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  • Mercoledì 21 Settembre 2016 13:40
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    Lavoro Pubblico e Privato/Stipendi, assegni, indennità

    Anche i servizi sanitari non tollerano il precariato

    Sentenza Corte di Giustizia n. C‑16/15 del 15/09/2016
    La Corte di Giustizia dell'Unione Europea torna sulla questione della precarizzazione del rapporto di lavoro con una pronuncia - questa volta relativa a prestazioni rese nell’ambito dei servizi sanitari - che conferma l’incompatibilità col diritto dell’Unione di quelle misure nazionali che consentono di ricorrere ad una successione di contratti a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze permanenti.
    La cartina di tornasole della normativa interna infatti resta il rispetto nonché l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che consentano di individuare a) le ragioni obiettive che giustificano il rinnovo dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato b) la durata massima complessiva degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi e c) il numero di rinnovi di questi ultimi.
    Ebbene, la Corte dichiara a chiare lettere di non potersi ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nel servizio sanitario che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario. Occorre invece che sia verificato concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie.
    Ebbene dalla situazione della Signora Perez, protagonista del rapporto contestato innanzi al giudice spagnolo, le sue successive nomine al fine di garantire servizi sanitari ospedalieri non sembravano costituire mere esigenze provvisorie del datore di lavoro (lo stesso giudice del rinvio qualificava la copertura di posti nel settore dei servizi sanitari mediante nomine di personale con inquadramento statutario a termine un «male endemico» avendo stimato in quel caso che circa il 25% dei posti della dotazione organica del personale medico e sanitario della regione madrilena erano occupati da personale assunto con nomine di carattere occasionale di durata media da cinque a sei anni, ma che alcune di queste superano i quindici anni di prestazioni ininterrotte di servizi!).
    La Corte ammette peraltro che la discrezionalità dell’amministrazione quando si tratta di creare posti strutturali analogamente a quella di convertire un contratto a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è suscettibile di costituire un rimedio efficace contro l’uso abusivo dei contratti temporanei.
    Tuttavia – si badi bene – pur se, in via di principio, una normativa nazionale, che ad esempio consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi per sostituire il personale in attesa dell’assegnazione dei posti strutturali creati è suscettibile di essere giustificata da una ragione oggettiva, l’applicazione concreta di tale ragione deve, tenuto conto delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, essere conforme agli obblighi dell’accordo quadro.
    La Corte – in definitiva sotto questo aspetto – dichiara incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale che sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che non esista alcun obbligo per l’amministrazione competente di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale e che gli sia permesso di destinare i posti strutturali creati all’assunzione di personale «a termine», in modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori perduri, mentre lo Stato interessato conosce un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo in tale settore.
    Infine, la Corte interpreta la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, nel senso che essa non si oppone, in via di principio, ad una normativa nazionale che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina. Tale normativa però non deve essere di natura tale da rimettere in causa l’obiettivo o l’efficacia pratica di tale accordo quadro (circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare).

    Avvocato Giorgia Motta

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    SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

    14 settembre 2016 ()

    «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausole da 3 a 5 – Contratti di lavoro a tempo determinato successivi nel settore della pubblica sanità – Misure volte a prevenire il ricorso abusivo a successivi rapporti di lavoro a tempo determinato – Sanzioni – Riqualificazione del rapporto di lavoro – Diritto ad un’indennità»

    Nella causa C‑16/15,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 4 de Madrid (tribunale amministrativo n. 4 di Madrid, Spagna), con decisione del 16 gennaio 2015, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 2015, nel procedimento

    María Elena Pérez López

    contro

    Servicio Madrileño de Salud (Comunidad de Madrid),

    LA CORTE (Decima Sezione),

    composta da F. Biltgen (relatore), presidente di sezione, A. Borg Barthet e M. Berger, giudici,

    avvocato generale: M. Bobek

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    –        per M.E. Pérez López, da L. García Botella, abogado;

    –        per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis, in qualità di agente;

    –        per la Commissione europea, da M. van Beek e J. Guillem Carrau, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle clausole da 3 a 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra María Elena Pérez López ed il Servicio Madrileño de Salud, Comunidad de Madrid (servizio sanitario di Madrid, Spagna), in merito all’inquadramento giuridico del suo rapporto di lavoro che ha assunto la forma di successive nomine in qualità di membro del personale con inquadramento statutario occasionale.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare l’accordo quadro (...), concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

    I punti 6, 7 e 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro sono redatti come segue:

    «6.      considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento;

    7.      considerando che l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;

    8.      considerando che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori, occupazioni e attività att[i] a soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori».

    Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, esso intende, da un lato, migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del divieto di discriminazione e, dall’altro lato, creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

    La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», al punto 1 prevede quanto segue:

    «Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

    La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», così dispone:

    «1.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato†indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico;

    2.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile†indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze (...)».

    La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», prevede, al suo punto 1, quanto segue:

    «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

    La clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», prevede, al suo punto 1, quanto segue:

    «Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

    a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

    b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

    c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti».

    Diritto spagnolo

    L’articolo 9 della Ley 55/2003 del Estatuto Marco del personal estatutario de los servicios de salud (legge 55/2003, recante lo statuto quadro del personale con inquadramento statutario dei servizi sanitari), del 16 dicembre 2003 (BOE n. 301, del 17 dicembre 2003, pag. 44742; in prosieguo: lo «statuto quadro»), prevede quanto segue:

    «1.      Per motivi di necessità, di urgenza o per lo sviluppo di programmi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, i servizi sanitari possono nominare personale con inquadramento statutario a termine.

    Le nomine del personale con inquadramento statutario a tempo determinato possono avere natura di reclutamento per copertura di posto, occasionale o di sostituzione.

    2.      La nomina per copertura di posto è effettuata per occupare un posto vacante nei centri o servizi sanitari, quando sia necessario svolgere le funzioni corrispondenti.

    La cessazione delle funzioni del personale con inquadramento statutario nominato per copertura di posto si realizza quando, mediante il procedimento stabilito per via di legge o regolamentare, sia inserito personale con inquadramento statutario a tempo indeterminato nel posto di lavoro occupato, nonché quando il suddetto posto risulti soppresso.

    3.      La nomina a carattere occasionale si effettua nei seguenti casi:

    a)      quando si tratti di prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria;

    b)      quando sia necessario per garantire il funzionamento permanente e continuato dei centri sanitari;

    c)      per la prestazione di servizi complementari per compensare la riduzione del normale orario lavorativo.

    La cessazione dalle funzioni del personale con inquadramento statutario occasionale si realizza ove si verifichi la causa o la scadenza del termine espressamente stabilito nella nomina, nonché quando siano soppresse le funzioni che a suo tempo l’hanno motivata.

    Se sono effettuate più di due nomine per la prestazione dei medesimi servizi per un periodo complessivo pari o superiore a 12 mesi, nell’arco di due anni, occorre studiare le cause che hanno motivato tale situazione al fine di valutare, eventualmente, l’opportunità di creare un posto strutturale nella dotazione organica del centro.

    (...)».

    Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, del texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores, aprobado por el Real Decreto Legislativo 1/1995 (testo rifuso dello statuto dei lavoratori, risultante dal regio decreto legislativo 1/1995), del 24 marzo 1995 (BOE n. 75, del 29 marzo 1995, pag. 9645), nella versione applicabile alla data dei fatti per cui è causa nel procedimento principale (in prosieguo: lo «statuto dei lavoratori»), «i contratti a termine conclusi in frode alla legge si presumono conclusi per una durata indeterminata».

    Conformemente all’articolo 3 del Real Decreto 2720/1998 por el que se desarrolla el artículo 15 del Estatuto de los Trabajadores en materia de contratos de duración determinada (regio decreto 2720/1998, che attua l’articolo 15 dello statuto dei lavoratori in ambito di contratti a durata determinata), del 18 dicembre 1998 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 1999, pag. 568), il contratto di lavoro occasionale, compreso nel gruppo di contratti a tempo determinato, è concepito per rispondere ad una necessità congiunturale.

    L’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), dello statuto dei lavoratori prevede che, quando un contratto di lavoro termina, ad eccezione che nel caso di contratti di «interinidad» e di contratti di formazione, il lavoratore ha il diritto di percepire un’indennità di importo pari alla parte proporzionale dell’importo corrispondente a dodici giorni di stipendio per ogni anno di servizio.

    Fatti oggetto della controversia principale e questioni pregiudiziali

    La sig.ra Pérez López è stata assunta quale personale con inquadramento statutario occasionale in qualità di infermiera all’ospedale universitario di Madrid per il periodo tra il 5 febbraio e il 31 luglio 2009. Conformemente alle disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 3, dello statuto quadro, la nomina indicava come causa giustificativa «la realizzazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria» e il lavoro era descritto come «lo svolgimento della sua attività nel presente ospedale al fine di garantire il servizio sanitario».

    Al termine di tale primo contratto di lavoro, la nomina della sig.ra Pérez López è stata rinnovata sette volte, mediante contratti a tempo determinato di tre, sei o nove mesi, ogni volta con formulazione identica, in modo tale che la prestazione di lavoro della sig.ra Pérez López è stata ininterrotta durante il periodo dal 5 febbraio 2009 al 31 marzo 2013.

    Durante l’ultimo dei suddetti contratti, relativo al periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 marzo 2013, la Consejería de Economia y Hacienda de la Comunidad de Madrid (Ministero regionale dell’Economia e delle Finanze di Madrid, Spagna) ha emesso l’ordinanza del 28 gennaio 2013 che impone, al fine di ridurre la spesa pubblica, la cessazione del rapporto di lavoro del personale reclutato occasionalmente alla data di scadenza della nomina nonché la liquidazione dei pagamenti corrispondenti al periodo per il quale i servizi sono stati prestati, compresi i casi in cui sia già stata prevista, per il futuro, una nuova nomina a favore del medesimo lavoratore.

    In applicazione della suddetta ordinanza la sig.ra Pérez López è stata informata, l’8 marzo 2013, della cessazione del rapporto di lavoro che la legava al servizio sanitario di Madrid, con effetto dal 31 marzo 2013. Il 21 marzo 2013, l’amministrazione le ha tuttavia comunicato la sua nuova nomina, identica alle precedenti e senza interruzione rispetto alle stesse, per il periodo dal 1° aprile al 30 giugno 2013.

    Il 30 aprile 2013, la sig.ra Pérez López ha presentato un ricorso gerarchico avverso tale ordinanza di cessazione del rapporto di lavoro nonché avverso la sua nuova nomina in qualità di personale con inquadramento statutario occasionale. Trascorso il periodo legale per poter considerare il ricorso gerarchico come respinto in ragione del silenzio dell’amministrazione competente, la suddetta ha presentato, il 13 settembre 2013, un ricorso giurisdizionale dinanzi allo Juzgado de la Contencioso-Administrativo n. 4 de Madrid (tribunale amministrativo n. 4 di Madrid, Spagna), a sostegno del quale ha affermato, in sostanza, che le sue successive nomine non avevano quale scopo quello di rispondere ad un bisogno congiunturale o straordinario dei servizi sanitari, ma corrispondevano, in realtà, ad un’attività permanente. Pertanto, la successione di contratti a durata determinata conclusi con la medesima costituirebbe una frode alla legge e dovrebbe comportare una riqualificazione del suo rapporto di lavoro.

    Secondo il giudice del rinvio, la legislazione nazionale in causa, e più in particolare l’articolo 9 dello statuto quadro, non contengono misure che limitino in modo effettivo l’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato. Infatti, benché sia prevista una durata massima del rapporto di lavoro del personale reclutato occasionalmente, spetterebbe all’amministrazione valutare liberamente le ragioni che giustificano l’uso dei contratti a tempo determinato nonché l’opportunità di creare un posto permanente che risponda alle esigenze dei servizi sanitari. Orbene, nell’ipotesi in cui un tale posto fosse creato, la situazione di precarietà dei lavoratori permarrebbe, dal momento che l’amministrazione avrebbe la possibilità di ricorrere ai suddetti posti per l’assunzione di personale a termine per copertura di posto, senza limitazioni circa la durata o il numero di rinnovi dei contratti di lavoro a tempo determinato di tali lavoratori.

    Il giudice del rinvio esprime parimenti dubbi per quanto riguarda la compatibilità delle disposizioni nazionali in causa rispetto al divieto di discriminazione, come formulato alla clausola 4 dell’accordo quadro. Esso rileva che il personale con inquadramento statutario occasionale dei servizi sanitari soggetto allo statuto quadro e gli impiegati con contratto di lavoro occasionale, regolato dallo statuto dei lavoratori, costituiscono rapporti di lavoro a tempo determinato comparabili. Orbene, a differenza delle disposizioni applicabili al personale con inquadramento statutario occasionale, lo statuto dei lavoratori non soltanto riconoscerebbe ai lavoratori a tempo determinato il beneficio di un’indennità pari a dodici giorni di stipendio per ogni anno di prestazione di servizio o frazione inferiore, ma inoltre includerebbe una clausola di garanzia a favore della stabilità del lavoro che consiste nel presumere come posti a tempo indeterminato i contratti a termine conclusi in frode alla legge.

    È in tali circostanze che lo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 4 de Madrid (tribunale amministrativo n. 4 di Madrid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se l’articolo 9, paragrafo 3, dello statuto quadro sia contrario all’accordo quadro, e pertanto inapplicabile, in quanto favorisce gli abusi derivanti dall’utilizzo di nomine successive come personale con inquadramento statutario occasionale, qualora:

    a)      non stabilisca la durata massima totale delle nomine successive come personale con inquadramento statutario occasionale, né il numero massimo di rinnovi delle stesse;

    b)      lascia alla discrezionalità dell’amministrazione la decisione di procedere alla creazione di posti strutturali quando vengano effettuate più di due nomine per la prestazione dei medesimi servizi, per un periodo complessivo pari o superiore a dodici mesi nell’arco di due anni;

    c)      permette di realizzare nomine di personale con inquadramento statutario occasionale senza richiedere che nelle stesse figuri la specifica causa oggettiva di natura temporanea, congiunturale o straordinaria che le giustifichi.

    2)      Se l’articolo 11, paragrafo 7, dell’ordinanza del Ministero regionale dell’Economia e delle Finanze di Madrid, del 28 gennaio 2013, nei limiti in cui stabilisce che, “al termine della nomina si dovrà, in ogni caso, disporre la cessazione del rapporto di lavoro e la liquidazione dei pagamenti dovuti per il periodo di prestazione dei servizi, compresi i casi in cui, in seguito, sia effettuata una nuova nomina a favore del medesimo titolare†e, dunque, indipendentemente dalla realizzazione della concreta causa oggettiva che ha giustificato la nomina, come stabilito alla clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro, sia contrario all’accordo quadro e pertanto inapplicabile.

    3)      Se sia conforme all’obiettivo perseguito dall’accordo quadro interpretare l’articolo 9, paragrafo 3, terzo comma, dello statuto quadro nel senso che quando sono effettuate più di due nomine per la prestazione dei medesimi servizi, per un periodo complessivo pari o superiore a dodici mesi nell’arco di due anni, si deve procedere alla creazione di un posto strutturale nella dotazione organica del centro, e dunque il lavoratore con nomina di natura occasionale passi ad essere nominato per copertura di posto.

    4)      Se sia conforme al divieto di discriminazione sancito dall’accordo quadro applicare al personale con inquadramento statutario a termine di natura occasionale la medesima indennità prevista per i lavoratori con contratto di reclutamento occasionale, vista la sostanziale identità fra le due situazioni, atteso che non avrebbe senso che lavoratori con la medesima qualifica, che prestano servizi nella medesima impresa (servizio sanitario di Madrid) svolgendo la medesima funzione e al fine di soddisfare la medesima necessità congiunturale, ricevano un trattamento differente al momento dell’estinzione del loro rapporto di lavoro, non essendovi una ragione apparente che impedisca di confrontare fra loro contratti a tempo determinato allo scopo di evitare situazioni discriminatorie».

    Il giudice del rinvio ha del pari chiesto alla Corte di sottoporre la presente causa a procedimento accelerato, in applicazione dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. Con ordinanza del presidente della Corte del 24 aprile 2015, tale istanza è stata respinta.

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima e sulla terza questione

    Con la sua prima e terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se la clausola 5 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, sia considerato giustificato da «ragioni obiettive» ai sensi di tale clausola poiché detti contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria e che l’amministrazione dispone di un’ampia discrezionalità nella decisione di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale.

    Sull’ambito di applicazione dell’accordo quadro

    In via preliminare, occorre ricordare che emerge, dalla formulazione stessa della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro, che l’ambito di applicazione di quest’ultimo è concepito in senso ampio, poiché riguarda in generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro». Inoltre, la definizione della nozione di «lavoratori a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro, figurante nella clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto interno (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 56; del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 38; del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punti 28 e 29, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 67).

    Dal momento che l’accordo quadro non esclude nessun settore specifico, un lavoratore quale la ricorrente nel procedimento principale, assunta come infermiera facente parte del personale con inquadramento statutario occasionale del servizio pubblico sanitario, rientra nell’ambito di applicazione dell’accordo-quadro.

    Sull’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro

    Per quanto riguarda l’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro, è necessario ricordare che tale clausola ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 63; del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 73; 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 25; del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 41; del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 54, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 72).

    Come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, nonché dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 62; del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 55, e del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 73).

    Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Le misure così elencate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima complessiva degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi e al numero di rinnovi di questi ultimi (v., segnatamente, sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 74; del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 26; del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 42; del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 56, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 74).

    Gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità a tale riguardo, dal momento che essi possono scegliere di far ricorso a una o a più misure enunciate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, oppure a norme giuridiche equivalenti già esistenti, e ciò tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 59 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 75).

    Così facendo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro assegna agli Stati membri un obiettivo generale, che consiste nella prevenzione di siffatti abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire tale obiettivo, purché essi non rimettano in discussione l’obiettivo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 60, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 76).

    Inoltre, quando, come nel procedimento principale, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 62 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 77).

    Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dell’Unione in materia, le modalità di applicazione di tali norme spettino all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’autonomia processuale di questi ultimi, esse non devono essere però meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 63 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 78).

    Da ciò discende che, quando sia avvenuto un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dev’essere possibile applicare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di protezione dei lavoratori per punire debitamente detto abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 64 e giurisprudenza ivi citata, nonchè del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 79).

    Del resto, occorre ricordare che la Corte non è competente a pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato che questo compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio o, se del caso, ai competenti organi giurisdizionali nazionali, che devono determinare se gli obblighi dettati dalla clausola 5 dell’accordo quadro siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 66 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 81).

    Spetta pertanto, in via di principio, al giudice del rinvio valutare in che misura i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, punire l’uso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 82).

    Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice del rinvio nella sua valutazione (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 68 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 83).

    In tale contesto occorre verificare se le disposizioni della normativa nazionale in causa nel procedimento principale, che permettono il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato nell’ambito dei servizi sanitari, siano suscettibili di costituire le misure elencate alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, e, più precisamente, ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato.

    Per quanto riguarda l’esistenza di una «ragione obiettiva», risulta dalla giurisprudenza che la medesima nozione deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in quest’ultimo peculiare contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 96 e giurisprudenza ivi citata; del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 27, nonché del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 45).

    Al contrario, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale ed astratto, attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, non sarebbe conforme agli obblighi precisati al precedente punto della presente sentenza (sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 97 e giurisprudenza ivi citata; del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 28, nonché del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 46).

    Invero, una tale disposizione di natura puramente formale non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto. La suddetta disposizione comporta dunque un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non è compatibile con lo scopo e l’effettività dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punti 98 e 100 nonché giurisprudenza ivi citata; del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 29, nonché del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 47).

    Per quanto riguarda la controversia oggetto del procedimento principale, occorre rilevare che la normativa nazionale pertinente determina in modo preciso le condizioni nelle quali contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi possono essere conclusi. Infatti, il ricorso a tali contratti è permesso, in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, dello statuto quadro, secondo i casi, qualora si tratti di prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, quando ciò sia necessario per garantire il funzionamento permanente e continuato di centri sanitari o qualora si tratti di fornire servizi complementari per compensare la riduzione del normale orario di lavoro.

    La suddetta disposizione precisa ulteriormente che, se sono effettuate più di due nomine per la prestazione dei medesimi servizi per un periodo complessivo pari o superiore a dodici mesi nell’arco di due anni, l’amministrazione competente deve studiare le cause di tali nomine e valuta l’opportunità di creare un ulteriore posto strutturale.

    Ne deriva che la normativa nazionale in causa nel procedimento principale non detta un’autorizzazione generale e astratta a ricorrere a successivi contratti di lavoro a tempo determinato, ma limita la conclusione di tali contratti al fine di soddisfare, in sostanza, esigenze provvisorie.

    A tale riguardo, occorre ricordare che una sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare le esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale può, in via di principio, costituire una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punti 101 e 102; del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 30, nonchè del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 91).

    Infatti, occorre constatare che, in un’amministrazione, quale il settore della sanità pubblica, che dispone di un organico significativo, è inevitabile che si rendano necessarie sostituzioni temporanee a causa, segnatamente, dell’indisponibilità di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per maternità, parentali o altri. La sostituzione temporanea di dipendenti in tali circostanze può costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale sostitutivo, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze emergenti, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo dall’accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 31, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 92).

    Inoltre, è necessario ricordare che l’obbligo di organizzare i servizi sanitari in modo tale da assicurare un costante adeguamento tra il numero dei membri del personale assistenziale e il numero di pazienti incombe all’amministrazione pubblica e dipende da una moltitudine di fattori suscettibili di riflettere una particolare esigenza di flessibilità che, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 40 della presente sentenza, è idonea, in tale specifico settore, a giustificare obiettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

    Al contrario, non si può ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nel servizio sanitario che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario (v., per analogia, sentenza del 13 marzo 2014, Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 58).

    Infatti, il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato per far fronte alle esigenze che, di fatto, hanno carattere non già provvisorio ma permanente e durevole non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, dal momento che un tale utilizzo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato è incompatibile con la premessa sulla quale si fonda il suddetto accordo quadro, vale a dire il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro, anche se i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attività (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punti 36 e 37, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 100).

    L’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esige pertanto che sia verificato concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale quale quella in causa nel procedimento principale non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durature del datore di lavoro in materia di personale (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 101).

    A tale riguardo, emerge dalla situazione della ricorrente nel procedimento principale, come descritta nella decisione di rinvio, che le successive nomine della sig.ra Pérez López al fine di garantire servizi sanitari ospedalieri non sembravano costituire mere esigenze provvisorie del datore di lavoro.

    Tale constatazione è corroborata dalla valutazione del giudice del rinvio che qualifica la copertura di posti nel settore dei servizi sanitari mediante nomine di personale con inquadramento statutario a termine un «male endemico», e che stima che circa il 25% dei 50 000 posti della dotazione organica del personale medico e sanitario della regione madrilena siano occupati da personale assunto con nomine di carattere occasionale di durata media da cinque a sei anni, ma che alcune di queste superano i quindici anni di prestazioni ininterrotte di servizi.

    Ciò posto, occorre considerare che la clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, sia considerato giustificato da «ragioni obiettive» ai sensi di tale clausola poiché detti contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria mentre, in realtà, tali esigenze sono permanenti e durature.

    Inoltre, per quanto riguarda la discrezionalità dell’amministrazione quando si tratta di creare posti strutturali, occorre ricordare che l’esistenza di una tale modalità, che permette di creare un posto fisso, analogamente a quella di convertire un contratto a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è suscettibile di costituire un rimedio efficace contro l’uso abusivo dei contratti temporanei (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 170).

    Orbene, anche se una normativa nazionale che permette il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi per sostituire il personale in attesa dell’assegnazione dei posti strutturali creati, in via di principio, è suscettibile di essere giustificata da una ragione oggettiva, l’applicazione concreta di tale ragione deve, tuttavia, tenuto conto delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, essere conforme agli obblighi dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 99).

    Nel caso di specie, occorre constatare che la normativa nazionale in causa nel procedimento principale non comporta nessun obbligo per l’amministrazione competente di creare ulteriori posti strutturali per mettere fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale. Al contrario, dalle constatazioni fatte dal giudice del rinvio emerge che i posti strutturali creati saranno destinati a personale nominato per la copertura di posti «a termine», senza che, nei loro riguardi, esista una limitazione relativa alla durata dei contratti sostitutivi né al numero dei loro rinnovi, di modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori, in realtà, è perpetuata. Orbene, la natura di una tale normativa, in violazione della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, permette il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che hanno un carattere permanente e duraturo, mentre, dalle constatazioni fatte al punto 52 della presente sentenza, emerge che sussiste un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo nello Stato membro interessato.

    Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e terza dichiarando che la clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che:

    –        il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, sia considerato giustificato da «ragioni obiettive» ai sensi di tale clausola poiché detti contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, mentre, in realtà, tali esigenze sono permanenti e durature;

    –        non esista alcun obbligo per l’amministrazione competente di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale e che gli sia permesso di destinare i posti strutturali creati all’assunzione di personale «a termine», in modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori perduri, mentre lo Stato interessato conosce un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo in tale settore.

    Sulla seconda questione

    Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa si oppone ad una normativa nazionale, quale quella in causa nel procedimento principale, che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina.

    A tale riguardo, occorre ricordare che l’accordo quadro non fissa le condizioni in presenza delle quali è consentito fare ricorso ai contratti di lavoro a tempo indeterminato e non è finalizzato ad armonizzare l’insieme delle norme nazionali relative ai contratti di lavoro a tempo determinato. Infatti, detto accordo quadro, mediante la fissazione di principi generali e di prescrizioni minime, mira unicamente ad istituire un quadro generale per garantire la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di rapporti di lavoro o di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 63 nonché giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 7 marzo 2013, Bertazzi e a., C‑393/11, non pubblicata, EU:C:2013:143, punto 48).

    Resta il fatto che il potere riconosciuto agli Stati membri per definire il contenuto delle loro norme nazionali riguardanti i contratti di lavoro non può spingersi fino a consentire loro di rimettere in discussione l’obiettivo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 64 nonché giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 7 marzo 2013, Bertazzi e a., C‑393/11, non pubblicata, EU:C:2013:143, punto 49).

    Orbene, l’obiettivo perseguito dalla clausola 5 dell’accordo quadro, che consiste nel limitare i ricorsi ripetuti a contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato, sarebbe del tutto privo di contenuti se il solo carattere nuovo di un rapporto di lavoro secondo il diritto nazionale fosse suscettibile di costituire una «ragione obiettiva» ai sensi di detta clausola, di natura tale da autorizzare un rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato.

    Conseguentemente occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che la clausola 5 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non si oppone, in via di principio, ad una normativa nazionale che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina, a condizione che detta normativa non sia di natura tale da rimettere in causa l’obiettivo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

    Sulla quarta questione

    Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa si oppone ad una normativa nazionale, quale quella in causa nel procedimento principale, che nega ogni indennità di risoluzione del contratto di lavoro del personale con inquadramento statutario occasionale mentre una tale indennità è concessa ai lavoratori comparabili nell’ambito dei contratti di lavoro occasionali.

    A tale riguardo, occorre ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro vieta, al suo punto 1, che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive.

    Secondo una costante giurisprudenza, il divieto di discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

    A tale riguardo occorre precisare che il divieto di discriminazione è stato attuato e concretizzato mediante l’accordo quadro unicamente per quanto riguarda le differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile (ordinanze dell’11 novembre 2010, Vino, C‑20/10, non pubblicata, EU:C:2010:677, punto 56; del 22 giugno 2011, Vino, C‑161/11, non pubblicata, EU:C:2011:420, punto 28, e del 7 marzo 2013, Rivas Montes, C‑178/12, non pubblicata, EU:C:2013:150, punto 43).

    Al contrario, un’eventuale differenza di trattamento tra alcune categorie di personale a tempo determinato, quale quella presentata dal giudice del rinvio, che si basa non sulla durata determinata o indeterminata del rapporto di lavoro, ma sul suo carattere statutario o contrattuale, non rientra nel divieto di discriminazione consacrato da tale accordo quadro (v., in tal senso, ordinanze dell’11 novembre 2010, Vino, C‑20/10, non pubblicata, EU:C:2010:677, punto 57, e del 7 marzo 2013, Rivas Montes, C‑178/12, non pubblicata, EU:C:2013:150, punti 44 e 45).

    Solo nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio debba constatare che i lavoratori assunti in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e che effettuano un lavoro comparabile percepiscono un’indennità di risoluzione del contratto di lavoro, mentre una tale indennità è rifiutata al personale con inquadramento statutario occasionale, tale differenza di trattamento è suscettibile di rientrare nel divieto di discriminazione consacrato alla clausola 4 dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza pronunciata in data odierna, De Diego Porras, punti 37 e 38).

    Orbene, nella misura in cui nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte fa emergere che, nel procedimento principale, sussista una differenza di trattamento tra il personale con inquadramento statutario occasionale e il personale a tempo indeterminato, la differenza di trattamento oggetto della quarta questione posta dal giudice del rinvio non rientra nell’ambito della normativa dell’Unione (ordinanze dell’11 novembre 2010, Vino, C‑20/10, non pubblicata, EU:C:2010:677, punto 64; del 22 giugno 2011, Vino, C‑161/11, non pubblicata, EU:C:2011:420, punto 30, e del 7 marzo 2013, Rivas Montes, C‑178/12, non pubblicata, EU:C:2013:150, punto 52). Pertanto, tale differenza di trattamento rientra unicamente nel diritto nazionale, la cui interpretazione appartiene solo al giudice del rinvio (ordinanze del 22 giugno 2011, Vino, C‑161/11, non pubblicata, EU:C:2011:420, punto 35, e del 7 marzo 2013, Rivas Montes, C‑178/12, non pubblicata, EU:C:2013:150, punto 53).

    Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre dichiarare che la Corte è manifestamente incompetente a rispondere alla quarta questione proposta.

    Sulle spese

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

    1)      La clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che:

    –        il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, sia considerato giustificato da «ragioni obiettive» ai sensi di tale clausola poiché detti contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, mentre, in realtà, tali esigenze sono permanenti e durature;

    –        non esista alcun obbligo per l’amministrazione competente di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale e che gli sia permesso di destinare i posti strutturali creati all’assunzione di personale «a termine», in modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori perduri, mentre lo Stato interessato conosce un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo in tale settore.

    2)      La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che compare in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa non si oppone, in via di principio, ad una normativa nazionale che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina, a condizione che detta normativa non sia di natura tale da rimettere in causa l’obiettivo o l’efficacia pratica di tale accordo quadro, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

    3)      La Corte di giustizia dell’Unione europea è manifestamente incompetente a rispondere alla quarta questione proposta dallo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 4 de Madrid (tribunale amministrativo n. 4 di Madrid, Spagna).

    Firme

     
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