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  • Night club a luci rosse? Il questore può sospendere la licenza

    Mercoledì 13 Giugno 2012 10:18
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    N. 248/2012 Reg. Prov. Coll.

    N. 343 Reg. Ric.

    ANNO 2009

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 343 del 2009, proposto da:

    N. C., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Di Noi, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, v.le V.Colonna, 11;

    contro

    Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, via Buccio di Ranallo C/ S. Domenico;

    per l'annullamento

    del decreto 3 aprile 2009, cat. 10A/09-PASI, con il quale il Questore della Provincia di Pescara ha sospeso per giorni 15 l'attività del night club "...omissis...", gestita dal ricorrente; nonché degli atti presupposti e connessi, tra cui il decreto dello stesso Questore 17 aprile 2009, cat. Q2/2-PAS/09, con il quale è stata disposta la riapertura dell'esercizio con decorrenza 18 aprile 2009.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2012 il dott. Michele Eliantonio e uditi l'avv. Mirko Collevecchio, su delega dell'avv. Vincenzo Di Noi, per il ricorrente e l'avv. distrettuale dello Stato Anna Buscemi per il Ministero resistente;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    Il Questore della Provincia di Pescara con decreto del 3 aprile 2009 ha sospeso per giorni 15 l'attività del night club "...omissis..." in ragione del fatto che nel locale si svolgevano attività ed intrattenimenti a sfondo erotico. In particolare, poiché nel c.d. privè erano state rinvenute ragazze in abiti succinti con le quali i frequentatori potevano appartarsi mediante il pagamento di speciali consumazioni, il Questore ha ritenuto che il locale era "luogo di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione". I gestori sono stati segnalati per tali reati alla competente Autorità giudiziaria.

    Con il ricorso in esame il legale rappresentate della società che gestisce detto night club è insorto dinanzi questo Tribunale avverso tale atto, deducendo le seguenti censure:

    1) che il Questore non era competente ad adottare l'atto di sospensione impugnato;

    2) che l'esercente il locale non avrebbe potuto rifiutare ai clienti le prestazioni del proprio esercizio, per cui non avrebbe potuto svolgere un'adeguata attività di prevenzione;

    3) che non gli era stata data comunicazione dell'avvio del procedimento;

    4) che la revoca parziale dell'atto impugnato, disposta con il successivo decreto del 17 aprile 2009, doveva prevedere un adeguato indennizzo;

    5) che l'atto si basava sulla sola segnalazione da parte dei Carabinieri, insufficiente a sorreggere con adeguata motivazione l'atto impugnato.

    Infine, è stata anche chiesta la condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni derivanti dalla chiusura del locale.

    Il Ministero dell'Interno si è costituito in giudizio, depositando, oltre a tutti gli atti del procedimento, anche un'analitica relazione dell'8 marzo 2010 della Questura di Pescara.

    Alla pubblica udienza del 24 maggio 2012 la causa è stata trattenuta a decisione.

    DIRITTO

    L'impugnato decreto, con il quale il Questore della Provincia di Pescara ha sospeso per giorni 15 l'attività del night club "...omissis...", gestita dal ricorrente, è nella sostanza motivato con riferimento alla considerazione che nel locale si svolgevano attività ed intrattenimenti a sfondo erotico. In particolare, tale atto fa riferimento alla circostanza che nel c.d. privè erano state rinvenute ragazze in abiti succinti con le quali i frequentatori potevano appartarsi mediante il pagamento di speciali consumazioni, per cui il Questore ha ritenuto che il locale era "luogo di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione".

    Successivamente, lo stesso Questore, in accoglimento di specifica richiesta presentata dallo stesso ricorrente - che aveva chiesto la riduzione del periodo di sospensione "per le disagiate condizioni economiche" - con il decreto del 17 aprile 2009, ha disposto la riapertura dell'esercizio con decorrenza 18 aprile 2009.

    Così meglio puntualizzato l'oggetto dell'impugnativa, va subito precisato che il ricorso non è fondato.

    Va al riguardo premesso che l'atto impugnato trova la sua fonte normativa nell'art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il quale testualmente dispone che "il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini".

    Con i cinque motivi di gravame, sopra sommariamente indicati, il ricorrente si è lamentato nella sostanza delle seguenti circostanze:

    a) che il Questore non era competente ad adottare l'atto di sospensione impugnato (motivo n. 1);

    b) che non gli era stata data comunicazione dell'avvio del procedimento (motivo n. 3);

    c) che l'esercente il locale non avrebbe potuto rifiutare ai clienti le prestazioni del proprio esercizio, per cui non avrebbe potuto svolgere un'adeguata attività di prevenzione, e che l'atto si basava sulla sola segnalazione da parte dei Carabinieri, insufficiente a sorreggere con adeguata motivazione l'atto impugnato (motivi n. 2 e 5);

    d) che la revoca parziale dell'atto impugnato, disposta con il successivo decreto del 17 aprile 2009, doveva prevedere un adeguato indennizzo (motivo n. 4.).

    Tali doglianze sono tutte prive di pregio.

    Quanto alla competenza del Questore, va ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente chiarito che la delega ai Comuni del rilascio della licenza per esercizi pubblici per la vendita di alcolici e superalcolici (art. 19 del D.P.R. n. 616 del 1977) non sottrae lo svolgimento dell'attività autorizzata ai controlli di pubblica sicurezza da parte del competente organo dello Stato, per cui oggi resta ferma la competenza assegnata al Questore dal predetto art. 100 del t.u.l.p.s. di sospendere la licenza di esercizio in tutte le ipotesi elencate nella disposizione medesima (Cons. St., sez. VI, 29 luglio 2009 n. 4720, T.A.R. Calabria, sede Catanzaro, sez. II, 22 marzo 2010, n. 329, e T.A.R. Basilicata, 10 settembre 2010, n. 597).

    Quanto, poi, all'avvio del procedimento va ugualmente ricordato che la stessa giurisprudenza ha anche precisato che la natura cautelare e di immediato presidio alle condizioni di ordine pubblico e di sicurezza, peculiare al provvedimento previsto dall'art. 100 del t.u.l.p.s., esclude, per le evidenti ragioni di celerità, l'obbligo del preventivo avviso previsto dall'art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2009, n. 4986, T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, 23 marzo 2011, n. 203, T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. III, 8 giugno 2010, n. 13047, e T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. III, 3 marzo 2010, n. 520).

    E da tale costante orientamento degli organi di giustizia amministrativa il Collegio non rinviene motivi per discostarsi.

    Quanto poi alle ulteriori censure dedotte va premesso, in via generale, che, come è noto, è precluso al giudice amministrativo sindacare le scelte di merito effettuate dall'Amministrazione, per cui la sostituzione da parte del giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell'amministrazione costituisce, in via generale, una ipotesi di sconfinamento vietato nelle ipotesi di giurisdizione di legittimità. Di conseguenza - come è stato di recente anche chiarito dal giudice della giurisdizione, chiamato a meglio definire il c.d. "eccesso di potere giurisdizionale" (cfr., da ultimo, Cass. Civ. SS.UU., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313) - il controllo del giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto ab estrinseco e non può essere mai sostitutivo.

    Ora, poiché il Questore dispone nell'assumere gli atti come quello ora all'esame di una discrezionalità oggettivamente ampia nel valutare i fatti di potenziale pericolo per la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo (salvi i casi di macroscopica irrazionalità o disomogeneità della misura cautelare adottata rispetto all'oggettiva tenuità dei fatti rilevati) l'apprezzamento di merito che conduce alla specifica e puntuale commisurazione del numero di giorni di sospensione cautelativa del locale che ha dato oggettivamente luogo agli episodi di pericolo per i valori di pubblica sicurezza (T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. III, 8 giugno 2010, n. 13047).

    Ciò premesso, va anche osservato il provvedimento con cui il questore sospende la licenza di un esercizio per motivi di ordine pubblico ha prevalentemente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione rispetto ai pericoli che possono minacciare l'ordine e la sicurezza pubblica, e prescinde pertanto dall'accertamento della colpa del titolare, prevalendo la finalità dissuasiva della frequentazione malavitosa durante il periodo di chiusura obbligatoria dell'esercizio stesso (Cons. St., sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 7777, T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, 23 marzo 2011, n. 203, e T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. III, 4 febbraio 2011, n. 352, e 3 marzo 2010, n. 520).

    Tale art. 100, peraltro, non richiede necessariamente, ai fini della sospensione della licenza, che siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che l'esercizio sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o comunque costituisca un pericolo per l'ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini, ma ammette e consente questa misura di prevenzione anche nelle ipotesi in cui - come nel caso di specie - l'esercizio comunque costituisca un pericolo per la moralità pubblica ed il buon costume.

    Con riferimento a quanto sopra esposto, ritiene, pertanto, il Collegio che l'atto impugnato sia immune dalle censure dedotte, in relazione a quanto emerge dai verbali dei carabinieri e dagli interrogatori versati in atti dall'Amministrazione.

    Quanto, infine, alla circostanza che, in accoglimento di una specifica richiesta dell'interessato, il Questore aveva ridotto i giorni di sospensione, sembra evidente che il ricorrente non abbia allo stato alcun interesse ad impugnare tale atto di riforma, che ha comportato un ritiro parziale e limitato dall'atto originariamente assunto. Peraltro, il provvedimento originario - che, come già detto, appare immune dalle censure dedotte - è stato riformato in senso favorevole all'istanza del ricorrente nella sola parte relativa ai giorni di sospensione ancora da scontare, per cui sembra evidente che tale atto sopravvenuto non doveva prevedere alcun indennizzo.

    Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

    Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

    P. Q. M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Condanna il ricorrente al pagamento a favore dell'Amministrazione resistente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di euro 2.000 (duemila) oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali).

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

     

    IL PRESIDENTE

    Umberto Zuballi

    L'ESTENSORE

    Michele Eliantonio

    IL CONSIGLIERE

    Dino Nazzaro

     

    Depositata in Segreteria il 4 giugno 2012

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

     

     
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