "tecnica", sulla base dei "criteri" di riferimento (per l'"aggiornamento") introdotti a livello nazionale dal legislatore.
2. Nel caso della revisione del nomenclatore regionale non risulta essere stato predefinito dall'Amministrazione regionale un termine complessivo per l'attivazione e la conclusione della "revisione del nomenclatore tariffario". Deve ritenersi quindi applicabile il termine generale di 30 giorni. Pur trattandosi di "atto generale di programmazione" (art. 13, L. n. 241/1990) la norma in materia di conclusione entro un termine certo del procedimento (art. 2, L. n. 241/1990, inserita nel Capo I) è infatti, pienamente applicabile, in quanto il legislatore ha esonerato (per tali peculiari provvedimenti, generali / regolamentari) solo l'applicabilità del Capo III ("Partecipazione al procedimento amministrativo") e non anche il Capo I (cfr. art. 13, L. n. 241/1990). Sotto tale profilo quindi l'art. 2, L. n. 241/1990, come modificato dalla L. n. 69/2009 è applicabile alla fattispecie de quo. In sostanza con l'art. 2, L. n. 241/1990, recante norme in materia di procedimento amministrativo, è stato espressamente imposto a tutte le Amministrazioni Pubbliche l'obbligo di concludere i procedimenti con l'adozione di un provvedimento espresso entro il termine specifico prefissato dalle stesse, oppure in assenza di tale predeterminazione, entro il termine di trenta giorni, poi elevato a novanta giorni e successivamente riportato a 30 (l'art. 2 originario è stato infatti modificato dagli artt. 2 e 21, L. 11 febbraio 2005 n. 15; è stato poi sostituito prima dall'art. 3 co. 6-bis, D.L. 14 marzo 2005 n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione; e infine dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 7, L. 18 giugno 2009 n. 69).
3. Per quanto concerne il procedimento di "aggiornamento" a livello regionale delle tariffe, secondo l'impostazione del legislatore nazionale, muovendosi l'esecutivo regionale nell'ambito dei tariffari predisposti a livello statale con definizione della "misura massima" delle tariffe applicabili, una sostanziale aderenza delle tariffe configurerebbe una applicazione "derivata" del decisum nazionale, il che non implicherebbe l'adozione di peculiari ed ulteriori fasi endoprocedimentali nella definizione di corrispettivi che già trovano un fondamento, in via implicita, nel nomenclatore tariffario nazionale. Le Regioni, possono peraltro individuare tariffe maggiori rispetto a quelle massime definite a livello statale; ma il sistema prevede e attua in tal caso una, per così dire, "sanzione contabile" con l'attribuzione dei costi (per la parte superiore a quella definita "massima" dallo Stato) all'ente regionale, con onere a carico del suo bilancio. Questo significa che vi è la libertà di individuare tariffe superiori, ma con il predeterminato effetto di spostamento del peso finanziario (per la quota ulteriore) dallo Stato alla Regione.
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N. 667/2012 Reg. Prov. Coll.
N. 268 Reg. Ric.
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 268 del 2012, proposto da:
F., LABORATORIO M. Srl, + 6, rappresentati e difesi dagli avv. Mauro Barberio, Stefano Porcu, con domicilio eletto presso Stefano Porcu in Cagliari, via Garibaldi N.105;
contro
REGIONE SARDEGNA, rappresentato e difeso dagli avv. Sonia Sau, Tiziana Ledda, con domicilio eletto presso Sarda Ufficio Legale Regione in Cagliari, viale Trento N. 69;
per l'accertamento
dell'illegittimità del SILENZIO SU ISTANZA PER LA
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Sardegna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 il Consigliere dott. Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori avv.ti Porcu e Sau;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
L'ultimo "AGGIORNAMENTO" delle "tariffe" per le prestazioni di laboratorio (revisione) risalgono all' 11.9.2007 (delibera GR n. 34/9).
Sono state impugnate da 3 laboratori con ricorso al Tar Sardegna n. 282 del 2008.
Il Tar con sentenza n. 2107 dell'11.8.2010 ha respinto l'impugnazione.
Il Consiglio di Stato, con sentenza della sez. III n. 6290 del 28.11.2011, riformava la sentenza di primo grado ritenendo carente l'istruttoria svolta in sede di formulazione delle nuove tariffe del 2007, affermando che "la Regione Sardegna, nel ricalcolare gli aggiornamenti delle tariffe per le prestazioni dei laboratori di analisi, dovrà effettuare una congrua istruttoria sui costi di produzione e sui costi generali ed indicare i motivi per cui ha ritenuto che l'aggiornamento tariffario approvato sia idoneo a soddisfare i contrapposti interessi sui quali va ad incidere".
Inoltre è stata ritenuta fondata la censura per illegittimità derivata a causa dell'invalidità degli atti presupposti (DM 22/7/1996 e DM 12/9/2006), entrambi annullati (il primo) con sentenza del Consiglio di Stato n. 1839 del 29/3/2001 e (il secondo) con sentenza del Tar Lazio n. 12.623 del 6/12/2007, con affermazione della inapplicabilità delle tariffe previste da tali DD. MM.
Con istanza del 28 febbraio 2012 (ricevuta dall'Assessorato Sanità il 1.3.12) i ricorrenti hanno formulato:
a) sia istanza di accesso in relazione agli atti adottati in materia di "revisione" delle tariffe/nomenclatore;
b) sia richiesta di attivazione del procedimento e di conclusione dello stesso nel termine di 30 giorni, in applicazione della norma generale contenuta nell'art. 2 della L. 241/1990.
In mancanza di risposta i ricorrenti hanno notificato il 18.4.2012 ricorso avverso il silenzio, depositato il 23/4.
Questa la censura:
violazione degli artt. 2 e 3 della L. 241/1990 e degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo: violazione dell'obbligo di provvedere espressamente sull'istanza dei ricorrenti e totale carenza di motivazione.
E' stata richiesta anche la nomina del Commissario ad acta, in caso di persistente inerzia.
La Regione ha, successivamente al deposito del ricorso giurisdizionale, riscontrato l'istanza con nota del Direttore Generale della Sanità dell'11.5.2012, informando i richiedenti che:
-non erano disponibili provvedimenti ufficiali (per l'accesso);
-era stato attivato il procedimento di ricostituzione della Commissione consultiva, con il rappresentante A.-F. (ciascuna Associazione, oltre ad un rappresentante generale poteva indicare un referente per singola branca);
-il procedimento di revisione del nomenclatore tariffario "avrà inizio" con le tariffe di laboratorio oggetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 6290/2011.
Si è costituita in giudizio la Regione chiedendo il rigetto del ricorso, depositando la nota di riscontro trasmessa al legale dei ricorrenti.
E' stato segnalato che trattasi di atto generale di programmazione, e come tale non sarebbe applicabile il termine breve di legge di 30 gg. per l'adozione del provvedimento finale (art. 2 L. 241/1990), e che mancano i parametri nazionali di riferimento (nomenclatore nazionale).
Alla Camera di consiglio del 20 giugno 2012 la questione è stata discussa e spedita in decisione.
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La revisione delle tariffe/nomenclatore implica l'adozione di un "atto generale" che richiede una articolata formazione procedimentale, con il coinvolgimento della Commissione (organo composto anche con rappresentanti delle componenti interessate) deputata a formulare la proposta "tecnica", sulla base dei "criteri" di riferimento (per l'"aggiornamento") introdotti a livello nazionale dal legislatore.
Il "vuoto" creato con la sentenza di annullamento del Consiglio di Stato del novembre 2011 (che ha annullato le tariffe del 2007) imponeva l'adozione di un nuovo provvedimento generale regionale, di "rideterminazione delle tariffe" per le prestazioni di laboratorio.
Sotto tale profilo sussisteva dunque l'obbligo a provvedere dell'Amministrazione (in luogo del provvedimento assunto nel 2007).
Inoltre, nell'interpretazione assunta con sentenza del Tar Sardegna 14.10.2011 n. 975 la questione dell'aggiornamento del tariffario si riconnette strettamente all'applicazione/proroga del regime di "sconto" imposto con l'art. 1, comma 796 lett. o) Legge 27 dicembre 2006 n. 296, che ha imposto la riduzione del 20% rispetto alle previsioni tariffarie contenute nel DM (Ministro della sanità ) 22 luglio 1996 per le prestazioni specialistiche di diagnostica di laboratorio.
Con tale sentenza si è affermato che il regime transitorio dello sconto (imposto dal 2007) è applicabile fino alla revisione del nomenclatore (e quindi anche oltre al primo triennio), con termine di scadenza non preventivamente individuato dal legislatore.
L'interesse alla rideterminazione del tariffario da parte dei ricorrenti laboratori e dell'associazione rappresentativa di categoria è dunque evidente.
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La legge 241/1990 impone, in generale, l'adozione dei provvedimenti entro termini certi (cfr. art. 2).
In mancanza di termini "propri" è applicabile la disposizione generale che individua in 30 giorni l'obbligo di conclusione dell'iter procedimentale. (art. 2 comma 2).
Il Comma 3 dell'art. 7 della L. 18-6-2009 n. 69, rubricato "Certezza dei tempi di conclusione del procedimento" stabilisce la possibilità per l'Amministrazione di individuare termini massimi fino a 90 giorni.
Il successivo comma 4 dell'art. 7 stabilisce anche la possibilità di estendere il termine a 180 giorni in casi "particolarmente complessi", così prevedendo:
"Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione."
In sostanza i 6 mesi debbono essere considerati un termine idoneo e sufficiente per definire anche gli iter procedimentali particolarmente elaborati ed articolati.
Nel caso di specie (revisione del nomenclatore regionale) non risulta essere stato predefinito dall'Amministrazione regionale un termine complessivo per l'attivazione e la conclusione della "revisione del nomenclatore tariffario".
Deve ritenersi quindi applicabile il termine generale di 30 giorni, tenuto peraltro conto che, dal dicembre 2011 (cioè dalla sentenza di annullamento del Consiglio di Stato delle tariffe), sono comunque ad oggi decorsi 6 mesi (individuato dal legislatore come termine massimo per i procedimenti complessi), ed, allo stato, risulta solo "in corso" la ricostituzione della Commissione consultiva, con segnalazione che il procedimento "avrà inizio".
Nulla di concreto è stato dunque intrapreso in merito all'istruttoria necessaria alla rideterminazione delle tariffe.
Pur trattandosi di "atto generale di programmazione" (art. 13 L. 241/1990) la norma in materia di conclusione entro un termine certo del procedimento (art. 2 241/1990, inserita nel Capo I) è pienamente applicabile, in quanto il legislatore ha esonerato (per tali peculiari provvedimenti, generali / regolamentari) solo l'applicabilità del Capo III ("Partecipazione al procedimento amministrativo") e non anche il Capo I (cfr. art. 13 L. 241/1990).
Sotto tale profilo quindi l'art. 2 della L. 241/1990, come modificato dalla L. 69/2009 è applicabile alla fattispecie de quo.
In sostanza con l'art. 2 della L. 241 del 1990, recante norme in materia di procedimento amministrativo, è stato espressamente imposto a tutte le Amministrazioni Pubbliche l'obbligo di concludere i procedimenti con l'adozione di un provvedimento espresso entro il termine specifico prefissato dalle stesse, oppure in assenza di tale predeterminazione, entro il termine di trenta giorni, (poi elevato a novanta giorni e successivamente riportato a 30: l'art. 2 originario è stato infatti modificato dagli artt. 2 e 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15; è stato poi sostituito prima dall'art. 3, comma 6-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione; e infine dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 7, L. 18 giugno 2009, n. 69).
In ordine alla nota depositata di riscontro (del maggio 2012) dell'Assessorato Sanità si segnala che "Nei loro rapporti, l'art. 21 bis della legge n. 1934/1971 e l'art. 2 della legge n. 241/1990 si pongono in un rapporto di reciproco completamento in coerenza con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione e con quello, rilevante anche per la Convenzione Europea per i diritti dell'uomo, di effettività del rimedio di giustizia amministrativa, previsto dall'ordinamento nazionale. L'interesse all'impugnazione del silenzio non viene meno per il solo fatto che sia stato emesso un atto meramente istruttorio o comunque interno, dovendosi verificare se sia stato emesso un provvedimento che corrisponda nel suo contenuto a quello tipico previsto dalla legge, sia pure non satisfattivo (cfr. C.S. Sez. IV, sent. n. 957 del 18-02-2010, conferma T.a.r. Lazio - Roma, sez. II, n. 05789/2009).
Nel caso di specie il procedimento di revisione delle tariffe per i laboratori non solo non è giunto in via di definizione, ma non risulta neppure intrapreso (si afferma, nella nota, che "AVRA' INIZIO") ed è solo "in corso", allo stato, la ricostituzione della Commissione.
In conclusione il ricorso va accolto, con declaratoria di obbligo della Regione di provvedere entro il termine di 30 giorni alla revisione delle tariffe di laboratorio, in sostituzione a quelle annullate con la sentenza del Consiglio di Stato nel novembre 2011, secondo i criteri vigenti (art. 8 sexies del decreto legislativo 502/1992, come modificato nel 1999 e nel 2008), in particolare 6^ comma, che stabilisce:
"Con la procedura di cui al comma 5^, sono effettuati periodicamente la revisione del sistema di classificazione delle prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe,
Trattandosi di procedimento articolato, con coinvolgimento di organo collegiale consultivo tecnico, si ritiene non opportuno, per ora, provvedere con la nomina di un Commissario ad acta.
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Si ritiene invece opportuno richiamare alcuni RIFERIMENTI NORMATIVI E REGOLAMENTARI in materia di "revisione tariffaria" delle prestazioni specialistiche sanitarie, in quanto il "sistema" di determinazione del tariffario/nomenclatore è articolato in forma "mista", con cooperazione a livello di autorità statale e regionale.
Verranno indicati, in una logica conformativa, i principali elementi di riferimento che si sono stratificati nel tempo, al fine di individuare i corretti parametri normativi per la futura azione dell'Amministrazione, tenuto conto che il settore è, purtroppo, disciplinato in modo estremamente frammentario e sullo stesso hanno inciso annullamenti giurisdizionali da parte del giudice amministrativo.
A) DETERMINAZIONE NAZIONALE DELLE TARIFFE.
Con D. M. 15/4/1994 sono state stabilite le tariffe "massime" (cfr. articolo 1 comma 2) per le prestazioni di "assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera" e definiti (all'art. 3) i "CRITERI" per la determinazione ed aggiornamento sia nazionale che regionale.
Con il successivo DM 22/7/1996 il Ministro della Sanità ha stabilito le tariffe "massime" (cfr. articolo 1 comma 3) per le prestazioni di "assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale", in attuazione dell'articolo 2 comma 9 della legge 549/1995.
Con D.M. 30 6/1997 è stato poi stabilito "l'aggiornamento delle tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera di cui al DM 14/12/1994", anche in questo caso in termini di individuazione della remunerazione "massima" che può essere corrisposta ai soggetti erogatori (cfr. articolo 2 comma 1).
Un decennio dopo, con D. M. del 12/9/2006 n. 24.303, è stato stabilito l'
I 2 DD.MM. del 1996 e del 2006 sono stati entrambi annullati in sede giurisdizionale, in quanto ritenuti compilati in violazione dei criteri definiti all'art. 3 del DM 15.4.1994 (allora vigente). In particolare:
* il DM 22/7/1996 è stato annullato "in parte qua" con sentenza del Consiglio di stato IV n. 1839 del 29.3.2001 (che riformava la sent. TAR Lazio Sezione I bis, n. 229 del 20 gennaio 1998), per difetto di istruttoria, per mancata applicazione dei criteri dettati dallo stesso di DM 15/4/1994, in particolare in relazione all'articolo 3 (cioè per omessa analisi dei "costi produttivi delle strutture private").
* il successivo D. M. 12/9/2006 (che ripescava, per quanto qui interessa, le tariffe del 1996) è stato annullato "in parte qua":
- dal Tar del Lazio, sezione III quater con sentenza n. 12.982 del 12/12/2007, confermata dal Consiglio di Stato V con sentenza del 2/3/2010 n. 1205, per difetto istruttorio e motivazionale;
- ancora, dal Tar del Lazio sezione III quater con sentenza n. 12.623 del 14/11/2007.
Gli annullamenti dei "nomenclatori nazionali" si riferiscono, sostanzialmente, all'omesso rispetto della fase endoprocedimentale per la loro formulazione, come era stata prevista dall'art. 3 del D.M. 15.4.1994 (ora abrogato), in rapporto ai "criteri" ivi contemplati per la definizione delle tariffe.
Per chiarire il quadro normativo in cui ci si trova ad operare, va evidenziato che l'intero del D.M. 15 aprile 1994 è stato formalmente ed integralmente abrogato dal legislatore nazionale con l'articolo 8 sexies, comma 5, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, come modificato dall'articolo 79 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, come modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008 n. 133.
E' cioè venuto meno, quindi, sia l'assetto dei "CRITERI", come definito dall' articolo 3 del D.M. del 1994, "di determinazione delle tariffe", sia le modalità di "aggiornamento" da parte delle Regioni.
In particolare con tale ultima norma il legislatore nazionale ha modificato il comma 5^ (ultima parte) dell'articolo 8 sexies del decreto legislativo 502/1992 s.m. precisando l'espressa ABROGAZIONE (in toto) del D.M. 15 aprile 1994 recante la "determinazione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera".
In sintesi la disposizione primaria (e non meramente regolamentare), contenuta nell'articolo 8 sexies D.Lgs. 502/1992 (articolo aggiunto con il decreto legislativo 229/1999), come successivamente modificato nel 2008, stabilisce i seguenti (NUOVI) CRITERI E PRINCIPI ESSENZIALI (comma 5^):
1) il Ministro della Sanità con apposito decreto, d' intesa con la Conferenza Stato/Regioni, individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unità di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe "massime" da corrispondere alle strutture accreditate, tenuto conto, nel rispetto dei principi di efficienza e di economicità nell'uso delle risorse, anche in via alternativa di:
a) costi standard delle prestazioni calcolate in riferimento a strutture preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità dell'assistenza come risultanti dai dati in possesso del sistema informativo sanitario;
b) costi standard delle prestazioni già disponibili presso le regioni e le province autonome;
c) tariffari regionali e differenti modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali attuate nelle regioni e nelle province autonome;
2) lo stesso decreto ministeriale stabilisce i "criteri generali", nel rispetto del principio del perseguimento dell'efficienza e dei vincoli di bilancio derivanti dalle risorse programmate a livello nazionale e regionale, in base ai quali le regioni adottano il "proprio" sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative di attività , verificate in sede di accreditamento delle strutture stesse;
3) le tariffe "massime" sono assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del servizio sanitario nazionale;
4) gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe "massime" restano a carico dei bilanci regionali;
5) con la medesima procedura sono effettuati "periodicamente" la
6) viene abrogato il DM 15.4.1996.
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II) REGIONI
Le Regioni in base al disposto contenuto nell' originario articolo 3, comma 6, del previgente DM 15 aprile 1994 avevano l' obbligo di procedere all' AGGIORNAMENTO DELLE TARIFFE, con periodicità "almeno triennale", tenendo conto delle innovazioni tecnologiche e delle variazioni dei costi delle prestazioni rilevate (ma tale norma, come si è detto, è stata abrogata).
Posto che il D. M. 15 aprile 1994 è stato espressamente abrogato con legge (cfr. comma 5^ ult. parte dell'art. 8 sexies del decreto legislativo 502 / 1992, come modificato nel 1999 e nel 2008), con tale abrogazione normativa è venuto meno anche l'assetto (individuato dall'art. 3 del DM) ed i "criteri" ivi espressamente indicati ("costi standard di produzione, costi generali, fattori produttivi utilizzati, variazioni del tasso di inflazione, costo del personale, costo dei materiali") in riferimento ad un "campione di prestazioni" (cfr. commi da 1 a 6 dell'art. 3 del DM 15.4.1994).
Peraltro, dall'analisi delle fonti nel frattempo sovrappostesi, si può ritenere, in via interpretativa, che la portata dei criteri fosse già stata implicitamente abrogata con l'intervento della nuova disciplina legislativa in materia di "aggiornamento" periodica (resa solo " eventuale") delle tariffe nazionali.
Infatti si rinvengono diversificati interventi da parte del legislatore che hanno introdotto (a livello di norma primaria) DIFFERENTI CRITERI DI RIFERIMENTO. Trattasi di:
* decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229, che ha introdotto l'articolo 8 sexies al decreto legislativo 502/1992, rubricato "remunerazione": in particolare il comma 6^ per la definizione dei "NUOVI" CRITERI (rispetto ai precedenti) di AGGIORNAMENTO "PERIODICO" delle tariffe, sulla base di alcuni definiti parametri:
"Con la procedura di cui al comma 5, SONO EFFETTUATI PERIODICAMENTE LA REVISIONE DEL SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE PRESTAZIONI E L'AGGIORNAMENTO DELLE RELATIVE TARIFFE, TENENDO CONTO DELLA DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI E UNIFORMI DI ASSISTENZA E DELLE RELATIVE PREVISIONI DI SPESA, DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA E ORGANIZZATIVA, NONCHÉ DELL'ANDAMENTO DEL COSTO DEI PRINCIPALI FATTORI PRODUTTIVI"
* articolo 1 comma 170 della legge 311 del 30 dicembre 2004, che ha stabilito l'aggiornamento delle "tariffe massime", anche attraverso la valutazione comparativa dei tariffari regionali, SENTITE LE SOCIETÀ SCIENTIFICHE E LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA INTERESSATE, con cadenza triennale dall'emanazione del decreto di ricognizione ed "eventuale aggiornamento" delle tariffe massime di cui al precedente periodo e, comunque, in sede di prima applicazione, non oltre il 31 dicembre 2008;
* art. 1 comma 796^ della L. 27.12.2006 n. 296, norma che è intervenuta su più fronti:
-imponendo un sistema di "sconti" sulle prestazioni specialistiche contemplate nel D.M. 22 luglio 1996 (2% o 20%);
- prevedendo l'approvazione (entro il 28 febbraio 2007) da parte delle regioni di un "Piano di riorganizzazione della rete" delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio
-il tutto in riferimento al triennio 2007-2008-2009 per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di "finanza pubblica" (riduzioni/sconti che, poi, la Corte costituzionale con la sentenza n. 94 del 2.4.2009 ha ritenuto legittimi e compatibili con l'impianto costituzionale, in quanto transitoria).
In sintesi la norma finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 comma 796^ ha fatto "rivivere" le "sole" tariffe del 1996 (ancorché il decreto fosse stato già annullato nel 2001 dal Consiglio di Stato) e non anche l'impianto del decreto stesso, trattandosi di mero rinvio/recepimento tariffario e non globale. A tale tariffa, per così dire "convalidata", il legislatore ha applicato, per il triennio 2007/2009 l'ulteriore sconto del 20% (ex lett. "o") prendendo a riferimento (come tariffe base) le tariffe contenute nel DM 1996 (che erano state già ripescate con il D. M. del 2006).
In sostanza il legislatore del 2006 (articolo 1, comma 796 della legge 27/12/2006 n. 296) ha utilizzato come parametro generale di riferimento (per l'applicazione degli "sconti") il nomenclatore tariffario del 22 luglio 1996 attribuendo alle "tariffe" ivi contenute valenza non più regolamentare bensì legislativa dei corrispettivi individuati. E tale disposizione ha retto al vaglio di costituzionalità (cfr. sent. CC. 94 del 2.4.2009).
Il DM 12/9/2006 dunque ha" ripescato" le tariffe contenute nel precedente D. M. del 22 luglio 1996 (per le prestazioni di
Altro ripescaggio, ma questa volta ad opera del legislatore, nei confronti delle (sole) "tariffe" contenute nel medesimo DM 22 luglio 1996 è stato effettuato con l'articolo 1 lett. o) del comma 796 della l. n. 296 del 2006, con ulteriore aggravante della riduzione (del 20%) per queste prestazioni (di laboratorio). La norma ha disposto che "a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le
In sintesi le nuove disposizioni primarie (specie dal 2004) non prevedono, sostanzialmente, più una specifica fase istruttoria, in termini di parametri rigidi e/o predeterminati, con l'utilizzo di "campioni", in ordine al procedimento di definizione ed "aggiornamento" delle tariffe a livello nazionale (come invece stabiliva il DM del 1994).
Viene previsto per lo più un sistema di acquisizione di pareri (acquisizione del parere dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente Stato/Regioni - ex art. 8 sexies comma 5^ e 6^-; sentite le società scientifiche e le associazioni di categoria interessate: -art. 1 comma 170 della L. 311/04-).
Gli unici elementi di cui si deve tener conto, IN SEDE DI AGGIORNAMENTO (nazionale) delle tariffe sono quindi (cfr comma 6^ dell'art. 8 sexies):
- I LIVELLI ESSENZIALI ED UNIFORMI DI ASSISTENZA E RELATIVE PREVISIONI DI SPESA;
- L'INNOVAZIONE TECNOLOGICA E ORGANIZZATIVA;
- L'ANDAMENTO DEL COSTO DEI PRINCIPALI FATTORI PRODUTTIVI.
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Come si è potuto verificare e riscontrare il quadro che si è venuto a creare in materia di "aggiornamento" tariffario nazionale/regionale per prestazioni sanitarie è alquanto articolato e composito.
Un aspetto essenziale in ordine alla disciplina delle fonti è che il D.M. del 15 aprile 1994, che conteneva la disciplina regolamentare ministeriale relativa a "Determinazione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle
Altro successivo D.M. Sanità , dello stesso anno, ma del 14 dicembre 1994, si riferisce alle "prestazioni di
Sempre a livello nazionale il D.M. 22 luglio 1996 ha disposto l'"Aggiornamento delle tariffe delle
Analogo provvedimento ministeriale di "aggiornamento" è stato assunto, poi, con il nuovo DM il 30 giugno 1997, il quale regolamenta espressamente l' "Aggiornamento delle tariffe delle prestazioni di
Inoltre, un ulteriore aggiornamento è stato disposto, un decennio più tardi, con il D.M. del 12.9.2006 n. 24303, con cui è stata compiuta "Ricognizione e primo aggiornamento delle
Con tale DM del 2006, all'art. 3 comma 1^ lett. a) si è stabilito, tra l'altro, che:
"le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del SSN
Quindi l'organo competente nazionale, per questo ramo (specialistica ambulatoriale), nel 2006 ha fatto "rivivere" le tariffe del 1996, confermandole, senza ulteriori integrazioni e/o maggiorazioni economiche, qualificandole espressamente come "tariffe massime".
Per le prestazioni di assistenza ospedaliera il medesimo decreto (all'art. 1) fissa con gli allegati 1 e 2 le tariffe massime (cfr. commi 1 e 2) e dispone per altre voci drastiche riduzioni (per degenze oltre 60 gg.: - 40% o - 30%).
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Esaminato il quadro delle fonti a livello nazionale, vediamo come è stato regolamentato il settore a livello regionale.
In Regione Sardegna si riscontra per molte prestazioni (specie per quelle di laboratorio, di diagnostica e di medicina fisica e di riabilitazione) una necessità di contenimento della spesa, rilevata l'enorme discrasia fra tariffe massime nazionali e tariffe regionali (in vigore con il DAIS 19.5.1998), queste ultime ben superiori alle massime statali.
Con la delibera annullata dal Consiglio di Stato (della GR n. 34/9 del 11.9.2007 "Revisione del nomenclatore tariffario delle prestazioni di specialistica ambulatoriale emanato con la Delib. G.R. n. 19/6 del 28 aprile 1998. Primo riequilibrio delle tariffe regionali verso quelle massime fissate a livello nazionale") era stata assunta, a livello di "nomenclatore tariffario regionale", una posizione di tendenziale "riallineamento" delle tariffe regionali a quelle nazionali.
Ciò in quanto era stato rilevato che in molte prestazioni sanitarie sussisteva una enorme differenziazione fra le tariffe sarde e le pari vigenti a livello nazionale (con differenze, a parità di prestazione, anche di oltre il 100%).
Fu operata, nel 2007, una (tendenziale -e non drastica-) "riduzione" di molte tariffe, proprio al fine di cercare di rendere (più) omogenei i corrispettivi spettanti alle strutture accreditate (a totale parità ed identità di prestazioni), in modo da evitare pesanti ricadute sul bilancio regionale, specie in considerazione del fatto che la Regione era, ormai, divenuta (in luogo dello Stato) il soggetto a carico del quale era stato posto il differenziale economico fissato con le (maggiori) tariffe regionali.
Il parametro di riferimento, per la decisione assunta dalla giunta regionale nel 2007, è stato il DM 12 settembre 2006 (e quindi le tariffe contemplate nel precedente, ripescato, DM 22 luglio 1996).
Il provvedimento di revisione delle tariffe del 2007, come si è detto, è stato annullato dal Consiglio di Stato nel novembre 2011 (sent. n. 6290).
In sede di rinnovazione della procedura di revisione il parametro di riferimento dovrà essere l'art. 8 sexies, comma 6^, del D.lgs. 502/1992, introdotto dall'art. 8 del D. Lgs. 229/1999 (e non il D.M. del 1994 ed i criteri ivi determinati, non più vincolanti, in quanto regolamentazione ormai del tutto abrogata).
In materia di "aggiornamenti delle tariffe", sul piano delle fonti, sono intervenute, a livello nazionale, diverse disposizioni legislative (quindi di rango superiore, rispetto al DM del 1994), nel 1999, nel 2004 e nel 2006.
Innanzitutto, come si è detto, l'art. 8 sexies, comma 6^, del D.lgs. 502/1992, introdotto dall'art. 8 del D. Lgs. 229/1999 (norma quindi successiva al DM del 1994).
Tale norma (primaria) stabiliva, al 6^ comma che:
"con la procedura di cui al comma 5^, sono effettuati
Questa deve essere considerata la norma-fonte in materia (e non quella regolamentare antecedente del 1994) per gli aggiornamenti tariffari nazionali.
Diversa era, sul punto, la previsione contenuta nel D.M. dell'aprile 1994, che, all'art. 3 comma 6^, contemplava, invece, i seguenti limitati parametri:
"Le regioni e le province autonome, con periodicità almeno triennale, provvedono all' aggiornamento delle tariffe, tenendo conto delle innovazioni tecnologiche e delle variazioni dei costi delle prestazioni rilevate".
Diversa ancora era la norma - il comma 1^ dell'art. 3 del medesimo DM 1994-, riferita invece alla (prima) "fissazione" delle tariffe, parametrate al "costo standard di produzione e costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione", non applicabile all'"aggiornamento"; diversamente, il comma 6^ del medesimo art. 3 era, nel 1994, disposizione specifica per l' "aggiornamento" e contemplava specifici (e diversi) parametri ("innovazioni tecnologiche e variazione dei costi delle prestazioni rilevate").
Secondo la norma (primaria) del 1999 la revisione deve avvenire in considerazione dei seguenti parametri:
"DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI ED UNIFORMI DI ASSISTENZA E DELLE RELATIVE PREVISIONI DI SPESA, DELL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA E ORGANIZZATIVA, NONCHÉ DELL'ANDAMENTO DEL COSTO DEI PRINCIPALI FATTORI PRODUTTIVI".
Peraltro va anche considerato che altre norme di finanziaria sono intervenute, in termini riduttivi, a disciplinare la materia (v. art. 1 comma 170^ della L. 311/2004; art. 1 comma 796^ della L. 27.12.2006 n. 296).
In questa logica la Regione procederà alla rideterminazione delle tariffe, legittimamente sorretta dal rispetto del principio di contenimento dei costi, nel tentativo di porre in essere, a livello regionale, una spesa sanitaria "allineata" alla spesa nazionale, in modo da non dover sopportare costi maggiori rispetto alle previsioni statali, e da non rendere "ingiustificabili" presso lo Stato i maggiori costi regionali attribuiti agli accreditati.
Per quanto concerne i parametri di riferimento per "eventuali" (cfr. art. 1 comma 170 4^ periodo della L. 311/2004) incrementi di costo (per le tariffe nazionali) la L. 229/1999 introduce, tra gli altri, il concetto di "variazioni del costo dei principali fattori produttivi", ma lo accompagna anche al concetto di "innovazione tecnologica ed organizzativa", elemento che può a sua volta contribuire a ridurre i costi.
E non va dimenticato che il legislatore nazionale, in sede di finanziaria, ha previsto che le Regioni debbano approvare i "piani di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche", per consentire l'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di
In sintesi:
- la revisione tariffaria non implica necessariamente "aumenti" degli importi corrispondenti alle tariffe in precedenza stabilite;
- l'analisi economica regionale, pur se effettuata a distanza di anni, non deve sfociare in obbligatori aggiornamenti "in crescita", in considerazione del fatto che le prestazioni ben possono "beneficiare" (sotto il profilo economico) anche di economie derivanti da miglioramenti organizzativi e/o strutturali che possono determinare anche diminuzioni nei costi reali;
- la rielaborazione delle tariffe deve consentire la formazione di corrispettivi "idonei" a sostenere e coprire i costi e gli utili delle prestazioni.
L' aggiornamento delle tariffe non "necessariamente" implicherà una "lievitazione" delle tariffe, in quanto le "nuove tecnologie" ben possono determinare un abbassamento dei costi nonché una riduzione dei tempi, con minor impiego di personale.
L'efficienza organizzativa può assumere (e anzi deve assumere, secondo il testo delle finanziarie) un ruolo essenziale e rilevante nell'individuazione dei corrispettivi.
Ed in ogni caso il "LIVELLO UNIFORME DI ASSISTENZA CON LE SUE PREVISIONI DI SPESA" assume un ruolo determinante nella fissazione delle tariffe.
Si rammenta, inoltre, che -come evidenziato nella parte introduttiva relativa alle fonti- anche a livello nazionale si è assistito ad una inversione di tendenza, con il ripescaggio, nel 2006, di tariffe nate un decennio prima (nel 1996), per la specialistica ambulatoriale, al fine di contenere una spesa sanitaria che, evidentemente, era stata rapportata a tariffe che si erano rivelate inadeguate (ma in eccesso), con necessità di essere "ridimensionate" (in basso), considerando anche proprio le intervenute rilevanti "innovazioni tecnologiche" del settore.
E le Tariffe del 2006 sono quelle prese a riferimento dal legislatore, introducendo lo sconto.
Il legislatore nazionale (le cui tariffe erano, oltretutto, nella media di molto inferiori rispetto a quelle regionali vigenti in Sardegna) ha imposto in sede di finanziaria l'applicazione di "sconti" sulle tariffe base, che la Corte costituzionale ha ritenuto legittimi, con la fondamentale sentenza 2 aprile 2009 n. 94, sia per quanto concerne il disposto sconto del 2% (per prestazioni specialistiche) sia per quello del 20% (per prestazioni di diagnostica di laboratorio), come imposti con la legge finanziaria L. 27.12.2006 n. 296, art. 1 comma 796^ (con decorrenza 2007).
Come afferma espressamente la Corte, in questa recente sentenza, " in tal senso è significativo che il testo della norma contenuto nel disegno di legge finanziaria stabiliva un abbattimento delle tariffe fissato in misura più elevata (e cioè pari al 50%) di quella poi stabilita".
Inoltre la Corte ha ritenuto non rilevanti gli annullamenti giurisdizionali intervenuti, "in parte qua", con pronunzia del Consiglio di Stato (cfr. la sentenza della sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839, indicata -in quella sede- quale giudicato asseritamente violato) in quanto "le norme in esame, prive di efficacia retroattiva, non hanno violato il giudicato e gli effetti della pronuncia, poiché hanno soltanto stabilito LA DISCIPLINA APPLICABILE PER IL FUTURO".
La norma legislativa del 2006 dunque conferisce alle tariffe (del 2006) un valore autonomamente rilevante per la disciplina "pro futuro" (a prescindere dagli annullamenti giurisdizionali intervenuti dei provvedimenti generali nazionali).
Nell'ordinamento regionale tariffe considerevolmente più alte rispetto a quelle nazionali (per molte prestazioni specialistiche sanitarie) debbono trovare idonea giustificazione. Altrimenti è necessario compiere un tendenziale riavvicinamento alle tariffe applicate a livello nazionale, al fine di contenere la spesa sanitaria, posto che il "peso" differenziale grava per legge sul bilancio regionale (per gli importi superiori alle tariffe
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Per quanto concerne il procedimento di "AGGIORNAMENTO" a livello regionale delle tariffe si evidenziano alcuni peculiari elementi di valutazione.
Innanzitutto secondo l'impostazione del legislatore nazionale, muovendosi l'esecutivo regionale nell'ambito dei tariffari predisposti a livello statale con definizione della "misura massima" delle tariffe applicabili, una sostanziale aderenza delle tariffe configurerebbe una applicazione "derivata" del decisum nazionale, il che non implicherebbe l'adozione di peculiari ed ulteriori fasi endoprocedimentali nella definizione di corrispettivi che già trovano un fondamento, in via implicita, nel nomenclatore tariffario nazionale.
Le Regioni, come si è visto, possono peraltro individuare tariffe maggiori rispetto a quelle massime definite a livello statale; ma il sistema prevede e attua in tal caso una, per così dire, "sanzione contabile" con l'attribuzione dei costi (per la parte superiore a quella definita "massima" dallo Stato) all'ente regionale, con onere a carico del suo bilancio.
Questo significa che vi è la libertà di individuare tariffe superiori, ma con il predeterminato effetto di spostamento del peso finanziario (per la quota ulteriore) dallo Stato alla Regione.
Nella regione Sardegna si è verificato che le tariffe operanti al livello regionale, per la specialistica di laboratorio, sono decisamente e pesantemente superiori rispetto a quelle vigenti a livello nazionale.
Le tariffe regionali sono ampiamente superiori alle tariffe nazionali del DM 12.9.2006 (ripescate quelle del 1996), che sono state "convalidate" dal legislatore con la L. 296 del 27.12.2006 (art 1 comma 796^ lett. o-).
Sotto l'aspetto normativo si evidenziano alcuni dati di fondo:
1) Va considerato infatti che una trilogia di disposizioni è intervenuta, come si è visto, a livello legislativo, a modificare il quadro di riferimento per la definizione, ricognizione ed "eventuale" aggiornamento delle tariffe (così definito in particolare dall'art 1 comma 170 della L. 311 del 30.12.2004).
2) La L. 296 /2006, art. 1 comma 796^, attribuisce pieno vigore e valore alle "tariffe" di cui al DM 22.7.1996, facendole rivivere a tutti gli effetti, imponendo, oltretutto, uno sconto (del 2 o del 20%, in base al tipo di prestazioni).
3) La rielaborazione di una "fase autonoma endoprocedimentale" nella definizione dell'aggiornamento/riduzione delle tariffe regionali si pone qualora l'esecutivo regionale decida di abbassare, al di sotto del costo standard previsto a livello nazionale per la stessa prestazione, dovendosi in tali ipotesi verificare la sussistenza di copertura dei costi minimi.
Per prestazioni di laboratorio, il parametro statale rimane quello che il legislatore del 2006 ha utilizzato come criterio generale di riferimento (per l'applicazione degli sconti), attribuendo valenza non più regolamentare bensì legislativa ai corrispettivi individuati nel nomenclatore tariffario fissate con DM 12 settembre 2006 (e DM del 22 luglio 1996).
4) La regione deve calibrare le tariffe in modo da consentire un graduale riavvicinamento delle tariffe regionali (pesanti per il bilancio regionale) a quelle comunque applicate e vigenti a livello nazionale (a prescindere dagli annullamenti giurisdizionali intervenuti).
5) In ogni caso l'art. 1 comma 171° della L. 30/12/2004 n. 311 prevedeva espressamente "la facoltà delle singole regioni di procedere, per il governo dei volumi di attività e dei tetti di spesa, alla modulazione,
6) le tariffe debbono coprire i costi di produzione e devono essere remunerative per la struttura erogante.
Del resto lo stesso accordo del 30 agosto 2007 (verbale sottoscritto dall' Assessore regionale alla sanità e dai rappresentanti sindacali SAPMI, ANISAP e API sarda) dava atto che "le organizzazioni sindacali concordano con l'assessore sull'esigenza di .... dare avvio alla progressiva revisione del nomenclatore regionale a partire dalle tariffe che si discostano significativamente da quelle massime nazionali".
E ciò dopo aver riscontrato che 142 prestazioni contemplate nel tariffario del 1998 recavano tariffe superiori rispetto a quelle massime fissate a livello nazionale (cioè fissate con DM 12 settembre 2006, che, a sua volta, ripescava le tariffe contenute nel precedente di DM 22 luglio 1996). In particolare tra queste vi erano alcune
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In conclusione sussiste l'illegittima inerzia della Regione nell'adottare (in luogo del provvedimento annullato giurisdizionale) il nuovo tariffario (revisione/aggiornamento) per le prestazioni specialistiche di laboratorio, procedimento che dovrà essere tempestivamente attivato e concluso, in applicazione del termine generale di cui all'art. 2 della L. 241/1990.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, con obbligo per la Regione di provvedere entro il termine di legge, come da motivazione.
Condanna l'Amministrazione al pagamento di euro 1.500, in favore dei ricorrenti, per spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Â
IL PRESIDENTE
Aldo Ravalli
L'ESTENSORE
Grazia Flaim
IL CONSIGLIERE
Marco Lensi
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Depositata in Segreteria il 5 luglio 2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)