GiovedĂŹ 14 Luglio 2016 18:35 |
Unione Europea/Direttiva |
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Sentenza CGUE Concessioni demaniali marittime: le proroghe automatiche, rimangono valide |
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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) Corte di Giustizia n. Câ458/14 e Câ67 del 14/07/2016 |
La questione interpretativa invero, si risolve normalmente in un giudizio di compatibilitĂ od incompatibilitĂ delle disposizioni nazionali rispetto ai principi eurounitari che, in tale secondo caso, pone al giudice ed ai soggetti pubblici dello stato nazionale un vincolo di disapplicazione della disposizione incompatibile (in realtĂ , come piĂč volte mi Ăš accaduto di osservare, ciĂČ che viene âinterpretataâ non Ăš tanto la disposizione comunitaria quanto quella nazionale, posta in relazione con la prima).=
Nel caso di specie tuttavia, la Corte di Giustizia â anzicchĂš emettere un tranciante giudizio di incompatibilitĂ , ma piuttosto adoperando un ben piĂč mitigato criterio di proporzionalitĂ ed equilibrio fra diversi valori (si pensi infatti, ad esempio al carattere eccezionale e derogatorio nel restringere la libera prestazione dei servizi alla necessitĂ di precedenti atti amministrativi) â ha emesso una sentenza âmeramente interpretativaâ e pertanto in sĂ© priva di un âautomatico effetto disapplicativoâ.=
La sentenza invero â interpretando lâarticolo 12 della direttiva âBolkensteinâ e lâarticolo 49 del Trattato di funzionamento, secondo i quali la necessitĂ dâuna gara pubblica si ha solamente nel caso in cui vi sia una âlimitazioneâ derivante da scarsitĂ delle risorse naturali ovvero un âinteresse transfrontalieroâ â rimette al giudice nazionale la valutazione caso per caso della legittimitĂ di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime.=
Avvocato Andrea Scuderi
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La Corte di Giustizia dellâUnione Europea, con una sentenza del 14 luglio scorso, ha preso in esame la compatibilitĂ con lâordinamento comunitario â ed in particolare con lâarticolo 12 della direttiva 2006/123 meglio nota come âBolkensteinâ e con lâarticolo 49 del Trattato di Funzionamento â delle disposizioni nazionali contenute nei decreti legge 194 del 2009 e 179 del 2012 (con cui le concessioni demaniali marittime attualmente in corso vengono, automaticamente e senza alcuna necessitĂ di preventive procedure di gara, prorogate sino al 31 dicembre 2020).=
Una prima lettura della sentenza della Corte di Giustizia ha fatto sorgere la convinzione, fonte di comprensibile disorientamento in particolare nel corso della stagione balneare, che il regime automatico di proroga sia venuto a cessare.=
In realtĂ , non Ăš cosĂŹ.=
Occorre infatti, per un primo aspetto, osservare che le sentenze della Corte di Giustizia, anche nel caso in cui riconoscano il contesto di una disposizione nazionale col diritto dellâUnione, non conducono ad una immediata abrogazione della disposizione nazionale censurata (cosicchĂš i precedenti atti e provvedimenti amministrativi, e nel caso in specie le concessioni demaniali giĂ emesse e rilasciate, continuano a mantenere la loro validitĂ ed efficacia).=
Dalle sentenze in questione invece, in linea generale e salvi casi particolari, discende a carico degli organi giudiziari ed amministrativi degli stati nazionali interessati, un vincolo di necessaria disapplicazione della disposizione censurata (che impedisce di far ricorso ad essa, per emettere successive decisioni giudiziarie o provvedimenti amministrativi).=
Nel caso concreto tuttavia, esaminando compiutamente la sentenza del 14 luglio scorso, ci si rende conto che il vincolo di necessaria disapplicazione del regime di proroga automatico e senza necessitĂ di preventive procedure di gara di cui si diceva prima, in effetti non esiste.=
La sentenza della Corte di Giustizia si limita infatti ad offrire ai giudici nazionali alcuni criteri di interpretazione delle disposizioni contenute allâarticolo 12 della Direttiva âBolkensteinâ ed allâarticolo 49 del Trattato, alla luce dei quali verificare, in concreto e nei singoli casi, se una simile proroga automatica del diritto di concessione demaniale sia o meno compatibile col diritto comunitario.=
Lâarticolo 12 della direttiva 2006/123 infatti - per lâaffidamento delle concessioni demaniali marittime destinate allâesercizio delle attivitĂ turistiche e ricreative - stabilisce lâobbligo di una pubblica gara, con la conseguente impossibilitĂ di consentirne proroghe automatiche, nel caso in cui le concessioni stesse non possano essere rilasciate se non in ânumero limitatoâ, a causa della âscarsitĂ delle risorse naturaliâ.=
A tal proposito la sentenza, al paragrafo 43, stabilisce chiaramente che spetta al giudice nazionale valutare di volta in volta - sulla base delle concrete condizioni di fatto e tenendo conto dellâambito di competenza dellâautoritĂ amministrativa nazionale, regionale o locale preposta al rilascio â se le aree demaniali e le risorse naturali disponibili allo scopo di esercitare in concessione le attivitĂ turistiche e ricreative, siano o meno scarse e limitate (si da creare, ovvero da escludere, lâesistenza di un mercato âcontendibileâ, che renda necessarie procedure concorrenziali).=
Quanto poi allâarticolo 49 del Trattato di funzionamento, la sentenza - richiamando ancora una volta il paragrafo 43 e le relative competenze attribuite in proposito al giudice nazionale â precisa che la necessitĂ dâuna procedura di gara tale da escludere la possibilitĂ dâuna proroga automatica, si ha solamente nel caso in cui la concessione demaniale di cui si discute, con particolare riferimento alle sue specifiche caratteristiche soprattutto di natura geografica, presenti un sicuro âinteresse transfrontalieroâ (tale cioĂš, da rendere concreta la possibilitĂ dâuna richiesta di partecipazione da parte di imprese appartenenti ad altri paesi dello âspazio europeoâ).=
Si tratta, sotto tale profilo, dâuna soluzione coerente al contenuto dellâarticolo 49 del Trattato che, nellâaffermare il principio della âlibertĂ di stabilimentoâ, fa divieto di introdurre concrete misure di discriminazione nei confronti di imprese appartenenti ad altri stati membri (con una mitigazione peraltro di tale divieto, contenuta al successivo articolo 52, in relazione alla tutela di particolari interessi nazionali).=
Le conseguenze che da ciĂČ si traggono, sono almeno duplici.=
Eâ invero agevole, per un primo aspetto ed in via generale, affermare che, nel caso in cui non esistano le due condizioni sopra cennate dalle quali discende un obbligo comunitario di ricorso a procedure di gara o di evidenza pubblica, le proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime sono, sia pur con adeguata proporzionalitĂ e motivazione, comunque legittime.=
Sotto un secondo e piĂč specifico profilo, Ăš altrettanto agevole osservare che nella regione siciliana â nella quale la costa balneabile secondo i rapporti del Ministero della salute sono estese per oltre mille chilometri e tali ampie disponibilitĂ di risorse naturali non possono per la loro collocazione geografica essere appetibili ad imprese âtransfrontalineâ â una proroga automatica delle concessioni in questione, appare ancor piĂč plausibile.=
SicchĂš ,in conclusione, le concessioni demaniali marittime attualmente in proroga, laddove non ricorrano le due condizioni ostative indicate nella sentenza della Corte di Giustizia di cui si Ăš in precedenza detto, rimangono tuttora valide ed efficaci, sino alla scadenza del 2020.=
Avvocato Giuseppe Sciuto
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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
«Rinvio pregiudiziale â Appalti pubblici e libertĂ di stabilimento â Articolo 49 TFUE â Direttiva 2006/123/CE â Articolo 12 â Concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali che presentano un interesse economico â Proroga automatica â Assenza di procedura di gara»
Nelle cause riunite Câ458/14 e Câ67/15,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dellâarticolo 267Â TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia) e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Italia), con decisioni, rispettivamente, del 5 marzo 2014 e del 28 gennaio 2015, pervenute in cancelleria il 3 ottobre 2014 e il 12 febbraio 2015, nei procedimenti
P. Srl (Câ458/14)
contro
Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro,
Regione Lombardia,
e
M. M. e altri (Câ67/15)
contro
Comune di Loiri Porto San Paolo,
Provincia di Olbia Tempio,
nei confronti di:
A. P. e altri,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da J.L. da Cruz Vilaça (relatore), presidente di sezione, A. Tizzano, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Quinta Sezione, A. Borg Barthet, E. Levits e M. Berger, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito allâudienza del 3 dicembre 2015,
considerate le osservazioni presentate:
â        per la Promoimpresa Srl, da E. Vaglio, R. Righi e E. Nesi, avvocati;
â        per il Consorzio dei comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro, da M. Ballerini e C. Cerami, avvocati;
â        per la Regione Lombardia, da M. Tamborino, avvocato;
â        per Mario Melis e a., da B. Ballero, A. Capacchione, F. Ballero e S. Ballero, avvocati;
â        per il Comune di Loiri Porto San Paolo, da G. Longheu, avvocato;
â        per la Provincia di Olbia Tempio, da G. Cosseddu e F. Melis, avvocati;
â        per Alessandro Piredda e a., da S. Carboni e S. Dessy, avvocati;
â        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualitĂ di agente, assistita da P. Garofoli, avvocato dello Stato, e da L.S. Rossi, in qualitĂ di esperto;
â        per il governo ceco, da M. Smolek, J. VlĂĄÄil e T. MĂŒller, in qualitĂ di agenti;
â        per il governo greco, da K. Nasopoulou, in qualitĂ di agente;
â        per il governo dei Paesi Bassi, da J. Langer, in qualitĂ di agente;
â        per la Commissione europea, da G. Conte, A. TokĂĄr e E. Montaguti, in qualitĂ di agenti,
sentite le conclusioni dellâavvocato generale, presentate allâudienza del 25 febbraio 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullâinterpretazione dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonchĂ© degli articoli 49, 56 e 106 TFUE.
Tali domande sono state presentate nellâambito di due controversie. Nella prima controversia (causa Câ458/14) la Promoimpresa Srl si contrappone al Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro (Italia) (in prosieguo: il «Consorzio») e alla Regione Lombardia (Italia) in merito, in primo luogo, alla decisione del Consorzio di negare alla Promoimpresa il rinnovo di una concessione di cui essa beneficiava ai fini dello sfruttamento di unâarea demaniale e, in secondo luogo, alla decisione della Giunta Regionale Lombardia di assoggettare lâattribuzione delle concessioni demaniali a una procedura di selezione comparativa. Nella seconda controversia (causa Câ67/15) il sig. Mario Melis e a. si contrappongono al Comune di Loiri Porto San Paolo (Italia) (in prosieguo: il «Comune») e alla Provincia di Olbia Tempio (Italia) in merito a decisioni relative allâapprovazione del piano di utilizzo del litorale e allâattribuzione di concessioni di beni del demanio marittimo nonchĂ© a misure con cui la polizia municipale ha ordinato al sig. Melis e a. di rimuovere talune attrezzature dal demanio marittimo.
Contesto normativo
Diritto dellâUnione
Il considerando 39 della direttiva 2006/123 cosĂŹ recita:
«La nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni, ma anche lâobbligo, per potere esercitare lâattivitĂ , di essere iscritto in un albo professionale, in un registro, ruolo o in una banca dati, di essere convenzionato con un organismo o di ottenere una tessera professionale. Lâautorizzazione puĂČ essere concessa non solo in base ad una decisione formale, ma anche in base ad una decisione implicita derivante, ad esempio, dal silenzio dellâautoritĂ competente o dal fatto che lâinteressato debba attendere lâavviso di ricevimento di una dichiarazione per iniziare lâattivitĂ o affinchĂ© questâultima sia legittima».
Ai sensi del considerando 57 della medesima direttiva:
«Le disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione dovrebbero riguardare i casi in cui lâaccesso ad unâattivitĂ di servizio o il suo esercizio da parte di operatori richieda la decisione di unâautoritĂ competente. CiĂČ non riguarda nĂ© le decisioni delle autoritĂ competenti relative allâistituzione di un ente pubblico o privato per la prestazione di un servizio particolare, nĂ© la conclusione di contratti da parte delle autoritĂ competenti per la prestazione di un servizio particolare, che Ăš disciplinata dalle norme sugli appalti pubblici, poichĂ© la presente direttiva non si occupa di tali norme».
Ai sensi dellâarticolo 4, punto 6, di tale direttiva, un «regime di autorizzazione» indica «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad unâautoritĂ competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa allâaccesso ad unâattivitĂ di servizio o al suo esercizio».
Lâarticolo 12 della stessa direttiva, che riguarda situazioni in cui un regime di autorizzazione mira a consentire lo svolgimento di attivitĂ economiche che prevedono lâutilizzo di risorse naturali scarse, dispone quanto segue:
«1.               Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivitĂ sia limitato per via della scarsitĂ delle risorse naturali o delle capacitĂ tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialitĂ e di trasparenza e preveda, in particolare, unâadeguata pubblicitĂ dellâavvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
2.      Nei casi di cui al paragrafo 1 lâautorizzazione Ăš rilasciata per una durata limitata adeguata e non puĂČ prevedere la procedura di rinnovo automatico nĂ© accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
3.      Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dellâambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi dâinteresse generale conformi al diritto [dellâUnione]».
Ai sensi del considerando 15 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 febbraio 2014, sullâaggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1):
«(...) [T]aluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietĂ pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure lâamministrazione aggiudicatrice o lâente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali dâuso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. CiĂČ vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione dâuso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore».
Diritto italiano
Lâarticolo 1, comma 18, del decreto legge del 30 dicembre 2009, n. 194 (in prosieguo: il «decreto legge n. 194/2009»), convertito con legge del 26 febbraio 2010, n. 25 (in prosieguo: la «legge n. 25/2010»), cosĂŹ prevede:
«Ferma restando la disciplina relativa allâattribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonchĂ© alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalitĂ turisticoâricreative, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalitĂ di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dellâarticolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che Ăš conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertĂ di stabilimento, di garanzia dellâesercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attivitĂ imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonchĂ© in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui allâarticolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, (...) il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 Ăš prorogato fino a tale data».
Tale disposizione Ăš stata modificata dallâarticolo 34 duodecies del decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 (in prosieguo: il «decreto legge n. 179/2012»), introdotto in sede di conversione dalla legge del 17 dicembre 2012, n. 221, come segue:
«Ferma restando la disciplina relativa allâattribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonchĂ© alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalitĂ turisticoâricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attivitĂ produttive ad essa connesse, e sportive, nonchĂ© quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalitĂ di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dellâarticolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che Ăš conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertĂ di stabilimento, di garanzia dellâesercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attivitĂ imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonchĂ© in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui allâarticolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 Ăš prorogato fino al 31 dicembre 2020 (...)».
Lâarticolo 16 del decreto legge, del 26 marzo 2010, n. 59, di trasposizione della direttiva 2006/123, cosĂŹ prevede:
«1.      Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivitĂ di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsitĂ delle risorse naturali o delle capacitĂ tecniche disponibili, le autoritĂ competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalitĂ atti ad assicurarne lâimparzialitĂ , cui le stesse devono attenersi.
2.      Nel fissare le regole della procedura di selezione le autoritĂ competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dellâambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi dâinteresse generale conformi al diritto [dellâUnione].
3.      Lâeffettiva osservanza dei criteri e delle modalitĂ di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio.
4.      Nei casi di cui al comma 1 il titolo Ăš rilasciato per una durata limitata e non puĂČ essere rinnovato automaticamente, nĂ© possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorchĂ© giustificati da particolari legami con il primo».
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
Causa Câ458/14
Con decisioni del 16 giugno e del 17 agosto 2006, il Consorzio ha rilasciato alla Promoimpresa una concessione per lo sfruttamento di unâarea demaniale ad uso chiosco, bar, veranda, bagni, banchina e pontile, compresa nel demanio del Lago di Garda.
Lâarticolo 3 di tale concessione prevedeva la cessazione di diritto della medesima al 31 dicembre 2010, senza necessitĂ di atti di diffida o di messa in mora e senza possibilitĂ per il concessionario di invocare usi o consuetudini per continuare nel godimento del titolo concessorio.
Parallelamente, la Commissione europea, con una lettera di costituzione in mora notificata alla Repubblica italiana il 2 febbraio 2009, ha ritenuto che lâarticolo 37 del codice della navigazione italiano fosse in contrasto con lâarticolo 49 TFUE, poichĂ© prevedeva un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nellâambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo. Il legislatore italiano Ăš intervenuto al fine di eliminare tale diritto di preferenza. In seguito, in sede di conversione del decreto legge n. 194/2009 ad opera della legge n. 25/2010, il legislatore italiano ha aggiunto un rinvio a un altro testo legislativo, consentendo cosĂŹ il rinnovo automatico delle concessioni, di sei anni in sei anni. La Commissione, con una lettera di messa in mora complementare, datata 5 maggio 2010, ha ritenuto che tale rinvio, da un lato, privasse di ogni effetto lâeliminazione del diritto di preferenza e, dallâaltro, fosse contrario sia allâarticolo 12 della direttiva 2006/123 sia allâarticolo 49 TFUE. PoichĂ© il legislatore italiano ha deciso di abrogare la disposizione che consentiva tale rinvio, la Commissione ha ritenuto di poter chiudere la procedura di infrazione il 27 febbraio 2012.
Il 14 aprile 2010 la Promoimpresa ha presentato unâistanza di rinnovo della concessione di cui beneficiava, istanza che Ăš stata respinta dal Consorzio con decisione del 6 maggio 2011. Tale diniego era basato sul fatto, da un lato, che la nuova concessione non poteva essere ottenuta sulla base di una mera domanda di rinnovo, ma solo allâesito di una procedura ad evidenza pubblica e, dallâaltro, che la concessione scaduta era limitata ad una durata di cinque anni, con esclusione di qualsiasi forma di rinnovo automatico.
La Promoimpresa ha impugnato tale decisione del Consorzio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia basandosi, in particolare, su una violazione dellâarticolo 1, comma 18, del decreto legge n. 194/2009, convertito con legge n. 25/2010, in quanto tale disposizione prevede la proroga della data di scadenza delle concessioni.
Il giudice del rinvio precisa che il rapporto giuridico intercorrente tra la Promoimpresa e il Consorzio presenta i caratteri di una «concessione», come definita dal diritto dellâUnione, dato che la Promoimpresa ha il diritto di utilizzare un bene pubblico demaniale dietro versamento di un canone periodico allâamministrazione proprietaria di tale bene e dato che il rischio di impresa legato a questâultimo rimane a carico della Promoimpresa.
Detto giudice ritiene che la normativa italiana, reiterando la proroga della durata di tali concessioni demaniali, crei una restrizione ingiustificata alla libertĂ di stabilimento, in particolare rendendo praticamente impossibile a qualsiasi altro concorrente lâaccesso alle concessioni in scadenza.
In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«I principi della libertĂ di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, nonchĂ© il canone di ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza economica, la cui durata viene incrementata per legge per almeno undici anni, cosĂŹ conservando in via esclusiva il diritto allo sfruttamento ai fini economici del bene in capo al medesimo concessionario, nonostante lâintervenuta scadenza del termine di efficacia previsto dalla concessione giĂ rilasciatagli, con conseguente preclusione per gli operatori economici interessati di ogni possibilitĂ di ottenere lâassegnazione del bene allâesito di procedure ad evidenza pubblica?».
Causa Câ67/15
Il sig. Melis e a. sono, per la maggior parte, gestori di attivitĂ turisticoâricreative nellâarea della spiaggia del Comune, sulla base di concessioni di beni del demanio pubblico marittimo rilasciate nel 2004 per un periodo di sei anni, successivamente prorogate per la durata di un anno.
Nel 2012 il sig. Melis e a. hanno presentato al Comune richiesta di un formale provvedimento di proroga. Tale richiesta non ha ricevuto risposta. Da tale silenzio il sig. Melis e a. hanno dedotto di essere legittimati ex lege a proseguire le loro attivitĂ , a decorrere dal mese di maggio 2012, conformemente allâarticolo 1, comma 18, del decreto legge n. 194/2009 che prevedeva la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per le attivitĂ turisticoâricreative.
Lâ11 maggio 2012 il Comune, dopo lâapprovazione del piano di utilizzo dei litorali, ha pubblicato un bando per lâaggiudicazione di sette nuove concessioni demaniali marittime, alcune delle quali relative ad aree che costituivano giĂ oggetto delle concessioni rilasciate al sig. Melis e a.
Il 5 giugno 2012 il sig. Melis e a. hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna chiedendo lâannullamento delle suddette decisioni del Comune. Essi hanno successivamente dedotto motivi aggiunti, notificati lâ11 giugno 2012, estendendo cosĂŹ le loro censure alla decisione con cui il Comune ha proceduto allâaggiudicazione delle concessioni oggetto del bando dellâ11 maggio 2012. Il sig. Melis e a. hanno altresĂŹ impugnato i provvedimenti con i quali la polizia municipale del Comune aveva ordinato loro di rimuovere le loro attrezzature dal demanio pubblico marittimo.
Il giudice del rinvio precisa che il rapporto giuridico intercorrente tra il sig. Melis e a. e il Comune presenta i caratteri di una concessione ai sensi del diritto dellâUnione, dato che si tratta della prestazione di un servizio e che il rischio di impresa Ăš a carico dei concessionari.
Esso ritiene inoltre che la proroga automatica prevista dalla normativa nazionale contrasti con lâapplicazione del diritto dellâUnione, in particolare dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123 nonchĂ© delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera prestazione dei servizi e alla libertĂ di stabilimento.
In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se i principi della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, ostano ad una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, di rilevanza economica;
2)      Se lâart[icolo] 12 della direttiva 2006/123/CE osti ad una disposizione nazionale, quale lâart[icolo] 1, comma 18 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, e successive modifiche ed integrazioni, che consente la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere per attivitĂ turisticoâricreative, fino al 31 dicembre 2015; ovvero fino al 31 dicembre 2020, ai sensi dellâart[icolo] 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, inserito dallâarticolo l, comma l, della legge 17 dicembre 2012, n. 221, di conversione del predetto decreto-legge».
Con ordinanza del 27 ottobre 2015 le due cause sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilitĂ delle questioni pregiudiziali
In primo luogo, il governo italiano fa valere che lâarticolo 1, comma 18, del decreto legge n. 194/2009, di cui trattasi nella causa Câ458/14, allâepoca dei fatti del procedimento principale riguardava esclusivamente le concessioni demaniali marittime. Lâapplicazione di tale disposizione alle concessioni lacuali e fluviali sarebbe sopravvenuta successivamente allâadozione degli atti impugnati dinanzi al giudice del rinvio, cosicchĂ© tale disposizione non sarebbe applicabile nĂ© ratione temporis nĂ© ratione materiae alla concessione di cui trattasi in tale causa.
A tale riguardo, occorre ricordare che le questioni relative allâinterpretazione del diritto dellâUnione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilitĂ , e del quale non spetta alla Corte verificare lâesattezza, godono di una presunzione di rilevanza (sentenza del 6 ottobre 2015, TĂąrÈia, Câ69/14, EU:C:2015:662, punto 12 e giurisprudenza ivi citata).
In particolare, non spetta alla Corte, nellâambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dallâarticolo 267 TFUE, rimettere in questione o verificare lâesattezza dellâinterpretazione del diritto nazionale operata dal giudice del rinvio, poichĂ© detta interpretazione rientra nella competenza esclusiva di questâultimo. PerciĂČ la Corte, quando Ăš adita in via pregiudiziale da un giudice nazionale, deve attenersi allâinterpretazione del diritto nazionale che le Ăš stata esposta da detto giudice (sentenza del 6 ottobre 2015, TĂąrÈia, Câ69/14, EU:C:2015:662, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).
Peraltro, il rifiuto della Corte di statuire su una domanda proposta da un giudice nazionale Ăš possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dellâUnione non ha alcuna relazione con la realtĂ effettiva o con lâoggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 6 ottobre 2015, TĂąrÈia, Câ69/14, EU:C:2015:662, punto 14 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio nella causa Câ458/14 risulta che la Promoimpresa, al momento della proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, si Ăš richiamata allâarticolo 1, comma 18, del decreto legge n. 194/2009, come risultante dalla legge n. 25/2010, affermando che tale norma, seppure dettata con riferimento alle concessioni demaniali marittime, doveva essere riferita anche alle concessioni demaniali lacuali.
Orbene, il giudice del rinvio nella suddetta causa ha implicitamente ammesso tale interpretazione, avendo ritenuto che per risolvere la controversia principale occorresse stabilire se questa stessa disposizione nazionale dovesse essere disapplicata in quanto contraria al diritto dellâUnione.
In secondo luogo, la Commissione osserva che, allâepoca dei fatti relativi a ciascuno dei procedimenti principali, le concessioni rilasciate ai ricorrenti in tali procedimenti non rientravano, ratione temporis, nellâambito dellâarticolo 34 duodecies del decreto legge n. 179/2012. Infatti tale disposizione, che proroga fino al 31 dicembre 2020 le concessioni relative a beni demaniali la cui scadenza era inizialmente prevista il 31 agosto 2015, Ăš stata adottata successivamente alle decisioni impugnate nei procedimenti principali. Tale istituzione ne deduce che le questioni pregiudiziali sono ricevibili solo nei limiti in cui riguardano una proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2015.
A tale riguardo occorre rilevare che, come osservato dallâavvocato generale al paragrafo 37 delle conclusioni, con le sue questioni pregiudiziali il giudice del rinvio fa riferimento, in generale, allâipotesi di una normativa nazionale che prevede una proroga automatica e reiterata della data di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo e lacuale. Pertanto, la questione se le disposizioni nazionali applicabili nei procedimenti principali siano quelle che rinviano tale scadenza al 31 dicembre 2015, o quelle che la rinviano al 31 dicembre 2020, non solo rientra nella competenza del giudice nazionale, ma non incide comunque sulla ricevibilitĂ delle questioni poste.
CiĂČ premesso, le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere ritenute ricevibili.
Sulla seconda questione nella causa Câ67/15
Con la sua seconda questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se lâarticolo 12 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali marittime e lacuali in essere per attivitĂ turistico-ricreative.
Sulle condizioni di applicazione dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123
Lâarticolo 12 della direttiva 2006/123 fa parte della sezione 1 del capo III di tale direttiva, sezione relativa alle autorizzazioni, e riguarda il caso specifico in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivitĂ sia limitato per via della scarsitĂ delle risorse naturali o delle capacitĂ tecniche utilizzabili. Nellâambito di questa stessa sezione, lâarticolo 9 della direttiva in questione disciplina la possibilitĂ per gli Stati membri di subordinare lâaccesso ad unâattivitĂ di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione. Lâarticolo 10 della stessa direttiva verte sulle condizioni di rilascio di tali autorizzazioni e lâarticolo 11 della medesima riguarda la loro durata.
Occorre, da un lato, rilevare che lâarticolo 4, punto 6, di tale direttiva definisce un regime di autorizzazione come qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad unâautoritĂ competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa allâaccesso ad unâattivitĂ di servizio o al suo esercizio.
Inoltre il considerando 39 della direttiva in questione precisa che la nozione di «regime di autorizzazione» dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di concessioni.
Orbene, oggetto dei procedimenti principali sono talune concessioni demaniali marittime e lacuali rilasciate dalle autoritĂ pubbliche e che mirano allo sfruttamento di unâarea demaniale a fini turisticoâricreativi.
Tali concessioni possono quindi essere qualificate come «autorizzazioni», ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica.
Occorre, dallâaltro lato, sottolineare che le concessioni di cui ai procedimenti principali riguardano risorse naturali ai sensi dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123, dato che le aree demaniali in questione sono situate o sulle rive del Lago di Garda o sulle coste marittime italiane.
Per quanto riguarda, piĂč specificamente, la questione se dette concessioni debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsitĂ delle risorse naturali, spetta al giudice nazionale verificare se tale requisito sia soddisfatto. A tale riguardo, il fatto che le concessioni di cui ai procedimenti principali siano rilasciate a livello non nazionale bensĂŹ comunale deve, in particolare, essere preso in considerazione al fine di determinare se tali aree che possono essere oggetto di uno sfruttamento economico siano in numero limitato.
Peraltro, nei limiti in cui i giudici del rinvio ritengono che le concessioni di cui ai procedimenti principali possano costituire concessioni di servizi, occorre precisare che, secondo il considerando 57 della direttiva 2006/123, le disposizioni della medesima riguardanti i regimi di autorizzazione non attengono alla conclusione di contratti da parte delle autoritĂ competenti per la fornitura di un determinato servizio che rientra nelle norme relative agli appalti pubblici.
Ne risulta che le disposizioni relative ai regimi di autorizzazione della direttiva 2006/123 non sono applicabili a concessioni di servizi pubblici che possano, in particolare, rientrare nellâambito della direttiva 2014/23.
A tale riguardo occorre ricordare che una concessione di servizi Ăš caratterizzata, in particolare, da una situazione in cui un diritto di gestire un servizio determinato viene trasferito da unâautoritĂ aggiudicatrice ad un concessionario e che questi dispone, nellâambito del contratto concluso, di una certa libertĂ economica per determinare le condizioni di gestione di tale diritto, restando parallelamente in larga misura esposto ai rischi connessi a detta gestione (v., in tal senso, sentenza dellâ11 giugno 2009, Hans & Christophorus Oymanns, Câ300/07, EU:C:2009:358, punto 71).
Orbene, nei procedimenti principali, come sottolinea la Commissione, le concessioni vertono non su una prestazione di servizi determinata dellâente aggiudicatore, bensĂŹ sullâautorizzazione a esercitare unâattivitĂ economica in unâarea demaniale. Ne risulta che le concessioni di cui ai procedimenti principali non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi (v., per analogia, sentenza del 14 novembre 2013, Belgacom, Câ221/12, EU:C:2013:736, punti da 26 a 28).
Unâinterpretazione siffatta Ăš inoltre corroborata dal considerando 15 della direttiva 2014/23. Questâultimo precisa infatti che taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali dâuso dei beni o delle risorse in questione, senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come «concessione di servizi» ai sensi di tale direttiva.
Sullâapplicazione dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123
Nellâipotesi in cui le concessioni di cui ai procedimenti principali rientrassero nellâambito di applicazione dellâarticolo 12 della direttiva 2006/123 â circostanza che spetta al giudice del rinvio determinare, come risulta dal punto 43 della presente sentenza â occorre rilevare che, secondo il paragrafo 1 di tale disposizione, il rilascio di autorizzazioni, qualora il loro numero sia limitato per via della scarsitĂ delle risorse naturali, deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialitĂ e di trasparenza, in particolare unâadeguata pubblicitĂ .
Orbene, come sottolineato dallâavvocato generale al paragrafo 83 delle conclusioni, una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede una proroga ex lege della data di scadenza delle autorizzazioni equivale a un loro rinnovo automatico, che Ăš escluso dai termini stessi dellâarticolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123.
Inoltre, la proroga automatica di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacuale non consente di organizzare una procedura di selezione come descritta al punto 49 della presente sentenza.
I ricorrenti nei procedimenti principali nonché il governo italiano fanno tuttavia valere che la proroga automatica delle autorizzazioni Ú necessaria al fine di tutelare il legittimo affidamento dei titolari di tali autorizzazioni, in quanto consente di ammortizzare gli investimenti da loro effettuati.
A tale riguardo occorre constatare che lâarticolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 prevede espressamente che gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni legate a motivi imperativi dâinteresse generale.
Tuttavia Ăš previsto che si tenga conto di tali considerazioni solo al momento di stabilire le regole della procedura di selezione dei candidati potenziali e fatto salvo, in particolare, lâarticolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva.
Pertanto lâarticolo 12, paragrafo 3, della direttiva in questione non puĂČ essere interpretato nel senso che consente di giustificare una proroga automatica di autorizzazioni allorchĂ©, al momento della concessione iniziale delle autorizzazioni suddette, non Ăš stata organizzata alcuna procedura di selezione ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo.
Inoltre, come rilevato dallâavvocato generale ai paragrafi 92 e 93 delle conclusioni, una giustificazione fondata sul principio della tutela del legittimo affidamento richiede una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare che il titolare dellâautorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato i relativi investimenti. Una siffatta giustificazione non puĂČ pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica istituita dal legislatore nazionale e applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione.
Da quanto precede risulta che lâarticolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attivitĂ turisticoâricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
Sulla questione nella causa Câ458/14 e sulla prima questione nella causa Câ67/15
Con le loro questioni, che occorre esaminare congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono sostanzialmente se gli articoli 49, 56 e 106Â TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attivitĂ turisticoâricreative.
In via preliminare, occorre precisare che qualsiasi misura nazionale in un settore che abbia costituito oggetto di unâarmonizzazione completa a livello dellâUnione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione (sentenza del 30 aprile 2014, UPC DTH, Câ475/12, EU:C:2014:285, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).
Orbene, come rilevato dallâavvocato generale ai paragrafi da 41 a 43 delle conclusioni, gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123 prevedono una serie di disposizioni che devono essere rispettate dallo Stato membro qualora lâattivitĂ di servizio sia subordinata al rilascio di unâautorizzazione.
Analogamente a quanto giĂ statuito a proposito dellâarticolo 14 di tale direttiva, il quale prevede un elenco di requisiti «vietati» nellâambito dellâesercizio della libertĂ di stabilimento, si deve ritenere che gli articoli da 9 a 13 di questa stessa direttiva provvedano a unâarmonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a., Câ593/13, EU:C:2015:399, punti 37 e 38).
Pertanto le questioni pregiudiziali, nella misura in cui vertono sullâinterpretazione del diritto primario, si pongono solo nel caso in cui lâarticolo 12 della direttiva 2006/123 non sia applicabile ai procedimenti principali, circostanza che spetta ai giudici del rinvio stabilire, come risulta dal punto 43 della presente sentenza. Ă quindi con questa riserva che la Corte risponde alle questioni sollevate.
Occorre altresĂŹ precisare che le concessioni di cui ai procedimenti principali riguardano un diritto di stabilimento nellâarea demaniale finalizzato a uno sfruttamento economico per fini turisticoâricreativi, di modo che le situazioni considerate nei procedimenti principali rientrano, per loro stessa natura, nellâambito dellâarticolo 49Â TFUE.
A tale riguardo, Ăš stato dichiarato che le autoritĂ pubbliche, qualora intendano assegnare una concessione che non rientra nellâambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione, in particolare (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, Câ347/06, EU:C:2008:416, punti 57 e 58 nonchĂ© giurisprudenza ivi citata).
In particolare, qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad unâimpresa con sede nello Stato membro dellâamministrazione aggiudicatrice costituisce una disparitĂ di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione. Una siffatta disparitĂ di trattamento Ăš, in linea di principio, vietata dallâarticolo 49 TFUE (v., per analogia, sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia, Câ347/06, EU:C:2008:416, punti 59 e 60, nonchĂ© del 14 novembre 2013, Belgacom, Câ221/12, EU:C:2013:736, punto 37).
Per quanto riguarda, anzitutto, lâesistenza di un interesse transfrontaliero certo, occorre ricordare che questâultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali lâimportanza economica dellâappalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dellâappalto in questione (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, Belgacom, Câ221/12, EU:C:2013:736, punto 29 e giurisprudenza ivi citata, nonchĂ© del 17 dicembre 2015, UNIS e Beaudout PĂšre et Fils, Câ25/14 e Câ26/14, EU:C:2015:821, punto 30).
CosĂŹ, nella causa Câ458/14, le indicazioni fornite dal giudice del rinvio consentono alla Corte di constatare che la concessione di cui trattasi in tale causa presenta un interesse transfrontaliero certo, tenuto conto in particolare della situazione geografica del bene e del valore economico di tale concessione.
Per contro, nella causa Câ67/15, il giudice del rinvio non ha fornito gli elementi necessari per consentire alla Corte di ritenere che esista un interesse transfrontaliero certo. Orbene, come risulta dallâarticolo 94 del regolamento di procedura, la Corte deve poter rinvenire in una domanda di pronuncia pregiudiziale unâillustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni, nonchĂ© del legame esistente segnatamente tra tali circostanze e dette questioni. Di conseguenza, la constatazione degli elementi necessari per consentire di valutare la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo dovrebbe essere effettuata dal giudice del rinvio prima di adire la Corte (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, UNIS e Beaudout PĂšre et Fils, Câ25/14 e Câ26/14, EU:C:2015:821, punto 28).
Alla luce dei suesposti rilievi, la prima questione pregiudiziale sollevata nella causa Câ67/15 Ăš irricevibile.
Per quanto riguarda la causa Câ458/14, occorre poi constatare che una normativa come quella di cui ai procedimenti principali, tenuto conto del differimento che introduce, ritarda il rilascio delle concessioni mediante una procedura trasparente di gara, cosicchĂ© si deve ritenere che una normativa siffatta introduca, a danno delle imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tali concessioni, una disparitĂ di trattamento, vietata in linea di principio dallâarticolo 49 TFUE.
Infine, nei limiti in cui il governo italiano fa valere che le proroghe attuate dalla normativa nazionale mirano a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, occorre precisare che una siffatta disparitĂ di trattamento puĂČ essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessitĂ di rispettare il principio della certezza del diritto (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia, Câ347/06, EU:C:2008:416, punto 64, nonchĂ© del 14 novembre 2013, Belgacom, Câ221/12, EU:C:2013:736, punto 38).
In tal senso, Ăš stato statuito che il principio della certezza del diritto, nel caso di una concessione attribuita nel 1984, quando non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza, esige che la risoluzione di siffatta concessione sia corredata di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia, Câ347/06, EU:C:2008:416, punti 70 e 71, nonchĂ© del 14 novembre 2013, Belgacom, Câ221/12, EU:C:2013:736, punto 40).
Tuttavia le concessioni di cui ai procedimenti principali sono state attribuite quando giĂ era stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo dovevano essere soggetti a obblighi di trasparenza, cosicchĂ© il principio della certezza del diritto non puĂČ essere invocato per giustificare una disparitĂ di trattamento vietata in forza dellâarticolo 49 TFUE.
Dalle suesposte considerazioni risulta che lâarticolo 49Â TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attivitĂ turisticoâricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nei procedimenti principali le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
1)Â Â Â Â Â Â Lâarticolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attivitĂ turisticoâricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
2)Â Â Â Â Â Â Lâarticolo 49Â TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attivitĂ turisticoâricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.
Firme