Esplicitazione degli oneri di sicurezza
Martedì 17 Maggio 2016 14:04
Valentina Magnano
N. 01317/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01892/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1892 del 2015, proposto da: C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Umberto Ilardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Libranti in Catania, corso Italia, n. 172;
contro
Comune di Siracusa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Gugliotta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Caltabiano in Catania, via Livorno, n. 10;
nei confronti di
E. s.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Fabrizio Laudani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Scuderi in Catania, Via V. Giuffrida, 37 (ed altri), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- dei verbali di gara di tutte le sedute, pubbliche e riservate, relativi alla procedura aperta indetta dal Comune di Siracusa per l'appalto di esecuzione lavori del “progetto pilota restauro e risanamento conservativo di edifici comunali - 2° stralcio, realizzazione URBAN CENTER nell'ambito dell'obiettivo operativo 6.1.1. del P.O. FESR 2007-2013”, sia nella parte in cui sono stati ammessi in gara i concorrenti odierni controinteressati, sia in quella in cui gli stessi non sono stati esclusi, nonché in quella in cui è stata determinata la soglia di aggiudicazione e sia, infine, nella parte in cui è stata disposta l’aggiudicazione provvisoria nei confronti della E.s.r.l.;
- dell'aggiudicazione definitiva in favore della stessa E. s.r.l. e della relativa nota di comunicazione prot. n. 889 del 16 luglio 2015 del Dirigente comunale;
- della nota prot. n. 748 del 29 maggio 2015 di rigetto del preavviso di ricorso ex art. 243 bis del d.lgs. n. 163/2006, proposta dalla costituenda ATI di cui la ricorrente è capogruppo;
- della nota PEC del 9 giugno 2015 con cui la stazione appaltante, nel riscontrare la nota del 4 giugno 2014, prot. 78856, della ricorrente, ha sostanzialmente ribadito le ragioni di non accoglimento del preavviso di ricorso;
- nonché, in genere, di ogni altro atto o provvedimento precedente o successivo e/o comunque connesso presupposto e/o consequenziale;
nonché per la condanna dell’amministrazione appaltante al risarcimento del danno patito dalla ricorrente in forma specifica, tramite l’aggiudicazione dell’appalto in questione in suo favore, eventualmente previa declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato o il subentro della ricorrente nel relativo rapporto contrattuale, ovvero, in subordine, per equivalente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Siracusa e della controinteressata E. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso la società ricorrente C. s.r.l. impugna gli atti in epigrafe, relativi alla gara indetta dal Comune di Siracusa per l’affidamento, mediante procedura aperta e con il criterio del prezzo più basso, dell’appalto di esecuzione lavori del “progetto pilota restauro e risanamento conservativo di edifici comunali - 2° stralcio, realizzazione URBAN CENTER nell'ambito dell'obiettivo operativo 6.1.1. del P.O. FESR 2007-2013” e, in particolare, l’aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata E. s.r.l., assumendone l’illegittimità per non aver la stazione appaltante provveduto ad escludere dalla procedura di gara una serie di concorrenti, tra cui l’aggiudicataria, per mancata indicazione in sede di offerta economica degli oneri di sicurezza interni c.d. aziendali o specifici ai sensi del combinato disposto degli artt. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008, 86, comma 3bis, e 87, comma 4, ultimo periodo, del d.lgs. n. 163/2006, come chiarito dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 3 del 20 marzo 2015.
Parte ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento di tali atti e, per l’effetto, l’aggiudicazione in suo favore, evidenziando come, ove l’amministrazione comunale avesse correttamente provveduto a dette esclusioni, sarebbero rimasti in gara solo un’altra concorrente oltre all’A.T.I. della quale la medesima ricorrente è capogruppo (C. s.r.l. – D.E.C. s.r.l.), con conseguente legittima aggiudicazione in favore di quest’ultima, avendo essa offerto un ribasso maggiore rispetto all’altra.
Si costituiva in giudizio il Comune di Siracusa, rilevando, tra l’altro, come il bando non richiedesse espressamente la necessità di specificare, a pena di esclusione, i costi della sicurezza rispetto al contenuto proprio dell’offerta economica.
Anche la controinteressata E. s.r.l. si costituiva, evidenziando come le disposizioni invocate dalla ricorrente non troverebbero applicazione nel caso di specie, riguardando esse la verifica dell’anomalia ed operando, invece, nella procedura di gara per cui è causa il meccanismo dell’esclusione automatica di cui all’art. 19, comma 6, della l.r. n. 12/2011 come stabilito al punto IV.2.1 del relativo bando di gara.
La Sezione con ordinanza n. 823/2015, “ritenuto che il bando di gara è antecedente alla data della pronunzia dell’Adunanza Plenaria che ha affermato la necessità della indicazione dei costi di sicurezza aziendale e nulla prevedeva al riguardo; considerato che la questione relativa all’applicabilità del principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria alle procedure anteriori è stata rimessa alla detta Adunanza plenaria con ordinanza n. 2707/2015 (sez. IV), anche ai fini dell’utilizzo del rimedio del soccorso istruttorio”, respingeva l’istanza cautelare.
Con successiva memoria il Comune argomentava circa il potenziale contrasto della normativa nazionale in materia di oneri della sicurezza, così come interpretata dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015 e n. 9/2015 (nel frattempo intervenuta), richiamando a tal proposito le recenti ordinanze di rimessione della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del T.A.R. Campani, Napoli (Sezione I, n. 990 del 24 febbraio 2016) e del T.A.R. Piemonte (Sezione II, ù n. 1745 del 16 dicembre 2015) e chiedendo che il Collegio disponesse la sospensione del giudizio in attesa della relativa pronuncia della suddetta Corte, in considerazione del carattere pregiudiziale che la questione assumerebbe anche nel caso di specie.
L’aggiudicataria, poi, con memoria depositata il 22 marzo 2016, poneva in evidenza la realizzazione della quasi totalità dell’opera, con conseguente preclusione all’aggiudicazione in favore della ricorrente.
All’udienza pubblica del 7 aprile 2016 la causa veniva trattata e, dunque, passata in decisione.
Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato sulla base di quell’orientamento, già espresso su fattispecie analoga dalla Sezione con sentenza n. 2991/2015, prevedendo il relativo bando di gara (punto IV.2.1, secondo capoverso) che l’aggiudicazione avvenisse sulla base del criterio del prezzo più basso, con l’“esclusione automatica delle offerte anomale, ai sensi dell’art. 19, comma 6, della L.R. 12/2011”.
Come, infatti, già chiarito in tale pronuncia l’esplicitazione dei costi della sicurezza, anche alla luce degli stessi principi sanciti dalle citate sentenza dell’Adunanza Plenaria, deve intendersi come strettamente “funzionale alla verifica di anomalia dell’offerta, nel senso che (solo) all’interno di tale procedura è data alla stazione appaltante la possibilità legale di escludere il concorrente, ove gli oneri di sicurezza non si rivelassero congrui e/o giustificati”, con la conseguenza che anche nella procedura concorsuale in esame “tale possibilità risulta esclusa in radice … dato che il bando di gara, come già visto, prevede una esclusione automatica delle offerte anomale, e non contempla quindi la fase della valutazione di congruità”.
D’altra parte alcun rilievo assumono le deduzioni al riguardo svolte dalla ricorrente, secondo cui detto meccanismo non troverebbe applicazione nel caso di specie sulla base dell’assunto che le offerte ammesse avrebbero dovuto essere solo due, atteso che, invece, il numero delle offerte ammesse era superiore a dieci, con conseguente inapplicabilità della preclusione stabilita nel bando medesimo per le selezioni caratterizzate da un esiguo numero di concorrenti.
Non sussistono, pertanto, i presupposti per accogliere l’istanza di sospensione del giudizio avanzata dall’amministrazione comunale, in considerazione del carattere non pregiudiziale che la questione sollevata innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea riveste nel caso di specie, non essendo prevista, nella selezione in esame, alcuna operazione di verifica di congruità delle offerte anomale.
In conclusione, alla luce delle considerazioni fin qui svolte - attesa la particolarità del caso di specie (rimarcata anche dalla difesa della controinteressata) - il ricorso deve essere rigettato, anche con riferimento alle istanze risarcitorie ivi avanzate.
Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la fluidità degli orientamenti giurisprudenziali sulla esposta questione, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Bruno, Presidente FF
Agnese Anna Barone, Consigliere
Eleonora Monica, Referendario, Estensore
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE
|
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ultimo aggiornamento Giovedì 19 Maggio 2016 10:54
Requisiti morali del socio di maggioranza
Venerdì 06 Maggio 2016 15:33
Valentina Magnano
N. 00132/2016REG.PROV.COLL.
N. 00366/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 366 del 2015, proposto dalla società “A” s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Consoli Xibilia, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in Palermo, Via F. Cordova n.76;
contro
società consortile T.E. a r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Orlando, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in Palermo, Via F. Cordova n.76;
nei confronti di
X. s.r.l., non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza n.570 del 15.1.2015, pubblicata il 17.2.2015, con la quale il T.A.R. Sicilia, Sezione Staccata di Catania, Sez. IV^, ha respinto il ricorso e dichiarato improcedibile il ricorso per motivi aggiunti proposti dalla società “A” s.r.l. con il ricorso n.1278 del 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società consortile T.E. a r.l. (Stazione appaltante);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avvocati Francesco Consoli Xibilia e Andrea Orlando;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. A seguito di lettera di invito del 16.7.2013 della società consortile T.E. a r.l. (d’ora innanzi denominata “Stazione appaltante”), la società “A” s.r.l. partecipava alla procedura di gara (nella specie: una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ai sensi degli artt.122, comma 7, e 57, comma 6, del D.Lgs. n.163/2007, d’ora innanzi denominato “codice degli appalti pubblici”) per l’affidamento dei lavori per il recupero funzionale dell’”ex macello comunale” del Comune di Maletto, da adibire a museo civico, con importo a base d’asta pari ad €.435.903,71.
Ispirandosi al disposto dell’art.38 del codice degli appalti pubblici, i punti 4/B e 4/Ac del Disciplinare di gara stabilivano che la “società di capitali con meno di quattro soci” (d’ora in poi denominata anche “società di capitali a compagine sociale ridotta” o “a compagine sociale ristretta”) partecipante alla gara avrebbe dovuto indicare, a pena di esclusione:
- i nominativi degli Amministratori (muniti di poteri di rappresentanza) e del Direttore Tecnico, nonché i nominativi del socio unico o del socio di maggioranza;
- le quote di partecipazione societaria dei singoli soci.
E - ciò che maggiormente importa ai fini della soluzione della presente controversia - nel caso in cui il socio di maggioranza fosse stato una ‘persona giuridica’, la c.d. “società di capitali a compagine sociale ridotta” avrebbe dovuto indicare il nominativo della ‘persona fisica’ titolare della quota di maggioranza di quest’ultima (cfr. punto 4/B del Disciplinare di gara).
Com’è noto, ai sensi dell’art.38 del codice degli appalti pubblici (e, nella specie, del combinato disposto del comma 1, lett.b, e del comma 2 della citata norma), tali indicazioni hanno la funzione di individuare i soggetti tenuti all’obbligo di fornire la “dichiarazione” concernente la sussistenza dei “requisiti di carattere generale” (meglio noti come “requisiti morali”, consistenti nell’assenza a carico del dichiarante di determinate condanne, di misure di prevenzione anti-mafia, di procedimenti penali per determinati reati e di procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione, che la predetta norma indica specificamente); dichiarazione necessaria per partecipare a qualsiasi pubblica gara d’appalto.
II. Le società “partecipanti alla gara” (d’ora in poi denominate “concorrenti”) presentavano le offerte unitamente alla documentazione richiesta dalla vigente normativa, dal Bando e dal Disciplinare di gara.
In esito alla valutazione dei requisiti e delle offerte, la società “A” risultava ‘aggiudicataria provvisoria’.
Ma la società X s.r.l., seconda classificata, contestava la valutazione del Seggio di gara, lamentando che la “A” non aveva reso in modo completo la dichiarazione prevista (‘rectius’: non aveva compiutamente fornito le informazioni e la connessa dichiarazione, prescritte) dal punto 4/B del Disciplinare di gara; e ciò in quanto non aveva indicato la precisa compagine sociale (gli estremi identificativi dei soci) della società “B” s.r.l., (società titolare di una quota pari al 50% del capitale di rischio della predetta società “A”).
Il che - sempre secondo la prospettazione della ditta X - non avrebbe consentito alla Stazione appaltante:
- di ‘individuare’ con precisione i soggetti (s’intende: ‘riconducibili’ alla società “A”) tenuti a fornire le dichiarazioni relative al possesso del ‘requisito generale’ (necessario per l’ammissione a partecipare alla gara d’appalto) sopra indicato (consistente nel fatto di non essere destinatario di misure di prevenzione antimafia né assoggettato a procedimenti volti ad applicarle);
- di verificare, dunque, se le dichiarazioni in questione fossero state fornite da tutti - nessuno escluso - i soggetti tenuti a farlo:
- e, in ultima analisi, di verificare se l’appalto fosse aggiudicabile o meno al soggetto classificatosi al primo posto.
Inoltre la Stazione appaltante contestava alla società “A” di non aver prodotto le dichiarazioni concernenti il possesso dei requisiti di moralità (di cui all’art.38 del codice degli appalti) delle persone rivestenti la qualità di soci (anche di minoranza) della società “B”.
Esaminata la documentazione e condivisa la prospettazione (ed il rilievo) della ditta X s.r.l., con nota prot. n.162 del 3.3.2014, il “Responsabile Unico del Procedimento” (d’ora innanzi denominato “R.U.P.”) comunicava alla ditta “A” l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria (per la ragione sopra esposta), invitandola comunque a fornire eventuali “controdeduzioni” entro dieci giorni dalla ricezione della stessa.
Con nota del 10.3.2014 (trasmessa in pari data a mezzo posta elettronica certificata) la ditta “A” rispondeva:
- di essersi attenuta al contenuto letterale (del punto 4/B) del Disciplinare di gara (che per le “società di capitali a compagine ridotta” fissava l’obbligo dichiaratorio in questione solamente nel caso in cui la ‘quota di maggioranza’ fosse stata detenuta da una ‘persona fisica’) e di avervi fatto affidamento (in buona fede);
- che l’Amministrazione avrebbe dovuto utilizzare il c.d. “potere di soccorso” istruttorio di cui all’art.46 del codice degli appalti pubblici; o comunque chiarire come intendeva interpretare e applicare la prescrizione di cui al punto 4/B del Disciplinare di gara;
- che, in ogni caso, la Stazione appaltante avrebbe potuto e dovuto acquisire “d’ufficio” - presso il Registro delle Imprese - le informazioni concernenti la compagine sociale (composizione societaria) della società “B”;
- e, in ultimo, che la contestazione era inutilmente formale, posto che il Sig. “b” - che rivestiva la doppia qualità di Amministratore e legale rappresentante sia della società “B” che della società “C” (che è titolare di una quota pari al 70% del capitale di rischio della prima) aveva comunque reso la dichiarazione ex art.38 del codice degli appalti (dalla quale risultava che egli era, in effetti, in possesso dei requisiti morali).
In tale nota la “A” indicava erroneamente il predetto Sig. “b” come socio di maggioranza della società “B” s.r.l., mentre - come poi accertato dalla Stazione appaltante - di quest’ultima società il “b” era Amministratore Unico e rappresentante legale.
III. Infine, condivisa la doglianza della società X s.r.l. (e ritenuto che l’errore riscontrato nella dichiarazione informativa fornita dalla “A” fosse rilevante ed ulteriormente dimostrativo della sussistenza della lacuna documentale contestata), con determinazione n.5 del 10.4.2014 il R.U.P. proponeva alla Stazione appaltante di revocare l’aggiudicazione provvisoria e di procedere ad aggiudicare provvisoriamente l’appalto alla ditta seconda classificata.
Con determinazione n.64 del 10.4.2014 la predetta Stazione appaltante accoglieva la proposta del R.U.P. revocando l’aggiudicazione provvisoria; e successivamente, con determinazione n.68 del 30.4.2014, procedeva ad aggiudicare definitivamente l’appalto alla predetta società X s.r.l.
Con nota del 17.4.2014 la “A”:
- contestava l’operato del R.U.P. e della Stazione appaltante;
- lamentava il fatto che non le fosse stato concesso di regolarizzare la documentazione e che si fosse pervenuti sì repentinamente alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria ed alla nuova aggiudicazione definitiva in favore della seconda classificata;
- chiedeva all’Amministrazione di revocare in autotutela i provvedimenti che la avevano pregiudicata;
- e, per il caso di inerzia dell’Amministrazione o di rigetto da parte della stessa delle sue richieste, preannunziava la sua intenzione di proporre ricorso giurisdizionale avverso i provvedimenti in questione.
Ma tali richieste restavano senza alcun utile effetto.
IV. Con ricorso n.1278 del 2014, la società “A” si vedeva pertanto costretta ad impugnare i menzionati provvedimenti di revoca (della precedente aggiudicazione in suo favore) e di aggiudicazione (in favore della società X) innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania, chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni conformative e di condanna.
La “A” lamentava, in particolare:
1) violazione e falsa applicazione dell’art.38, comma 1, lett.’b’, e comma 2 del “codice degli appalti pubblici” (D.lgs. n.163 del 2006), nonché violazione del bando ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, deducendo:
a) che la società “B” partecipa al suo capitale di rischio (‘id est’: a quello della “A”) per una quota pari solamente al 50%; e che pertanto, non essendo individuabile un vero e proprio “socio di maggioranza” (né, tanto più, una ‘persona fisica’ titolare di quota maggioritaria), l’Amministrazione aveva erroneamente ritenuto che la prescrizione formulata dalla norma in esame fosse stata disattesa;
b) che, comunque, la società “B” s.r.l. era a sua volta composta (‘rectius’: partecipata) da due soci, di cui quello di maggioranza (titolare del 70%) non era una ‘persona fisica’ ma anch’essa una ‘persona giuridica’; e che anche per questa (ulteriore) ragione la “A” non era soggetta al citato obbligo di dichiarazione;
2) violazione dell’art.6 della L. n.241 del 1990, dell’art.46 del D.Lgs. n.163 del 2006 e del disciplinare di gara, ed eccesso di potere per sviamento, nonché per violazione del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, deducendo:
a) che il “modello” allegato al Bando (cfr. All.B), ‘riservava’ solamente ai soci di società in nome collettivo ed ai soci accomandatari di società in accomandita semplice - esclusi, dunque, i soci di società di capitali - l’obbligo dichiarativo in questione; e che ciò ha determinato un legittimo affidamento nella ricorrente, alla quale non può, pertanto, esser mosso alcun addebito in ordine alla lacuna documentale;
b) e che, in ogni caso, l’equivocità e scarsa chiarezza del bando sul punto, giustificavano pienamente il ricorso ‘diffuso’ (che perciostesso non sarebbe lesivo della ‘par condicio’ dei concorrenti) alla regolarizzazione al soccorso istruttorio;
3) eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, erronea valutazione, incongrua e contraddittoria motivazione, deducendo che la Stazione appaltante provvide ad acquisire d’ufficio le informazioni in ordine alla compagine sociale (o composizione societaria) della “B” s.r.l., constatando che socio di maggioranza della stessa (al 70%) era la società di capitali “C” s.r.l. (e non già una persona fisica); e che pertanto tale accertamento d’ufficio aveva reso superflua l’acquisizione della dichiarazione richiesta.
La società X si costituiva eccependo l’infondatezza del ricorso; e proponeva altresì ‘ricorso incidentale’.
La società “A”a proponeva ‘ricorso per motivi aggiunti’ chiedendo la sospensione del contratto che nel frattempo era stato stipulato fra la Stazione appaltante e l’aggiudicataria.
V. Con sentenza n.570 del 15.1.2015, pubblicata il 17.2.2015, il T.A.R. Sicilia, Sezione Staccata di Catania, Sez. IV^, ha infine respinto il ‘ricorso principale’ e dichiarato ‘improcedibile’ quello ‘incidentale’.
VI. Con l’appello in esame la ditta “A” ha impugnato a predetta sentenza chiedendone l’annullamento o la riforma per le conseguenti statuizioni di condanna al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese processuali.
Con tale gravame ha riproposto, in sostanza, i motivi di doglianza di cui al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Ritualmente costituitasi, la Stazione appaltante ha eccepito l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
La società aggiudicataria non si è costituita.
Nel corso del giudizio entrambe le parti costituite hanno insistito, anche con ulteriori atti difensivi, nelle rispettive domande giudiziali ed eccezioni.
Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva in merito alla fondatezza del gravame, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato, nei sensi e per gli effetti di seguito indicati.
1.1. Con il primo mezzo di gravame l’appellante società “A” lamenta violazione, per falsa applicazione, del punto 4/B del Disciplinare di gara, nonché dell’art.38, comma 1, lett.’b’, e comma 2 del “codice degli appalti pubblici” (D.lgs. n.163 del 2006) ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione.
Deduce, in particolare:
a) che ai sensi del punto 4/B del Disciplinare di gara (disposizione che richiama l’art.38, comma 1, lett.’b’ del codice degli appalti nella forma in vigore al momento della pubblicazione del Bando), l’obbligo di indicare la ‘persona fisica’ titolare della ‘quota societaria di maggioranza’ (persona fisica tenuta all’obbligo di fornire la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti morali) non trova applicazione, all’evidenza:
- sia nell’ipotesi in cui non vi sia un “socio di maggioranza”;
- sia nel caso in cui nessuna ‘persona fisica’ sia titolare di una ‘quota maggioritaria’.
E che, pertanto, l’esclusione impugnata è palesemente illegittima, posto:
- che la “A” è partecipata (costituita) da due soli soci in posizione paritetica (ognuno dei quali, cioè, è titolare di una quota pari al 50%);
- e che la “B” non ha come ‘socio di maggioranza’ alcuna ‘persona fisica’;
b) che comunque, vista l’ambiguità (o poca perspicuità) della ‘ratio’ sottesa alla normativa in esame, la Stazione appaltante avrebbe dovuto chiarire come intendeva interpretare ed applicare la normativa in questione; e consentire la regolarizzazione della documentazione.
L’articolata doglianza merita accoglimento per le ragioni che si passa ad esporre.
1.1.1. Il punto 4/B del Disciplinare di gara stabilisce:
- che la società di capitali con meno di quattro soci (già denominata, per semplicità, “società di capitali a compagine sociale ridotta”) partecipante alla procedura di gara, deve indicare - a pena di esclusione - le quote di partecipazione societaria dei singoli soci;
- e che nel caso in cui il ‘socio di maggioranza’ sia una ‘persona giuridica’, la partecipante alla gara (d’ora in poi denominata “concorrente”) deve indicare anche - s’intende: semprecchè esistente - il ‘socio di maggioranza-persona fisica’ di quest’ultima, sul quale incombe l’onere di fornire la dichiarazione concernente la sussistenza dei requisiti morali prescritti dall’art.38 del codice degli appalti.
Ora, la società “A” è composta (‘rectius’: partecipata) dalla società “B” s.r.l. (persona giuridica) e dal Sig. “a” (persona fisica); e ciascuno dei due soci è titolare del 50% (‘rectius’: partecipa al capitale di rischio della prima per una quota pari al 50%).
E’ pertanto evidente che nessuno dei due soci si trovava e si trova in ‘posizione maggioritaria’ (o di maggioranza).
Ne consegue, con pari evidenza, che era impossibile (per la società “A”) indicare sia il nominativo del “socio di maggioranza”, sia - comunque ed a maggior ragione - gli estremi identificativi della “persona fisica” rivestente la qualità di “socio di maggioranza”.
E ciò per il semplice fatto che - come già osservato:
- non esisteva alcun ‘socio di maggioranza’ (posto che ciascuno dei due soci era titolare di una quota societaria pari al 50% );
- né tampoco (e per la medesima ragione) alcuna ‘persona fisica’ rivestente la qualità di ‘socio di maggioranza’ (posto che socio di maggioranza era ed è una ‘persona giuridica’).
Ciò sarebbe già di per sé sufficiente a connotare come illegittima l’esclusione della società appellante (ricorrente in primo grado).
1.1.2. Ma v’è di più.
Dalla documentazione versata in atti dall’appellante, emerge che il Sig. “a” (che all’evidenza è “persona fisica”) aveva comunque fornito alla Stazione appaltante, seppur nella qualità di Amministratore Unico della “A”, le dichiarazioni attestanti il possesso, da parte sua (‘id est’: “in capo” a Lui), dei requisiti morali richiesti dall’art.38 del codice degli appalti pubblici.
E poiché si dà il caso che la predetta persona fisica fosse anche ‘personalmente’ titolare (dunque proprio in qualità di “socio-persona fisica”) di una quota pari al 50% della già menzionata società partecipante alla pubblica gara, non appare revocabile in dubbio che il risultato richiesto dalla Stazione appaltante era (e sia) stato comunque raggiunto.
In altri termini, pur applicando la norma nel senso voluto (‘rectius’: inteso) dalla Stazione appaltante - ritenendo, cioè, che anche la partecipazione ‘non maggioritaria’, ma ‘paritaria’, della ‘persona fisica’ ad una società concorrente in una pubblica gara, determini l’obbligo della prima (e cioè della predetta persona fisica) di produrre le dichiarazioni concernenti il possesso da parte sua dei requisiti morali (e cioè anche equiparando, ai fini della corretta applicazione della disposizione in esame, il ‘socio di maggioranza’ al ‘socio paritario’) - non resta che concludere che l’onere risultava adempiuto.
E’ infatti evidente che il valore contenutistico (‘rectius’: la ‘valenza certatoria’) della ‘dichiarazione relativa al possesso dei requisiti morali’ (della dichiarazione a mezzo della quale, cioè, il soggetto dichiarante attesta la inesistenza a suo carico di determinate condanne, di misure di prevenzione anti-mafia, di procedimenti penali per determinati reati e di procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione), è identico tanto se il dichiarante si esprima nella qualità di Amministratore quanto nella qualità di socio di una determinata società.
1.1.3. Quanto, poi, alla “B” (titolare dell’”altro” 50% della società “A”), non può non essere considerato che essa è a sua volta composta (o partecipata) da due soci, di cui quello di maggioranza (titolare del 70%) è una ‘persona giuridica’: la società “C” s.r.l.
Ne consegue, per quanto rilevato nel Capo 1.1.1. che l’obbligo dichiaratorio che la Stazione appaltante ha inteso ravvisare non sussisteva affatto; e ciò in quanto è incontroverso che la società “B” non aveva (e non ha) come ‘socio di maggioranza’ alcuna ‘persona fisica’.
1.1.4. E quand’anche si ritenesse, sulla scorta della tesi della Stazione appellante e di un minoritario orientamento giurisprudenziale (alla quale l’Amministrazione fa riferimento: TAR Puglia, Bari, I^, 30.8.2013 n.1287), che la norma vada correttamente letta ed interpretata, al di là del mero dato testuale, “nel senso di imporre la prescritta dichiarazione … (omissis …) ‘anche agli amministratori’ del socio di maggioranza allorquando questo sia una persona giuridica” (così testualmente: pag. 6 della memoria della Stazione appaltante), non resterebbe che concludere - comunque ed ancora una volta – che, anche sotto il dedotto profilo, gli estremi per l’esclusione della società “A” non sussistevano.
La dichiarazione in questione (in ordine alla sussistenza dei requisiti morali) è stata resa, infatti, dal Sig. “b”, che rivestiva la qualità di Amministratore e legale rappresentante non soltanto della società “B”, ma anche della società “C”.
E valga ancora una volta, al riguardo, quanto già osservato precedentemente con riferimento ad un’altra dichiarazione (quella resa dal Sig. “a”). E cioè che la dichiarazione (adesso) in esame concerne qualità personali (nella specie: la sussistenza di determinati requisiti morali) del soggetto (persona fisica) dichiarante, sicché è evidente che il suo ‘valore contenutistico’ (la sua ‘efficacia di certazione’) prescinde dal fatto che la stessa sia stata resa nell’esercizio di una determinata carica (nella specie: rivestendo la qualità di Amministratore della società “B”) anziché di un’altra (nella specie: nella qualità di Amministratore della società “C”).
Sicché, anche seguendo la tesi della Stazione appaltante (tesi secondo cui, lo si ribadisce, la dichiarazione avente ad oggetto la sussistenza dei requisiti di moralità va prodotta anche nel caso in cui la ‘quota di maggioranza’ della ‘società di capitali a compagine sociale ridotta’ partecipante alla gara sia detenuta da una ‘persona giuridica’), non si può non convenire sul fatto che - in concreto - la ragione addotta dal R.U.P. per escludere la “A” non sussisteva.
In definitiva, e concludendo sul punto specifico: contrariamente a quanto affermato dalla Stazione appaltante, anche per quanto attiene alla “B” la ‘persona fisica’ cui attribuire l’onere di sottoscrivere la dichiarazione relativa alla sussistenza dei requisiti morali era stata individuata; e la dichiarazione era stata puntualmente resa.
1.1.5. La Stazione appaltante enfatizza, però, la circostanza che (con nota del 10.3.2014) la “A” le aveva fornito un’informazione (che si è poi rivelata obiettivamente) errata in ordine alla composizione societaria della “B”.
L’argomento si appalesa debole e poco conducente, essendo basato su una circostanza ininfluente.
Dalla documentazione in atti risulta vero che la “A”, in sede di trasmissione delle controdeduzioni avverso l’avviso di revoca dell’aggiudicazione provvisoria (già pronunciata in suo favore), ha affermato che il socio di maggioranza della società “B” era il Sig. “b”, mentre (come emerso da una verifica effettuata dalla Stazione appaltante) il socio di maggioranza era la società “C”.
Ma è presumibile che si sia trattato di un errore determinato dal fatto che - come già visto - Amministratore Unico e legale rappresentante della società “C” era proprio il Sig. “b”, che peraltro rivestiva, al tempo stesso, anche la carica di Amministratore e legale rappresentante della “B”.
E del resto una volta ‘scoperto’ l’errore, l’Amministrazione avrebbe potuto chiedere giustificazioni in ordine allo stesso, ciò che invece non ha fatto; avendo, per contro, avviato immediatamente - quasi in funzione sanzionatoria - il sub-procedimento volto alla revoca dell’aggiudicazione.
D’altro canto, ad un esame sereno della vicenda, l’errore in questione - al quale la Stazione appaltante sembra aver dato tanta (addirittura estrema e fatale) importanza - appare del tutto irrilevante ed ininfluente, posto che è poi emerso:
- che ‘socio di maggioranza’ era una ‘persona giuridica’ (per l’appunto: la società “C”) e non già una ‘persona fisica’;
- e che l’Amministratore della persona giuridica in questione, per l’appunto il Sig. “b”, aveva comunque reso la prescritta (‘rectius’: la pretesa) dichiarazione (ancorché non dovuta, posto che in forza della ‘lex specialis’ di gara la dichiarazione sarebbe stata ‘dovuta’ esclusivamente nel caso in cui il socio di maggioranza fosse stato una ‘persona fisica’).
Mentre, come già osservato, il fatto che l’abbia resa in qualità di Amministratore della “C” o della Tecknè (posto che rivestiva la carica di Amministratore e legale rappresentante di entrambe) non modifica la ‘rerum substantia’.
E cioè che, in effetti, Egli era in possesso dei requisiti morali.
E che pertanto non sussistevano ragioni per ritenere né che la società “B” né la società “C” fossero ‘rette’ (‘rectius’: amministrate), o condizionate, da un soggetto ‘inaffidabile’.
Nel che la ‘ratio’ della legge poteva dirsi conseguita (peraltro in conformità al suo testo).
1.1.6. Un’ultima osservazione.
Nell’escludere la “A”, la Stazione appaltante ha sostenuto che anche la ‘persona fisica’ rivestente la qualità di ‘socio di minoranza’ della “B” (nella specie: il Sig. Salvatore Santullo) avrebbe dovuto rendere la dichiarazione relativa alla sussistenza in capo a Lui dei requisiti morali.
Ed il discorso vale (o dovrebbe valere, se si seguisse tale impostazione o prospettazione) anche per la persona fisica rivestente (o per le persone fisiche rivestenti) la qualità di socio di minoranza della “C” s.r.l. (che, lo si ricorda, è la società titolare di una quota pari al 70% del capitale della “B”).
Senonché nessuna norma - e men che mai l’art.38 del codice degli appalti (nella forma in vigore al tempo della gara per cui è causa) - prescrive o impone che tutte le persone fisiche che rivestono la qualità di soci di “società di capitali a compagine sociale ristretta” (cioè con meno di quattro soci) sono soggette all’obbligo dichiaratorio in questione.
Ed invero pur ove si dilati la portata dell’art.38, commi 1, lett.b e 2 del codice degli appalti pubblici nei sensi indicati dalla Stazione appaltante - in modo, cioè, da ritenere che nel caso di “società di capitali a compagine sociale ristretta” gli ‘obblighi dichiarativi’ incombono anche sulla persona fisica titolare di una quota pari al 50%, (superando, così, il testo normativo che si riferisce esclusivamente alla persona fisica titolare di una quota di maggioranza) - nulla induce ad affermare che le dichiarazioni in questione debbano essere richieste, addirittura, a ‘tutte’ le ‘persone fisiche’ che siano titolari anche di “quote di minoranza”; a soggetti, cioè, che non hanno il potere di gestire o di influenzare nell’ordinario le scelte amministrative della società al cui capitale di rischio partecipano (non a caso, e per l’appunto, in misura minoritaria).
Ove si accogliesse la tesi prospettata dalla Stazione appaltante, il “volo pindarico” imposto da una scelta ermeneutica di tal fatta sarebbe davvero eccessivo ed ingiustificabile non soltanto sul piano dell’interpretazione linguistico-testuale, ma anche sul piano dell’interpretazione sistematico-razionale.
Ed invero:
- altro è ‘equiparare’ (sulla scorta di un minoritario orientamento giurisprudenziale) il socio titolare di una quota pari al 50% al “socio di maggioranza”, supponendo che un Legislatore ‘distratto’ (o poco attento all’analisi linguistica) abbia implicitamente assimilato (ed inteso assimilare) al ‘socio di maggioranza’ i soci in posizione di reciproca parità (e argomentando, a supporto di tale tesi, che fra due soci in posizione paritetica nessuno può essere considerato socio minoritario);
- altro è, ed in ciò si concreta il periglioso “doppio salto” che la Stazione appaltante vorrebbe imporre e perorare, addirittura equiparare il “socio di maggioranza” ai restanti due (o a quello) ‘di minoranza’.
Operare una simile equiparazione significherebbe capovolgere completamente la struttura della norma e cioè sostituirsi allo stesso Legislatore (oltrecchè all’Amministrazione autrice della ‘lex specialis’ di gara), finendo - così - con il fare “de albo nigrum”. Ma ciò - ed ogni ulteriore commento al riguardo appare superfluo - non è consentito.
1.1.7. Vi è, infine, un’ultima ma non meno importante ragione per la quale i provvedimenti impugnati si appalesano illegittimi.
La disposizione di cui al punto 4/B del Disciplinare di gara:
- pur essendo sufficientemente chiara, dal punto di vista strettamente linguistico, nella parte in cui stabilisce che allorquando la ‘quota di maggioranza’ di una ‘società a compagine limitata’ (‘id est’: con meno di quattro soci) sia detenuta da una ‘persona fisica’, anche quest’ultima è tenuta a rendere la dichiarazione concernente la sussistenza dei requisiti di ordine morale;
- si caratterizza, invece - come del resto l’art.38, comma 1, lett.b, del codice degli appalti (alla quale si ispira) - per un discreto grado di ermeticità (e farraginosità) sotto il profilo logico-giuridico (non essendo, in effetti, agevolmente percepibile la ragione per la quale nelle società di capitali con meno di quattro soci, alla dichiarazione dell’Amministratore debba aggiungersi quella del socio di maggioranza allorchè questi sia una persona fisica; né la ragione per la quale tale regola non debba valere anche per società con più di quattro soci; né, comunque, per le società che abbiano come soci persone giuridiche).
A questo punto è evidente che delle due l’una:
- o la disposizione (di cui all’art.4/B) del Disciplinare di gara andava applicata avendo riguardo al solo significato letterale delle ‘parole’ usate nel testo, senza porsi e senza sollevare alcun problema di logica giuridica e di ermeneutica (e dunque l’obbligo di produrre la dichiarazione concernente il possesso dei requisiti morali andava riferito esclusivamente alla persona fisica che, nelle ‘società di capitali a compagine sociale ristretta’, riveste la posizione di ‘socio di maggioranza’); il che non sembra da escludere, posto che “in claris non fit interpretatio”;
- ovvero, ove avesse inteso privilegiare il metodo esegetico, implicante una interpretazione logico-sistematica additivo-estensiva ispirata ad una determinata ‘ratio legis’ - non immediatamente percepibile né emergente dalla testuale lettura delle pericopi che integrano il contorto periodare del Legislatore - l’Amministrazione avrebbe dovuto quantomeno “spiegare” la ragione per la quale riteneva inapplicabile la norma (ove letta nell’unico senso, quello ‘meno esteso’, deducibile dalla lingua italiana).
Ed avrebbe certamente dovuto offrire ai concorrenti che non avevano prodotto le dichiarazioni in questione (in quanto avevano riposto legittimo affidamento sulle ‘scarne’ capacità espressive della Stazione appaltante, e dunque sul significato formale del testo, come dedotto e deducibile dalla sua semplice analisi logica), la possibilità di integrare la documentazione secondo istruzioni generali da adottare a tale scopo.
Né potrebbe eccepirsi, al riguardo, che ciò si sarebbe risolto in una sorta di “operazione di ‘soccorso istruttorio’ extra ordinem”; e come tale inammissibile (non essendo consentita la tardiva produzione, in funzione integrativa, di atti del tutto mancanti).
Ed invero il rimedio ipotizzato dall’appellante - consistente in una chiarificazione a carattere generale - non costituisce affatto una forma di “soccorso istruttorio” (nel senso tecnico del termine), essendo evidente che l’azione (di natura regolamentare) di interpretazione autentica del bando, se necessaria (o anche semplicemente utile) per consentire una uniforme applicazione della ‘lex specialis’ di gara, si connota come attività volta a garantire il principio del buon andamento dell’azione amministrativa (nella specie: il miglior andamento della procedura), il principio della massima partecipazione alla pubbliche gare d’appalto e finanche quello della par condicio fra concorrenti.
Costituisce, cioè, un’attività condotta nell’interesse pubblico ed a favore di tutti i concorrenti.
Ma poiché l’Amministrazione né ha interpretato letteralmente la norma in questione (invano invocata dall’appellante nella sua forma testuale), né ha attivato alcun meccanismo procedimentale idoneo a rendere preventivamente (e trasparentemente) pubblica la complessa ‘interpretazione autentica’ ed integrativa dalla stessa propugnata - in forza della quale: a) anche le persone fisiche in posizione di partecipazione di minoranza in società di capitali a compagine sociale ristretta minoranza avrebbero l’obbligo, non ostante il testo normativo non lo richieda, di rendere la dichiarazione ex art.38 del codice degli appalti; b) ed anche le società con due soli soci in posizione paritaria avrebbero l’obbligo, non ostante il testo normativo non lo richieda espressamente, di rendere le dichiarazioni in questione - la illegittimità del provvedimento di esclusione dell’appellante (già ricorrente in primo grado) - sotto il dedotto profilo di doglianza - appare evidente.
1.1.8. In considerazione delle superiori osservazioni l’impugnata aggiudicazione merita di essere dichiarata illegittima, pur se - essendo stati ormai ultimati i lavori oggetto dell’appalto - ai soli effetti (risarcitori) che si passa ad illustrare.
1.2. La domanda volta ad ottenere il ‘risarcimento per equivalente’ del danno provocato, merita accoglimento nei sensi, nei limiti e per gli effetti di seguito indicati
1.2.1. Va innanzitutto rilevato che (già dalla data di proposizione dell’appello) i lavori oggetto dell’appalto per cui è causa risultano ultimati, sicché il rimedio della dichiarazione di inefficacia del contratto (previsto dall’art.122 del codice del processo amministrativo) non è esperibile.
1.2.2. Per la stessa ragione, non è possibile neanche pronunziare alcuna condanna al risarcimento in forma specifica.
1.2.3. Non resta pertanto che soffermarsi sul ‘risarcimento per equivalente’.
Quanto al ‘merito’ del giudizio sulla responsabilità della Stazione appaltante, non appare revocabile in dubbio che nella fattispecie essa sussista, quantomeno a titolo di colpa, posto che la esclusione dall’aggiudicazione della società appellante è derivata esclusivamente e per nesso di causalità diretta - come evidenziato nei precedenti Capi - sia dalla violazione, per errata applicazione, da parte della Stazione appaltante, di una norma del Disciplinare di gara (art.4/B), sia dalla condotta procedimentale di quest’ultima, viziata da eccesso di potere.
1.2.4. Ne consegue che, in aderenza ad un orientamento già consolidato, a carico della Stazione appaltante può essere emessa una pronunzia di condanna - per così dire - ‘generica’ (una c.d. sentenza sull’”an”: cfr. sul punto, C.S., VI^, 27.4.2010 n.2384) al risarcimento dei danni provocati all’appellante società “A” s.r.l. per la mancata aggiudicazione in suo favore dell’appalto di lavori per cui è causa.
1.2.5. Per la liquidazione del danno (e cioè per la specifica determinazione del ‘quantum’), si ritiene opportuno far ricorso, invece - in aderenza ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr, per tutte, C.S., V^, 8.11.2012 n.5686) - al ‘metodo’ introdotto dall’art.34 del codice del processo amministrativo (come rielaborato ed adattato alle concrete necessità processuali dalla citata giurisprudenza), ordinando alla Stazione appaltante di formulare, entro novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa (o dalla notifica ad istanza di parte, se precedente) della presente sentenza, una offerta risarcitoria che contempli una somma da corrispondere quale ristoro per il c.d. “lucro cessante” ed una somma da corrispondere per il c.d. “danno curriculare” (id est: il danno per mancata acquisizione della commessa, e dunque per la impossibilità di farla valere come requisito di qualificazione nelle successive procedure di gara), esclusa - ancora una volta sulla scorta della pacifica giurisprudenza formatasi sulla questione (C.S., V^, 3.5.2012 n.2546) - ogni risarcibilità per il “danno emergente” derivante dalla spese di partecipazione alla gara.
1.2.5.1. Quanto ai criteri da seguire per la determinazione del ‘lucro cessante’, in aderenza al più accreditato orientamento della giurisprudenza (C.S., IV^, 21.6.2011 n.3670; C.S., IV^, 7.9.2010 n.6485), la Stazione appaltante dovrà basare la sua proposta sugli elementi emergenti dall’’offerta’, posto che nella stessa sono esposti i costi dai quali sono desumibili, seppur approssimativamente, i ricavi netti - e dunque l’utile (rectius: il profitto) - che la società prevedeva di trarre dall’aggiudicazione e dalla conseguente esecuzione dell’appalto.
1.2.5.2. Quanto alla determinazione del ‘danno curriculare’, che - come già affermato dalla giurisprudenza formatasi sul punto (C.S., V^, 3.5.2012 n.2546) - va quantificato in via equitativa e comunque a prescindere dall’assolvimento di qualsiasi onere probatorio (C.S., V^, n.2546 cit.), il Collegio ritiene che esso si attesti su una somma pari all’1% dell’offerta, che sarà sommata alla cifra relativa al lucro cessante.
1.2.5.3. Nella determinazione della proposta risarcitoria l’Amministrazione terrà conto, infine della rivalutazione monetaria da calcolare a far data dalla stipula del contratto (C.S., III^, 14.12.2012 n.6444) e degli interessi maturati e maturandi (secondo i criteri evidenziati in C.S., 8.11.2012 n.5686).
2. In considerazione delle superiori osservazioni e ‘assorbito’ quant’altro, il ricorso in appello va accolto, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione; e, per l’effetto, ferma restando - ai sensi dell’art.122 del codice del processo amministrativo - l’efficacia del contratto stipulato a seguito dell’illegittima aggiudicazione, l’Amministrazione (Stazione appaltante) appellata va condannata al risarcimento dei danni provocati alla società “A”, da liquidare con il metodo di cui all’art.34 del c.p.a. in conformità ai criteri enucleati nell’ultimo capo.
Alla soccombenza della Stazione appaltante non può che seguire - in assenza di esimenti che il Collegio non ritiene di ravvisare - la sua condanna al pagamento, in favore dell’Appellante, delle spese processuali che liquida in complessivi €.5.000,00, oltre i.v.a., c.p.a. ed accessori dovuti ex lege.
P.Q.M.
il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello e il ricorso di primo grado con conseguente dichiarazione di illegittimità del’aggiudicazione; e, per l’effetto, ferma restando l’efficacia del contratto stipulato a seguito dell’illegittima aggiudicazione, condanna l’Amministrazione appellata al risarcimento dei danni provocati alla società “A”, da liquidare con il metodo di cui all’art.34 del c.p.a. in conformità ai criteri enucleati in motivazione.
Condanna la Stazione appaltante appellata alla rifusione delle spese processuali in favore dell’appellante, nella misura di €.5000,00 oltre i.v.a , c.p.a ed accessori dovuti ex lege.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei Signori Magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Alessandro Corbino, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE
|
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Maggio 2016 16:48
Limiti alla "cristallizzazione" della media di gara
Martedì 12 Maggio 2015 15:32
Fabrizio Laudani
N. 01112/2015
REG.PROV.COLL. N. 04092/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4092 del 2014, proposto da:
La Gardenia Costruzioni Soc. Coop.., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Ribaudo e Francesco Carità, con domicilio eletto presso lo studio legale Ribaudo, in Palermo, via Mariano Stabile n. 241;
contro
- il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
- l’Istituto Comprensivo Statale di Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di 1° grado “Alia-Roccapalumba-Valledolmo”; in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati;
nei confronti di
- Russo Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso lo studio dei predetti difensori in Palermo, viale Libertà n. 171;
- Comune di Valledolmo, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione provvisoria in favore della ditta La Gardenia costruzioni s.r.l. del 25.10.2014 e di contestuale aggiudicazione provvisoria in favore della ditta Russo Costruzioni s.r.l. nella gara mediante procedura aperta, per l’affidamento di lavori di riqualificazione dell'Istituto Comprensivo Statale "Alia-RoccapalumbaValledolmo" in relazione alla sicurezza, accessibilità ed attratività dell'edificio, secondo quanto previsto dal PON ASSE 11 " Qualità degli ambienti scolastici" (CIG 5836864C89);
- del provvedimento di aggiudicazione definitiva giusta comunicazione PROT. N. 12740/C12/C14 del'11/11/2014, in favore della ditta Russo Costruzioni s.r.l. della gara per l'affidamento di lavori di riqualificazione dell'Istituto Comprensivo Statale "Alia Roccapalumba Valledolmo" in relazione alla sicurezza, accessibilità ed attrattività dell'edificio, secondo quanto previsto dal PON ASSE Il " Qualità degli Ambienti Scolastici" (CIG 5836864C89);
- tutti i verbali di gara della procedura aperta per l'affidamento di lavori di riqualificazione dell'Istituto Comprensivo Statale (CIG 5836864C89);
- del provvedimento prot. n.13455/C12 dell'istituto Comprensivo Statale Alia Roccapalumba -Valledolmo di rigetto del preavviso dell'odierno ricorso ex art. 243-bis D.lgs. 163/2006;
- di ogni altro provvedimento presupposto e consequenziale;
E PER IL RICONOSCIMENTO
del diritto del ricorrente alla aggiudicazione e gara a procedura aperta di lavori di ririqualificazione dell'Istituto Comprensivo "Alia-RoccapaluinbaValledolmo" in relazione alla sicurezza, accessibilità ed attrattività dell'edificio, secondo quanto previsto dal PON ASSE 11 " Qualità degli Ambienti tici" (CIG 5836864C89) ed alla stipula del relativo contratto
NONCHÉ
la condanna al risarcimento del danno ingiusto patito dalla ricorrente in conseguenza della illegittimità dei provvedimenti impugnati, attraverso la reintegrazione in forma specifica, ovvero per equivalente con riserva di determinare l'importo nel corso del giudizio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Istituto Comprensivo Statale di Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di 1° grado “Alia-RoccapalumbaValledolmo”;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della controinteressata Russo Costruzioni s.r.l., con le relative deduzioni difensive;
Vista la documentazione prodotta dalla resistente amministrazione statale;
Vista l’ordinanza cautelare n. 15/2015, confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 167/2015;
Viste la memoria conclusiva depositata dalla ricorrente e la replica della controinteressata;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 119 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore il primo referendario Maria Cappellano;
Uditi all’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 i difensori della controinteressata e delle resistenti amministrazioni, presenti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
A. – Con ricorso passato per la notifica in data 11 dicembre 2014, notificato nelle date 12-15-16 dicembre e depositato il successivo 19 dicembre, la società La Gardenia Costruzioni Soc. Coop. (d’ora in poi solo
“La Gardenia”) – concorrente per l’aggiudicazione dell’appalto di lavori di riqualificazione dell'Istituto Comprensivo Statale "Alia Roccapalumba Valledolmo" in relazione alla sicurezza, accessibilità ed attrattività dell'edificio, secondo quanto previsto dal PON ASSE Il " Qualità degli Ambienti Scolastici", indetto dal medesimo Istituto, da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso – ha impugnato l’aggiudicazione definitiva della gara, e gli atti presupposti, disposta dall’intimato Istituto Scolastico in favore dell’Impresa Russo Costruzioni s.r.l. (d’ora in poi solo “Russo”).
Espone:
- di avere partecipato al bando di gara, pubblicato in data 16.09.2014, per l’aggiudicazione dei lavori in interesse, e di essere stata individuata come aggiudicataria provvisoria, come da verbale n. 2 del 16.10.2014;
- che, tuttavia, il seggio di gara, a seguito di una istanza di accesso agli atti formulata dalla ditta Russo, ha disposto, in sede di autotutela, la riammissione della ditta Capobianco Giuseppe, inizialmente esclusa, con conseguente rideterminazione della soglia di anomalia e aggiudicazione provvisoria in favore della ditta Russo;
- che, oltre al ricalcolo della media, il seggio di gara ha proceduto altresì ad effettuare l’arrotondamento a tre decimali, senza variazione in ordine alla prima e alla seconda classificata, con conseguente conferma della aggiudicazione definitiva in favore dell’odierna controinteressata (Russo).
Si duole, quindi, delle determinazioni assunte dalla stazione appaltante – la quale ha anche rigettato il preavviso di ricorso ex art. 243 bis d. lgs. n. 163/2006 - affidando il gravame alle censure di:
I) violazione e falsa applicazione art. 38 comma 2 bis d. l.gs. 163/2006 – eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica – difetto di istruttoria – insufficienza della motivazione – arbitrarietà manifesta, in quanto la nuova determinazione della soglia di anomalia si pone in contrasto con l’art. 38,
co. 2 bis, ult. inciso, il quale pone come linea di demarcazione, ai fini del calcolo delle medie, la definizione della fase di regolarizzazione e/o esclusione delle offerte; né consente il postumo arrotondamento dei ribassi a tre cifre decimali, il quale, peraltro, se applicato nella seduta in cui la ricorrente era stata indicata come aggiudicataria provvisoria, non avrebbe mutato detto esito;
II) violazione e falsa applicazione del protocollo di legalità di cui all’art. 17 del bando di gara – eccesso di potere – arbitrarietà manifesta, in quanto la ditta Russo non ha reso apposita dichiarazione, prevista tassativamente a pena di esclusione dalla Clausola 2 del protocollo di legalità di cui all’art. 17 della lex specialis di gara, concernente l’impegno in caso di aggiudicazione al rispetto degli obblighi sociali e di sicurezza nel lavoro.
Ha, quindi, chiesto l’annullamento degli atti impugnati, con il favore delle spese, il riconoscimento del diritto a conseguire l’aggiudicazione con ristoro in forma specifica; e, in subordine, il risarcimento dei danni per equivalente.
- – Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Istituto Comprensivo Statale “Alia-RoccapalumbaValledolmo ”, depositando documentazione.
- – Si è costituita in giudizio la ditta Russo, chiedendo la reiezione del ricorso, in quanto infondato.
- – Con ordinanza n. 15/2015, confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 167/2015, è stata respinta l’istanza cautelare per ritenuta insussistenza del requisito del fumus boni iuris.
- – In vista della discussione del ricorso nel merito, la ricorrente ha depositato memoria conclusiva, insistendo per l’accoglimento del ricorso, cui ha replicato la controinteressata; quindi, all’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
- – Viene in decisione il ricorso promosso dalla ditta La Gardenia avverso l’aggiudicazione definitiva, disposta in favore della ditta Russo, dell’appalto di lavori di riqualificazione dell'Istituto Comprensivo Statale "Alia Roccapalumba Valledolmo" in relazione alla sicurezza, accessibilità ed attrattività dell'edificio, secondo quanto previsto dal PON ASSE Il " Qualità degli Ambienti Scolastici", indetto dal medesimo Istituto, da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso.
- – Ritiene il Collegio di confermare la delibazione assunta in fase cautelare – pure confermata dal Giudice di appello – atteso che il ricorso non merita accoglimento.
- – Deve premettersi, per una migliore comprensione dei fatti di causa, che la ricorrente, risultata inizialmente aggiudicataria provvisoria dell’appalto di lavori con aggiudicazione al prezzo più basso (indicazione di ribasso percentuale), ha gravato l’aggiudicazione definitiva in favore della ditta Russo, avvenuta a causa della riammissione in gara di una concorrente inizialmente esclusa, con ricalcolo della media e della soglia di anomalia; censurando, altresì, il ricalcolo effettuato dalla stazione appaltante, sia dei ribassi percentuali sia, conseguentemente, della soglia di anomalia – previsto dal disciplinare di gara e inizialmente non applicato – con l’applicazione dell’arrotondamento dei ribassi a tre cifre decimali.
La ricorrente ha, infine, censurato l’ammissione della ditta Russo per asserita carenza di una delle dichiarazioni (clausola n. 2) prevista dall’art. 17 del bando di gara.
C.1. – Con il primo articolato motivo la ricorrente, al fine di sostenere l’illegittimità degli atti - pur non censurando la decisione della p.a., in sé, di riammettere la concorrente inizialmente esclusa - si duole dell’incidenza che tale riammissione ha avuto sulla graduatoria per asserito contrasto con l’art. 38, co. 2 bis, ultimo periodo, del d. lgs. n. 163/2006.
La censura non merita adesione.
E’ necessario riportare l’intero comma 2 bis dell’art. 38, introdotto dall’art. 39 del d.l. n. 90/2014 e modificato, in sede di conversione, dalla l. n. 114/2014, al fine di stabilire se detta disposizione sia applicabile alla fattispecie concreta:
2-bis. La mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte.
La disposizione in commento ha, nella prima parte, ampliato il cd. “soccorso istruttorio”, sancendone definitivamente la doverosità, e reso possibile la regolarizzazione delle posizioni (i.e.: “dichiarazioni” e “elementi”), con esclusione delle partecipanti solo a seguito del vano decorso del termine assegnato; la norma ha anche indicato un ristretto termine (dieci giorni), entro il quale va effettuato tale obbligatorio passaggio procedimentale, all’evidente fine di accelerare ulteriormente le procedure di gara, oltre che di evitare la proposizione di ricorsi avverso l’esito della gara per mere carenze documentali.
Il legislatore ha introdotto le corrispondenti modifiche anche nell’art. 46
del d. lgs. n. 163/2006, sicché il soccorso istruttorio trova applicazione anche per ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara, secondo quanto disposto dall’art. 46, co. 1 ter, del Codice dei Contratti con un espresso rinvio all’art. 38, co. 2 bis (co. 1 ter, aggiunto dall’ art. 39, co. 2, d.l. n. 90/2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114/2014).
Il disegno complessivo è, dunque, quello di rendere obbligatorio, per “ogni ipotesi” di dichiarazione o elemento essenziale, incompleto o mancante, l’avvio di un procedimento di regolarizzazione ed integrazione, con un’istruttoria veloce preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, di norma prima della valutazione dell’ammissibilità dell’offerta, autorizzando la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante (v. T.A.R. Sicilia, Sez. I, 9 gennaio 2015, n. 78).
Ciò premesso, e precisandosi che detta normativa è applicabile ratione temporis alla gara in interesse (bando del 16.09.2014), nella prospettazione di parte ricorrente il seggio di gara, nel determinarsi - nell’esercizio del potere di autotutela stimolato dall’istanza di accesso presentata dall’odierna controinteressata – a riammettere l’impresa Capobianco, originariamente ed immediatamente esclusa sebbene la documentazione asseritamente mancante (avvalimento di impresa terza) fosse presente negli atti di gara, avrebbe violato l’ultima parte dell’art. 38 co. 2 bis.
Ritiene il Collegio che la norma, seppure non chiarissima nella sua formulazione, non possa prestarsi nel caso di specie a tale interpretazione.
Va in primo luogo rilevato che l’ultimo inciso del richiamato art. 38 co. 2 bis deve necessariamente essere letto unitamente alla prima parte dello stesso comma (2 bis), il quale, come già chiarito, impone alla p.a. procedente di
aprire un contraddittorio con le imprese concorrenti, la cui dichiarazione sostitutiva ex art. 38, co. 2, d. lgs. n. 163/2006 presenti una lacuna, o alle quali manchino taluni elementi; con conseguente “cristallizzazione” delle operazioni di gara solo, come testualmente indicato, “successivamente” a questa (doverosa) fase.
Nel caso di specie, va anche rilevato che il rinvio a tale nuova disposizione era espressamente previsto dalla legge di gara (v. punto 19, lett. g), del bando); mentre, non risulta che tale fase sia stata effettivamente posta in essere, con conseguente esclusione dalla gara di un’impresa, la quale, peraltro, risultava avere presentato la documentazione relativa all’avvalimento, ritenuta inizialmente (ed erroneamente) mancante; circostanza questa, che già di per sé è indicativa del conseguente legittimo esercizio, sotto tale profilo, dello ius poenitendi.
In secondo luogo, deve osservarsi che, anche a seguito della nuova formulazione dell’art. 38, co. 2 bis, permane l’obbligo per la stazione appaltante di riammettere in gara il concorrente illegittimamente escluso e di rinnovare gli atti di gara frattanto posti in essere; e che detta disposizione - nel prevedere l’irrilevanza ai fini del calcolo di medie nella procedura di affidamento e di individuazione della soglia di anomalie delle offerte delle variazioni intervenute (anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale) successivamente alle fasi di ammissioni, regolarizzazione o esclusione delle offerte - intende impedire il formarsi di un interesse (strumentale) al ricorso in capo al soggetto, non utilmente collocato in graduatoria, che contesti l’altrui ammissione o esclusione dalla gara al fine di acquisire una chance di aggiudicazione, derivante dalla necessità di ricalcolare medie o rideterminare soglie di anomalia (T.A.R. Sicilia, Sez. III, 13 febbraio 2015, n. 449).
Ritiene, pertanto, il Collegio che il novellato art. 38 non inibisce ex se il potere di autotutela della p.a. in un caso – qual è quello in esame - in cui la
stessa stazione appaltante non ha posto in essere la doverosa e presupposta attività di “soccorso istruttorio”, preordinata ad addivenire alla “cristallizzazione” della media e della relativa graduatoria; e che un’interpretazione della norma nel senso di escludere tout court, in sede di gara, l’esercizio di detto potere si porrebbe al di fuori del sistema giuridico, nel quale è contemplato l’esercizio dello ius poenitendi non solo in generale, con la l. n. 241/1990, ma anche nello specifico settore degli appalti per tutti gli atti di gara, come desumibile dal tenore testuale dell’art. 11, co. 9, d. lgs. n. 163/2006; diversamente, si rischierebbe di ledere il principio della par condicio competitorum.
Non convincono le argomentazioni esposte dalla ricorrente nella memoria conclusiva, in quanto la fattispecie oggetto del menzionato precedente atteneva al caso, non sovrapponibile a quello in esame, del concorrente, il quale, avendo (semplicemente) partecipato alla gara, ha inteso far valere il proprio interesse strumentale alla rivisitazione della graduatoria, chiedendo l’inserimento e/o l’esclusione di una o più concorrenti, al fine di conseguire l’aggiudicazione (cfr. T.A.R. Sardegna, n. 218/2015).
Vale la pena evidenziare, altresì, stante anche la novità delle questioni sottoposte all’esame del Collegio, che un’interpretazione dell’art. 38 co. 2 bis nel senso della intangibilità sempre e comunque della graduatoria potrebbe prestare il fianco a dubbi di legittimità costituzionale, non ritenendosi comunque sufficiente, quantomeno per quanto attiene alla effettività di una tutela in forma specifica (che è poi sempre quella chiesta da chi intende avere l’aggiudicazione dell’appalto), un mero risarcimento per equivalente a chi, invece, a seguito del corretto svolgimento della procedura di gara, sarebbe risultato aggiudicatario.
A quanto appena esposto e rilevato, deve anche aggiungersi che la disposizione in commento non prescrive una precisa cadenza temporale per l’avvio e la definizione di tale sub procedimento di regolarizzazione,
non essendo neppure chiaro se detta fase, doverosa, debba collocarsi a monte (con qualche aggravio in termini di celerità) o a valle della fase di apertura delle buste contenenti le offerte economiche; con possibile conseguente configurazione dell’attività posta in essere dalla p.a. nella fase immediatamente successiva all’apertura delle offerte economiche non tanto come espressione del tradizionale ius poenitendi, di carattere discrezionale, ma come (doverosa) attuazione di una serie di adempimenti obbligatori.
Non è peregrino, in altri termini, affermare che la graduatoria formata prima dello svolgimento di tale fase obbligatoria, non avendo “scontato” proprio il momento della regolarizzazione – se applicabile - non possa ritenersi “cristallizzata”, in quanto verrebbe frustrata proprio la ratio complessiva della disposizione in esame.
Del resto, sul piano interpretativo e sistematico, costituisce indiretta conferma della insussistenza di una assoluta intangibilità della media e della graduatoria – se non alle precise condizioni previste dal citato comma 2 bis – la previsione contenuta nell’art. 48, co. 2, del d. lgs. n. 163/2006, il quale, con riferimento alla verifica successiva all’aggiudicazione, prevede che, nel caso in cui l’aggiudicatario e il concorrente che segue in graduatoria non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni, si procede (oltre all’applicazione delle sanzioni previste dal comma 1) alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione.
C.2. – Non merita adesione neppure il secondo motivo, con cui la ricorrente si duole dell’applicazione dell’arrotondamento a tre cifre decimali dei ribassi percentuali.
Va preliminarmente rilevato che tale censura si scontra con la previsione contenuta nell’art. 3 del disciplinare di gara, peraltro non impugnato, il quale ha chiaramente previsto, in caso di offerte con quattro o più decimali, l’arrotondamento della terza cifra decimale all’unità superiore qualora la
quarta cifra decimale sia pari o superiore a cinque.
Per consolidata giurisprudenza – che il Collegio condivide e dalla quale non ravvisa ragioni giuridiche per discostarsi – tenuto conto del carattere convenzionale delle medie e in assenza di previsioni normative di segno contrario, è legittima la previsione del bando di gara sull’arrotondamento; e tenuto conto, altresì, che la ricorrente non ha comunque censurato il disciplinare di gara in parte qua (v. C.G.A., 21 luglio 2008, n. 601).
Una volta premessa la correttezza di tale attività (vincolata) del seggio di gara, il Collegio non può che confermare quanto già rilevato in sede cautelare in ordine alla inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, tenuto conto della circostanza, su cui tra breve ci si soffermerà, per cui la ricorrente, avendo presentato un’offerta esattamente corrispondente alla soglia di anomalia che verrebbe a determinarsi (35,328) con l’applicazione dell’arrotondamento, verrebbe automaticamente esclusa in base al disciplinare (pag. 17, n. 2), applicativo, sul punto, dell’art. 122, co. 9, del d. lgs. n. 163/2006, espressamente richiamato.
La ricorrente sostiene, nella memoria conclusiva, che questo Giudice avrebbe errato nel ritenere sussistente la carenza di interesse, rispetto a tale specifica censura.
L’assunto va decisamente respinto.
Intanto deve chiarirsi che proprio la stessa tesi prospettata dalla ricorrente – cioè, che nulla sarebbe cambiato rispetto alla sua aggiudicazione, anche in caso di arrotondamento a tre cifre dei ribassi – conferma la valutazione resa già in fase cautelare, in quanto non si comprende quale specifico interesse sorregga la censura sull’applicazione dell’arrotondamento, il quale, seguendo la stessa prospettazione della istante, non muterebbe la realtà come determinatasi originariamente.
La doglianza, quindi, alla luce di quanto sostenuto dalla stessa ricorrente, è già palesemente inammissibile.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che sia assolutamente aderente agli oggettivi dati di fatto (anche matematici) la ricostruzione già indicata nell’ordinanza cautelare.
Ed invero, la ragione per la quale la ricorrente si preoccupa di muovere apposita censura avverso l’applicazione dell’arrotondamento è data proprio dalla circostanza che, presupponendo ipoteticamente come illegittima la revisione della soglia di anomalia a seguito della riammissione della ditta Capobianco - e tenendo, quindi, immutata, la graduatoria originariamente stabilita - l’applicazione dell’arrotondamento (a tre cifre) dei ribassi e, conseguentemente, della loro media (soglia di anomalia), comporterebbe la sicura esclusione della ricorrente dalla gara, in quanto la predetta, come accennato, risulta avere presentato un ribasso, che, arrotondato a tre cifre, risulterebbe pari alla soglia di anomalia come rideterminata a seguito del previsto arrotondamento.
A tal fine, non è superfluo rammentare che, secondo le chiare previsioni della legge di gara:
- la percentuale di ribasso potrà riportare fino ad un massimo di tre decimali. In caso di offerte con quattro o più decimali la terza cifra decimale sarà arrotondata all’unità superiore qualora la quarta cifra decimale sia pario superiore a cinque (cfr. pag. 15 disciplinare);
- l’individuazione della soglia di anomalia è indicata come ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse..., in conformità a quanto previsto dall’art. 86 del Codice dei contratti, espressamente richiamato unitamente all’art. 122, co. 9, dello stesso codice (v. pag. 15, n. 4 disciplinare);
- la ricorrente, con l’applicazione dell’arrotondamento, avendo presentato un’offerta esattamente corrispondente alla soglia di anomalia che verrebbe a determinarsi (35,328), dovrebbe essere, pertanto, automaticamente esclusa in base al disciplinare (pag. 17, n. 2).
Ciò premesso, va anche aggiunto che elementari principi matematici impongono che, se, come previsto dal capitolato, la soglia di anomalia si determina in base ai ribassi percentuali, i quali devono essere espressi in tre cifre con eventuale arrotondamento, la soglia che si determina non potrà che avere un numero di cifre decimali pari a quello dei valori, da cui essa è stata determinata.
Pertanto, contrariamente a quanto incautamente sostenuto dalla ricorrente a pag. 12 della memoria conclusiva, non sussiste alcuna erronea indicazione nell’ordinanza cautelare n. 15/2015.
C.3. – Non merita accoglimento neppure il terzo motivo, con cui si sostiene che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per la carenza della dichiarazione da rendere secondo l’allegato 4.
Occorre in primo luogo precisare che la legge di gara non prevedeva espressamente la sanzione espulsiva per la eventuale mancanza della dichiarazione relativa alla “clausola n. 2” di cui al bando; e che, comunque, una dichiarazione sostanzialmente avente il medesimo contenuto era contenuta nel punto 28 dell’allegato 2 al disciplinare di gara, debitamente compilato e prodotto dalla ditta Russo, la quale ha, peraltro, utilizzato il modulo indicato dalla stazione appaltante, nel quale non era stato inserito il riferimento alla suddetta clausola.
Ciò premesso, è troncante, ad avviso del Collegio, la considerazione che a venire in rilievo è una carenza all’interno di una complessiva dichiarazione, rispetto alla quale il seggio di gara avrebbe potuto e dovuto, al più, chiedere l’integrazione della stessa, ai sensi del citato art. 38, co. 2 bis, come modificato dall’art. 39 del d.l. n. 90/2014, applicabile alla procedura in interesse in base al terzo comma dello stesso art. 39 (bando pubblicato il 16.09.2014: in tal senso, v. T.A.R. Sicilia, sez. I, 29 aprile 2015, n. 1040).
In tal senso questa Sezione si è già espressa per il caso, analogo, della mancata presentazione della dichiarazione degli impegni contenuti nei c.d.
"protocolli di legalità" da parte della Ditta, statuendo nel senso della illegittimità della causa espulsiva, superabile dalla Pubblica amministrazione con il potere di soccorso istruttorio (v. T.A.R. Sicilia, sez. I, 9 gennaio 2015, n. 78, che ha ritenuto illegittima l’esclusione dalla gara di una ditta, la quale non aveva prodotto interamente la dichiarazione sul protocollo di legalità, in applicazione delle nuove disposizioni contenute nell’art. 38, co. 2 bis).
- – Per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato, con salvezza di tutti gli atti impugnati.
- – Considerata la parziale novità delle questioni, si ritengono sussistere i presupposti per compensare tra le parti costituite le spese di giudizio; mentre, nulla deve statuirsi nei riguardi del Comune di Valledolmo, non costituito in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra tutte le parti costituite le spese di giudizio; nulla spese nei riguardi del Comune di Valledolmo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Caterina Criscenti, Consigliere
Maria Cappellano, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/05/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ultimo aggiornamento Martedì 12 Maggio 2015 15:55
Indicazione del nominativo del subappaltatore
Martedì 05 Maggio 2015 18:30
Fabrizio Laudani
N. 01040/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02838/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
(Omissis)
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 13 ottobre 2014 e depositato il successivo giorno 20 la società ricorrente ha impugnato gli esiti di una gara per l’affidamento, da parte dell'ANAS, di lavori per rifacimento cordoli adeguamento di barriere di sicurezza, meglio in epigrafe indicata.
Per i lavori in questione il bando, al punto 1.1, prescriveva quale categoria prevalente la OG3, class. II^; l’ulteriore categoria indicata come a qualificazione obbligatoria era la OS12/A, class. I^; e l’altra categoria scorporabile e subappaltabile la OS11, class. I^ .
Alla gara partecipavano 59 concorrenti ed all’esito dell’apertura delle offerte economiche, la Pernice risultava prima in graduatoria e la Safital seconda.
La ricorrente sostiene che la società Pernice avrebbe dovuto essere esclusa in quanto, essendo priva di qualificazione nella categoria OS11, ha dichiarato di subappaltare per intero i lavori della categoria OS11, ma non ha fornito il nominativo del subappaltatore.
In vista della trattazione della domanda cautelare si costituiva la controinteressata Pernice, mentre l’Avvocatura dello Stato si costituiva verbalmente alla camera di consiglio del 29 ottobre 2014.
2. Con ordinanza n. 746/14 la Sezione respingeva la domanda cautelare, ritenendo insufficienti i profili di fumus boni iuris, avuto riguardo:
“- al combinato disposto degli artt. 38, co. 2 bis, e 46, co. 1 ter, del d. lgs. n. 163/2006, come modificati dall’art. 39 del d.l. n. 90/2014, applicabile alla procedura in interesse in base al terzo comma dello stesso art. 39; con conseguente obbligo, al più, della stazione appaltante, di attivare i poteri di soccorso istruttorio (v. T.A.R. Valle d’Aosta, ord. n. 17/2014);
- alla mancanza, nella legge di gara, di uno specifico obbligo, posto a pena di esclusione, di indicazione del nominativo del subappaltatore fin dalla fase di presentazione della domanda di partecipazione (v. anche modello di dichiarazione sostitutiva utilizzato dai concorrenti);
- all’esigenza di superare soluzioni formalistiche, in linea con la recente evoluzione della normativa in materia (v., in tale prospettiva, anche il contenuto del bando tipo approvato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con provvedimento 02.09.2014, punto 9.2, in G.U.R.I. 22 ottobre 2014, n. 246, Suppl. Ord. n. 80)”.
La decisione cautelare veniva condivisa dal Giudice d’appello che precisava quanto segue:
“rilevato che alla presente gara si applicano le disposizioni introdotte con il d.l. 24 giugno 2014 n. 90 (trattandosi di bando pubblicato in data 23 luglio 2014, si veda pagina 4 dell’appello);
rilevato che, in particolare, l’articolo 39 d.l. 90 cit. ha introdotto il comma 2 bis nell’articolo 38 Codice Contratti;
rilevato pertanto che, pur in presenza di mancanza, incompletezza e “ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive”, la stazione appaltante non può procedere all’immediata esclusione ma deve attivare il procedimento volto alla integrazione e regolarizzazione delle “dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere” e assegnando al concorrente un termine non superiore a dieci giorni;
considerato che tali disposizioni, pur essendo state inserite nel contesto della disciplina dei requisiti di ordine generale, trovano applicazione anche con riferimento ai c.d. requisiti speciali, giusta il richiamo effettuato dall’articolo 46, comma 1 ter, come introdotto dal già citato d.l. 90/2014” (CGA, ord. n. 618 del 15 dicembre 2014).
3. L’ANAS medio tempore depositava agli atti di questo giudizio documentazione inerente la gara e con memoria depositata il 17 marzo 2015 la ricorrente sviluppava ulteriormente la propria tesi difensiva.
All’udienza pubblica del 2 aprile 2015 la causa è stata chiamata e posta in decisione.
4. È all’attenzione del Collegio, primariamente, la questione dell’obbligo di indicazione nominativa dei subappaltatori in caso di subappalto c.d. necessario.
Sul punto il Collegio ritiene di seguire l’orientamento prevalente, anche se non uniforme, cui la stessa parte ricorrente aderisce, secondo il quale “la previsione di cui all’art. 118, secondo comma, del codice degli appalti debba essere intesa nel senso che la dichiarazione in questione possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in possesso delle qualificazioni necessarie per l’esecuzione in via autonoma delle lavorazioni oggetto dell’appalto, ossia nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, non la via necessitata per partecipare alla gara; al contrario, la dichiarazione in questione deve contenere anche l’indicazione del subappaltatore, e la dimostrazione del possesso, da parte di quest’ultimo, dei requisiti di qualificazione, nelle ipotesi in cui il ricorso al subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione” (così, tra le tante, Cons. St., V, 10 febbraio 2015, n. 676; Id, 26 agosto 2014, n. 4299; 21 novembre 2012, n. 5900).
La ratio di tale orientamento risiede nell’imprescindibile esigenza di evitare che l’aggiudicazione avvenga in favore di un soggetto sprovvisto dei necessari requisiti di qualificazione, al quale dovrebbe accordarsi la possibilità non soltanto di dimostrare, ma addirittura di acquisire i requisiti medesimi a gara conclusa, in violazione del principio della par condicio e con il rischio per l’amministrazione procedente che l’appaltatore così designato non onori l’impegno assunto, rendendo necessaria la ripetizione della gara (in termini Cons. St., IV, 26 maggio 2014, n. 2675, in un contenzioso intrapreso dalla stessa Safital).
In punto di fatto è pacifico che la Pernice Impianti non era in possesso della qualificazione per la categoria OS11, che ai sensi dell’art. 12, co. 2, D.l. 28/03/2014, n. 47 si tratta di lavori che non possono essere eseguiti direttamente dall'affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente e che, pur avendo indicato di voler subappaltare i relativi lavori, l’affidataria non ha indicato il nominativo del subappaltatore.
5. Ciò premesso, occorre valutare le conseguenze che discendono dall’omissione nella quale è incorsa la società Pernice.
Come già osservato in sede cautelare, la gara in questione, dal momento che la pubblicazione del bando porta la data del 23 luglio 2014, ricade nell’ambito di applicazione temporale del d.l. 24 giugno 2014 n. 90, conv. con modific. in l. n. 114/90, sugli obblighi dichiarativi e sul potere di soccorso istruttorio.
5.1. È utile, per una migliore intelligenza della questione, richiamare il contenuto della recente disposizione normativa.
Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in legge 18 agosto 2014, n. 114, ha modificato, con l’art. 39, gli articoli 38 e 46 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, che riguardano – rispettivamente – i requisiti di ordine generale occorrenti per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici e i documenti e le informazioni complementari nonché la tassatività delle cause di esclusione.
Per effetto di tale novella legislativa, è stato inserito, nell’art. 38, il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale «la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte».
Nell’art. 46 è stato, invece, inserito il comma 1-ter a tenore del quale «le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara».
In buona sostanza, con le norme sopra riportate, si è inteso rendere obbligatorio per “ogni ipotesi” di dichiarazione o elemento essenziale, incompleto o mancante, l’avvio di un procedimento di regolarizzazione ed integrazione, con un’istruttoria veloce preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni, prima della valutazione dell’ammissibilità dell’offerta, autorizzando la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante.
5.2. Ciò premesso ritiene il Collegio, confermando sul punto quanto indicato in sede cautelare, anche dal giudice d’appello, che la disposizione in parola trovi applicazione anche per il caso di omessa indicazione del nominativo del subappaltatore, proprio in virtù del richiamo, di tenore ampliativo, effettuato dall’articolo 46, comma 1 ter, cit., che consente di utilizzare il soccorso istruttorio anche nell’ipotesi di carenze diverse da quelle afferenti i requisiti di ordine generale.
5.3. Va a questo punto specificato che nessuna delle procedure di gara vagliate nelle numerose pronunce giurisprudenziali invocate dal ricorrente, anche in sede di memoria difensiva, ricadono sotto l’egida della citata l.n. 114, compresa quella definita dal Tar Valle d’Aosta, dapprima con l’ordinanza n. 17/14, espressamente menzionata in sede cautelare, ed ora con sentenza n. 18 del 13 febbraio 2015, non sospesa dalla V sezione del Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 1328 del 25 marzo 2015 (e con l’unica eccezione - data dalla ordinanza TAR Bari, n. 80/15, che - a dire del ricorrente, ma il dato non emerge dal provvedimento - si riferirebbe ad un bando pubblicato il 15 settembre 2014, ove però il Tribunale non ha neppure esaminato le disposizioni sul soccorso istruttorio).
6. La difesa della società ricorrente sostiene poi che l’esegesi del recente disposto proposta in fase cautelare consentirebbe al concorrente di correggere la propria offerta ed anzi addirittura – come ribadito in sede di discussione orale della controversia – di alterare la stessa composizione del soggetto offerente, mentre l’unica lettura ammissibile dovrebbe essere quella funzionale al recupero di documenti ed elementi preesistenti, ossia già certi ed esistenti, ancorchè non agli atti di gara.
L’obiezione non coglie nel segno.
6.1. Posto che la parte ha già manifestato l’impegno di avvalersi di altro operatore economico al fine di supplire al proprio deficit di qualificazione e, quindi, non si tratta di dichiarazione mancante ma incompleta, rileva il Collegio che il subappaltatore non è assimilabile al concorrente perché non è colui che presenta l’offerta né è legato alla stazione appaltante da un rapporto contrattuale.
Non ricorre, quindi, una causa di esclusione legata all’incertezza sulla provenienza dell’offerta ex art. 46, co. 1 bis, D.lgs. n. 163/06.
6.2. Né al subappalto può equipararsi l’avvalimento. Pur non negandosi delle interconnessioni tra la figura del subappalto e quella dell’avvalimento, è vero però che le due figure non sono integralmente sovrapponibili, tanto è vero che ai sensi dell’art. 49, co. 10, D.lgs. n. 163/06 l'impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati, e comunque delle differenze importanti ai fini che qui interessano sussistono, anche nel caso di subappalto c.d. necessario. Basti pensare alla diversa ampiezza dell’oggetto dell’avvalimento e al fatto che, nel caso di avvalimento, il contratto tra offerente ed ausiliaria deve preesistere e va allegato insieme all’offerta, mentre nel subappalto, l’art. 118 consente la produzione del contratto direttamente alla stazione appaltante almeno 20 giorni prima dell’esecuzione delle relative prestazioni.
In altri termini l’avvalimento realizza un’integrazione temporanea dell’azienda del concorrente riguardo ai mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto e l’impresa ausiliaria diviene parte sostanziale mediante l’assunzione di corresponsabilità in via solidale con il concorrente verso la stazione appaltante. Il subappalto, invece, non realizza un’integrazione delle capacità dell’aggiudicatario, ma costituisce uno dei modi di organizzazione dell’impresa dell’appaltatore e comporta una mera sostituzione nell’esecuzione della prestazione contrattuale; ne consegue che unico responsabile verso la stazione appaltante per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali resta il concorrente aggiudicatario.
Ritiene, pertanto, il Collegio che, pur aderendo all’opinione che ritiene essenziale l’indicazione del nominativo del subappaltatore, questa indicazione, ove mancante, possa essere richiesta in via integrativa.
7. Qualche cenno meritano anche i rilievi fatti dal ricorrente alla determinazione ANAC n. 1/15.
7.1. Va considerato, in primo luogo, che nel predetto atto l’ANAC ha osservato che “l’integrazione o la regolarizzazione non possono riguardare la dichiarazione di volontà di ricorso all’avvalimento (art. 49, comma 2, lett. a) del Codice). La dichiarazione di avvalimento costituisce, infatti, elemento costitutivo dei requisiti da possedersi, inderogabilmente, alla scadenza del termine perentorio di presentazione dell’offerta. Anche il contratto di avvalimento è evidentemente funzionale al possesso dei requisiti prescritti dal bando. Tuttavia, in ordine allo stesso si ritiene che possa operare l’istituto del nuovo soccorso istruttorio limitatamente all’ipotesi di mancata allegazione, per mera dimenticanza, del contratto che, in ogni caso, sia stato già siglato alla data di presentazione dell’offerta. La nuova disciplina del soccorso istruttorio dispiega, invece, pienamente la sua forza espansiva sugli altri adempimenti prescritti in ordine all’avvalimento”.
Rileva il Collegio che dette osservazioni confermano quanto sottolineato prima sulle differenze tra subappalto ed avvalimento.
7.2. In secondo luogo, in relazione al subappalto, la determinazione n. 1 cit. non contiene, ad avviso del Collegio, indicazioni contrarie all’esegesi del soccorso istruttorio qui prospettata.
Essa prevede, infatti, che “nel caso in cui il bando di gara preveda, fra le categorie scorporabili e subappaltabili, categorie a qualificazione obbligatoria ed il concorrente non sia in possesso delle corrispondenti qualificazioni oppure, in alternativa, non abbia indicato nell’offerta l’intenzione di procedere al loro subappalto, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione dalla gara in quanto, in fase di esecuzione, lo stesso, qualora aggiudicatario, non potrebbe né eseguire direttamente le lavorazioni né essere autorizzato a subappaltarle. La carenza di una simile dichiarazione non si ritiene possa essere sanata. Laddove, infatti, si consentisse ad un concorrente, sprovvisto della necessaria qualificazione richiesta dalla lex specialis di gara, di indicare successivamente la volontà di subappaltare una quota dei lavori, con indicazione della relativa quota, al fine di dimostrare il possesso della qualificazione richiesta, si altererebbe il principio di par condicio tra i concorrenti. Tale dichiarazione, infatti, afferisce direttamente al possesso del requisito essendo espressione di un’autodeterminazione del concorrente in ordine alle modalità di acquisizione del medesimo.” E non è questo il caso in esame, visto che la controinteressata ha reso la dichiarazione.
È vero che l’ANAC poi aggiunge che “La normativa citata non comporta l’obbligo di indicare i nominativi dei subappaltatori in sede di offerta ma solamente l’obbligo di indicare le quote di attività che il concorrente intende subappaltare, qualora non in possesso della qualificazione per la categoria scorporabile”, lettura che, tuttavia, il Collegio ritiene di non seguire per le ragioni innanzi esposte, sia pure con conseguenze differenti in punto di sanzione per la mancata indicazione rispetto a quelle prospettate in ricorso.
8. Da ultimo si ritiene di ribadire che comunque, nel caso di specie, né la legge di gara né il modello di dichiarazione messo a disposizione dei concorrenti segnalavano l’esistenza di uno specifico obbligo, posto a pena di esclusione, di indicazione del nominativo del subappaltatore fin dalla fase di presentazione della domanda di partecipazione, sicchè comunque – a prescindere dall’ambito di applicazione del nuovo testo dell’art. 46 - la stazione appaltante sarebbe stata, comunque, tenuta a richiedere l’integrazione della dichiarazione.
9. Il ricorso siccome diretto all’esclusione della controinteressata va, quindi, respinto, fermo restando l’onere della Stazione appaltante di intervenire sull’aggiudicazione così come disposta ai limitati fini di dare applicazione (qualora ciò non sia già avvenuto in esecuzione del dictum cautelare) agli artt. 38, co. 2 bis, e 46, co. 1 ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
Data la novità delle questioni trattate e considerata anche l’assenza di difese scritte da parte di ANAS, le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Dichiara integralmente compensate le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Caterina Criscenti, Consigliere, Estensore
Maria Cappellano, Primo Referendario
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ultimo aggiornamento Martedì 05 Maggio 2015 18:58
Condanne penali: apprezzamento di "non gravità" tra concorrenti e stazione appaltante
Mercoledì 04 Aprile 2012 08:08
Carmelo Anzalone
N. 1799/2012 Reg. Prov. Coll.
N. 7422 Reg. Ric.
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7422 del 2008, proposto da
Consorzio S., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Valeria Pellegrino e Danilo D'Arpa, con domicilio eletto presso Valeria Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento n. 11;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
P. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria dell'Ati P. s.r.l.- FI. Elettromeccanica s.r.l.., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Cerioni, con domicilio eletto presso l'avv. Vincenzo Greco in Roma, via Federico Cesi 21;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZIONE I, n. 01253/2008, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE DeLL'APPALTO PER LAVORI DI RESTAURO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivitaà culturali e della Soprintendenza a per i beni storici artistici ed etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Titodore e l'avvocato Pellegrino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con atto di appello n. 7422/08, notificato il 15 settembre 2008, il Consorzio S., in persona del legale rappresentante ing. A. L., contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, Bologna, I, 3 aprile 2008, n. 1253, con la quale è stato respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso l'aggiudicazione all'ATI P. s.r.l. e F. s.r.l. dell'appalto per lavori di restauro e adeguamento normativo e funzionale di una porzione del fabbricato sito in Modena, denominato ...omissis....
Le questioni qui sottoposte all'esame del Collegio riguardano le seguenti censure, respinte in primo grado e riproposte nella presente sede dal citato Consorzio, risultato secondo in graduatoria:
1) omessa dichiarazione di condanne penali, riportate da due amministratori, il primo dei quali, tuttavia, cessato dalla carica da più di tre anni (con preclusa rilevanza di tale condanna per la società, come in precedenza riconosciuto dalla stessa ricorrente), mentre per il secondo amministratore sarebbe stata (secondo l'appellante) illegittimamente esclusa la rilevanza di una condanna, benché patteggiata dieci anni prima della gara, non essendo automatica l'estinzione del reato e non risultando congrua la decisione della stazione appaltante di escludere l'incidenza della stessa sulla moralità professionale del concorrente, anche per l'autonoma rilevanza dell'omessa dichiarazione (pur richiedendo il bando di effettuare la dichiarazione di cui trattasi nei termini di cui all'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163);
2) omessa dichiarazione delle quote con cui ciascuna impresa partecipante all'ATI avrebbe effettuato i lavori, non essendo scontata la ripartizione successiva, avendo una delle imprese partecipanti tutte le qualifiche richieste per l'effettuazione dei lavori;
3) irregolarità della fideiussione, in quanto non sottoscritta da una delle imprese partecipanti e quindi non riferibile alla stessa, risultando insufficiente la mera indicazione, in allegato, dell'intenzione della società sottoscrittrice di effettuare le prestazioni richieste, in caso di aggiudicazione, in associazione temporanea;
4) irregolarità delle sedute successive alla prima, tramite mero annuncio nella bacheca della stazione appaltante e non con apposita comunicazione alle imprese partecipanti alla gara.
Il Collegio ritiene fondati e assorbenti i primi tre ordini di censure, mentre per il quarto - riferito alla pubblicità delle sedute - ritiene invece condivisibili le considerazioni della sentenza appellata, che ha ritenuto non invalidanti le modalità di comunicazione poste in essere dalla Commissione aggiudicatrice, in quanto non lesive della par condicio dei concorrenti.
Per quanto riguarda infatti, in primo luogo, l'omessa dichiarazione di condanne penali, richiesta ai sensi dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, il Collegio ricorda che occorre distinguere - nell'ambito della disposizione - fra i requisiti il cui accertamento è oggettivo e non richiede alcuna valutazione (come il fallimento, o la pendenza di procedura di prevenzione) e i requisiti rimessi all'apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, come appunto l'intervenuta condanna per reati "gravi" ed "incidenti sulla "moralità professionale".
Per questi ultimi, la mera ripetizione, da parte del bando, della disposizione di legge, così come il rinvio alla stessa, appaiono di fatto costitutivi di una causa di legittimazione anche per il concorrente, che potrebbe ritenersi esonerato dal dichiarare infrazioni penalmente rilevanti, ma di lieve entità. L'omessa dichiarazione sarebbe senz'altro sanzionabile in sede di gara, pertanto, solo in presenza di un più stringente obbligo, imposto dal bando, di dichiarare qualsiasi condanna penale, spettando in via esclusiva all'amministrazione la predetta valutazione di gravità (Cons. Stato, VI, 4 agosto 2009, nn. 4905, 4906 e 4907).
Nella situazione in esame, il bando di gara prevedeva (punto 5, lettera h)) la dichiarazione di cui trattasi per reati che incidessero "sull'affidabilità morale e professionale" dei rappresentanti delle imprese, indicati al precedente punto e), "anche se cessati dalle cariche nel triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando, fatta salva la dimostrazione da parte dell'impresa di avere adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata".
Non rilevava quindi, in primo luogo (e la stessa attuale appellante aveva rinunciato a tale censura, con memoria prodotta in primo grado di giudizio), la condanna riportata dall'amministratore delegato di P. s.r.l. (C. I.), cessato dalla carica in data 11 febbraio 2002 (ovvero oltre tre anni prima della dichiarazione di cui trattasi): l'irrilevanza di tale condanna ai fini della partecipazione alla gara era infatti prevista dalla disposizione del bando sopra riportata, peraltro in conformità all'art. 75, comma 1, lettera c) d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, come successivamente integrato e assorbito dal d.lgs. n. 163 del 2006.
Per quanto riguarda, invece, la posizione del legale rappresentante della ditta FI. (F. S.), il Collegio non ritiene ragionevole - in applicazione dell'indirizzo giurisprudenziale ricordato - un apprezzamento discrezionale di "non gravità", compiuto dall'impresa partecipante alla gara in rapporto ad una condanna patteggiata per omicidio colposo commesso per "imprudenza, imperizia, negligenza e colpa specifica, consistente nella violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro", punito ai sensi dell'art. 589, commi 1 e 2, Cod. pen. dalla Pretura circondariale di Terni con sentenza in data 13 ottobre 1995. Tale condanna riguardava infatti un delitto per detta qualificazione incidente su beni e interessi comunque rilevanti per quanto concerne l'affidabilità dell'impresa partecipante ad appalti pubblici, chiamata al sistematico rispetto delle condizioni di sicurezza dei lavoratori (cfr. Cons. Stato, sez. I, 23 gennaio 2008, n. 4436/07): il precedente in questione non poteva pertanto scendere al di sotto della soglia della "gravità", ai fini della dichiarazione di cui trattasi.
Il fatto che la condanna fosse risalente nel tempo e la prospettata maturazione dei presupposti di estinzione del reato potevano essere (come sono stati) oggetto di specifica valutazione da parte della stazione appaltante: ma resta comunque fermo che quest'ultima doveva farsi carico della questione - comunque rilevante, - dell'omissione della dichiarazione, prescritta dal bando, circa l'esistenza di una tale condanna (cfr. sul punto artt. 75 e 76 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
L'apprezzamento di "non gravità", che può ritenersi rimesso alla valutazione del concorrente, non è in effetti speculare a quello esercitabile dalla stazione appaltante: al primo (in presenza di un rinvio generico, o di una testuale reiterazione della disposizione di legge nel bando di gara) compete solo un apprezzamento limitato al possibile superamento della soglia di interesse della valutazione; ma la valutazione concreta spetta poi alla stazione appaltante, in ragione degli interessi tutelati dalla legge.
In altre parole, nel caso in cui il bando non ponga un obbligo incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe non ritenere "falsa" la dichiarazione di un concorrente che ometta di menzionare la condanna penale di un amministratore, qualora fosse ragionevolmente giustificabile - in riferimento agli interessi perseguiti dalla normativa sui contratti pubblici - il suo giudizio di irrilevanza di condanne per fatti da lui stesso ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti agli interessi che presiedono ai requisiti richiesti per la partecipazione.
Una tale evenienza non ricorre però nel caso di specie, in cui la questione si pone con riferimento ad un reato che, per le dette ragioni, è da considerare oggettivamente "grave" e perciò direttamente incidente sull'affidabilità dell'impresa in relazione al rispetto delle norme di sicurezza dettate a tutela dei lavoratori.
In tale contesto - essendo incontestabile la gravità" (indifferente - per quanto concerne il dovere di presentare le dichiarazioni di cui si verte - rispetto all'ulteriore questione dell'avvenuta successiva estinzione, o meno, del reato) spettava alla sola Amministrazione la responsabile scelta, in ordine all'eventuale superamento della presunzione relativa di inaffidabilità, conseguente alla condanna stessa. Risultava inammissibile, invece, che il concorrente potesse ritenersi non tenuto all'obbligo di dichiarazione imposto dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e dal bando di gara, in quanto tale obbligo, legato esclusivamente alla natura della condotta penalmente sanzionata, prescindeva dalle ulteriori - non pacifiche - valutazioni in ordine all'eventuale riabilitazione del condannato o all'estinzione del reato, Il bando richiedeva, d'altra parte, un'attestazione circa l'oggettiva insussistenza di condanne, che potessero in astratto essere incidenti sull'affidabilità morale e professionale dei rappresentanti delle imprese concorrenti, e non rimetteva loro una valutazione di attenuazione per fatti estrinseci e successivi come quelli addotti.
Quanto all'ordine di censure, riferito alla omessa indicazione - in sede di offerta - della ripartizione percentuale dei lavori fra mandante e mandataria, il Collegio ritiene ugualmente non fondate le conclusioni della sentenza appellata secondo cui, in tema di appalti pubblici, detta indicazione sarebbe "funzionale all'esecuzione della prestazione complessivamente richiesta", con conseguente inidoneità dell'omissione a costituire causa di esclusione dalla gara quando le imprese associate fossero tra loro fungibili, ovvero in grado di assolvere ciascuna all'intera prestazione, ovvero quando fossero specializzate in relazione alle specifiche categorie richieste dal disciplinare di gara.
Nella fattispecie, la mandataria P. s.r.l. possedeva le attestazioni richieste per effettuare l'intera prestazione, mentre la mandante - essendo specializzata per la sola categoria OG11 - classifica IV, non avrebbe potuto eseguire altre prestazioni, di modo che la ripartizione sarebbe stata desumibile dalle stesse qualificazioni possedute.
Questa situazione, tuttavia, non poteva precostituire alcuna certezza in ordine alle effettive quote di partecipazione di ciascuna impresa al raggruppamento temporaneo, potendo la mandataria eseguire anche opere, appartenenti alla categoria di specializzazione della mandante. La definizione delle quote di partecipazione ad un'ATI, del resto, è pacificamente ritenuta attinente non solo alla fase esecutiva, ma anche al momento genetico del rapporto contrattuale, benchè non specificamente richiesto dal bando. Il bando è infatti, all'occorrenza, da ritenere integrato dalle prescrizioni di cui all'art. 13, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, in base al quale l'affidamento della realizzazione di opere pubbliche ad associazioni temporanee è subordinato alla condizione che la mandataria e le altre imprese associate siano già in possesso di qualificazione per la rispettiva quota percentuale, cui deve poi corrispondere l'esecuzione dei lavori, ex art. 93, comma 4 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554: quanto sopra, dovendosi tenere conto dell'esigenza di evitare partecipazioni fittizie o di comodo ed in corrispondenza alle caratteristiche di trasparenza e affidabilità, che debbono contraddistinguere le procedure di gara, in base ai principi recepiti anche dall'art. 37, comma 13, d.lgs. 14 aprile 1996, n. 163 (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato,. IV, 27 novembre 2010, n. 8253, 27 gennaio 2011, n. 606; Cons. Stato, V, 7 maggio 2008, n. 2079, 20 agosto 2008, n. 3972, 22 dicembre 2008, n. 6493, 12 febbraio 2010, n. 744, 28 settembre 2009, n. 5817, 22 febbraio 2010, n. 1038, 8 settembre 2010, n. 6490, 12 ottobre 2004, n. 6586, 6 maggio 2011, n. 2715, 27 ottobre 2011, n. 5736; VI, 8 febbraio 2008, n. 416).
Anche sotto tale profilo, quindi, le argomentazioni dell'appellante debbono essere accolte.
Restano da esaminare le argomentazioni difensive, riferite a violazione dell'art. 108 d.P.R. n. 554 del 1999, per avere l'associazione aggiudicataria prodotto una polizza fideiussoria intestata e sottoscritta soltanto dalla società capogruppo.
Tali argomentazioni erano respinte dalla sentenza appellata, in quanto "dal contenuto di un allegato alla polizza fideiussoria " risulterebbe che "l'atto comprende entrambi i soggetti della costituenda associazione", con conseguente estensione della garanzia all'eventuale inadempimento di tutte le imprese associate.
Dette conclusioni non appaiono condivisibili. E' vero, infatti, che la garanzia fideiussoria non richiede necessariamente la sottoscrizione delle imprese associate, in caso di raggruppamento, essendo la stessa operante fra garante e beneficiario (quest'ultimo, nel caso di specie, identificabile nella stazione appaltante), con piena efficacia anche se uno dei soggetti garantiti non è a conoscenza del contratto; la medesima garanzia deve però coprire non solo la mancata sottoscrizione del contratto, ma anche ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara, con puntuale specificazione dell'obbligazione garantita e di ogni eventuale condizione o limitazione (Cons. Stato, VI, 28 febbraio 2006, n. 893; Cons. giust. amm. Reg. Sic. 29 settembre 2005, n. 630). La mera enunciazione dell'intento di P. s.r.l., in caso di aggiudicazione, di "costituire ATI con la ditta mandante FI. s.r.l." non appare invece accompagnata da adeguate specificazioni, in particolare circa la copertura assicurativa inerente alla veridicità delle dichiarazioni della mandante FI., in ordine al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa prescritti. Anche sotto quest'ultimo profilo, pertanto, le prospettazioni difensive dell'appellante risultano fondate.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l'appello debba essere accolto, con gli effetti precisati in motivazione.
Le spese giudiziali da rifondere all'appellante vengono liquidate - per i due gradi di giudizio - nella misura di euro 5.000,00 a carico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di euro 5.000,00 a carico dell'ATI P. s.r.l. e FI..
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla l'aggiudicazione dei lavori di restauro e adeguamento normativo e funzionale di porzione del fabbricato, denominato ...omissis..., all'ATI P. s.r.l. - FI. s.r.l.; condanna le predette società e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00) ciascuna, come specificato in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
- Giuseppe Severini - Presidente
- Roberto Giovagnoli - Consigliere
- Gabriella De Michele - Consigliere, Estensore
- Giulio Castriota Scanderbeg - Consigliere
- Bernhard Lageder - Consigliere
IL PRESIDENTE
Giuseppe Severini
L'ESTENSORE
Gabriella De Michele
Depositata in Segreteria il 27 marzo 2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Dichiarazione di subappalto non conforme alla lex specialis
Venerdì 10 Febbraio 2012 09:55
Carmelo Anzalone
N. 81/2012 Reg. Prov. Coll.
N. 6 Reg. Ric.
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6 del 2012, proposto da:
Società F. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Assisi, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fabio Sarra in Reggio Calabria, via V. Veneto, 65;
contro
Autorità Portuale di Gioia Tauro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
nei confronti di
Società D. S.p.A., Cooperativa M., Società S. S.r.l.; non costituite in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento del 2.12.011, di esclusione dalla gara per l'affidamento dei "lavori di manutenzione ordinaria triennale, mediante 18 interventi - sei per ogni annualità- dei fondali del porto di Gioia Tauro mediante lo spianamento delle dune sottomarine prodotte dalle pressioni delle eliche delle navi in manovra" (c.i.g. 24840221F9), nonché:
-del provvedimento di rigetto dell'istanza di autotutela, di cui alla nota del RUP prot.14819 U /11 ATEL del 14.12.2011
- di tutti gli atti di scrutinio tecnico - economico e di attribuzione dei punteggi alle offerte rimaste in gara, siccome contenuti nei verbali della Commissione giudicatrice;
- del provvedimento di aggiudicazione provvisoria a favore della Società D. SpA (SI. SPA) con sede in Roma, Via ...omissis..., adottato dalla Commissione di gara nella seduta del 3.12.2011;
- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e dipendente, ivi espressamente comprendendosi quello di aggiudicazione definitiva, se medio tempore adottato e per la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto, se stipulato, con richiesta di conseguire l'aggiudicazione e il contratto, ai sensi dell'art. 124 co.1 Dlgs 104/2010, previo accertamento della sussistenza delle condizioni di favore, di legge e della lex specialis;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Autorità Portuale di Gioia Tauro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2012 il dott. Giuseppe Caruso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato che la ricorrente risulta dotata di autonoma, piena, qualificazione per l'esecuzione dei lavori in questione e che il bando di gara non contiene specifica previsione di esclusione per il caso di dichiarazione di volontà di ricorrere a sub appalto, possibilità quest'ultima esclusa dal bando medesimo "in deroga a quanto stabilito dall'art. 37, comma 2, del D.Lg.vo n. 163/2006";
Ritenuto di condividere l'orientamento giurisprudenziale in base al quale, nel caso in cui un'impresa autonomamente in possesso di idonea qualificazione presenti una dichiarazione di subappalto non conforme a quanto richiesto dal disciplinare di gara, riservandosi la facoltà di subappaltare lavorazioni riconducibili a categorie per le quali la lex specialis di gara esclude la possibilità di un affidamento in subappalto, l'impresa stessa non possa essere legittimamente esclusa dalla gara (C. S., IV, 30 ottobre 2009, n. 6708);
che, invero, l'incompleta o erronea dichiarazione del concorrente relativa all'esercizio della facoltà di subappalto è suscettibile di comportare l'esclusione dello stesso dalla gara nel solo caso in cui questi risulti sfornito in proprio della qualificazione per le lavorazioni che ha dichiarato di voler subappaltare, determinando negli altri casi effetti unicamente in fase esecutiva, sotto il profilo dell'impossibilità di ricorrere al subappalto come dichiarato;
che tale soluzione appare in linea con il principio di tassatività delle ipotesi di esclusione, di recente ribadito dal legislatore (v. comma 1 bis dell'art. 46 del D.Lg.vo n. 163/2006);
che le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE-ESTENSORE
Giuseppe Caruso
IL CONSIGLIERE
Caterina Criscenti
IL PRIMO REFERENDARIO
Salvatore Gatto Costantino
Depositata in Segreteria il 27 gennaio 2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
|
|